Ora
tocca a me.
Mi
sciolgo al sole d’autunno. Sei tu il mio sole?
Martha
Cox non si riteneva una bella ragazza. Aveva i suoi chiletti e lo ammetteva con
brio; tentava di sdrammatizzare con un sorriso allegro e cambiava argomento se qualche
cheerleader la prendeva in giro, oppure passava al contrattacco. Credeva che
soffrire in silenzio mentre loro godevano della propria arguzia (chi, le
cheerleader?) fosse meglio che disperarsi ogni minuto della sua esistenza.
Eppure
si sentiva un totale impiastro, in tutto. Meno male che c’era la poesia, e la
danza.
Quando
si alzò quella mattina, si sentì terribilmente felice. Era il primo giorno del
nuovo anno scolastico, e prometteva scintille. Ormai il loro gruppo era
compatto e ostili a quelle “mescolanze” erano rimaste solo le ochette svampite.
Pon pon.
Che idiozia!
S’incamminò
verso il bagno con una giravolta, dopo aver impostato il suo stereo ad
altissimo volume. I genitori ovviamente erano già al lavoro, quindi non
disturbava nessuno.
Oh oh oh. Wake up today,
Feeling
the way, I always do!
Le
note incoraggianti del film Hairspray
la tirarono su. Non doveva fare quei pensieri duri la mattina presto! Doveva
godersi quella giornata con tutta se stessa, e andare fiera del suo aspetto
esteriore! Tracy Turnbland, lei sì che aveva grinta. Ma era un personaggio,
nient’altro che una storia costruita, e quella era la realtà, spietata. Quindi
di grinta, rifletté gettandosi il sapone addosso nel vano doccia, ce ne voleva
il doppio.
***
Taylor
McKessie e Gabriella Montez erano diventate senza dubbio popolari, soprattutto
per le loro vicende sentimentali; forse Gabriella, alla East High, lo era stato
da sempre. E anche Kelsie, che aveva creato scalpore per aver schiaffeggiato
Jason Cross nella mensa e che ora stava con Ryan Evans, meritava rispetto nel
teatro, più di quanto non ne avesse prima, ma si teneva alla larga dai
pettegolezzi con un rapporto timido e riservato. Sharpay Evans, nemmeno a
parlarne. Lei era la regina incontrastata, a scuola. E a Martha, chi rimaneva?
Alla fermata dell’autobus, quasi deserta, arrivò il mezzo che doveva portarla a
scuola. Salì, accolta dai suoi amici con calore.
Calore.
Ma che tipo di calore era? Di certo non il calore che provava Taylor quando
Chad le sussurrava qualcosa all’orecchio. Represse un sospiro e mostrò un
sorriso agli altri. Proprio quando l’autobus stava per svoltare l’angolo, un
grido attrasse l’attenzione di Martha. Si voltò confusa. Per strada, per quella
banalissima viuzza di cui Sharpay si lamentava sempre (“Mai che capiti qualcosa
qui!”), un ragazzo alto e dai tratti latini correva alla velocità della luce,
inseguendo il loro autobus. Non sembrava parlare americano, infatti imprecava
in quello che sembrava spagnolo. Gabriella si voltò divertita, e Martha chiese
il significato delle sue parole.
-Sta
semplicemente supplicando l’autista! Diciamogli di fermarsi!- rispose lei con
un’aria divisa tra il preoccupato e l’ironico. Troy si separò dal loro
(troppo?) dolce abbraccio e andò verso il vano del guidatore dell’autobus,
avvertendolo. Quello distolse per un attimo lo sguardo dalla strada e squadrò
il Wildcat con una smorfia; poi, nel più assoluto silenzio, si voltò di nuovo.
A quanto pareva, non gli andava a genio l’idea di fermarsi per quello studente
in ritardo.
Martha
aveva osservato la scena con attenzione; ogni tanto lanciava occhiate avide
verso la strada, come ad accertarsi che il giovane “misterioso” fosse integro,
e ancora alle calcagna del mezzo. Lui era sempre lì, e non si rassegnava. Forse
si era appena trasferito, e non voleva sfigurare il primo giorno. Chissà …
Quando
si accorse dello sprezzo che l’autista aveva dimostrato, si alzò anche lei e
raggiunse Troy, poi ad altissima voce iniziò il suo discorso: - Senta, potrei
ricondurre i suoi problemi psicologici a qualcosa che è accaduto quand’era
bambino, magari uno che assomiglia a quel ragazzo lo ha ferito
moralmente, come ipotizzerebbe il dottor Sigmund Freud, le ha detto che non
troverà mai la sua anima gemella e che si ritroverà solo come un cane per
sempre, ma mi sembra profondamente ingiusto quello che sta facendo, e secondo
il regolamento che le è stato imposto dal preside Matsui, nell’articolo otto
sottoparagrafo cinque riga due, quando si accorge di uno studente che non
supera un ritardo di otto minuti per raggiungere la fermata dell’autobus, lei è
obbligato ad accostare immediatamente. Ora, calcolando che diametralmente al
suo percorso il suddetto studente sta correndo dietro al bus da almeno sei
minuti e trentasei secondi, la vedo costretto ad obbedire alle regole.
Martha
concluse la sua tesi, furente ed ansimante ma soddisfatta: se molti dei giovani
presenti avessero ricordato qualcosa delle lezioni supplementari di psicologia,
ci sarebbe stato un lungo e sincero applauso. Finalmente, sotto gli occhi
sbalorditi di tutti, l’uomo fermò il veicolo interrompendo la corsa dello
spagnolo. Quello entrò trafelato, sorridendo a Martha. Doveva aver notato il
suo comportamento e ne era rimasto compiaciuto. La ragazza, dal canto suo,
trasalì. Quella semplice espressione sul viso, mentre lui si raddrizzava gli
occhiali con un dito, l’aveva assolutamente affascinata.
Si
avvicinò al misterioso estraneo, che aveva preso posto lontano dagli altri.
-Posso
sedermi?- Domandò timidamente indicando l’altro sedile. Lui annuì.
Quando
però si sedette, Martha si trovò senza parole. Non sapeva nemmeno se lui
parlava americano, dannazione! Doveva fare una prova. Prese fiato e … Sì, e
cosa doveva chiedergli? Ehi tu, sei fidanzato???
Chiuse
le labbra, maledicendosi per quella smorfia da pesce lesso. Teneva gli occhi
bassi, imbarazzata; grinta, eh?! Non ne avrebbe mai avuta abbastanza. Non
riusciva nemmeno a parlare con …
Una
voce calda e suadente interruppe le sue autocritiche mentali: -Io sono Joaquin,
molto piacere.- Joaquin. Joaquin Joaquin Joaquin Joaquin. Il bel Joaquin.
Joaquin il magnifico. No. Doveva rimanere concentrata e non mostrarsi
vulnerabile.
-Io
sono Martha.- -Incantato.- sussurrò lui prima di baciarle elegantemente la
mano. Si levò un Oooooh
dall’autobus, emanato soprattutto dalle fiamme dell’invidia delle cheerleader.
Il nuovo arrivato era attraente, non c’era altro da dire. Certo, era strano
come non fossero venute a conoscenza della sua esistenza nelle ultime
quarantotto ore, ma la sorpresa maggiore era vederlo appiccicato a quella
secchiona da quattro soldi.
La
secchiona in questione trasalì un'altra volta per quel contatto improvviso e
inaspettato; addirittura, un baciamano? Magari le avrebbe anche insegnato il
flamenco. Altro brivido. Non è che aveva la febbre? Avrebbe spiegato molte
cose; e invece quei sentimenti nati così in fretta non ce l’avevano, una
spiegazione.
-Joaquin … tu … sei nuovo, giusto?-
mormorò incerta. Poco lontano, Kelsie esultava per lei, stretta tra le braccia
di Ryan. Anche per la sua amica ballerina stava arrivando … l’amore.
***
Era
l’ora di matematica, ma la signorina Cox non degnava il professor Williams di
uno sguardo. Era piuttosto presa da Joaquin, che scribacchiava qualcosa su un
foglio; non parevano appunti di algebra, però. Sospirò impercettibilmente,
ripensando a qualche ora prima.
Lei e il suo nuovo amico erano
rimasti a chiacchierare fino all’arrivo nella East High. Poi lei lo aveva
condotto in presidenza, dove Matsui gli aveva dato il benvenuto. Solitamente i
nuovi arrivati erano accompagnati da i genitori, ma Joaquin aveva spiegato al
preside che i suoi erano molto impegnati col trasloco: venivano da Barcellona,
e alcuni pacchi con i mobili arrivavano proprio quella giornata. Aveva
presentato anche un biglietto della signora Càrdenaz, firmato accuratamente e
che confermava le parole del ragazzo. Matsui allora, notando Martha fuori dalla
porta che cercava di carpire informazioni dal discorso tra i due, aveva
acconsentito a farla entrare e le aveva assegnato il compito di occuparsi di
Joaquin. Lui si era voltato verso di lei con un ampio sorriso, sussurrando
mentre il preside chiamava la segreteria per la chiave dell’armadietto.
-A quanto pare, sei destinata a
badare a me.
E una nuova, terribile emozione
aveva fatto capolino in quel momento, proprio mentre le iridi scure del ragazzo
la attiravano a sé.
Finalmente,
la campanella risuonò benigna nel liceo, annunciando l’ora della pausa pranzo.
Martha si alzò e si costrinse mentalmente a raggiungere il giovane, imponendosi
soprattutto un atteggiamento calmo e disinvolto. Sharpay le aveva mandato un
bigliettino proprio a proposito; un suggerimento buffo e inaspettato, ma utile.
Fa
come se il compito non ti facesse bollire troppo dall’eccitazione. Sì, devi
accompagnarlo, ma la cosa ti è indifferente.
E
allora perché le tremavano le gambe? Non le capitava mai, nemmeno se faceva
break dance. Le sue gambe erano le sue colonne, il suo sostegno primario, la
cosa più naturale del mondo. Ed ora cedevano!
-Ehi,
Joaquin! Ora c’è il pranzo. Ti accompagno in mensa, ti va?
Ma
purtroppo non era stata la signorina Cox a pronunciare quella frase allegra e
sicura di sé. Una cheerleader. Maledetti i suoi pon pon!!
Martha si arrestò a metà del suo cammino, intimorita. Il ragazzo stava in
silenzio, fissando la biondina attentamente; stava soppesando la sua proposta,
giusto? Se solo avesse potuto scrutare nei suoi pensieri … si sarebbe
risparmiata queste elucubrazioni febbrili.
*Ma guarda questa!
Stupida ochetta di prima mattina! Cominci bene, Joaquin. So perfettamente cosa
fare.*
-Scusami …
- … Jenny!
… barlume di speranza …
-Sì, Jenny. Mi dispiace, ma ho già una
perfetta accompagnatrice oggi. Me l’hanno assegnata …
… delusione totale …
- … e non intendo mollarla per nessun motivo.
Anzi, vorrei tenermela stretta!
Il cuore di Martha Cox mancò un battito in
maniera terribilmente preoccupante; un cardiologo si sarebbe messo a piangere
disperato. Ma lei ormai capiva quello che le stava succedendo; ormai capiva
tutto.
Era accaduto anche lei.
Gabriella al karaoke, Taylor ad una partita
di basket, Kelsie dopo un musical, Sharpay nel cortile della scuola.
Si erano innamorate.
Le labbra si schiusero in un sorriso quando
Joaquin raccolse i suoi libri e le si avvicinò, prendendola per mano. E nel suo
cuore quel sentimento, così arcano e allarmante, aveva già trovato casa.
C’era un autista da ringraziare.
***
Sì, vabbé, adesso
mi picchiate. XDDD Ho una long da finire, e anche da troppo. Ma questa shot era necessaria per darmi respiro da qualcosa che non
capisco nemmeno io, ma che ormai ha “fatto capolino” anche nel mio cuore. Per
una persona che perde sempre i mezzi di trasporto, che ti potrebbe far piangere
solo fissandoti e che ormai ha inesorabilmente capito tutto. ^^
Dedicata alle mie Disneyane, che ovviamente
hanno capito il loro ruolo in questa ficcy. Sono
amiche magnifiche, e accetterò anche di farmi rapire, da loro! XDDDDD Titty, Aqua, Barbycam,
Jud, Herm. Vi voglio bene, tesore mie. Tantissimo.
Spero che la shot
vi sia piaciuta, ma non sono sicura che sia davvero bella. Se non siete contrarie e vorreste saperne di più sulla storia
tra Martha e Joaquin, attraverso le recensioni (che mi auguro di ricevere XDDD),
posterò un capitolo a mo’ di epilogo, per vedere un po’ in là di questo magico
incontro.
Vi auguro di incontrare l’amore. Ma non
sforzatevi di capirlo, di analizzarlo, di fare come Martha fa con quel povero
autista antipatico, perché non è così facile. Anzi, è impossibile. Ma
godetevelo, perché è quello che vi colma il cuore di felicità.
Con la speranza di non avervi annoiato con
questa predicuccia
innocente ma sdolcinata, vi saluto.
Baci, Vivy93.