Autore:
Achernar
Fandom: Yu Gi Oh (manga)
Personaggio/Pairing: Yami no Yuugi
Set mix: prompt vicolo
Sorta di
diario interiore di Atem
durante la sua prigionia nel puzzle, l’ultimo ricordo
è un riferimento a Kuru
Elna
Sono qui. Perché
io sono,
vero? Non saprei dirlo, mi piace pensare che esisto davvero, ma non so
niente
né di me né di questo posto: da quando sono qui,
perché, né cosa sia realmente
questo luogo. Però so come
è: è
freddo, buio, inospitale, mi odia almeno quanto io odi lui. Ovunque mi
giri
vedo solo vicoli, corridoi interminabili, scale, porte,
l’opera d’arte di un
folle architetto che si è divertito a rendere questa mia
prigione un labirinto
dove orientarsi è impossibile, e questo mi fa rabbia. Mi fa
rabbia perché in
tutto questo tempo non ho fatto che vagare di stanza in stanza,
scendere e
salire milioni di gradini e aprire migliaia di porte e ogni volta che
pensavo
di trovare qualcosa dietro di esse, c’erano solo tenebre,
ombre, solitudine. Le
ombre ridono di me, le sento, le mie uniche compagne, è
divertente vedermi
vagare senza meta, perché io dopotutto non ho una meta: vago
e basta, per i
meandri di questo orribile posto, disperato e alla ricerca di qualcosa
che non
so neanche io. L’ho detto, è una ricerca senza
speranza, come farò a
riconoscerlo quando l’avrò trovato, se non so
cos’è che sto cercando? Però
continuo.
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Ora ho qualche idea su cosa
sto cercando, non ne posso più di
sentire le tenebre che ridono di me, mi seguono ovunque, si prendono
gioco di
me perché non sono nessuno. È vero, non so cosa
sono, chi sono, perché sono qui,
da quanto... sembrano millenni... e allora ho deciso, voglio aprire
tutte le
porte perché spero di trovare le risposte alle mie infinite
domande dietro una
di esse. Non so quanto ci metterò, ma devo tentare.
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Ho perso il conto delle
porte che ho aperto da allora,
tante, tantissime, eppure ce ne sono sempre di più, sembrano
moltiplicarsi, non
ce la farò mai... Non ho trovato nessuna risposta dietro di
esse, solo dolore.
Dolore, freddo, buio, a volte grida, minacce... mi sento soffocare, non
so se
siano le ombre che si divertono ancora con me o altri spiriti, ho
paura, ogni
volta che avvicino la mano a una maniglia sento un brivido dentro di
me, mi
manca il respiro, cosa troverò là dietro? mi
domando, e forse preferirei non
darmi una risposta se ripenso alla sofferenza che ho già
incontrato, ma devo
continuare.
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Ho una strana sensazione da
un po’ di tempo, la percezione di
me, qualcosa dentro che mi dice che io sono un’anima. Ma
allora è qui che si
radunano le anime dopo la morte? perché io ho
dei ricordi di cosa sia la morte anche se non so
perché. Devo essere stato
un’anima davvero scellerata per meritare tutto questo,
nessuno è vicino a me a
condividere la mia pena, solo le ombre, ma loro non sono anime, ne sono
certo,
quindi solo io ho fatto qualcosa di tanto spaventoso da dover soffrire
questo
supplizio, nessun altra anima è qui con me dunque nessuno ha
peccato quanto ho
peccato io. Sono un essere orribile. Devo
aprire le porte, nascondono minacce e dolore, ma dietro di esse ci deve
essere
il ricordo della mia colpa, devo sapere cos’è.
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Non voglio più
continuare. Non voglio più. Sono accucciato in un
vicolo della mia prigione, sento ancora le urla nella mia testa, mi fa
male, rimbombano.
Ho le mani sugli occhi ma vedo ancora sangue, sangue dappertutto. Sto
tremando.
Perché, perché? Stavo camminando di nuovo per i
cunicoli di questo carcere, a
ogni passo aprivo una porta, ormai sono abituato a trovarvi dietro
immagini
dolorose e sentimenti terribili, quindi non ho più paura.
Almeno credevo.
C’erano dei gradini davanti a me, li salgo, conducono a una
porta, me lo
aspettavo. Sento delle voci, mi volto ma non c’è
nulla dietro di me, solo buio,
eppure sapevo che non erano le ombre. La mia mano trema mentre si
avvicina
all’uscio, ma devo aprire. Non avrei mai creduto di trovare
una cosa simile lì
dietro. Fiamme, un incendio, un terribile odore di carne bruciata,
corpi,
decine, centinaia di corpi, si contorcevano dal dolore, dilaniati,
scorticati,
in fiamme, urlavano in modo straziante, grida così acute da
far tappare le
orecchie e correvano in ogni direzione, alcuni non potevano correre,
erano
senza gambe, sanguinavano, e si trascinavano per terra lottando per non
venire
avvolti dalle fiamme. Tanti bambini, che piangevano disperati attaccati
alle
loro madri o a quello che restava dei loro corpi martoriati. E poi
c’erano
soldati, brandivano spade che luccicavano alla luce delle fiamme, e
strappavano
via i bambini dalle braccia dei genitori con ferocia, gettando urla
disumane
mentre si avventavano su quei corpicini inermi e li facevano a pezzi. E
poi
sangue, sangue ovunque, schizzi di liquido rosso e caldo che zampillava
dalle
ferite di quella povera gente, che colava dalle armi di quegli uomini
senza
cuore, che si inebriavano alla sua vista e si accanivano con ancora
maggiore
crudeltà e violenza contro di loro. E io non riuscivo a
muovermi, non ho potuto
aiutare nessuno, quella gente che urlava disperata lanciandomi occhiate
imploranti e grida di soccorso, io ero immobile, incapace di muovere un
muscolo
e di aprire bocca, pietrificato anche quando un vecchio mi ha afferrato
la
gamba cercando aiuto e riparo dall’uomo che subito dopo lo
strappò da me e lo sgozzò
davanti hai miei occhi. Non
ho fatto
niente per fermarlo, ho assistito e basta senza battere ciglio,
finché anche
l’ultimo bambino non ha subito la sorte del vecchio e la sete
di sangue e morte
dei soldati si è saziata. Poi è svanito tutto,
lasciandomi solo fra il ribrezzo
e la nausea per quanto avevo appena visto.
Forse è questa la
mia colpa, sono un assassino, un’anima senza
cuore, senza pietà, e la cosa più terribile
è che mentre sono qui a tremare per
il freddo e la paura, c’è una voce dentro di me
che mi dice che quello che ho
appena visto è solo un ricordo di un evento vero,
tutt’altro che irreale.