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Autore: SmartieMiz    14/08/2013    5 recensioni
Quando vuole, Jeff Sterling sa essere anche terribilmente malefico.
Una scommessa nata così, quasi per gioco. Un Sebastian Smythe più convinto che mai.
Entrambi ostinati a vincere.
Chi avrà la meglio?
Jeff mi sorrise, in modo quasi inquietante. «Dubiti di me, vero?».
Aggrottai le sopracciglia. «Perché mai non dovrei? Ovvio che dubito di te, dal momento che spari cazzate ventisei ore su ventiquattro».
Lui sorrise, in modo ancora più spaventoso. «Bene, Smythe, ho deciso di sfidarti. Una scommessa».
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Walk of Shame
Rating: arancione
Genere: comico/un po' demenziale/commedia



Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

 

 

 

Walk of Shame


~


Quanto cazzo manca alla porta?!
Due passi, tre passi. Ho le gambe e i piedi indolenziti. Ho bevuto davvero tanto.
La porta è in fondo al corridoio, e cammino lentamente, mantenendomi alla parete.
«Smythe, hai bisogno di una mano?», ghigna una voce divertita.
Non lo guardo nemmeno in faccia. «Taci, stronzo», impreco.
Lui ride, con la sua risata cristallina. «Giuro che la pagherai, Barbie assassina».
«Ma ho vinto la scommessa! Si vede che non sai perdere, Smythe».
«Sterling, dimmi cosa cazzo ho sul culo», richiedo per la milionesima volta.
«Oh, fattelo dire da Thad», risponde con un sorriso divertito.
«Voglio la rivincita», dico, furente.
«Davvero ne vuoi un altro, questa volta sulla tua fronte e sarà Mangusta?».
Lo guardo, torvo. Lui mi sorride ancora una volta, per poi abbandonarmi, ridendo maleficamente.
Vorrei davvero staccargli la testa, come facevo da piccolo con le bambole di mia sorella.
È tutto iniziato per uno stupido battibecco che abbiamo avuto a pranzo giorni fa.
 
«Quest’estate ho incontrato una ragazza, si chiama Allie ed è molto simpatica!», aveva iniziato Richard James, seduto al tavolo dei Warblers.
«Io ho rimorchiato delle ragazze molto carine. Dovrei farvele conoscere, così ognuno di noi potrà avere una fidanzata! Credo bastino per tutti, dato che ne ho abbordate tantissime», aveva incominciato a blaterare Sterling.
Nick Duval lo ascoltava, nascondendo quelle che secondo me erano delusione e rabbia. Ma cazzo, Duval, cosa aspetti a dichiararti?! Si capisce anche ad un miglio di distanza che te lo vuoi sbattere contro una parete e scopartelo senza pietà.
«Oh, il nostro Jeffie fa conquiste!», aveva detto un Flint Wilson piuttosto entusiasta.
«Quando abitavo a Parigi, non avevo neanche bisogno di rimorchiare. Erano le ragazze che mi cercavano», mi intromisi nella conversazione, beffardo: «Ah, e ovviamente anche i ragazzi».
Questa volta è stato Thad Harwood a guardarmi, arcigno. «Beh, sarai desiderato da tutti per il tuo sex appeal, ma io riesco a far sciogliere le ragazze come ghiaccioli soltanto con un sorriso», aveva risposto Sterling semplicemente.
«Oh, fidati, anche io. Un mio sorriso manda la gente semplicemente in estasi», rispondo, con un sorrisetto. Thad, rosso in viso, aveva chinato il capo e addentato il suo panino, ma sapevo benissimo che si stava trattenendo e che stava nascondendo un sorriso sbarazzino.
«Non appena apro bocca, mando le ragazze in estasi», mi rispose Sterling, sorridente.
«Sterling, esiste un prodotto che risolve questi problemi chiamato dentifricio. Ne hai mai sentito parlare?».
Flint e un paio di Warblers sghignazzarono. L’occhiataccia di Jeff li zittì immediatamente
«Smythe, non puoi dubitare del mio talento con le ragazze. Fortunatamente non stiamo insieme durante le vacanze estive, quindi non puoi dire niente».
«Appunto, quindi può essere anche che mi stai dicendo un mucchio di cazzate. Andiamo, chi mai ti cercherebbe?», risposi, senza peli sulla lingua.
«Sebastian, basta», mi disse Thad, infastidito. Nemmeno fosse mia madre!
«Ma Harwood, ce lo vedi? Barbie che conquista altre Barbie come lui?», gli dissi: «Ne verrebbe fuori un reggimento di bambole. Il mio incubo».
«Ah sì?», Sterling sembrava piuttosto irritato: «Te lo posso dimostrare, Smythe».
«Cosa? Che il mondo si trasformerà in una grossa casa delle bambole?».
«Che so come si rimorchia una ragazza», rispose lui, fiducioso: «Ti dimostro che sono capace di ottenere il numero di telefono di dieci ragazze in soli due giorni!».
I Warblers sembravano eccitati. «Jeff sta sfidando Sebastian Smythe!», sentii i mormorii e i cinguettii strozzati di Flint e di altri idioti come lui.
Risi, profondamente divertito. «Bella questa, Sterling! Non credevo fossi così divertente. Dimmi, allora, qual è la prossima battuta?».
Jeff sembrava irremovibile. «Smythe, ore 18.00 in biblioteca», disse, e si alzò dal tavolo.
I Warblers mi guardarono, perplessi. Ciop fece la sua uscita a diva, e il suo fedele Cip ovviamente lo seguì.
 
Avevo quasi pensato di non degnarlo nemmeno della mia presenza, e invece ero lì in biblioteca alle sei in punto come prestabilito.
«Senti, bionda, ho da fare, perciò spicciati», gli dissi: «Allora? Sei qui per spiegarmi la tua uscita a drama queen oggi a mensa?».
Jeff mi sorrise, in modo quasi inquietante. «Dubiti di me, vero?».
Aggrottai le sopracciglia. «Perché mai non dovrei? Ovvio che dubito di te, dal momento che spari cazzate ventisei ore su ventiquattro».
Lui sorrise, in modo ancora più spaventoso. «Bene, Smythe, ho deciso di sfidarti. Una scommessa».
Risi. «Bene, biondina, quando avrò vinto cosa mi darai?», e immediatamente colsi il doppio senso della mia stessa frase. Ero un caso irrecuperabile.
Ma Jeff sembrò non notarlo nemmeno. «Io non ti darò proprio niente, semmai sarai tu a darmi qualcosa», disse.
«Mi sembra pure giusto. Solitamente sono io l’attivo».
Jeff divenne paonazzo. «Ma cosa cazzo hai capito?».
«Scusami, ma te la sei decisamente cercata!», protestai.
Sterling sbuffò. «Allora? Spara, quanti dollari guadagnerò?», chiesi.
«Mm, no, non soldi. Qualcosa di più carino. E mortificante», aggiunse lui, con un sorriso sadico stampato sul volto.
«Sterling, ti vuoi davvero così tanto male?».
«Un tatuaggio», la lampadina si accese, illuminando i suoi occhi: «Ecco, Smythe, ho trovato, ho trovato!».
Bene, altro che Barbie o Ciop. Ora Sterling sembrava decisamente un topo di Cenerentola, o Cenerentola stessa. Trattenni un conato di vomito.
«Un tatuaggio?», ripetei, con un sorriso: «Sei sicuro di voler essere umiliato così?».
«Come sei sicuro di te, Smythe. Mai sfidare Jeffrey Scott Sterling!», disse, puntandomi il dito contro.
«L’autostima non mi manca, ma tu sei estremamente convinto. Ed è la convinzione che fotte la gente», gli dissi, con un sorrisetto.
«Allora sono fottuto», mi rispose lui, con un altrettanto sorrisetto: «Smythe, abbiamo due giorni e dieci ragazze da rimorchiare. O meglio, dieci numeri di telefono da ottenere. Sicuro di farcela? ».
«Certo, me lo chiedi pure?», risposi, poi qualcosa scattò in me. Ragazze? E no, così non valeva.
«Sterling, sei più gay di me, perché mai dovremmo rimorchiare delle donne?».
«Non sono gay. E comunque sì, rimorchieremo ragazze, femmine, donne», disse, sottolineando le tre parole: «Ti arrendi così facilmente, Smythe?».
«Mai mettersi contro uno Smythe», gli dissi, con un ghigno: «E quindi il pegno sarà un tatuaggio?».
«Esattamente. E perché no, anche una cena gratuita», sorrise lui.
«Oh, no. Non porto nemmeno Harwood a cena, perché mai dovrei portare te?».
Un sorriso intenerito sfuggì dalle sue labbra. Sapevo a cosa cazzo stava pensando e no, Harwood non era il mio fidanzato o il ragazzo che amavo o tutte quelle cose smielate tipiche di uno Sterling o di un Duval.
«Va bene, allora facciamo una birra», sentenziò, poi mi porse la mano: «Inizieremo domani che è venerdì, e ti distruggerò. Diventerai polvere, Smythe», mi sorrise.
«E tu ritornerai come la plastica di cui sei stato fabbricato», conclusi accettando la stretta e, non lo avrei ammesso nemmeno sottotortura, ma mi sembrava di aver appena stipulato un patto con il diavolo.
 
Due giorni, dieci ragazze, dieci numeri.
Insomma, un gioco da ragazzi per uno così sexy e avvenente come me che ha il leggendario record di venti ragazzi a sera. E venti ragazzi da scopare, mica da rimorchiare per poi chiedere il numero.
Quel venerdì mi portò in uno squallido centro commerciale.
«Guarda», Sterling mi porse il suo cellulare: «Questa è la mia rubrica. Ho sessanta contatti. Te la mostro così dopo non potrai nemmeno permetterti di dire che ho imbrogliato».
«Davvero ingegnoso, Sterling, ma chi mi dice che dopo non sarai stesso tu ad aggiungere i contatti inventando i numeri?», lo sfidai.
«Beh, chiederò alle ragazze una loro foto, così ti dimostrerò che ti sbagli, e anche di grosso!», mi rispose lui, poi disse: «Va bene. Ci vediamo direttamente tra due ore».
E sgattaiolò via in qualche reparto.
Mi avvicinai agli stand dei vestiti, e immediatamente vidi uomini e donne. C’era anche un ragazzo con un bel culo!
No, aspetta.Barbie aveva parlato e aveva esplicitamente detto ragazze.
Non credevo che Barbie fosse lesbica. Sapevo che frequentava Ken.
Okay, credo che le bambole di mia sorella Cyrielle e i cartoni della Disney mi abbiano decisamente dato alla testa. Traumi infantili.
Finalmente intravidi una ragazza. Doveva avere la mia età. Mi avvicinai immediatamente a lei. A quanto pare, stava cercando un reggiseno.
«Hey, dolcezza», la salutai, con il mio sorriso irresistibile: «Sai, credo proprio che hai sbagliato reggiseno. Mi sembrano più grandi le tue tette».
Lei mi guardò, scandalizzata. Scappò via, letteralmente.
Io, invece, rimasi contemporaneamente sorpreso e spaventato di me stesso. Da dove mi era uscita quella battuta? Beh, ecco, sono un predatore, e non importa di che sesso sia la mia preda. Sono sempre io, Sebastian Smythe.
Camminai un altro po’ e beccai un gruppetto di tre ragazze. Che bel bottino: prendi tre, paghi uno. O era prendi due e paghi uno? Boh, non importa.
«Hey, bellezze», le salutai, e sfoggiai per l’ennesima volta il mio smagliante sorriso.
Si guardarono tra loro, un po’ perplesse e un po’ eccitate. «Hey!», parlò una moretta, che doveva essere la più disinvolta tra le tre: «Ci conosciamo?».
«Mm, credo proprio di no, ma sai, potremmo anche conoscerci. In effetti non mi dispiacerebbe affatto farlo. Conoscerti, intendo. In fondo. Sì, davvero molto in fondo».
Le ragazze si guardarono, stranite. «Stai bene?», mi domandò la moretta.
«Sì. Con te mi sento anche meglio», le sorrisi.
Era una frase schifosamente dolce, e quelle anziché sciogliersi mi guardarono come se fossi un extraterrestre.
«Beh, noi dobbiamo andare. È stato un piacere, ciao!», la moretta e le sue compagne mi liquidarono via, visibilmente disinteressate.
Beh, non sanno quello che si perdono!
Camminai ancora un altro po’, alla ricerca della prossima fortunata preda. Presi le scale mobili: di ragazze ce n’erano, ma erano con i propri partner e non mi sembrava il caso di rimorchiare una ragazza fidanzata davanti al proprio compagno. Beh, in effetti con Blaine non mi ero fatto così tanti problemi, ma questa volta era diverso: mi avrebbe sicuramente più attratto il fidanzato che la sua ragazza.
Adocchiai l’ennesima preda: una ragazza piuttosto carina, bassina e con i capelli rossicci. Era alla ricerca di qualcosa e stava rovistando in un grosso scatolone blu che conteneva… preservativi.
Mi avvicinai, quasi furtivamente. «Quelli al cocco e al cioccolato sono i migliori. Davvero, un po’ come il gelato. Hai mai provato il gelato cioccolato e cocco? Sono due gusti che si abbinano benissimo!».
Inizialmente la ragazza sobbalzò, perché non si era nemmeno accorta della mia presenza, poi il suo colorito divenne rosso scarlatto.
In realtà non avevo mai provato dei preservativi al cocco o al cioccolato. La trovavo una cosa davvero squallida e disgustosa dare un sapore a quei cosi in lattice.
«Poverina la tua ragazza», disse lei infine, ancora rossa in viso: «Ha un fidanzato così pervertito che le fa anche le corna. Ora ti chiedo per piacere di non infastidirmi».
«Il fatto che ti dia consigli sui preservativi non implica che sia fidanzato. Ho avuto le mie esperienze, ovviamente, e sono anche esperto in materia. Devi sapere, mia cara ragazza, che sono un tipo molto dotato. Sì, in tutti i sensi. Per scoprirlo, mi potresti dare una chance. Allora? Qual è il tuo numero?».
Quella mi guardò, con occhi quasi iniettati di sangue, e mi diede uno schiaffo. «Sei un porco!», disse, furibonda, andandosene via.
Non avevo mai fallito così miseramente con delle ragazze. In verità, a Parigi erano sempre state loro a cercare me. Mi hanno sempre attirato i ragazzi, quindi non mi facevo problemi.
Sospirai, e infine sorrisi: Sterling era uno sfigato, e sicuramente era messo peggio di me.
 
Le due ore infernali finalmente passarono.
«Smythe? Allora? A che punto stai?», mi sorrise Jeff.
«Sii paziente, aspetta ancora un altro po’ e vedrai che ti annienterò».
Il biondo sgranò gli occhi. «Non dirmi… sei a zero?!», disse, infervorato, poi mi mostrò il suo cellulare: «Guarda! Quattro ragazze! Quattro numeri! E ci sono anche le foto».
Lo guardai, seccato. «Fossi in te lascerei perdere, a meno che non ci tieni così tanto ad avere sul tuo bel corpicino un tatuaggio di mia scelta», mi disse lui, con un enorme sorriso sul volto.
Che sgualdrina.
«Ti piacerebbe! Sarai tu ad avere un bel tatuaggio su quel corpo flaccido che ti ritrovi, troietta».
Sterling sorrise: «Domani ti farò vedere che mi farò tutte le altre sei restanti».
«Quanto coraggio, Sterling. Sei ragazze in un giorno! Io mi sarò fatto minimo venti ragazzi in una notte».
«Lo sai che non intendevo in quel senso», concluse lui, seccato.
 
Il giorno dopo scegliemmo una discoteca.
«Bene, Smythe, questa è la tua ultima opportunità. A me mancano sei ragazze, a te dieci. Fossi in te, ordinerei già le birre!».
«Non ti accendere troppo, Barbie, che rischi di scioglierti».
Jeff mi abbandonò, con l’ennesimo sorriso. Un giorno gli romperò quei denti finti, lo giuro.
Ma quel Jeff Sterling è come una bambola di plastica. Si può sciogliere, ma è indistruttibile.
In discoteca è più facile fare conquiste; ci sono anche ragazze e ragazzi single in cerca di avventure, quindi non sarebbe dovuto essere così difficile.
Ma ovviamente non avevo previsto l’esaltata cinquantenne con gli ormoni in subbuglio che mi chiese: «Giovanotto, ti va di ballare con me?».
Da perfetto gentiluomo, accettai con un baciamano, facendola eccitare ancora di più. Meglio stare al gioco: era pur sempre una donna da aggiungere in rubrica.
«Quanti anni hai?», mi chiese con un sorrisetto, muovendo i fianchi sinuosamente.
Mi venne il vomito. «Diciassette», risposi.
«Oh, io solo trenta!», rispose. Sì, certo, trenta. Una donna trentenne non ha le rughe e non è tutta rifatta.
«Sei single?», mi chiese, con un sorriso ancora più malizioso.
Bleah.
«No», mentii. Mi avrebbe fatto schifo continuare a conversare con quell’arpia: «Ho un ragazzo meraviglioso con cui faccio del sesso da brivido, solo che aveva la febbre e non poteva venire stasera», recitai.
Quella mi guardò, scandalizzata. «Ah», si limitò a dire, poi disse: «Scusami, vado a prendere qualcosa da bere! Spero di rivederti», e andò via.
Sorrisi, soddisfatto.
Ho un ragazzo meraviglioso con cui faccio del sesso da brivido.Quella descrizione corrispondeva tanto a quella di Thad.
Scossi la testa. Ma cosa diamine stavo andando a pensare?!
Improvvisamente qualcosa attirò la mia attenzione, cancellando i miei pensieri. O meglio, il suono di una chitarra mi riscosse dai miei pensieri.
«Buonasera! Ho chiesto al padrone del locale se potevo suonare e cantare un pezzo. Spero vi piaccia!».
Guardai scandalizzato lo pseudo cantante: Jeff Sterling.
Quello iniziò a suonare, beccandosi gli sguardi arrapati delle ragazze – e giuro di aver visto anche qualche ragazzo piuttosto elettrizzato –.
Le ragazze urlavano, eccitate. Quando Jeff finì l’esibizione e scese dal palco, tutte si accalcarono e si gettarono addosso a lui.
«Come ti chiami?».
«Hai una voce fantastica!».
«Oddio, sei un figo da paura!».
«Ti posso lasciare il mio numero? Chiamami, ci conto!».
 
«Non ci credo», sussurrai, più a me stesso che a lui.
Jeff rise. «Trentasei ragazze, trentasei numeri! Trentasei contatti in soli due giorni, Smythe, e avevo detto dieci! Sono o non sono un gran rubacuori? E poi trentasei, proprio il mio numero fortunato!».
«Con quest’ultima frase ti smentisci. So che quelle due cifre sono molto importanti per te e la tua dolce metà aka Nick Duval», gli dissi, con un sorrisetto che lo fece diventare rosso come un peperone.
«Hai perso, dolcezza. Ora voglio la mia birra, poi penseremo al tatuaggio», Jeff si accomodò ad un tavolino, fin troppo esaltato per la vittoria: «Ah, e credo proprio che dovresti porgermi anche delle scuse!».
«Quelle te le puoi anche scordare! Non facevano parte della scommessa», dissi, imbronciato, poi mi rivolsi al barista: «Due birre, grazie», poi aggiunsi, cinico: «Ah, per lui avvelenata».
Sterling ammiccò un sorriso, e ancora una volta mi trattenni dallo spaccargli quella finta faccia che si ritrovava.
 
«Sono fatto per i ragazzi, io», mi giustificai, sorseggiando la mia birra: «Le ragazze non sono la mia passione».
«Disse quello che aveva tutte le francesine ai suoi piedi», sogghignò Sterling.
«Esattamente: sono le ragazze che cercano me, non io che cerco loro».
Jeff continuò a ridere, profondamente divertito.
«Sto pensando alla tua sorte. Decidi: o diventerai il mio schiavo a vita o ti farò uno splendido tatuaggio, lasciando libertà totale al mio estro creativo».
«Che paroloni. Sono queste le cosacce che ti sussurra Duval mentre lo fate?».
Jeff sgranò gli occhi, come una dolce e innocente donzella dal cuore puro. «Sebastian!», mi rimproverò.
Questa volta fui io a sghignazzare.
«Un’altra birra, grazie», ordinai al barista.
«Ancora non hai risposto alla mia domanda», mi fece notare la finta bionda.
«Preferirei la morte che essere tuo schiavo!», dissi: «Scelgo tatuaggio, d’altronde è così che avevamo deciso. E mi raccomando: non esagerare! Datti un contegno o te la vedrai con la mia ira. Barbie avvisata, mezza salvata».
Sterling mi sorrise. «Non preoccuparti, mio caro».
 
Non ricordo precisamente quante birre ho bevuto. So solo che mi ero ubriacato e Sterling mi aveva offerto le ultime birre di proposito. Bastardo.
Ho ancora dei flashback e delle immagini un po’ sfocate in testa di quel che era accaduto.
Jeff si accertò che fossi davvero ubriaco per intimarmi di seguirlo.
Mi portò nel bagno della discoteca che era deserto.
Ero fuori di me per l’alcool e sparai cazzate una dopo l’altra.
«Oh, Sterling, lo sai che potresti anche eccitarmi, vero?», dissi, sorridente.
«Avanti, appoggiati contro la parete», mi ordinò lui, serio, e obbedii senza nemmeno sapere il perché.
Mi abbassò i jeans fino alle ginocchia e mi abbassò leggermente i boxer. Poi sentii le sue dita sfiorare il mio fondoschiena.
Sterling mi stava… palpando?
Risi, senza un motivo.
Sterling mi stava facendo una specie di massaggio, anche se non avevo dolori.
«Cosa aspetti, Thad? Prendimi, sono tuo!», dissi, fuori di me.
«Non sono il tuo amorevole Thadduccio. Sono Jeff», rispose lui, divertito, continuando a tastare il mio fondoschiena. Poi sentii Jeff allontanarsi per poi riavvicinarsi, per toccarmi con qualcosa di bagnato.
«Bene, Barbie, allora scopami tu, e sarò disposto ad essere il tuo Ken!».
Qualcuno avrebbe potuto ricattarmi a vita.
 
E ora eccomi qui, dopo una bella sbronza, ma fortunatamente sono ancora un po’ lucido. Devo dormire e dimenticare tutto, assolutamente.
Entro finalmente in camera. Cerco di chiudere la porta lentamente per non svegliare Thad, invano. È vero che ha il sonno pesante, ma questa volta si sveglia di scatto.
«Scusa, non volevo spaventarti», mormoro: «Posso accendere la luce?».
Thad si alza dal letto, accende la luce al posto mio e mi guarda, minaccioso. «Dove sei stato tutto questo tempo?», mi chiede, visibilmente furioso: «Sono le cinque, Smythe. Hai capito? Le cinque!».
«Thad, calmat…».
«Scandals, vero? A farti un culo migliore del mio!», mi interrompe, preso dalla rabbia.
«Discoteca con Sterling», rispondo, e Thad mi guarda sorpreso ed incuriosito allo stesso tempo: «Non ho scopato con nessuno. Giuro», dico, alzando le mani.
Non so nemmeno perché, ma da quando “frequento” Thad, non sto scopando più nessuno. Il nostro è come se fosse una specie di rapporto esclusivo. O cazzo, l’ho pensato davvero?!
«E che ci facevi con Jeff in disco?», mi chiede Thad, inarcando un sopracciglio.
«Una stupida, stupidissima scommessa. Quel ragazzo è un demonio, fidati poco di lui», dico, levandomi la felpa nel tentativo di cambiarmi con la maglia del pigiama.
Thad sembra essersi tranquillizzato. Mi circonda la vita e mi lascia un piccolo bacio sul collo. «E chi ha vinto?», mi sussurra dolcemente.
Sento la rabbia ribollirmi nelle vene. Eh sì, la sconfitta brucia. «Sterling», rispondo, sprezzante, digrignando i denti.
«Quanto gli hai dovuto dare?».
«Dieci dollari», rispondo, mentendo. Come gli dico che ho un tatuaggio sul fondoschiena e non so nemmeno cosa cazzo c’è scritto?
«Sei stanco?», mi sussurra Thad, baciandomi languidamente il collo: «Dovrei svegliarmi tra circa un paio d’ore, ma ormai non ho più sonno…», e le sue mani accarezzano la mia schiena, mentre una punta di malizia compare nella sua voce e traspare dal suo sguardo.
Bene, un Thad intraprendente proprio ora, con un mal di testa assurdo che mi tormenta, le gambe intorpidite, la voglia di vomitare e un ignoto e spaventoso tatuaggio sul fondoschiena.
Ma chi sono io per rinunciare a del buon sesso?
Andiamo, cosa mi avrà fatto tatuare Sterling di così scandaloso? Conoscendolo bene, qualche cazzata del tipo: “Thad Harwood è la luce dei miei occhi” oppure “Sono il granchio della Sirenetta”. Un brivido mi percuote la schiena, soltanto a pensarci.
«Ti ecciti così facilmente…», mi sussurra Thad divertito, vagando con le mani sul mio corpo.
Thad, mio carissimo Thad, ma perché non capisci un emerito cazzo?!
«Thad, io… ho sonno», dico improvvisamente, e Thad sgrana quasi gli occhi.
Non posso permettere a Thad di vedere com’è conciato il fondoschiena, anche se non so quanto potrà durare.
«Hai sonno?», mi chiede, quasi stupefatto.
«Che? Sebastian Smythe non può avere sonno? Sono umano anch’io!», gli rispondo, irritato.
«Oh, l’hai finalmente ammesso», scherza lui, ma non sono in vena di scherzi.
«E perlopiù sono ubriaco, potrò dimenticarlo. Niente sesso da ubriachi, ricordi?», gli rammento.
Lui sbuffa, leggermente. Mi sfilo i jeans per mettere i pantaloni del pigiama.
«Sebastian… oddio».
«Che c’è?», chiedo, mentre prendo il pigiama, e solo ora me ne rendo conto.
Oh.
Non dovevo togliermi i pantaloni, cazzo.
Thad è di fronte a me, paonazzo, con la bocca spalancata. «Chiudi quella bocca o te la chiudo io con metodi poco casti», gli dico, saccente.
Ma Thad resta lì, con la stessa espressione. «Posso… posso avvicinarmi? Si legge soltanto a metà…», dice, incredibilmente rosso in viso.
Non posso dirgli di no. «Vedi pure», gli dico, apprensivo.
Thad si avvicina e mi abbassa i boxer a metà. «Che orrore. Non so se ridere o piangere».
«Così mi fai preoccupare».
«Ieri non avevi nessun tatuaggio sul fondoschiena», sentenzia lui.
«Okay, in realtà Sterling non ha voluto dieci dollari. Il pegno era un tatuaggio a piacere».
Thad spalanca ancora di più gli occhi. «Jeff se la vedrà con me!».
«Perché, cosa c’è scritto?».
«Congratulazioni, sei il milionesimo cliente».
Spalanco la bocca. «È un folle!».
Thad mi guarda, quasi spaventato. «Gli spacco il culo!», dico, furente.
Jeffrey Scott Sterling. Preparati ad essere ripagato con la stessa moneta. Ti imbavaglierò e ti farò fare un tatuaggio da puttana sul tuo culetto da bambino.
È una promessa.
Thad mi si avvicina, e sfiora il mio tatuaggio. «Ma che cazzo stai facendo?!».
«Niente panico, è ad acqua», e sento Thad grattare leggermente.
Sgrano gli occhi. «Ne sei sicuro?», chiedo, perplesso.
«Certo, si può levare. Un po’ d’acqua, un po’ di sapone e un po’ di tempo», mi risponde lui, premuroso, continuando a grattare.
Sospiro. Mi ero preso uno bello spavento. «Me lo sarei dovuto aspettare da Sterling un tatuaggio ad acqua», dico.
Thad mi sorride leggermente. «Beh, comunque ha ragione Jeff», dice, sarcastico: «So benissimo di essere il tuo milionesimo cliente…».
«Harwood, ti spacco la faccia, o preferisci qualcos’altro?», rispondo, cinico: «Non vado allo Scandals da quando… da quella notte, insomma».
Thad boccheggia leggermente. Può darsi pure che se n’era accorto, ma io non l’avevo mai ammesso.
Thad appoggia la testa nell’incavo del mio collo, lasciandomi piccoli baci. «Su, andiamo a dormire. Così domani sei sveglio. E carico».
Ghigno: quel ragazzo mi farà impazzire. L’ho sempre detto che è la mia rovina. E anche la mia salvezza.
Infilo i pantaloni del pigiama, poi mi sdraio accanto a lui nel suo letto. Lo stringo forte a me. «Thad, sai dove posso procurarmi dei tatuaggi ad acqua personalizzati?», chiedo, incredulo.
«Ovunque, ma puoi chiedere anche a Flint. Ha imparato da suo padre che è un tatuatore professionista, o una cosa del genere», mi risponde lui.
Sorrido in modo inquietante. Domani mi procurerò un tatuaggio e glielo spiaccicherò di notte su quel culo di plastica che si ritrova.
Maimettersi contro uno Smythe.
 
------
 
Si sente un urlo alla Dalton proveniente dalla stanza 36.
«Che c’è?», chiede Sterling stralunato a Duval. La sua espressione è impagabile e sogghigno, mentre li sbircio e mi sporgo sempre di più per non perdermi la faccia di Sterling.
Eh sì, mio caro Sterling.
Si accettano mance.

 

~

Angolo Pseudo Autrice

Buon pomeriggio a tutti :)
Se siete arrivati fin qui, mi congratulo! *manda cupcakes(?)* :D
Dove mi è uscito questo piccolo delirio? Ascoltando "Walk of Shame" di P!nk <3 ;)
Per chi avete tifato voi? Per Seb o per Jeffie? XD :)
Se vi ha fatto schifo questa OS, comprendetemi: l'ho scritta in due notti e l'ho terminata stamattina ;)
Se vi è piaciuta... beh, mi fa piacere e sarei felice di ricevere un vostro parere! :)
Che dire... una Jeffbastian senza pretese! <3 Jeff è un genio del male, l'ho sempre pensato.
Per quanto riguarda la storia del tatuaggio xD, ho pensato tipo a dei tatuaggi ad acqua personalizzati fatti tipo con le letterine, così Jeff ha potuto formare la frase(?) lol. E sì, ora li volevo vedere con un tatuaggio vero XD Si sarebbero uccisi, come minimo.
Ovviamente i tatuaggi sono le frasi che dice Santana <3 nella 3x11. Era da tempo che volevo sfruttare quelle sue frasi per scriverci qualcosa su :)
E abbiamo anche qualche riferimento alla Niff <3 e piccoli momenti Thadastian che non fanno mai male! <3 In questa ff i Niff sono un po' nella situazione "ho una stratosferica cotta per te ma non voglio rovinare la nostra splendida amicizia", e come vedete Nick muore dietro Jeff XD I Thadastian, invece, hanno una sorta di rapporto esclusivo, ma ovviamente non riescono ad ammetterlo che si amano, e anche tanto u.u :P
Ah, dimenticavo: la frase "E' la convinzione che fotte la gente" me la dice sempre il mio migliore amico XD, e io gli rispondo "Allora sono fottuta(?)". L'ho voluta inserire così :D (ti voglio bene <3).
Spero vi sia piaciuta! Al prossimo delirio :D

   
 
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