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Autore: Kolja    14/08/2013    2 recensioni
Mi trovo in un punto morto. Mi trovo a lottare per vivere, di nuovo. Ma ora è tutto diverso. Non ho un ibrido alle calcagne, non mi asfissia il caldo cocente, Capitol City non mi vuole morta – o almeno credo – ma lotto per vivere, ancora. A che serve vivere se non hai un motivo per farlo?
A niente. Ma conservo viva la speranza.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Delly , Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente fiamme, questa sono io.


Mi trovo in un punto morto. Mi trovo a lottare per vivere, di nuovo. Ma ora è tutto diverso. Non ho un ibrido alle calcagne, non mi asfissia il caldo cocente, Capitol City non mi vuole morta – o almeno credo – ma lotto per vivere, ancora. A che serve vivere se non hai un motivo per farlo?
A niente. Ma conservo viva la speranza.
 

Supero a grandi passi il vialetto che divide casa mia e quella di Haymitch. Su dodici, quattro sono abitate. La mia, quella di Haymitch, una casa riservata per Hazelle e gli altri fratellini di Gale e un’altra per un’altra famiglia a cui serve un posto in cui vivere, contiamo pure quella di Sae La Zozza.
Scrollo la neve dagli scarponi ed entro in casa. Èpassato un anno, forse due, dalla fine della ribellione, ma quando entro in casa Abernathy, non mi sembra sia cambiato molto. Anche se sta cercando di smettere di bere, l’odore stantio dell’alcool giace nella casa.
Qualche mese fa, parlando con Hazelle, mi disse che Haymitch le aveva chiesto di non venire più a casa. Lui stava e sta cercando di cambiare.
Lo trovo seduto sul divano intento a guardare la tele. Ha in mano una bottiglia di liquore ma la posa sotto i cuscini non appena mi vede.
-Non è come sembra, davvero! – si scusa, ma io ridacchio. Lo osservo dritto negli occhi. Quegli occhi da Giacimento, grigi e cupi, da cui traspare un evidente sofferenza. Gli zigomi, di solito nascosti da un lieve strato di grasso, sono evidenti. Sul mento è presente una barbetta crespa.
Cammino fino al divano senza parlare. Poi mi accascio violentemente.
Prendo la bottiglia e ne bevo un sorso. Un sorso che manda in fiamme la mia gola.
-Non me la ricordavo così orrenda – dico.
-Lo è, infatti – risponde Haymitch bevendone un lungo sorso.
-Perché la bevi, allora?
-Lo sai perché, dolcezza.
Sì, lo so. Erano venticinque anni che Haymitch sprofondava la sua sofferenza nell’alcool. Beveva per cosa.. dimenticare? No.
Beveva per ricordare. Il che è più o meno lo stesso.
Il peso delle vite di quei ragazzi che ogni anno vedeva morire nell’arena era insopportabile. E l’unica via di fuga era bere.
-Prima della rivolta, lo sapevo. Ma ora, Haymitch? Ètutto finito. La presidente Paylor ci ha dato il permesso di viaggiare per i distretti. Vai, Haymitch! – mi ritrovo, senza volerlo, ad urlare.
-E tu? Hai vent’anni, Katniss. Tu Hai fatto questo. Tu hai permesso che finissero i Giochi. Da quando è finita la rivoluzione non fai altro che stare chiusa in casa. – il suo tono, a differenza del mio è calmo.
-Io ho ucciso migliaia di innocenti. Finnick, tutti coloro che hanno agito perché lo dicevo io.
Qualche anno fa, al ritorno dai primi Hunger Games, nei miei incubi comparivano Rue, Glimmer, Marvel e Cato. Tutti i tributi che ho ucciso io. Il senso di colpa era insopportabile. Ma nulla in confronto a quello che provo ora.
-E quanti ne hai salvati, però?-
Quanti ne ho salvati? Tutti gli altri, tutti i genitori che non dovevano più sopportare la paura per il proprio figlio a causa mia? Non vivrebbe comunque bene.
Strappo la bottiglia di mano a Haymitch e bevo ancora, e ancora.
- No. Fermati – mi tira via la bottiglia dalle mani – domani devi essere a Capitol City, cosa aspetti? Non hai un treno da prendere?
- Ho paura.
Dagli occhi escono piccole lacrime pungenti, era da tanto che non piangevo e le lacrime sono amare.
- Vieni con me, ti prego. – Chiedo supplicante a colui che rimane comunque il mio mentore.
Il suo sguardo è pieno di stupore.
- Ti prego. Rimani comunque il mio mentore. Ho bisogno di te. -
Il gesto che viene dopo è del tutto inaspettato.
Un abbraccio.
Haymitch avvolge il mio corpo in un abbraccio. Non ho mai ricevuto un abbraccio  così. Quando abbracciavo Gale era amicizia, quando abbracciavo Peeta era  - ora sono sicura – amore, ma questo è diverso. Mi ricorda quando Prim si svegliava di notte e l’abbracciavo per darle conforto dopo i suoi incubi.
L’abbraccio di Haymitch è un abbraccio paterno.
 
Quando apro gli occhi il debole sole del Distretto 5 mi coglie alla sprovvista. Èl’alba. Il treno sorpassa veloce il 5 e inizia il 4.
Alla vista dell’oceano la mia mente si riempie di ricordi brutti, orrendi. L’acqua, l’arena della Seconda Edizione della memoria. La pesca.
Finnick
Chiudo la tenda e mi rigetto sul letto. Tra un paio d’ore arriverò a Capitol City. Apro il comodino ai bordi del letto ed estraggo fuori un tessuto argenteo che avvolge una perla. Non una perla qualsiasi. La perla.
Peeta.

Mi ero ripromessa di proteggerlo, ma ora lui non c’è.

Il treno si ferma nella stazione di Capitol City. Un po’ bruciacchiata, ma rimane la stessa. Ho visto gli altri distretti, in tutti si vedono ancora il devastamento della guerra. Alcune case sono state ricostruite, il mercato dopo sei mesi è ricominciato. Ma non sono come prima. Capitol City, invece, è tutta un’altra cosa.
Mi era giunta la voce che gli abitanti superstiti della scintillante Capitol City avessero fatto una colletta per far sì che gli edifici fossero ricostruiti. Che i negozi di piume e paillettes fossero riaperti. Che, insomma, tutto tornasse normale. Ed aveva funzionato, Capitol City non è cambiata. D’altra parte però gli abitanti hanno subìto un cambiamento. I volti chirurgicamente modificati sono tristi e angosciati.
Non ci sono parrucche nuove in circolazione, e solo alcuni la indossano. E il trucco è leggero. I vestiti bruciacchiati e riciclati.
Ciò rimane immutata è la loro reazione appena mi vedono. Clamore, gioia. Nonostante io abbia distrutto la loro città e i ribelli abbiano mandato a morire inutilmente i loro bambini, mi vogliono ancora bene.
Non ho il coraggio di guardarli in faccia. Vedere la faccia di una madre che ha perso il suo bambino nello stesso modo in cui ho perso Prim. Non reggerei.
Sorpasso la folla a testa bassa, limitandomi a rispondere alle urla con un cenno di mano.
Vengo ospitata nello stesso hotel della preparazione per gli Hunger Games.
Apro la porta della camera e trovo seduta sul letto Effie.
 –Effie! – urlo.
– Katniss! – mi avvolge in un abbraccio.
Non ci chiediamo a vicenda come stiamo, sarebbe inutile e imbarazzante.
–Non c’è un momento da perdere, tra poche ore c’è l’intervista! – saltella, è probabilmente la cosa più eccitante che gli sia capitata dopo la fine della ribellione. Sorrido.
Il mio staff di preparatori si fa in quattro per farmi tornare al Livello di Bellezza Zero e per prepararmi. Opto per dei semplici pantaloni scuri e una camicia di seta color tramonto. I capelli sono racchiusi in una treccia. Niente fiamme, questa sono io. Tre mentine dopo, sono finalmente pronta.
 
  
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