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Autore: LokiSoldier    16/08/2013    3 recensioni
E' una fanfiction incentrata essenzialmente sul rapporto fra Thor e Loki, ambientata nel contesto Post Avengers - Pre Thor II. Attraverso un breve dialogo fra i due fratelli si cerca di evidenziare la rabbia ed il rancore di uno e la sofferenza e l'affetto dell'altro. Ho tentato di analizzare in qualche modo le loro personalità (principalmente quella di Loki in quanto lo trovo molto più intrigante -ed anche perchè è scritta in prima persona da lui-) sperando di essere riuscita in qualche modo nell'intento... Inoltre l'idea per questa breve fiction e soprattutto la loro ultima battuta sono tratte da una canzone scoperta per caso in un loro video. La canzone è: Once di Bradley Caleb Kane, e le battute di Thor e Loki (la battuta finale di entrambi) sono sì tratte dalla canzone, ma non in maniera testuale, bensì le ho parafrasate per adattarle al contesto. Detto questo, spero vi piaccia e che lasciate una recensione di risposta ... :)
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Da quanto tempo ero steso su questo pavimento gelido? Da quanto tempo i miei occhi verdi erano fissi sul soffitto di questa prigione di vetro? Da quanto tempo ero qui? Prigioniero di quella che fino a poco tempo fa era stata la mia casa? Sorrisi amaramente chiudendo gli occhi avendo perso ormai la cognizione del tempo in questo posto sperduto, distante da tutto e da tutti, sorvegliato giorno e notte da almeno quattro guardie scelte fra i migliori guerrieri asgardiani, impossibilitato ad utilizzare i miei poteri perché prigioniero di una costruzione costituita con materiali definiti “isolanti magici”. Fossi stato come il mio, mpf, brillante fratellino avrei potuto provare a distruggere con la forza bruta queste mura, ma io… io non sono come Thor, non sono volgare e aggressivo quanto lui, no. Io sono più subdolo, più letale e incredibilmente più elegante nei miei modi. Siamo sempre stati diversi io e lui, al di là del nostro aspetto diametralmente opposto… lui così possente, muscoloso, biondo ed io alto, slanciato, asciutto, con i capelli nero pece e gli occhi verdi come due smeraldi. Ma alla fine è normale questa diversità, no? Non siamo davvero fratelli, nelle nostre vene non scorre neppure una sola identica goccia di sangue.
 
Una risatina nacque nel mio petto, sgorgò fra le mie labbra, librandosi in questa gabbia solitaria mentre riaprendo gli occhi voltavo il capo verso la mia destra. I miei capelli erano cresciuti ancora, adesso arrivavano a solleticare dolcemente le mie spalle coperte da una casacca verde, colore che prediligo in maniera particolare. Il mio viso inizia ad essere diverso, a subire gli effetti di questa prolungata prigionia; ai lati del volto, sul mento, sotto al naso, iniziava a crescere ispida una barbetta incolta, un qualcosa che non mi donava affatto. Le mie labbra sottili si incurvarono in un ghigno amaro snudando appena questi miei denti bianchi mentre gli occhi si puntavano in un punto ben preciso dinnanzi a me, bagnati di una luce sinistra e curiosa.
 
« Thor, a cosa devo addirittura la tua visita? » domandai levandomi lentamente a sedere, una gamba distesa al suolo, l’altra piegata, col ginocchio verso l’alto. Osservavo la figura del mio “fratellino” attraverso quella spessa lastra di vetro inclinando appena il capo com’ero solito fare quando guardavo qualcosa di particolarmente interessante. Lo stavo studiando, oh sì, potete scommetterci. Volevo capire cosa desiderasse da me, volevo carpire ciò che i suoi occhi di cristallo nascondevano. Ero l’unico capace di capirlo a fondo, di capirlo davvero. Ero l’unico che potesse portarlo a pensare quel che io desideravo, l’unico capace di fargli compiere ciò che io volevo lasciandogli credere che si trattasse di una sua stessa scelta. Ma questa ormai è una cosa che tutti avevano imparato a comprendere, la mia vera natura ed arte è stata svelata e col tempo mi sono guadagnato addirittura il titolo di Dio degli Inganni. Permettetemi una risata, ma onestamente io non mi sento un ingannatore… quando posso evito accuratamente di mentire. Sfrutto la verità a mio vantaggio. Mettendola in un contesto contorto che possa tornare a mio favore, omettendone una parte, omettendola e basta, ma quasi mai la modifico fino a farla diventare una menzogna. Nelle mie carognate mantengo sempre un certo stile.
Thor mi osservava con una espressione dura, come se gli costasse chissà quale fatica rimanere così freddo e distaccato con me. E in realtà potrei scommetterci era quello il motivo per cui la sua espressione era sofferente. Buono, troppo buono sotto quella corazza di orgoglio e prepotenza, Thor mi amava davvero. Era davvero legato a me, si sentiva mio fratello esattamente quanto io mi sentivo il suo quand’eravamo piccoli, prima che quelle differenze fra noi si facessero così evidenti, prima che il comportamento di nostro padre si dimostrasse così parziale fra noi. Ancora, sorrisi con una punta di crudele sarcasmo nel vedere il suo sguardo amaro, stringendo una mano a pugno, nascosta dal mio corpo.
 
« Sei mio fratello, e nonostante tutto ciò che potresti fare, tutti i reati che potresti commettere, questa è una cosa che non cambierà mai per me ». Così aveva detto con quella sua voce roca, bassa, ma decisa e potente, mentre avanzava e faceva ancora un paio di passi verso la mia gabbia. Il mio sguardo lo seguiva, il sorriso si distendeva ancora, beffardo, come potessi permettermelo nella situazione in cui mi trovavo. Ma ormai non avevo nulla da perdere, non avevo altro che potessero sottrarmi, quindi perché cadere ancora più nell’umiliazione? Perché mostrar loro la sofferenza che in realtà mi logorava nel profondo? No, avrei affrontato a testa alta quella situazione come sempre, l’avrei sottomessa a me in qualche modo. E tu, Thor, sei ciò che più di tutto mi è facile sottomettere…
 
« Commovente, sì » commentai portando una mano al petto mentre fissandolo scuotevo appena il capo. Voltai il viso fino a fissare lo sguardo di fronte a me, verso il nulla. E piantala di mostrare quegli occhi tristi! Che motivi hai tu di soffrire? Che motivo hai tu di mostrare quello sguardo sofferente? pensai rancoroso fra me e me cercando di celare i miei pensieri all’esterno. Rivoltai il viso in sua direzione e sogghignando osservai la sua chioma dorata scivolargli oltre le spalle « Che sei venuto a fare qui? Volevi assicurarti che non fossi fuggito? Volevi godere della mia prigionia? Bearti del tuo trofeo migliore? Padre sarà fiero di te… e ancora una volta il merito di base per il suo compiacimento sarò io. Curioso, no? Alla fin fine non è cambiato niente nonostante tutto » dissi con la mia voce tranquilla, pacata, cristallina, mentre svelando i miei denti in quello che poteva apparire un radioso sorriso, esprimevo tutto il mio rancore verso quella figura alla cui ombra ho vissuto per anni. Dentro me gioivo: sapevo perfettamente a cosa avrebbe portato quella mia provocazione e, come sempre, non sbagliai.
 
Una ruga apparve fra le sopracciglia di Thor mentre stringendo i pugni induriva lo sguardo. Punto sul vivo, fratello? « Come puoi pensare una cosa simile, Loki? Sai bene che soffro per questa situazione! Che vorrei poterti lasciare libero, ma non posso. Sei una minaccia troppo grande per il nostro e tutti gli altri Regni. Padre e Madre soffrono enormemente la tua condizione, ma è loro compito assicurare la pace su Asgard, a costo di imprigionare un figlio » disse con quella falsa saggezza, con quella voce che pian piano andava affievolendosi, mi faceva andare su tutte le furie. Balzai in piedi sbattendo un pugno contro il vetro della mia gabbia, la fronte poggiata sulla parete gelida dinnanzi a me, gli occhi verdi fissati con struggente crudeltà sul viso del Dio del tuono. « Specialmente se il figlio in questione sono io, vero Thor? » sussurrai con quel mio sorriso sghembo che, lo vidi, lo fece andare su tutte le furie. Portò la sua fronte a contatto col vetro a sua volta, contro la mia, lasciando scivolare appena il mantello dalle sue spalle rivelando così Mjolnir assicurato alla sua cintura.
« Io sono stato esiliato da Asgard da nostro Padre. Sono stato confinato su Midgard senza poteri, senza poter tornare a casa, e senza Mjolnir » aveva detto a voce alta stringendo ambo i pugni, i capelli d’oro che scivolarono ai lati del suo viso, ondeggiando nel vuoto. Naturale mi venne una risata mentre allontanavo il viso dal vetro e facevo qualche passo all’indietro allargando le spalle in una movenza che qualcuno definirebbe teatrale. « Povero piccolo Thor, che sofferenza…» commentai sarcasticamente sorridendo malevolo prima di fermare il passo e indurire appena lo sguardo fisso in lui. « Ma, sai, in quell’occasione era il minimo esiliarti per ciò che avevi voluto fare. Hai rischiato di farci ammazzare tutti, avresti sacrificato le nostre vite solo per la tua gloria, per la sete di vendetta che nutrivi contro Jotunheim e, cosa ancor più curiosa, a salvarci tutti fui io! » esclamai sottolineando con particolare enfasi quell’ultima parola portando una mano al petto, il dito indice ad indicarmi, puntandomelo esattamente contro il cuore. Contro il mio cuore ormai gelido, ormai ricco di crepe e tagli, un cuore che non so più a chi appartenga. « Io avvisai Heimdall di dove stavamo andando, io gli dissi di chiamare Odino, di fermarci prima ancora di arrivare nella Terra dei Giganti di ghiaccio! Eppure nessuno, nessuno mi ha mai ringraziato, lo sai? Sif, Volstagg, Hogun, Fandral… ho salvato la vita a tutti loro, eppure la sola cosa che hanno saputo dirmi era “Parla con Odino, Loki, salva  Thor dal suo esilio » esclamai non potendo trattenere oltre la collera che adesso sentivo montare dentro. La mia voce era velenosa, si insinuava serpentina nei suoi sensi, i miei occhi erano gelidi, i denti stretti, digrignavano nella mia bocca mentre varie rughe andavano formandosi sul mio volto stanco. Presi un respiro, cercai di ritrovare la calma, lasciai cadere le braccia lungo i fianchi mentre chinando appena il capo e chiudendo gli occhi cercavo di richiudere il rancore in un angolo del mio essere.
 
Thor ascoltò in silenzio, le labbra schiuse, nella tipica espressione che assumeva quando voleva replicare in preda al suo orgoglio ma non aveva modo di dir nulla per via delle circostanze a lui sfavorevoli. Sapeva di meritare quell’esilio, lo sapevo perfettamente. Nessuno lo conosceva meglio di me. Nessuno poteva leggergli dentro come io ero in grado di fare. In quel momento, rivelando per la prima volta ad alta voce quella verità, mi resi conto di quella che era stata la mia vita fino a quel momento. Un susseguirsi di delusioni, di affronti… una vita passata a salvare la pelle di Thor, a lasciargli le mie glorie, mentre a me spettavano le strigliate per i nostri giochi ed i nostri errori, la commiserazione di chi guardandomi non vedeva che l’ombra di quello che era un vero Dio, Thor. Forse… in fin dei conti… un semplice grazie avrebbe potuto cambiare le cose. Ma adesso era troppo tardi e non ci sarebbe stata supplica o preghiera che avrebbe cancellato la mia collera. « Sei così cambiato, Fratello… mi manchi. » esordì Thor guardandomi sconsolato, le mani che si poggiarono sui vetri della mia prigione. Lo fissai gelido, fiero, sprezzante risi di quelle parole assottigliando lo sguardo felino. « Anche se hai scelto di escludere il mondo fuori da te, io so che ci sei ancora, Loki… so che lì dentro di te c’è ancora mio fratello, il ragazzo con cui sono cresciuto, con cui ho giocato e combattuto… e se ascolto attentamente, posso quasi sentirti ancora… » aggiunse in risposta a quella mia espressione gelida. Io strinsi le labbra e scuotendo appena il capo mi avvicinai nuovamente al vetro dietro al quale vi era lui, inclinando il capo.
 
« Un tempo ero quella persona. Un tempo ero figlio di qualcuno. Un tempo potevo sentire delle emozioni, ero amico di qualcuno… » dissi freddamente, devastando e annientando ogni speranza di Thor di poter vedere risorgere in me quella stessa persona che era suo fratello. Sottolineai ad ogni affermazione come mi riferissi al passato e vidi gli occhi di mio fratello chiudersi stancamente. Si voltò senza dire un’altra parola, rassegnato, sconfitto, avanzando verso l’uscita di questo posto sperduto e lontano lasciandomi nuovamente solo con me stesso. Sentii il cuore stringersi mentre razionalmente cercavo di nascondere quelle sensazioni di insensato dolore alla vista della schiena di Thor allontanarsi da me. Ma sotto sotto, lo sapevo e ne ero perfettamente conscio, per quanto la cosa mi facesse adirare, non sarei mai riuscito ad odiarlo definitivamente. Non sarei mai riuscito a rinnegare il sincero affetto che mi legava a lui. Era l’unico che, allo stesso modo in cui io sapevo tutto di lui, nel profondo, sapeva tutto di me. Era una questione di accettazione… Thor aveva sempre saputo dal ritorno del suo esilio che io ero perduto, che non sarebbe mai tornato nulla come prima, ma non l’ha mai voluto accettare. Allo stesso modo, non avrei mai accettato l’idea di rimanere ancora dietro la sua ombra.   
  
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