Un altro
noiosissimo giorno di scuola. No oggi è diverso, c’è foto di classe. L’incubo.
Perché mai bisogna fare un insulsa foto che serve
soltanto ad ingombrare gli scatoloni giù in garage, con tutta la classe, i tuoi
amici. Si, magari. Io e mio fratello non abbiamo nessun amico in questa fottuta scuola, solo gente capace
di giudicarci e a prederci a botte…si effettivamente
quello succede spesso, l’unico vero contatto che abbiamo con i nostri compagni.
Tutti coi
sorrisi felici, abbracciati tra loro e in completa armonia, con i professori
altrettanto felici,in un aula con cartelloni colorati,
che sfoggiano una risata angelica,quando alcuni minuti prima ti avevano
sbattuto fuori dall’aula. Si, questo è lo spirito scolastico. Gente sorridente
ovunque, pronta ad aiutarti, a sostenerti…quando in realtà varcando il cancello
grigio di quell’edificio, entri in un incubo.
Camminiamo
svogliatamente verso scuola, per le vie deserte di Loitsche.
È mattina presto, il sole sta per fare capolino ancora pallido, assonnato come
tutta la gente che in quel momento cominciava la loro giornata.
Tom sbadiglia. È il giorno della foto di classe, i
nostri insegnanti ci avevano raccomandato di vestirci decentemente, che vestiti
come sempre in una foto non ci volevano. Dio,che bella
considerazione che hanno di noi. Bhe, tanto noi ce ne
freghiamo comunque.
Tom è vestito con una t-shir
grigia, jeans larghissimi di un blu/grigio e leggermente strappati sulle
ginocchia, i dread biondissimi legati in una coda e
coperti da un capellino bianco e azzurro. Io invece, ho addosso
una maglietta a maniche corte blu cielo,con scritte gialle, adoro questa
maglietta; poi, un giubbetto nero e i miei soliti capelli, neri come la pece,
leggermente in piedi e i miei occhi marroni cerchiati con l’eyeliner nero,
pesante che mi da l’aria alquanto vampiresca. Mi
piace.
Arriviamo a
scuola e Tom scappa subito in aula. Ha il compito di
storia e ieri è rimasto tutta sera a suonare, a volte mi chiedo dove ha la
testa.
Io invece
indugio: oggi non mi va proprio di entrare, e poi mancano ancora 10 minuti.
Alla fine decido di seguire mio fratello.
Mentre salgo le
scale vengono bloccato da quattro bulletti
che mi sbattono contro il muro. Hans e i suoi. Inzia a salirmi il panico, non ho scampo con loro. Ma
perché se la devono sempre prendere con me?
Tre mi bloccano
al muro, mentre Hans incomincia a fare i suoi
discorsi.
- hey frocetto, come
stai? -
- stavo meglio prima – rispondo.
- oggi non c’è quell’altra
checca di tuo fratello a difenderti eh? Bene ora che non ho lui tra i piedi
posso picchiarti come si deve –
Pum. Un pugno dritto allo stomaco, un dolore
lancinante. Sento in mio stomaco spappolarsi sotto la forza di quel tiro. Mi
sforzo di non piangere, non posso dargliela vinta, ma mi accascio a terra.
Dopo alcuni
minuti decido di riagguantare tutte le mie cose e di correre in classe. Ero
pure in ritardo.
- non piangere gemellina
Kaulitz, ti si scioglierà il trucco…vuoi anche la
cipria? –
Così entro nella
scuola sentendo quei quattro rincoglioniti ridere di me. Come sempre.
Alla fine della
terza ora decido di andare in bagno, lo stomaco mi fa molto male e poi in
qualche modo cerco di scappare dal fare la foto di classe. Ma tanto mi presenterò
comunque; non voglio altre rogne, mamma ci ha raccomandato di comportarci civilmente anche se in quella scuola era pieno di idioti che
non sapevano accettare la diversità.
Arrivo in bagno
e mi nascondo dietro al muro marroncino che separava i bagni dal lavandino. Non
c’è nessuno, perfetto. Scivolo lentamente a terra, con la schiena appoggiata al
muro e incomincio a piangere.
Piangere perché
la pancia mi fa male, piangere perché nessuno mi accetta per quello che sono,
piangere perché sono stufo di essere oggetto di scherzi altrui, piangere perché
vorrei solo essere capito da questo mondo di idioti.
Lacrime nere
scendono dai miei occhi color nocciola, rigandomi il viso. Lo premo contro le
ginocchia, come se così potessi cancellare la mia esistenza, la mia situazione.
Come se così potessi vivere in un mondo migliore. Lo premo contro le ginocchia
per cercare di isolarmi da questo mondo ostile che mi circonda.
Ad un certo
punto sento un rumore di passi, che mi riporta alla realtà. Chi è ora?
Sento una voce
molto familiare provenire dall’altra parte della parete. Tom.
Mi vede fare capolino dalla parete e si precipita da me.
- Bill, che ti
succede? Stai piangendo…-
- mia hanno picchiato Tom,
un’altra volta. E io sono stufo. Sono una merda, ecco
perché tutti mi vogliono male. Io non conto per nessuno –
- Bill..- Tom
mi fissa con uno sguardo tenero,mi ricorda la mamma.
- tu non sei una merda, e nemmeno diverso, tu sei tu. Un ragazzo
stupendo, dall’animo d’oro. Il ragazzo senza il quale non vivrei, il ragazzo
per il quale darei la vita. Sei tutto per me Bill. –
Alzo lo sguardo
per fissare mio fratello negli occhi. Lui mi sorride compiaciuto, mi aveva
fatto smettere di piangere.
- e poi non è vero che non conti per
nessuno Bill. Conti per me, per la mamma, per Gustav e Georg…delle altre
persone fregatene. Capiranno troppo tardi quanto sei speciale. –
Abbraccio di
colpo mio fratello, quasi stritolandolo. Lui ricambia,passando
una mano tra i miei capelli neri, arruffandoli.
- ora signor Kaulitz , di grazia, vuole andare a fare quella foto? –
- il trucco è andato a farsi sfottere. Mi
prenderebbero ancora più in giro. –
Vedo Tom che si toglie il suo capellino azzurro per metterlo
sulla mia testa, coprendomi gli occhi.
- così non lo noterà nessuno e nella foto
ci sarai comunque. –
- grazie Tom! –
Esco di corsa
dal bagno dirigendomi verso la mia aula. Tom a sua volta esce
tranquillamente dirigendosi verso la sua.
Prima di entrare
mi sporgo aspettando mio fratello.
- ti voglio bene –
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I tokio hotel non mi appartengono(putroppo),
ne tantomeno i gemelli Kaulitz.
Questa storia si rifà a quello che avevano raccontato Tom e Bill circa la loro foto di
classe.
Accetto qualsiasi
tipo di commenti e critiche, purchè costruttive ^^
Claudy.