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Autore: Shirokuro    11/08/2013    1 recensioni
{ dawnshipping | raccolta di one-shots | incomplete | au | romantico-angst-comico }
#Singer - Rome: In un bar di Roma, ci si può aspettare di tutto: risse, prime volte, baci rubati, incontri inaspettati e qualsiasi altra cosa passi per la mente dell'essere umano. A volte questi bar sono giganteschi, fino a poter mantenere un piccolo palcoscenico dove si esibisconoo aspiranti cantanti, attori o comici - il tutto per essere pagati pochi spiccioli, ma non interessava molto.
#Painter - New York: «L'inverno, l'inverno! Amo l'inverno con tutta me stessa!» proclamava a gran voce la donna dai vispi occhietti mentre finiva di sistemare la tela nel cuore di Central Park. Doveva finire quel dipinto, sarebbe stato l'ultimo della sua nuova collezione, successivamente avrebbe avuto due mesi di pace da passare con la sua bambina.
#Teacher - Tokyo: I libri che pesavano un macigno si trovavano nelle braccia a pezzi di Olga. Aveva sbagliato aula tre volte ed era in enorme ritardo, immaginare le condizioni della classe la faceva raccapezzare e sopratutto l'idea che la principale artefice del potenziale disastro fosse sua figlia assieme a quel gruppetto di amici...
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Lucinda
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Anime
Capitoli:
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Quando ho pensato di cominciare questa raccolta non pensavo minimamente che l'avrei fatto dato quel che so sull'IC dei due personaggi. Inizialmente mi son detta che non sarei riuscita nemmeno a concludere la prima one-shot, figuriamoci la seconda o la terza, ma è uno dei miei OTP oramai. Ora vi starete chiedendo che crack potrebbe essere per diventare un OTP della Suprema, la più accanita FerrisWheelShipper che sui suoi cuccioli non scrive nulla ma posterà qualcosa? Ebbene, io sto per consegnarvi l'Olga/Bellocchio più pazza del mondo, ma pazienza. Come dicevo, non sapevo come avrei potuto trovare il finale di queste one-shot quindi - come la testa di Suprema dice - ho deciso di renderle incomplete nei punti più calienti, perché voglio che il lettore faccia un po' del suo lavoro da solo. Ecco, generalmente manderei a 'fanculo coloro che fanno così, ma volevo provare anch'io qualcosa di nuovo dopo due mesi senza postare nulla. Saranno tutte rigorosamente AU e per pigrizia non ho messo l'avvertimento OOC, ma futili dettagli. Ora, ad ogni stramaledetto capitolo assegnerò una città di qualsiasi nazione e un lavoro - che sarà riferito a Olga - e in un modo o nell'altro io riuscirò a scriverci. I due possono incontrarci per caso come potrebbero già conoscerci, come in questa one-shot, di conseguenza potete aspettarvi di tutto. Lucinda sarà un personaggio che verrà solamente citata nella storia, ma sarà rilevante in altri capitoli.
Nella prima storiellina Olga sarà una donna che non si è mai sposata, ma ha avuto una figlia con un uomo che amo immaginare come Cyrus - perché io odio quell'uomo -, che ora vive a Milano con la nuova compagna. Questa storia ha avuto come "lavoro" cantante e "città" Roma - come dubitarne? Un abbinamento banale, ma ho ironizzato il lavoro di Olga. Non ditemi che Olga non è l'ammmhore. Ok, Bellocchio è un figo dell'accidente che ho reso un BM del cavolo. Difatti ho paura di essere entrata nell'OOC con lui, ma spero che non sia troppo rilevante. Sono troppo pucci insieme quei due, non resito: buona lettura!



Singer - Rome

In un bar di Roma, ci si può aspettare di tutto: risse, prime volte, baci rubati, incontri inaspettati e qualsiasi altra cosa passi per la mente dell'essere umano. A volte questi bar sono giganteschi, fino a poter mantenere un piccolo palcoscenico dove si esibiscono aspiranti cantanti, attori o comici - il tutto per essere pagati pochi spiccioli, ma non interessava molto. L'età di questi aspiranti artisti varia dai giovanissimi, quindici o sedici anni, ai più anzianotti, fino ai cinquanta se hai fortuna. 
Qui si esibiva anche Olga, una ventinovenne con tanto di una figlia che passava le giornata cogli amici nonostante la sua tenera età di dieci anni. Quella sera Lucinda la passava da un'amichetta, l'aveva deciso lei anche se la madre non avrebbe mai approvato, ma sapeva che quella sera doveva cantare e il padre nemmeno era a Roma, ma a Milano con la nuova compagna. Olga amava la sua creatura spettinata dai capelli blu, ma anche cantare e veniva pagata per farlo quindi aveva accettato, predendola per eccezione, anche se ben sapeva che così non sarebbe stato.
Si diresse verso il Choral Coffee subito dopo aver lasciato Lucinda da Vera. Dopotutto non era stata una cattiva idea lasciarla lì, piuttosto che obbligarla a stare seduta al bancone con il figlio trasandato del proprietario del bar. Doveva ammettere, quella povera donnetta, che era un luogo frequentato da molti tizi curiosi e alcuni sembravano addirittura sospetti o pericolosi e data la sua esperienza una bambina di dieci anni non era al sicuro. 
Finalmente, si potè sedere al bancone del bar attendendo il suo turno sul palco scenico. «Un caffè» ordinò al barista, che andò subito a prepararlo perché ormai conosceva bene Olga e sapeva che la sera senza della caffeina non reggeva, poi quel essere spregevole del proprietario gli aveva dato un orario pazzesco: mezzanotte e un quarto. A volte la blu malediceva mentalmente quell'uomo, anche perché le toccava la domenica e Lucinda doveva andare a scuola il giorno seguente. 
«E ora una veterana del Choral Coffee, Olga Platino, che conosciamo bene con quella chioma blu e la voce che ci fa tremare. Un applauso!» finalmente era stata annunciata, ora i riflettori erano solo per lei, per lei e Bellocchio - come veniva chiamato lì -, il DJ, colui che comandava la musica. Non lo si aspetterebbe da un tipo come lui, ma veniva pagato molto bene per il suo lavoro alla console. Quella sera era lì, come sempre, ad aspettare solo lei e lo sapevano bene entrambi. Lui la guardava sempre di traverso, ma era solo un'impressione agli occhi altrui. 
Mi ritrovo qui, 
Su questo palcoscenico,
Di nuovo io. 
Mi ritrovi qui,
Perché il tuo appuntamento
Adesso è uguale al mio.
Se Olga amava qualcosa di quell'uomo, era che conosceva i suoi gusti e le sue canzoni preferite. Il pomeriggio si sentivano e lui prometteva di farle una sorpresa, sempre, come se fosse la prima volta.
Un applauso annunciò la fine dell'esibizione di Olga, che era l'ultima per quella serata, così la donna preferì crogiolarsi negli applausi insieme a Bellocchio. Bellocchio. Lei non l'aveva mai chiamato così, aveva sempre abbreviato con Bello e nemmeno s'immaginava perché.
Il bar stava chiudendo, finalmente, e la donna coi capelli a fungo non desiderava altro che buttarsi a capo fitto nel suo letto, mentre affondava le testa sul cuscino di piume. Purtroppo dovette rinunciarvi, quando si sentì osservata da dietro: «Bello!» esclamò istintivamente scorgendo la figura dell'uomo. Questi accennò un sorriso, mentre poggiava l'ombrello sulla spalla: «Scusa, Olga» disse, riferendosi allo spavento della donna. 
«La prossima volta non farmi spaventare così, poteva esserci un poco di buono!» disse facendo finta di essere arrabbiata con Bellocchio. Lei non si era mai arrabbiata in vita sua, perché cominciare con l'essere più pacato e giudizioso del mondo? Poi era uno dei pochi uomini con cui aveva un rapporto sereno, anzi, l'unico oltre al padre. 
«Chiedo di nuovo scusa. Come mai oggi non c'è Lucinda?» si sbrigò a cambiare discorso, mentre adagiamente si dirigevano verso casa della ventinovenne come di consueto. «Mi ha convinta a lasciarla da un'amichetta. Se non fosse che l'esibizione è a mezzanotte, non avrei acconsentito» spiegò osservando con finto interesse i lampioni lungo la strada «Non oso immaginare cosa stanno combinando quelle due alla povera donna che le custodisce» scherzò guardando i capelli arruffati dell'uomo: le ricordavano vagamente quelli di Lucinda la mattina, quando inizia la loro lotta contro il tempo per uscire di casa vestite come meglio potevano. 
Istintivamente glieli sistemò con la mano mentre lui cercava di capirne il motivo. All'improvviso una fredda frecciatina colpì la mano di Olga, ora sulla spalla di Bellocchio; pian piano il pioggerellare diventò una pioggia leggera, ma fastidiosa. La cantante sentiva freddo, mentre l'uomo apriva l'ombrello: «Vieni qui sotto o ti buscherai un raffredore.» e così anche la blu si ritrovò in parte riparata dalla pioggia. «Grazie» mormorò dopo uno starnuto improvvisato sotto la pioggia notturna e fresca.
Olga si sentiva a disagio, così vicina ad uomo che non fosse l'ex-compagno. Per lei era strano, qualcosa da provare. Cercava, però, di distrarsi dal pensiero in ogni modo. Alle volte guardava il viso di Bellocchio: era tranquillo e sorridente, insomma, la calma fatta persona. 
Sembriamo il bianco e il nero... poi si illuminò: sapeva come distrarsi da quella situazione - per lei - imbarazzante. Doveva solo mettersi a cantare. Canticchiare mentre chiudeva gli occhi, una qualsiasi canzone di Laura Pausini, sarebbe bastato per farle accennare un sorriso sincero. Così lo fece, cominciò a cantare con poca voce, mentre sia lei che il compagno di viaggio si fermavano per concentrarsi sulle parole che la prima farfugliava inizialmente rigida. Poi l'uomo prese esempio da lei e cominciò a spiccicare qualche parola della canzone che Olga stava improvvisando sotto l'ombrello cremisi. Come le piaceva la primavera, così sorprendente e spensierata, quando meno te lo aspetti ti fa bu! e tu sei costretto ad assecondarla.
L'asfalto bagnato rifletteva le figure dei due, la luna era visibile tra un gruppo di nuvoloni e l'altro, il cuore di entrambi cominciarono a battere a ritmi surreali mentre lei apriva intimorita gli occhi: «Pensare che cantare doveva distrarmi» sorrise incerta. Come nascondere l'imbarazzo che birichino si era armato di pennarello e le colorava di rosso le guance, attirando la curiosità di Bellocchio. Perché non lo guardava? Perché fissava l'asfalto invece di parlargli? Ormai erano a destinazione, pronti per separarsi - come lei sperava -, ma il moro non ci stava: doveva andare fino in fondo.
«Cosa vorresti dire?» chiese alzando un sopraciglio. 
«Che... odio la pioggia...» mentiva. Non ci voleva un gran cervello per capirlo, solo l'intuito di un gatto morto. «Grazie per il passaggio, vado avanti da s-» dovette interrompersi. Si stava già aprestando a correre via, ma c'era chi non voleva.
«Oggi sei strana. Sei in ansia per Lulù? O sei solo imbarazzata?» chiese mentre le teneva il polso stretto.
E checcavolo anche tu però! «Niente!» cercò di divincolarsi da quella stretta, non le sarebbe dispiaciuta in una qualsiasi altra situazione, ma le circostanze erano differenti. Poi capì di essere ancora una volta sotto quel dannato ombrello rosso.
Ok, era vicino all'uomo più mite che conosceva, sotto lo stesso maledetto ombrello, in una notte di primavera, lui potrebbe aver capito che molto probabilmente Olga si era infatuata di lui. Si sentiva in trappola.
   
 
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