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Autore: Nomoredream_    17/08/2013    4 recensioni
'A volte mi chiedo come ci si sente, a essere sempre tristi. Ogni singolo giorno vissuto portandosi sopra le spalle quella scia di tristezza, come se ne fossi imprigionato. '
[KAISOO]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Love Unrequited.


                                                                                                  
                                                                                                                                                  

A volte mi chiedo come ci si sente, a essere sempre tristi. Ogni singolo giorno vissuto portandosi sopra le spalle quella scia di tristezza, come se ne fossi imprigionato. Sono passati quattro minuti. Quasi cinque secondo l’orologio messo sulla parete. Un ultimo movimento della lancetta, ora sono passati cinque minuti. Oltre il vetro della piccola finestrella si faceva vedere la sua figura. Era seduto sui gradini, fuori il vecchio condominio, il palazzo di fianco al mio. Aveva i gomiti delle braccia poggiate sulle ginocchia, le gambe leggermente allargate.  La pioggia che cadeva oscurava la figura non permettendomi di descriverne i dettagli. Poi però, quando la goccia scendeva fino in fondo, la vista tornava chiara. Le mani erano unite, guardava a terra. Mi chiedevo sinceramente cosa ci fosse di così interessante nel suolo, quel giorno, nel mentre pioveva. E si stava bagnando. Sbuffò e posò lo sguardo sul suo orologio legato al polso. Istintivamente guardai anche io l’orario. Alzai la testa , erano passati solo dodici minuti.
 
Questa volta qualcun altro si trovava con lui. Magari era arrivato all’istante, proprio nel momento in cui avevo dissolto lo sguardo. Un’altra goccia cadde sul vetro della finestra oscurandomi nuovamente le figure, subito dopo la vista si schiarì ripetendo l’azione di prima. L’altro ragazzo era alto, magro, i capelli biondi, ovviamente tinti , tirati indietro. Dalla tasca del pantalone di seta vidi far uscire una sigaretta e passarla a l’altro ragazzo che subito dopo averla ricevuta, la portò alle sue labbra. Kim Jong In, conoscevo il suo nome.

In realtà lo avevo già incontrato. Un giorno, proprio lì fuori. Era successo tutto accidentalmente. Ci eravamo scontrati e mi ero anche fatto male, sinceramente. Dopotutto era successo per colpa del mio comportamento maldestro. Avevo sussurrato un ‘scusami’ mentre lui non fece uscire neanche una parola, ed era sembrato infastidito. Il nostro incontro ebbe fine così, nulla in più. Come facevo a sapere il nome, vi chiederete. Non era stato lui a dimmerlo, bensì un’altra voce, magari un suo amico o un conoscente, che lo stava chiamando. Riuscii ad ascoltare le parole pronunciate dall’altra persona perfettamente, “ Kim Jong In “.

E’ strana, davvero. La vita a volte è davvero strana, pensai. Proprio il giorno successivo, Jong In entrò nel piccolo tabacchino dove lavoravo. Nulla di così importante come lavoro, andavo lì solo per aiutare mio fratello, proprietario del posto, quando non poteva esserci. Si avvicinò al bancone, con poche parole come “un accendino”. E la conversazione finì lì, di nuovo, per la seconda volta.

Osservai il fuori della finestra e, sinceramente, mi chiedevo davvero se quella vecchia finestrella non si fosse ancora consumata. Pioveva. Da due giorni, pioveva. Presi l’ombrello poggiato in un angolo del negozio, e mi diressi verso la porta. Chiudendola, mi soffermai sul marciapiede. In un piccolo spazio del muro risaltava la sua figura, una gamba piegata appoggiata al bastione. Stava per portare una sigaretta alle labbra prima di ricordarsi di prendere l’accendino, comprato poco fa, e accenderla. Doveva essere la seconda, sigaretta.” Non hai un ombrello? “, il ticchettio delle gocce sovrastava la mia voce, rendendola leggermente più bassa del solito,“ No. “
Aveva piegato la sigaretta in due, spegnendola. Stavamo camminando sotto la pioggia. Con il mio ombrello , entrambi sotto di esso. Lui lo reggeva, essendo pi alto. Di poco più alto, di poco, davvero. Poi eravamo entrati in un bar, per idea sua. Per un gelato, aveva detto. Un gelato in un giorno autunnale, di pioggia, fa ribrezzo.”Come ti chiami?, mi chiese, “ Do Kyungsoo,” risposi. Avevamo cominciato a parlare  del più e del meno ; e mai avrei immaginato di ascoltare il suono della sua voce così a lungo. La voce di quel ragazzo che osservavo ogni giorno, seduto sulle scale interne del mio condominio. A Jong In piaceva il caffè corto , con una lieve scia di zucchero, adorava il sapore dell’amaro. Gli piaceva leggere, libri dal genere giallo o poliziesco. Gli piaceva anche la moda, ma non lo faceva impazzire, ne era solo interessato, aveva detto. Lavorava in un negozio di pianoforti, amava la musica così come la danza. Odiava la spiaggia, ma gli piaceva il profumo salato del mare.
“ Ti piaccio, è così? “
“ Immagino di sì. “
In realtà, ne ero sicuro. Ero sicuro di essere innamorato di lui. Ma io volevo aiutarlo. Aiutarlo ad essere felice, a scacciare via la tristezza che si portava addosso, ogni giorno.
“ Ma è impossibile, no? Mi conosci da un ora. “
“ Nulla è impossibile, a quanto pare. “
“ Quella frase non esiste, è inventata solo per essere usata nei film. “
Non risposi, la conversazione finì lì, per la terza volta.
 
Quel giorno smise di piovere. Quel giorno ci siamo baciati. Ci siamo incontrati, per puro caso, o magari no. Mi aveva salutato, e si era avvicinato a me. Poi ancora di più. E poi sorrise, era triste. “ Sei davvero sfortunato,” soffiò sulle mie labbra , “ ad innamorarti di me.” E poi le nostre labbra si unirono. Le sue erano fredde , totalmente prive di calore , quasi sembravano piangevano. Ed era triste , il mio primo bacio , il nostro primo bacio. Era stato triste.

Dal giorno successivo cominciò a venire ogni giorno nel mio appartamento. Credo che avevamo cominciato a frequentarci da lì. Il tutto era strano. Non c’era stata nessuna dichiarazione, nessuna proposta di fidanzamento , niente di niente, oltre ad un semplice bacio. Ma non era strano, era triste. Triste e freddo.
Un giorno lo vidi ridere di gusto per quella che doveva essere una battuta, fatta da me, ma che poi non faceva ridere per niente. Lo trovai dolce, il mio cuore era a mille.
Un giorno gli chiesi cosa lo rendeva così infelice. Lui non rispose, io lasciai stare chiudendo l’argomento che non fu mai più riaperto. Gli chiesi scusa ma lui rispose semplicemente dicendomi di essere carino. Lo aveva detto, era la prima cosa dolce che aveva detto su di me.



A / N : Buonsalve mie adorate lettrici.
Prima di tutto, ringrazio chiunque abbia aperto il link per leggere la mia storia. Voglio dire che inizialmente doveva essere una one-shot, ma poi l'ho divisa in due. La parte seguente la posterò in fine settimana, sabato o domenica. Vi prego alla frase "di poco più alto di me" afferrate il sarcasmo, sappiamo tutti che Kai è un gigante e Kyungsoo un nano nato, è così piccino. Aw. Comunque, fatemi sapere cosa ne pensate, è la mia prima fanfiction sugli EXO e in generale. Quindi mi farebbe davvero piacere una votra opinione, ovviamente sono ben accette le critiche, consigli ect, ect, ect. Bene, chiudo qui, vado a finire di mangiare i cereali./?
Grazie a chiunque abbia letto le note, bye.♡
 
  
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