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Autore: Nemesh    14/08/2013    1 recensioni
"Più lui si avvicinava più io mi allontanavo.
Finii per ritrovarmi con le spalle al muro, e lui a pochi centimetri da me.
Gli dissi di non fare l'idiota e di lasciarmi andare.
Ma non ne voleva sapere."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Drew Chadwick, Keaton Stromberg, Un po' tutti, Wesley Stromberg
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I wish see you





 

Quando arrivai all'aeroporto stava iniziando a fare buio.
Appena sbarcata feci un respiro profondo e mi avviai verso il taxi che mi aspettava.
Il tassista era un uomo basso e grassottello, mi aiutò a caricare la valigia e mi portò all'hotel.
Durante il viaggio in auto mi persi a guardare il magnifico panorama: solo il pensiero di restare in quel paradiso per un mese soltanto mi affliggeva.
Arrivata davanti all'hotel, presi le mie cose e mi incamminai verso l'ingresso. Al centro della hall era situata una fontana dalla base tonda, il pavimento era ricoperto da una moquette rosso fuoco e i soffitti erano alti ed erano illuminati da un grande lampadario.
Inizialmente mi venne da ridere: mi sentivo totalmente fuori luogo. Mi trovavo in un albergo di lusso, vestita con pantaloni a cavallo basso, pullover quasi più grande di me, delle scarpe malconce ed i capelli tutti arruffati.
Nonostante tutto presi coraggio ed mi diressi alla reception. Mi accolse una signora dai capelli biondi, raccolti in uno chignon dietro la nuca, mi chiese qualcosa ma ero troppo presa a guardare il disegno di un tramonto dietro di lei per accorgermi che stava parlando con me. Quando mi resi conto che la signora mi guardava con uno sguardo interrogativo, arrossii leggermente e dissi il nome a cui la ditta mi aveva riservato la camera. Fece un cenno con la testa e mi disse di aspettare qualche minuto per poi sparire dietro ad una delle tante sontuose porte situate nella hall.
Poco dopo ne uscì un ometto di mezz'età che prese il mio bagaglio e mi accompagnò alla camera 383.
Quando entrai quasi svenni. Era immensa, c'era un salotto con divano, tv a schermo piatto in tutte le sale, una camera da letto grande il quadruplo della mia, con specchi-armadio lungo tutto il muro, bagno lussuoso con Jacuzzi e doccia a cascata. Vi era anche un terrazzino il quale aveva una spettacolare vista sul mare, un tavolino e una sedia rendevano il tutto ancora più accogliente. Da lì si potevano sentire il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli e le risate allegre delle persone in spiaggia. Si vedevano pure i gabbiani e il lontano orizzonte che dava un'atmosfera rilassante.
Riordinai i miei vestiti nell'armadio e andai a farmi un bagno bollente. Mentre mi rilassavo nella vasca iniziai a pensare a tutti i miei amici che avevo lasciato. Ero partita senza dare troppe spiegazioni, mi ero giustificata dicendo loro che era un'occasione da non perdere e che mi sarei fatta sicuramente un ottima esperienza.
Qualche mese fa non l'avrei mai detto: io, da sola, in una nuova città, una nuova nazione. L'unica cosa che sarebbe rimasta uguale sarebbe stato il lavoro. La ditta per cui lavoravo aveva appena aperto una figliare in California, ad Huntington Beach.
Quando il capo mi aveva proposto di partire per un mese ero stata molto scettica, ma poi mi spiegò che dovevo soltanto partecipare a delle riunioni che si tenevano una volta alla settimana e con un modesto stipendio, mi convinsi ad accettare: in fondo era solo un mese.
Uscii dal bagno, mi asciugai velocemente e mi legai i capelli ancora umidi in una coda alta. Indossai un paio di pantaloni bianchi a cavallo basso e un pullover nero con raffigurato sulla schiena in colori sgargianti l'ohm. Presi la borsa e ci misi dentro il cellulare, un libro e il portafoglio ed andai in spiaggia a fare una passeggiata.
Mi sedetti su un muretto al bordo del mare, ed iniziai ad ammirare in pace il magnifico paesaggio che mi si presentava davanti, tutto l'insieme era stupendo: il rumore dell'acqua, dei gabbiani, la sabbia tra i piedi, il magnifico cielo stellato,...
Rimasi lì seduta a rilassarmi.
Pensai che era il caso di tornare in albergo, quando sentii dei passi poco distanti da me.
Mi girai e cercai nel buio la persona che si stava avvicinando. Più il rumore dei suoi passi si facevano distinti, più riuscivo ad intravvedere la sagoma di un ragazzo. Portava in spalla una chitarra e guardava verso il basso. Sembrava non essersi accorto della mia presenza.
Tutto d'un tratto alzò lo sguardo e mi notò. Azzardò un saluto con la mano e si avvicinò a passo svelto al muretto su cui ero seduta.
Si fermò davanti a me e si presentò: “Piacere, io sono Drew.”. Lo fece con un tono quasi arrogante, senza un briciolo di timidezza, come se conoscerlo fosse per me più un onore che un piacere.
Mi alzai e mi presentai a mia volta in modo un po' diffidente da quell'estraneo così sicuro di sé: “Piacere. Mi chiamo Chloe.”.
Mi chiese cose scontate: da dove venivo, che età avevo, come trovavo Hunington Beach e così via... Più la conversazione andava avanti, più mi sembrava che quel tono di arroganza dimostrato all'inizio facesse spazio ad un tono gentile.
Restammo seduti in spiaggia per diverso tempo.
Si dimostrò un ragazzo solare e divertente, anche se un po' egocentrico. Mi raccontò di Huntington Beach, di cosa faceva nella vita e via dicendo. In men che non si dica si fece tardi.
Mi spaventai quando vidi che l'orologio del cellulare segnava le 3 di mattina. Era davvero il caso di tornare al hotel: il giorno dopo mi sarei dovuta svegliare presto per andare alla mia prima riunione di lavoro in California.
Dissi a Drew che dovevo assolutamente tornar in hotel e lui si offrì di accompagnarmi.
La proposta non mi dispiaceva, avevo camminato così tanto immersa nei miei pensieri che avrei rischiato di non ritrovare più la strada per tornare in hotel.
Il viaggio fu imbarazzante e silenzioso. Notando anche lui la cosa, per rompere il silenzio, iniziò a tirar fuori argomenti bizzarri, come le diverse specie di rane.
Una volta arrivati a destinazione lo ringraziai in modo abbastanza distaccato, non mi convinceva molto il suo modo di fare. Meglio non fidarsi troppo. Inoltre, da quando gli avevo detto che sarei rimasta solo un mese si era fatto troppo gentile. Prima di entrare lo salutai con un cenno della mano, e rimasi imbambolata finché non vidi la sua scura figura scomparire nel buio.
Andai in stanza ripensando a quella sera: c'era qualcosa in lui che mi diceva di stare attenta ma nello stesso momento ero spinta da un senso di curiosità, era davvero strano. Feci un lieve gesto con la mano come per scacciare i pensieri e andai a farmi un'altra doccia per rinfrescarmi. Indossai una maglietta larga e mi buttai nel letto.
Mi rigirai diverse volte ma non riuscivo a fare a meno di ripensare a quello strano incontro.
Andai in cucina per bere un po' di latte, ma mentre sorseggiavo guardando fuori dalla finestra mi accorsi di una figura scura immobile davanti a me che sembrava mi fissasse. Scostai subito le tende in modo che non mi vedesse più.
Ero davvero spaventata. Feci qualche respiro profondo e scostai nuovamente le tende per esaminare meglio quella sagoma.
Cercai ovunque, ma non la vidi più.







 

Hei (:
È la mia prima FF
In realtà lo stavo scrivendo unicamente per passione,
non ero intenzionata a renderla pubblica.
Ma dopo parecchie incitazioni dalle mie amiche
finalmente mi sono decisa a caricarla.

Spero che vi piaccia,
fatemi sapere cosa ne pensate

Buona lettura ;D


 

  
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