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Autore: Jessy87g    22/02/2008    5 recensioni
Sesshomaru la guardò allontanarsi, senza perderla di vista fino all’istante in cui scomparve. Strinse rabbioso i pugni: non era ancora venuto il momento. Ma, sul suo onore, si sarebbe vendicato…a qualunque costo. Avrebbe assaporato ogni singolo spasmo di dolore di quegli occhi insolenti, finché quella maledetta lingua velenosa non gli avesse chiesto pietà con un ultimo grido straziato.
Genere: Romantico, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 21.



“Ilusión”



“ La vita non è che un'ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla..”

(Macbeth, atto V, scena V, William Shakespeare)






Kagura allungò lentamente i piedi, cercando di far rifluire la circolazione attraverso le gambe indolenzite. Ormai da tutto il pomeriggio era distesa su quello scomodo letto, ed ora qualche doloretto iniziava a farsi sentire.
Represse a fatica una sbadiglio mentre, tirandosi faticosamente a sedere, prese il libro poggiato sul mobiletto alla sua destra cercando, per l’ennesima volta, di concentrare la sua attenzione su quelle pagine.
Il tentativo risultò prevedibilmente un fallimento.
La mente, sfuggendo crudelmente al controllo della padrona, la costringeva a ricordare momenti di un passato del quale continuava ad avere timore e a riflettere su un presente non meno tormentato. Le parole di quella zingara si mescolavano all’immagine delle labbra di Sesshomaru che sfioravano, dopo un tempo che le era parso eterno, la sua pelle in un turbinio di sensazioni che non era capace di richiamare ad un ordine logico: poiché, di logico, non avevano nulla.

“Cosa state leggendo?” Una voce profonda e, per certi versi, suadente la riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, facendola sussultare appena; come se fosse stata sorpresa a commettere qualcosa di sconveniente.
“Coleridge…” sussurrò con un sorriso forzato, poggiando nuovamente il libro al suo posto“Ballate Liriche.
“Non credo sia la lettura più adatta a una signora.” constatò l’uomo, chiudendo dietro di sé la porta e andandosi a sedere accanto alla moglie “Credo dovreste intrattenervi con qualcosa di più adatto al vostro sesso…tipo dei romanzi gotici. Mi hanno detto che piacciono molto al pubblico femminile. Che ne dite?”
“Signore; sapete bene quanto disprezzi quel genere. E’ buono solamente per ragazzine che non vogliono dormire la notte, trasalendo per ogni minimo rumore che giunge alle loro orecchie. Inoltre il loro valore letterario, ne converrete con me, è piuttosto basso.”
“Ve lo concedo, mia cara.”
Quelle ultime parole furono pronunciate con una strana, pesante lentezza mentre le pupille di ghiaccio del marito, come la lame di un freddo pugnale, le trapassarono l’anima.
Ormai erano passati sei anni dal loro matrimonio ma, a quello sguardo, non era ancora riuscita ad abituarsi.
Naraku si sporse leggermente verso di lei, fino a sfiorare, con un sorriso che gli illuminava il bel volto di una luce sinistra, le labbra con le sue.
Kagura stava completamente immobile, tentata da quel sospiro caldo che si infrangeva regolarmente contro la sua pelle. Socchiuse le palpebre, come rapita dall’estasi di quel momento, cullata quella insopportabile provocazione...sembrava…si...proprio come faceva Lui.

Aprì di scatto gli occhi; come se un ricordo si fosse improvvisamente impossessato della sua mente.
Due pupille d’oro la stavano scrutando.
No..non poteva essere!
Cosa ci faceva? Cosa ci faceva Lui ora...Lui qui?
Li richiuse. Li riaprì.

L’oro era cangiato in un blu profondo.

“Qualcosa che non va, signora?” Le domandò Lord Brockley, scostandosi appena da lei, in modo da poter avere una visuale completa del suo volto.
“Niente, niente mio caro.” Mentì Kagura, riscuotendosi immediatamente da quella visione “Mi è solo presa una tremenda emicrania. Forse è meglio se provo a dormire per qualche ora.”
“…e scommetto che l’emicrania sarà talmente forte da privarci della vostra adorabile compagnia anche per la cena.” insinuò l’uomo “Non potete essere così crudele. Il nostro caro ospite ne soffrirà.”
“Credo che nessuno si dispererà così tanto per la mia assenza da perdere l’appetito.”
“No mia cara..direi che gli appetiti di qualcuno li avete già soddisfatti per molto tempo..”
“Signor Brockley!” Esclamò sconvolta la donna, mentre gli occhi rossastri si accendevano per l’indignazione “Vi sembra il modo di rivolgervi a me?! Alla vostra legittima consorte? Queste sono delle parole indecorose e offensive, spero di non udirle mai più uscire dalla vostra bocca!”
Naraku sorrise soddisfatto, senza peraltro perdere la calma, continuando ad ostentare una sicurezza a dir poco irritanti agli occhi della compagna.
“Credete che non sappia che Lord Langston è stato il vostro amante?”
“E’ per questo che avete mentito al signor Wellington? E’ per questo che lo avete pregato di esprimere chiaramente nella lettera che il desiderio di recarmi qui, con voi, era stato formulato da me, vero?!”
Questa volta l’uomo non riuscì a trattenere una risata che rimbombò, cupa, contro le pareti della piccola camera.
“Touché!” Ammise, chinando la testa in segno di assenso.
“E non vi vergognate?” Lo rimproverò Kagura; la quale, sentendosi derisa, aveva perso completamente la pazienza “Non è un comportamento degno di voi e, tantomeno, di un gentiluomo nella vostra posizione!
Per quale motivo mi avete portato qui? Per potervi godere l’espressione sulla mia faccia quando avrei rivisto il mio vecchio amante? Ditemelo, su!”
La voce, all’inizio tranquilla e altera, adesso aveva completamente perso ogni equilibrio. Mentre lanciava occhiate cariche di disprezzo a quella persona che seguitava a sederle di fronte senza tentare di difendersi; straziava, tra le proprie mani, il fine lenzuolo che adesso minacciava di strapparsi da un momento all’altro.
Naraku, sempre senza fiatare, accoglieva le feroci parole della moglie con un’indifferenza disarmante: come se gli scivolassero addosso senza intaccarlo minimamente.
Quando, infine, quell’invettiva fu terminata, si alzò lentamente dal letto e, frugato per qualche secondo nella tasca del soprabito, ne cavò fuori un sigaro piccolo e sottile che si portò pacatamente alla bocca; poi, individuata sul tavolo, accanto al candelabro, una scatola di fiammiferi, ne accese uno al primo tentativo e lo accostò al tabacco finché non vide alzarsi il fumo scuro.
“Il problema di fondo, mia cara” esordì, appoggiandosi al tavolo e voltandosi nuovamente verso di lei per scrutarla con sguardo severo “è che lo amate sempre; altrimenti non vi arrabbiereste così tanto. L’unico che dovrebbe aver qualcosa da ridire dovrei essere io, visto che ho sposato una donna innamorata di un altro.”
“Primo: io non lo amo più.” ci tenne a precisare la moglie “Secondo: voi sapevate benissimo dei miei sentimenti nei suoi confronti quanto mi avete chiesto di sposarvi. E’ troppo tardi per lamentarsene.”
“Non mi sembra di essermi lamentato la prima notte di nozze, quando ho avuto la prova tangibile che il vostro onore non era così immacolato come si voleva far credere.”
“Forse; ma non mi sembra, in tutti questi anni che abbiamo passato insieme, di avervi mai dato modo di lamentarvi del mio comportamento. Sono stata una moglie esemplare e continuerò ad esserlo.”
“Certamente.” concesse Lord Brockley, togliendosi un momento il sigaro di bocca per soffiare fuori il fumo “Ma il ton londinese non ha dimenticato le vostre scappatelle amorose, precedenti al nostro matrimonio.”
“Se è per questo,” ci tenne a sottolineare la donna, alzandosi dal letto e avvicinandosi al marito a testa alta e con le mani strette sui fianchi “Il ton londinese non ha neanche dimenticato le vostre bravate in almeno metà dei bordelli della città!”
“Ma io sono un uomo..” si difese Naraku con un sorriso.
“I gentiluomini non trascorrono le loro notti nei bordelli.”
“Forse..” mormorò ironicamente l’uomo, ormai faccia a faccia con la sua interlocutrice “qualche gentiluomo di mia conoscenza avrebbe fatto meglio a sfogare i suoi istinti in certi luoghi; invece di macchiare l’onore delle giovani di buona famiglia..”
Kagura, punta sul vivo, alzò minacciosamente una mano, come se volesse schiaffeggiarlo. Ma, dopo un attimo di esitazione, la abbassò serrando convulsamente i pugni, cercando di frenare la rabbia che l’accecava e di riprendere il solito contegno, adatto alla sua posizione.
“Come posso pretendere che mi capiate?” sibilò, alzando appena lo sguardo per incontrare quello, freddo, del marito “Voi non siete capace di amare..”
“Forse è meglio così.” constatò l’uomo, questa volta in tono grave, dopo averla osservata per un istante con una tale intensità da costringerla a rivolgere la sua attenzione verso qualcos’altro “Credo di avervi visto abbastanza soffrire per desiderare con tutto me stesso che una cosa del genere non mi accada mai.” Solitamente così gelida, ora la sua voce era impercettibilmente raddolcita. Allungò leggermente la mano verso il viso di lei e, poggiatele le dita sotto il mento, la costrinse con gentilezza a guardarlo di nuovo. “Tuttavia non avrei potuto sopportare che qualcun altro potesse sposarvi..”
“Non siete pentito di avermi voluta accanto a voi?”
“Io non mi pento mai di niente.” Sussurrò mentre l’attirava a sé; posando le labbra contro le sue. Kagura non si oppose; lasciò che il marito la premesse possessivamente contro il proprio petto e le facesse lentamente scivolare una mano lungo la schiena, provocandole dei leggeri brividi.
Nell’attimo in cui la rabbia aveva preso il sopravvento, aveva sentito una sorta di odio, di disprezzo nei suoi confronti: l’aveva sminuita, offesa, avvilita senza alcuna pietà.
Ma, ripensandoci adesso che il grido dell’onore ferito non le martellava più la testa, si rendeva perfettamente conto che il compito di Naraku non era dei più facili.
Lei stessa non avrebbe saputo dire come si sarebbe comportata, cosa avrebbe pensato se, alle spalle del marito, ci fosse stata l’ingombrante e minacciosa ombra di un’antica amante.
“Però,” lo rimproverò con un tono rasserenato, interrompendo il bacio “dovete promettermi, sul vostro onore, che la smetterete di tormentare Lord Langston.”
Lord Brockley si scostò appena da lei, osservandola con sorriso che di rassicurante aveva ben poco.

“Mia signora; dovreste sapere che io non giuro mai sul mio onore.”


***********


Quando Rin era tornata in camera poco dopo quella strana conversazione con Lady Brockley, aveva trovato una scena alquanto inquietante: Sesshomaru se ne stava nella penombra, sprofondato in una vecchia poltrona. Il volto, leggermente contratto in una smorfia di disgusto, era sorretto da una mano; gli occhi funerei, fissi su un punto indeterminato, riflettevano la preoccupazione e il turbamento che gli stavano pian piano avvolgendo la mente in una cupa prigione, dalla quale non riusciva a liberarsi.
Non si mosse da quella posizione né mutò l’espressione del viso, nemmeno quando la porta si richiuse con un leggero cigolio dietro la schiena della donna.

“Ha chiamato gli uomini del mio reggimento assassini e delinquenti.” Le pupille rimanevano fisse, immobili, come se stessero osservando immagini che lei non poteva vedere. La voce tagliente rimbombava nel silenzio, con un suono inumano “Ha detto che non abbiamo combinato niente da quando siamo arrivati e, quando gli ho fatto notare che non potevo muovermi senza che mi fossero stati inviati gli ordini, mi ha imposto di tacere. Di tacere! A me…Davanti ai miei uomini!”
Rin rimase per un lungo istante a guardarlo con una sorta di compassione. Dio, quanto doveva essere straziante per il suo orgoglio!

Avanzò di qualche passo, non senza una leggera titubanza, finché non gli fu talmente vicina che il demone non poté non rivolgerle l’attenzione e, senza aspettare il permesso, gli si sedette sulle gambe.
“Lo fa solo per invidia, per vendicarsi…non credo ti debba preoccupare più di tanto.” Cercò di rassicurarlo, passandogli dolcemente un dito sulle sottili sopracciglia aggrottate.
“Vendicarsi? E per quale motivo? Quando si è sposato lo sapeva benissimo che quella donna era la mia amante! Se la cosa lo turba così tanto, doveva pensarci prima.”
“La gelosia…o, forse più propriamente, l’orgoglio possono portare a questo e altro..”
“E sia…comunque non sono sicuro che la prossima volta riuscirò a resistere alle sue provocazioni. Mi vedrò costretto a squartare la sua miserabile carcassa e gettarla nel fiume più vicino. Quale mi consigli? Lo voglio abbastanza grande e profondo perché il suo cadavere non ritorni mai più a galla.”
“Suppongo che il Guadalquivir vada bene.” Scherzò la donna; non riuscendo tuttavia a scacciare completamente la preoccupazione “Comunque se fossi in te non lo farei.”
“E per quale motivo?”
“Quantomeno per il bene di Lady Brockley.”
Nel pronunciare quel nome, la gitana sentì i muscoli di Lord Langston contrarsi improvvisamente e gli occhi, sempre luminosi e alteri, rabbuiarsi; come se si fosse ricordato solo adesso della sua esistenza.
“La ami sempre così tanto?” si costrinse a chiedere, nonostante sentisse uno strano dolore farsi sempre più forte e insopportabile; come se una lama invisibile la lacerasse da dentro.
Sesshomaru conficcò le sue iridi dorate in quelle scure di lei. La sorda preghiera che vi leggeva dentro gli fecero sentire una sorta di pietà, di compassione nei suoi confronti.
Alzò lentamente un braccio e le cinse con dolcezza la vita, avvicinandola ancora di più a sé. “Non lo so…non so più cosa pensare.” Non le avrebbe mentito, non se lo meritava “Era una sensazione così strana quando stavo insieme a lei. Credevo che ormai il tempo avesse fatto il suo dovere; ma rivederla è stato davvero…come dire…strano: sembrava che mi trovassi davanti una creature che fino a quel momento era esistita solo nei miei sogni.
Quando la guardavo mi sembrava di conoscere tutto di lei, ogni minimo particolare, ogni espressione del suo viso; poi, un attimo dopo, mi pareva di avere di fronte una perfetta estranea.”
“Credo sia inevitabile; in fondo sono tanti anni che non la vedi.” Spiegò la donna con una tranquillità, che pareva troppo artificiosa per essere vera.
“Comunque,” concluse il demone, come se stesse cercando di convincere più se stesso che la compagna “ormai è tutto finito…è una storia che appartiene al passato. Non c’è più nulla per cui valga la pena combattere.”
La zingara si voltò verso di lui, sentendosi solo parzialmente rassicurata, e posò un fugace bacio prima sulla fronte e poi sulla bocca sottile e fredda.
“Ed io?” Gli sussurrò a fior di labbra.
Sesshomaru allungò una mano verso i suoi capelli, prendendo tra le dita una folta ciocca nerissima con fare pensoso: come se stesse soppesando le parole che si apprestava a pronunciare. “Una cosa per volta Rin…una cosa per volta…” mormorò prima di attirarla nuovamente a sé e premere la lingua contro la sua; nel tentativo di impedirle di porre nuovamente lo stesso quesito.

La donna non fu affatto soddisfatta della spiegazione, che apriva più domande di quante risposte avesse dato.




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Chiedo scusa se non ce la faccio a rispondervi stavolta ad una ad una. Ne approfitto comunque per ringraziare tutte coloro che mi seguono e mi fanno il grande piacere di commentare!

Alla prossima,
Jessy




  
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