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Autore: AlfiaH    12/08/2013    2 recensioni
// Dalla prima volta che lo vidi, che mise piede nella mia vita, capii che dovevo correre, stargli lontano.
C’era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa di strano e tremendamente familiare, qualcosa che mi costrinse ad indietreggiare.
- Qualcosa non va? Ti ho già chiesto scusa per l’entrata! Sei di questa classe? Temo di essermi perso… -
Avanzò verso di me, uscendo dalla penombra. Improvvisamente i suoi capelli mi sembrarono più chiari, dorati, simili ai miei, senza quelle sfumature cobalto che avevo colto all’inizio, lo sguardo meno terribile, coperto da un paio di occhiali da vista. Forse mi ero spaventato per niente.
// UsUk //
Genere: Angst, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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<< Alfred! No! Lasciatemi! >>
         << Arthur! Non lasciare la mia mano! Lasciatemi andare! >>
Sento le sue dita scivolare via, sangue sorgere dai miei occhi.
Non c’è più. Arthur non c’è più. Che senso ha ora la mia vita?
 
        << Tornerò a cercarti. >>

 
“Ancora un altro incubo…”
Allungai il braccio sul comodino, afferrai la sveglia e la avvicinai agli occhi semichiusi, quasi sembravano bruciare.
Le sei e cinquantanove, Frais ancora dormiva. Ancora un minuto e sarebbe suonata, come al solito, dando inizio ad un’altra schifosa giornata.
Quando arrivai in classe mi compiacqui di trovarla ancora vuota; come sempre ero stato il primo ad entrare, come si richiedeva da un buon capoclasse. L’odore del gesso, delle pareti bianche, il silenzio, l’aria fresca del mattino, era tutto perfetto. Niente a che vedere con casa mia.
I banchi erano abbastanza ordinati tranne quelli del trio degli idioti all’ultima fila, nonostante avessi ripetutamente avvertito Francis, Gilbert e Antonio di non lasciarli in quello stato. Sospirai; anche oggi sarebbe toccato a me sistemarli. Nemmeno i collaboratori scolastici avevano avuto il coraggio di avvicinarsi ai loro posti, evidentemente, imbrattati com’erano delle peggiori sostanze radioattive, pennarelli fosforescenti, indelebili, spray colorato e… God, quello era rossetto?
Le scritte, poi, erano ridicole. Insulti contro le mie sopracciglia a parte, sembravano prese da facebook da un bambino di dieci anni e scritte da uno di sei, non da tre liceali del terzo anno.  Fortunatamente portavo sempre con me dello sgrassante e una spugnetta da quando avevano avuto la brillante idea di disegnarmi un pene gigante sul banco, chiedendomi di indovinare a chi appartenesse.

“Anto + Lovi = Amòrè 4èvàh <3”
“Dàtèmì ùn sògnò ìn cùì vìvèrè xk là rèàltà mì stà ùccìdèndò1”
“L’AmOrE è CoMe Un PaCcO Di lIqUirIzIe!”

-          Non pensarci, sweetheart, sono mocciosi! –
-          Sto per vomitare. –
Una piccola fatina dai capelli arancio ridacchiò svolazzando sulla mia spalla, probabilmente a causa della mia espressione disgustata. Almeno non ero solo, Frais finalmente si era alzata e aveva deciso di seguirmi.
Ogni giorno la stessa storia, forse avrei dovuto semplicemente rinunciare, forse lo facevano a posta per farmi uscire dai gangheri. Non che fossi un maniaco dell’ordine o altro, pretendere rispetto per le cose che ci circondano non è da maniaci, è da persone sane di mente.
-          Potresti almeno darmi una mano. –
-          È compito tuo, love, non sei mica Biancaneve! –
-          Ricordami perché siamo amici. –
-          Perché ci vogliamo tanto bene! – Ammiccò il piccolo essere fatato, facendo una piroetta accompagnata da un’altra risata e strascicando alcune vocali. Era la mia migliore amica ma a volte riusciva davvero a darmi sui nervi, almeno tante volte quante invece riusciva a farmi sorridere.
 
-          Yo! –
Una voce squillante alle mie spalle interruppe la nostra chiacchierata, fecendomi sobbalzare e quasi perdere l’equilibrio. A quell’ora non c’era mai nessuno a scuola, chi diavolo poteva essere?!
– hahaha! Scusa! Ti ho spaventato? -
Mi girai velocemente e mi portai una mano sul petto, il respiro affannato.
“Spero che non mi abbia sentito…”
-          Che cavolo di paura! - urlai, prima di soffermarmi a guardarlo. Era un ragazzo, chiaramente uno studente dato lo zaino penzolante dalla spalla, un sorriso convincente, i capelli scuri… Notai i suoi occhi, azzurri, mi fissavano. Per un attimo mi parve avesse sorriso anche a Frais che si affrettò a sparire. Una scarica elettrica, una terribile sensazione partì dalle gambe fino a raggiungere, veloce e tremenda, la punta dei miei capelli.
Dalla prima volta che lo vidi, che mise piede nella mia vita, capii che dovevo correre, stargli lontano.
C’era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa di strano e tremendamente familiare, qualcosa che mi costrinse ad indietreggiare.
-          Qualcosa non va? Ti ho già chiesto scusa per l’entrata! Sei di questa classe? Temo di essermi perso… -
Avanzò verso di me, uscendo dalla penombra. Improvvisamente i suoi capelli mi sembrarono più chiari, dorati, simili ai miei, senza quelle sfumature cobalto che avevo colto all’inizio, lo sguardo meno terribile, coperto da un paio di occhiali da vista. Forse mi ero spaventato per niente.
-          Io… Ehm… Si, sono il rappresentante di questa classe. Sei nuovo? Di che anno sei? –
-          Yep! Sono americano, appena arrivato a Londra! Del terzo, corso C, puoi aiutarmi? –
“Fantastico, dopo il francese mancava solo un americano alla collezione” pensai amaramente.
-          È questa, non ti sei perso. Probabilmente non sei informato riguardo agli orari d’entrata e d’uscita, mi assicurerò che ti siano consegnati. –
-          Oh, meno male! In realtà sono arrivato in anticipo di mia spontanea volontà! Tenevo a fare bella figura il primo giorno di scuola! –
Il nuovo arrivato aveva una risata sguaiata ed irritante, sprizzava energia da tutti i pori nonostante fossimo a scuola e di mattina – non era da molti – e l’unica cosa che avrebbe potuto spaventarmi era il suo terribile accento newyorkese. Ancora mi chiedevo perché mi avesse fatto una così pessima impressione, all’inizio. Non che la seguente fosse stata positiva. Era fin troppo rumoroso.
-          Bene. Non sognarti di prenderla come abitudine, a quest’ora la scuola è occupata. –
-          E da chi? – domandò, aggrottando le sopracciglia.
-          Dal sottoscritto. –
-          Hahahaha! Ma non puoi occupare una scuola intera! –
-          Questi non sono affari tuoi. –
-          Quanto sei acido! Va bene, ehm… -
-          Kirkland. Arthur Kirkland. –
-          Va bene, Arthie! È libero questo posto? –
-          Arthie?  - inarcai un sopracciglio, irritato. - Hey, aspetta, quello è il mio banco! –
L’americano lasciò cadere la sua borsa con nonchalance sul banco, sedendosi sul bordo. Si guardava attorno, sembrava entusiasta della sua nuova sistemazione.
“ Gli americani si entusiasmano sempre per niente…”
-          Ehy, mi stai ascoltando? Ti ho detto di scendere. –
Prima che potessi terminare la frase, la campanella decise di mettere fine a quella conversazione e –sperai con tutto me stesso – anche alle eventuali consecutive. Non che fossi razzista verso gli statunitensi, un po’ mi faceva pena, un po’ provavo pietà per le probabili condizioni pessime del suo fegato.
-          Questo ragazzo si chiama Alfred Jones, viene da New York e si è appena trasferito, trattatelo come si deve! –
-          Hi dudes! – salutò
-          Alfred… - Sussurrai. “L’ho già sentito da qualche parte…”
-          Avanti caro, siediti dove preferisci che cominciamo la lezione… –
La signorina Potter sorrise cordialmente e gli poggiò una mano sulla spalla per incoraggiarlo, prima di uscire dall’aula, probabilmente in cerca del registro. Quant’era ipocrita quella donna? Di lì a poco l’avrebbe sicuramente sbranato. Potevo vedere l’energia oscura che emanava, nascosta tra i chili di lardo.
-          I francesi hanno il sedere pieno di baguette, gli americani hanno il cervello pieno di cocacola – sghignazzò Gilbert beccandosi una gomitata da parte di Francis e una padellata da Eliza. Perché quella ragazza si portasse sempre dietro una padella era un mistero.
“Beh, io mi porto dietro lo sgrassatore…”
-          Non dargli retta, cherie. Sono sicuro che diventeremo ottimi “amici”… -
-          Stupida rana, devi sempre farti riconoscere! –
-          Io, a differenza tua, provo a farmi degli amici! –
-          Oh, si vede come vuoi “farti” gli amici! –
-          Hahahaha! Sono appena arrivato e già litigate per me? Sono sicuro che andremo d’accordo! - rise Alfred prendendo posto accanto al mio.
Mmi limitai ad incrociare le braccia. Non era il caso di mettersi a discutere, infondo bastava comportarsi da persona matura, eravamo a scuola.
Inoltre durante le lezioni non c’era modo di parlare e lui mi sembrò abbastanza intenzionato a seguirle come si deve. Non che l’avessi guardato.
“Infondo non dobbiamo prendere il tè insieme, tantomeno fare conversazione…”
L’unico problema sarebbe stato l’intervallo.
“Infondo se hai la bocca piena, non puoi parlare, no?”
-          Hey Arthie! –
“Come non detto”.
-          Che c’è? –
-          Vuoi un po’ del mio hamburger? –
-          Cosa? – per un pelo scansai la pioggia di schifezze che mi arrivò addosso – potresti cortesemente parlare senza masticare? Grazie. –
-          Ho visto che non hai niente da mangiare, quindi ti ho offerto un po’ del mio hamburger! Ne vuoi? –
-          Ehm… No, grazie. Preferirei che mi chiamassi “Kirkland”, in ogni caso. –
-          Okkè! Hey Arthie! -
-          Ti ho detto di non… Dah, che c’è? –
Gentilezza e cordialità, Arthur.
-          Dopo mi porti a visitare Londra? –
-          Cosa? E per quale motivo dovrei farlo io, di grazia? –
-          Perché tu sei il mio unico amico qui in Inghilterra! –
-          Cos-… Quando siamo diventati amici? –
Alfred buttò giù ciò che era rimasto del suo panino, si pulì in fretta le mani e ne tese una verso di me, un piccolo sorriso speranzoso sul volto, gli occhi luminosi mi incantarono. Avvicinai di poco la mia mano alla sua, incerto, e lui subito l’afferrò, la strinse.
-          Ecco! Ora siamo amici! –

Ancora quella terribile sensazione.



#L'angolo della disperazione 
Ebbene, eccomi tornata con un'altra long fic che ho elaborato stanotte. L'idea mi è piaciuta talmente tanto che ho interrotto tutti gli altri miei lavori.
Si, vabbeh, definiamoli "lavori" LOL
Comunque, alone di mistero a parte, per chi avesse bisogno di spiegazioni sulla voce narrante che varia e roba del genere, non esitate a chiedere xD
... Spero non ci siano errori.
Sono sicura che la porterò a termine. *...disse prima di entrare in crisi*
Ce la metterò tutta ewe
Ringrazio chi perderà tempo a leggere e chi avrà voglia di lasciare un commento (capisco la poca voglia a causa del caldo LOL)
... In cambio avrete un biscotto. *sparge biscotti*
PS: il reading potrebbe alzarsi. Infondo è pur sempre UsUk.
 
  
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