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Autore: Lynn Lawliet    12/08/2013    3 recensioni
Finalmente capiva le farfalle nello stomaco e brividi lungo la schiena quando Antonio gli si avvicinava, la sensazione di poter toccare il cielo con un dito quando era con lui, quel perdersi nei suoi occhi ogni volta che ne incrociava lo sguardo… erano tutti pezzi di un puzzle che finalmente Lovino era riuscito a comporre: Antonio gli piaceva, e non come amico. Per tutto il tempo aveva cercato di negarlo a se stesso, per cui si sorprese rendendosi conto che non gli importava se Antonio era un ragazzo, se gli altri non lo avrebbero accettato. Capendo di amarlo aveva trovato il suo posto nel mondo: la soluzione del puzzle erano loro due, lo erano sempre stati; e questo era tutto quello che contava.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DOVE LOVINO CERCA L’ISPIRAZIONE, E QUESTA GLI CADE IN TESTA
 

Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali.

I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini. Se si ha la pazienza dì andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli.

Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l'uno all'altro.

-La solitudine dei numero primi, Paolo Giordano.

 
Lovino camminava nervosamente avanti e indietro, ignorando suo fratello che, ancora addormentato sul pavimento, smaltiva la sbornia della sera prima.
Com’è che la sua vita pareva così semplice? Lui poteva starsene tranquillamente a dormire sul pavimento delle altrui camere, mentre Lovino si era svegliato da neanche mezzora e già  aveva realizzato di aver baciato Antonio, era stato scaricato dalla sua ragazza, ed era anche stato sgridato da suo padre, quando quest’ultimo aveva saputo del punto numero due della personalissima lista di Lovino su come rovinasi una giornata fin dal primo mattino.
Insomma, Maia lo aveva appena mollato, lasciandolo da solo, sotto la pioggia, in una scena da film strappalacrime, ma non era quello il problema. Cioè, all’inizio Lovino l‘aveva presa male, ma dopotutto Maia aveva ragione: lui non la amava, e tanto di cappello alla ragazza per averglielo fatto notare. Però, era l’altra cosa che lei aveva detto, a proposito di un certo ragazzo spagnolo, a preoccupare Lovino… anche se infondo non aveva assolutamente senso, a lui Antonio non piaceva per nulla. Beh, gli piaceva, almeno un po’… ma come amico! Dove diavolo andava a pescarle Maia certe idee così assurde?
Ah, paranoie femminili! Il vero problema però era un altro: Antonio si ricordava di quello che era successo alla festa di Gil? E se sì come l’avrebbe presa? Gli avrebbe ancora rivolto la parola o lo avrebbe bollato come una specie di idiota con una cotta per il migliore amico? No, non era possibile che lo facesse… il gioco della bottiglia della sera prima aveva causato parecchi imbarazzanti baci fra due ragazzi (e altrettanti fra due ragazze, ma chissà perché, a loro non sembrava importare molto), e, anche se il loro era stato un filo più appassionato degli altri, non era nulla di più che uno stupido gioco. Poi non aveva minimamente importanza il fatto che a Lovino fosse piaciuto. E soprattutto il fatto che gli fosse piaciuto baciarlo, non significava automaticamente che gli piacesse anche Antonio stesso.
Cazzo.-fu l’ultimo pensiero di Lovino prima che Feliciano si svegliasse e lo trascinasse a fare colazione-questo ragionamento sta in piedi da far schifo.

 


Lovino procedeva spedito lungo il corridoio della scuola verso la sua aula, sperando tuttavia di poterci non arrivare mai. Perché sapeva che lì ci sarebbe stato Antonio ad aspettarlo (sempre che si fosse ripreso dalla sbornia di sabato sera). Lovino aveva mollato Feliciano al piano di sotto, nella classe del gemello (il padre aveva insistito nel metterli in due sezioni diverse, dicendo che passavano troppo tempo insieme) ma ora, dirigendosi verso la propria, per una volta, avrebbe desiderato veramente di averlo al suo fianco, perché l’idea di vedere Antonio lo terrorizzava oltremodo. La parte più razionale del suo cervello gli diceva che non era possibile che lo spagnolo lo odiasse per un motivo così stupido, ma in fondo alla coscienza una vocina malevola gli sussurrava che di sicuro adesso Antonio non sarebbe più voluto essere suo amico.
Lovino arrivò all’ingresso dell’aula, dalla quale provenivano i soliti gridi e schiamazzi mattutini, prese un profondo respiro ed entrò. Tempo di fare appena due passi dentro alla classe, e due braccia lo avvolsero da dietro stritolandolo nel solito abbraccio da boa constrictor.
“Lovinitoooo!!!” gli strillò nell’orecchio una voce famigliare.
 Tutto bene, Lovino sapeva a chi appartenevano quelle braccia e quella voce. E sapeva che significavano che Antonio non ce l’aveva con lui neanche un po’ (a meno che, abbracciandolo così, non tentasse di farlo morire per asfissia; l’ipotesi però era talmente assurda da poter essere esclusa a priori). Come tutte le mattine Lovino si divincolò dall’abbraccio, lanciando all’indirizzo dello spagnolo parecchi epiteti non troppo carini, ai quali il ragazzo rispose con una risata allegra. Poi però si fece scuro in viso:
“di un po’ Lovinito, ma perché non hai risposto ai miei messaggi ieri? Non è che mi stai evitando?”
Ahi. Lovino aveva passato la giornata precedente a ignorare i messaggi e le chiamate di Antonio, pensando volesse rinfacciargli quello che era successo alla festa di Gilbert. E ora ne avrebbe pagato le conseguenze:
“che cosa?! Nooo… certo che no. Perché avrei dovuto?”
“ah, non lo so. Sei tu la mente criminale qui”
“ah ah… buona questa.” Borbottò Lovino sarcastico, per poi andare a sedersi al suo posto.
“oi, Lovi! Guarda, ieri ti volevo parlare di una cosa…” lo rincorse l’altro ragazzo.
Oddio. Di che mai avrebbe voluto parlare se non di… quello? Lovino desiderò ardentemente che una voragine si aprisse sotto di lui e lo inghiottisse per sempre, ma, come volevasi dimostrare, con la sua solita fortuna, l’unico avvenimento degno di nota fu Heracles, lo studente greco, che, addormentato sul banco, se la fece nei pantaloni dopo che i compagni gli avevano immerso la mano in una bacinella d’acqua fredda.
Antonio però riprese a parlare e distolse Lovino dai suoi pensieri:
“ecco, Lovino, vedi, ieri un amico di mio fratello mi ha detto che suo zio conosce un tizio che fa da portinaio a uno che lavora per casa editrice. Il tizio ha detto che la casa editrice bandisce una specie di concorso per giovani scrittori, tipo che bisogna inviare un racconto breve, loro scelgono i cinquanta migliori e li pubblicano in un libro! Tu sei così bravo a scrivere, ho pensato che potresti partecipare.”
… eh?
Antonio aveva parlato tutto di un fiato, e per questo era quasi cianotico, ma lo stesso Lovino non aveva capito una parola. Non aveva intenzione di parlare del bacio? Sembrava quasi che non se ne ricordasse nemmeno… ma certo! Infondo Antonio era ubriaco quando era successo il tutto… e magari aveva dimenticato che cosa era successo.
“dunque?-la voce di Antonio interruppe i suoi pensieri- vuoi partecipare?”
“ehm… no… insomma Antonio, non sono abbastanza bravo…”
“e invece lo sei eccome! Le ho lette le tue storie, sono fantastiche!”
“ma dai, Antonio…- borbottò Lovino arrossendo- e poi lo sai che ho il blocco dello scrittore…”
“non ti preoccupare, Lovi, sono sicuro che farò in modo che tu riesca a trovare l’ispirazione, fosse l’ultima cosa che faccio!”

 


La porta di casa Vargas venne aperta da Marta, la cameriera, e Lovino e Feliciano furono accolti da un sommesso Bentornati, signorini.
Feliciano puntò dritto verso la cucina, sperando in uno spuntino pomeridiano (sul serio, ma la smetteva mai di mangiare, quel ragazzo?) mentre Lovino si diresse verso il salone. Non pensava di trovarci nessuno, perciò si sorprese vedendo sua madre seduta sul divano, in mezzo ad un mucchio di vecchie fotografie. Lei, sentendolo arrivare alzò lo sguardo:
“oh, Lovino, sei tornato. La nonna mi ha chiesto di nuovo di darle una fotografia del matrimonio mio e di tuo padre… non riesco proprio a capire come faccia a perdere tutte quelle che le do.” Sospirò pesantemente. Poi riprese a parlare: “ora è meglio che vada. Mi aspettano a casa di Vanessa per il bridge. Lovino, metti a posto tu queste fotografie, ti va?”
Lovino mugugnò qualcosa di indefinito, che la madre prese evidentemente per un sì, siccome gli schioccò un bacio su una guancia e si avviò facendo risuonare i tacchi a spillo.  
Lovino raccolse le fotografie del matrimonio dei suoi genitori e si avviò verso la soffitta. Salì le scale strette e polverose dell’ultimo piano della villa, ed entrò in una stanza altrettanto polverosa. Si avvicinò ad uno scaffale, quello dove conservavano le fotografie, si allungò sulle punte dei piedi per raggiungere una scatola poggiata sull’ultimo piano, l’afferrò per un angolo, tirò, e la scatola cadde. Peccato che insieme a quella che avrebbe voluto Lovino, precipitò (sulla sua testa, per la precisione) anche una seconda scatola. Massaggiandosi la fronte, dove stava già spuntando un bernoccolo, Lovino scorse una scritta sul coperchio della scatola: Lovino e Feliciano. L’aprì lentamente e si ritrovò in mano un mucchio di fotografie, tante quante non ne aveva mai viste, tutte sue e di suo fratello. Gettò un’occhiata al mucchio e, eccoli sorridere sdentati il primo giorno di elementari. O mangiare un gelato, con le manine grassottelle tutte sporche di cioccolato. O in piscina, con indosso il costume da bagno.
Ovunque, lui e Feliciano, sorridevano all’obbiettivo, tenendosi per mano. Erano insieme da sempre, loro due, e per tutta la vita, Lovino non aveva avuto che lui. Certo, ultimamente aveva fatto altre amicizie, ma Feliciano era Feliciano e non ci sarebbe mai stato nessuno come lui. E anche se era logorroico, rumoroso, appiccicoso e perennemente felice senza un motivo apparente, era suo fratello ed era la persona a cui Lovino voleva più bene al mondo.
Dopotutto, si disse Lovino, Antonio non si sarebbe dovuto sforzare poi così tanto per ridargli la sua ispirazione perduta: ci avevano già pensato quelle fotografie.

 

Salve gente!
Sono tornata! Lo so che questo capitolo è un po’ cortino, ma… non vi preoccupate, il prossimo sarà più lungo, e ho già in mente di inserirci alcune cosette spamanose (?) che so per certo vi piaceranno parecchio! XD
Detto questo, come gli avevo promesso, dedico questo capitolo al mio nii-san (fratellone in giapponese, per chi non lo sapesse) che insiste ad essere chiamato così, anche se in realtà ha la mia stessa età. (lui è fermamente convinto di essere il maggiore perché è nato qualche ora prima di me… bah.). Infatti l’amore fraterno fra Feli e Lovi  evidenziato in questo nei prossimi capitoli è ispirato allo specialissimo rapporto fra gemelli che lega me e il mio nii-san * inserire musica commuovente a piacere * (tutte balle, in realtà litighiamo anche per cose stupide come “chi ha mangiato l’ultimo biscotto”).
So, aufwiedersehen und liebe grüße,
Lynn
  
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