Quando rincasò, la sera, si rese conto di quanto fosse dura la solitudine in cui si era voluta nascondere. Christian era stato presente solo pochi giorni, eppure sembrava che la sua presenza fosse ovunque e che, prima del suo arrivo, la sua vita non potesse essere considerata una vita. Si guardò attorno e cercò di farsi forza, quando notò un biglietto lasciato su un tavolo, sul quale riconobbe la calligrafia di Hélène: “So che c’è qualcosa che non hai detto, ma sappi che io ci sarò sempre. Chiamami quando vuoi”. Lo sapeva. Hélène era sempre stata disponibile con tutti, con lei soprattutto. Ripose il biglietto in un cassetto, notando, senza dargli troppa importanza, che, in quel momento, la sensibilità del suo braccio era fortemente ridotta, come se fosse addormentato. Invece, non poté fare a meno di provare un senso di gratitudine nei confronti Hélène. Sì, lo sapeva: sapeva che non avrebbe esitato ad aiutarla, se solo glielo avesse chiesto, ma, in quel momento, preferiva saperla vicino a Christian. Povero Christian! Lo pensava su quell’aereo, di ritorno verso il suo Paese, verso la sua vita di sempre, e non poteva fare a meno di pensare alla sofferenza che gli aveva inflitto. Non se la meritava. Ma aveva paura di fargli ancora più male, raccontandogli la verità. In fondo, avrebbe superato tutto questo. Sì, ne era certa: sarebbe tornato alla sua vita, al suo lavoro, alle sue amicizie. Magari a… come si chiamava? Ma certo: Angèle! Ecco, avrebbe sofferto un po’, ma alla fine si sarebbe lasciato consolare da Angèle. Da quel poco che aveva saputo dalle parole di Christian, sembrava anche una brava ragazza. Si convinse di questo, perché immaginarlo altrettanto solo le faceva troppo male.
Christian arrivò a Parigi la sera del giorno dopo. Nicolas andò a prendere sia lui che Hélène all’aeroporto, poi lo accompagnò a casa. Durante il tragitto in auto, non disse neanche una parola; il suo sguardo sembrava spento. Christian era una persona molto cupa, lo era sempre stata, ma era tanto tempo che i suoi amici non lo vedevano più così apatico. Insistettero affinché passasse la notte a casa loro, ma lui rispose di aver bisogno di restare un po’ da solo, a pensare. Quando varcò la porta di ingresso, provò la stessa sensazione che si prova quando ci si risveglia da un bel sogno: un misto di confusione e tristezza. Tutto era come l’aveva lasciato subito prima della sua frettolosa partenza: la sua chitarra in un angolo del divano, la lettera di Angèle e l’album di fotografie che aveva trovato il coraggio di sfogliare, dopo tanto tempo, insieme alla sua amica. Maledetti ricordi, maledette speranze! Perché aveva creduto che fosse ancora possibile provare la gioia spensierata che era in grado di provare quel ragazzo ritratto in foto? Era chiaro, no? Era palese: lui non sarebbe mai stato felice, nella sua vita. Perché continuare ad illudersi? Che senso poteva mai avere? Guardò la luce della luna che filtrava attraverso gli alberi del suo giardino e ripensò alla casa sull’albero di Johanna. Sorrise. Solo Johanna poteva avere una casa sull’albero! Come nei film. Sì, d’accordo: forse era un po’ matta. Ma era maledettamente vera. Il… il padre di quel bambino… Perché non gli aveva neanche accennato ad una precedente relazione? Così recente, tra l’altro… Non era da Johanna negare l’evidenza. Non era da Johanna dirgli “ti amo” e negarlo il momento successivo. Gli sfuggiva qualcosa. Sapeva che, in tutta questa storia, gli stava sfuggendo qualcosa. Prese la scheda di memoria dall’interno della sua macchina fotografica e si mise ad osservare al computer tutti gli scatti effettuati durante la loro vacanza. Panorami mozzafiato si stagliarono nuovamente davanti a lui; Galveston era, senza dubbio, un’isola fantastica, almeno quanto Love Island. E poi c’erano loro. Sorridenti. Veri. Il sorriso di Johanna non sembrava affatto di circostanza. Sembrava reale, almeno quanto il suo. I suoi occhi brillavano di una luce intensa, che veniva dal profondo. C’era uno scatto particolarmente bello e molto simile a quello che lui si era portato dietro per anni: un tramonto, un bacio sulla spiaggia, due innamorati… Cosa diceva nonno McCormick? Le fotografie servono a comunicare qualcosa. E cosa comunicava quella foto a chi la guardava? Che quelle persone si volevano un bene infinito, l’aveva detto anche Johanna… Ma, se quelle persone si volevano un bene infinito, allora no, c’era qualcosa che non quadrava nel suo modo di comportarsi. Si era comportata così soltanto quando era scappata dalla loro casa, quando si era ammalata la prima volta. E lo aveva fatto per lui, per un assurdo senso di protezione che li aveva portati a soffrire entrambi. Un pensiero fugace lo colpì come un fulmine: e se fosse di nuovo così?