« Non mi scappi. » Il terrore negli occhi di una selvaggia ninfa. La paura rasente la pazzia, e le parole scandite tiepide da un leggiadro sicario della morte. « Non mi scappi. » Ripeteva insolente, come il rintocco di una campana. Non mi scappi. Dava musicalità alle proprie frasi, come se avesse dovuto cantilenare una poesia d’altri tempi. Un rincorrersi cieco, blando e movimentato al medesimo momento. « Vieni qua. » Parlava come se l’inseguita sapesse già il finale della sentenza, retorica. « Non ti mangio; vieni qua. » I soliti occhi azzurri. Prima terrorrizati, ora tremuli come fiammelle di candela. Barcollava in cerca di aiuto, i vestiti sbrindellati e ridotti ormai a un mero straccio per pulire. « Devo ammettere che sei appetitosa, però. » Disgustoso, il suo passarsi la lingua sulle labbra, a demarcare la malizia di cui si beava. La falce sinuosa ne catturò la forma. Tagliente ma dolce, le cullava i fianchi con insano calore umano. Ansante, col viso al cielo a chiedere Perdono, tentava di carpire il vero senso di quell’atto. « Muori, checca. » Un ultimo saluto nel suo modo viperino di parlare. La sua voce si spegneva; si capacitava della fine dei suoi mai esistiti giorni. « Mph, come se potessi morire. » Girò le spalle, lasciando l’arma a terra e congedandosi silenzioso. Lei la raccolse annusandone il caldo sentore di rose. Le piaceva.