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Autore: Sam14    17/08/2013    2 recensioni
"Mi chiamo Toby. Sono un bastardino maschio, nato il 4 settembre 1998. La casa e il parco sono il mio regno, così come la campagna intorno, popolata di cavalli, galline e pecore (che rappresentano il mio incubo peggiore e, se avrete la bontà di continuare a leggere la mia storia, saprete il perché). Odio la caccia e sono per la convivenza pacifica delle specie, una sorta di paradiso terrestre dove ciascuno ha il suo posto. È per questo che sono riuscito a non farmi sopraffare dall'affollamento di cani e gatti che sono andati e venuti dalla casa in questi anni. Alla fine, però, io sono il Cane di casa, per anzianità. Un primato, quello del vecchio di casa, lo condivido con il mio amico, il gatto Romeo. Ma so per certo di non dover condividere con nessuno il cuore di Lei, che mi ama di un amore immenso così come io l'amo e l'amerò per sempre. Certo, amo anche sua sorella e sua madre, di cui sono stato il piccolo peluche vivente,stritolato, impastato, abbracciato in una valanga di risate e grida festose. E amo anche lui, con la sua ruvida e trattenuta amicizia virile. Ma per Lei
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Presto verrà la fine. Lo so, me lo sento. É una strana sensazione percepire all'improvviso, come segretamente previsto, che il tempo ha fatto il suo corso. Da alcuni mesi, ormai, il dolore mi attanaglia. Tutto è diventato difficile. Alzarsi, coricarsi, perfino restare immobile, con lo sguardo che vaga e va lì, alla parte alta del muro del parco, verso quel luogo che amo in modo particolare e dal quale, con un solo colpo d'occhio, posso abbracciare la distesa della proprietà, della mia proprietà, la mia. Sì, anche da fermo, il mio corpo mi tormenta. Proprio così. Mi sto spegnendo, senza altre complicazioni. Non il decadimento interiore, non una piaga aperta, non un disturbo psicologico. No, l'aspetto generale può illudere. Saranno l'aridità e la ruggine a condurmi alla morte. È più discreto, ma fa male lo stesso. Infine, anche se dico di non avere disturbi interiori, devo comunque confessare che, da un po' di tempo, dimentico le cose. Sì, lo so, il termine dimenticare è piuttosto vago, diciamo che vivo in una realtà sfumata. Da due o tre settimane, ho la sensazione di trovarmi in una pozzanghera che mi densa dal sonno. Mi alzo subito, o meglio prima che posso, e spero che l'aria della stanza asciughi il mio giaciglio di vecchio. Per ora, la messinscena prosegue a meraviglia. Lei non si è ancora accorta di niente. Ma fino a quando durerà? È un continuo tormento. Non solo non oso immaginare quale terribile umiliazione subirò al momento della scoperta, ma qualora mi dice che, quando accadrà, questa incontinenza segnerà la mia fine. Il suo amore per me è immenso, lo so, ma tutto ha un limite. Non voglio pensarci troppo. Vivo un giorno alla volta, e oggi è una bella giornata. Il risveglio è stato meno doloroso del previsto e il sole ancora un po' esitante mi invita ad uscire. Programma della mattinata: breve giro del parco, e specifico breve poiché ci sono due versioni di questa camminata mattutina; quella lunga, ottimista, si sviluppa in questo modo: attraverso il prato davanti alla casa, scendo le scale e attraverso abbastanza veloce la prateria, che conduce al viale dei carpini. Spesso Lei, parlando di me a chi vuole intendere, dice che tutto mi appartiene. Mi piace quando parla così. Con un orecchio ascolto e intanto muoio di felicità. Con quelle parole, Lei riconosce il mio vero ruolo in questa casa. Infatti niente e nessuno ci ha separato, MAI da quando ho memoria. Dopo attraverso il viale dei carpini, mi dirigo verso una grande prateria. I miei antenati quando arrivavano qui facevano "uscire il cacciatore che c'era in loro". Io, invece, ho messo la parola fine a tutto questo. Inutile dire che sono contro la caccia. Detesto l'idea di correre dietro a un indifeso animale. Correre, sì, ma con il naso al vento, il corpo come una freccia, per la bellezza del gesto, per la libertà intravista. Ora mi ritorna in mente un sogno, anzi un incubo recente, dal quale mi sono svegliato terrorizzato, come se avessi visto il diavolo. Io e Lei stavamo facendo una passeggiata di quelle che amo tanto. Passeggiamo uno a fianco all'altro senza parlare, solo fianco a fianco e qualche volta Lei con la mano fa un piccolo gesto d'incoraggiamento, una piccola carezza che fingo di ignorare, ma che in realtà mi elettrizza. Nel sogno io inizio a correre, e intanto Lei si allontanava sempre di più. Allora iniziai a correre ancora più veloce e ad un tratto, cado in un buco oscuro senza fine, dal quale impossibile scappare. Il luogo incantato si trasformò in un territorio malefico. Lei si allontanava dimenticandomi. Non era uno scherzo. Finita la passeggiata ci dirigemmo verso casa stanchi, quando ad un tratto, incontrai una bastardina come me. Il suo nome era Sam. La conoscevo da tanto tempo e l'amavo però non come amavo Lei. Amavo saperla al mio fianco, amavo quando mi dava importanza e amavo quando con delicatezza mi accarezzava la testa.
  
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