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Autore: monnezzakun    17/08/2013    3 recensioni
Le sue percezioni non mentono e c'è nel vento la vibrazione sommessa delle cose tranquille che ne celano altre più piccole, più infide, insabbiate con cura nella nicchia di uno scoglio per essere notate solo quando è troppo tardi per fuggire – l'oceano non è mai apparso così immenso come in quel momento.
[Accenni Rei/Nagisa, ambientata durante gli episodi 5/6]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rei Ryugazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thunderstorm

 

 

 

 

 

 

C'è odore di salsedine e pelle nello spazio ristretto della tenda. Il corpo di Makoto è poco distante dal suo e Rei lo riconosce nelle pieghe delle coperte, nella conca morbida che il tessuto scava fra le sue gambe, nei lineamenti addolciti da quel sorriso stemperato e perpetuo, tradito dal pugno stretto attorno al lenzuolo. Anche senza occhiali il suo sguardo stanco nota la tensione che gli scorre sottopelle – ed è diversa dalla scarica di energia pura che attraversa Haruka nell'istante in cui si tuffa in acqua, è diversa anche dalla sinergia unica che hanno le forme di Nagisa con le proprie quando la loro pelle si sfiora. È una tensione malsana, qualcosa di tremendamente simile alla paura.
Rei non prova niente di simile alla paura quando si alza a sedere e gattona verso l'uscita, i muscoli ancora doloranti per l'allenamento estenuante. Sguscia fuori sulla sabbia fredda senza che Makoto emetta un sospiro di troppo ed è con la smorfia compiaciuta di chi ha calcolato bene le sue mosse che Rei si allontana e si lascia alle spalle la tenda, ritrovandosi a fronteggiare l'orizzonte irrequieto dell'oceano. Le sue percezioni non mentono e c'è nel vento la vibrazione sommessa delle cose tranquille che ne celano altre più piccole, più infide, insabbiate con cura nella nicchia di uno scoglio per essere notate solo quando è troppo tardi per fuggire – l'oceano non è mai apparso così immenso come in quel momento. Un passo, poi un altro. La sensazione della sabbia che s'incastra fra le dita e si piega sotto il peso della sua avanzata. Lo sciabordio che diventa ruggito nella conchiglia delle sue orecchie. È come scalare una montagna e gli ricorda i secondi infiniti prima di spiccare il balzo e volare sopra l'ostacolo. La differenza è che non c'è spazio per i calcoli, perché Haruka gli ha insegnato che il nuoto è istinto e lui non ha mai ignorato un insegnamento in vita sua. Il primo contatto con l'acqua è una scossa che lo attraversa e fulmina.
Inspira a pieni polmoni e continua ad avanzare. Le onde si infrangono contro le sue ginocchia già dopo pochi passi e Rei sente lo stesso odore annichilente che aveva Nagisa quando prima di cena gli è corso incontro ancora bagnato e lo ha stretto in uno di quegli abbracci dolorosamente simili a quelli che dà a chiunque altro; è un misto di mare e sole, l'odore che vorrebbe sentire la mattina appena sveglio sul cuscino insieme al corpicino caldo premuto contro il suo ed i capelli biondi in cui affondare il naso in uno di quegli istinti totalmente illogici che sta imparando ad accettare ma non a conoscere – Nagisa è fatto della stessa materia ignota di cui sono fatte quelle pulsioni ed è il suo opposto totale, in una maniera così netta e tragica che se davvero imparasse a conoscerlo in ogni sfaccettatura allora smetterebbe d'incenerire le sue barriere e farlo vibrare fin dentro, là dove tutto è così privo di leggi e calcoli da lasciarlo disarmato ed impotente. E l'ultima cosa che Rei vuole è perdere quel tremore che si sparge lungo l'epidermide solo a guardarlo, lo stomaco che si contorce e il cuore che perde un colpo; Nagisa è quello che lo fa restare a galla, è il motivo per cui si costringe ad accettare l'acqua e a non rifuggirla, è l'unica cosa a cui pensa quando si tuffa nell'oceano gelido e oscuro per iniziare a nuotare, la tavoletta stretta fra le mani.
Quando affronta la prima onda Rei sta pensando a lui, addormentato nella sua tenda, vicino a quel suo Haru-chan con cui voleva tanto dormire. Forse stanno nello stesso sacco a pelo, stretti in un abbraccio di cui invidia anche la scomodità. Forse Haruka ha il naso fra i suoi capelli, il petto premuto contro la sua schiena, forse lo sta stringendo con una naturalezza che a lui sarà sempre preclusa, incastrata nel labirinto di ingranaggi che calibra ogni suo movimento e ne blocca la spontaneità. Dà l'ennesima bracciata con una rabbia metodica, infrangendo l'acqua per scavarsi a forza il suo spazio nella corrente – e subito l'acqua contraccambia e lo travolge con un una forza che non ha nulla di umano, lo sommerge e rimbomba attorno a lui, furiosa per l'affronto. È in quel momento che Rei ricorda il riverbero inquieto negli occhi di Makoto ogni volta che osserva l'oceano; comprende ed assimila quell'inquietudine un secondo prima di essere schiacciato da un'onda. Quando riemerge ed il primo tuono romba in lontananza, le spinte affannose e gli strattoni improvvisi lo fanno tornare con la mente alle richieste di attenzione di Nagisa, alle sue mani che ogni giorno strappano via i suoi vestiti perché è troppo lento a cambiarsi e lui vuole nuotare insieme, al pensiero costante che vorrebbe solo imparare a bloccare i pensieri e trovare il coraggio di prenderlo ed incastrarlo nella conca delle sue braccia, provare a zittirlo con un bacio e scoprire se anche lui sente le guance formicolare quando sono troppo vicini.
L'acqua entra con furia nella sua bocca e brucia gli occhi, gli concede brevi attimi di respiro in cui Rei si costringe a sputare grida che fendono la gola e fanno ardere i polmoni; la pioggia inizia a battere colpi sulle onde come di lance che cozzano contro gli scudi. È terrorizzante e la paura gli blocca i muscoli, gli fa desiderare di non essere mai uscito dalla tenda. La tempesta inizia ad infuriare e l'unica cosa che stempera di poco la paura è la memoria che scivola sul corpo come seta, perché le tempeste richiedono la forza di agire senza pensare, di lasciarsi guidare solo da quell'esperienza che non si può sostituire con mera teoria, che non è macchinazione, non è logica e non è nemmeno il cielo che si richiude su di lui, non è l'urlo che gli pare di sentire fra i tuoni («Rei!»), non è nemmeno il sorriso di Nagisa che gli attraversa la mente come un lampo; però in quel momento va bene anche quello, bastano i suoi denti lucidi come perle, le fossette adorabili accanto alla sua bocca, le sue braccia che si stringono attorno al suo petto e lo trascinano via, via dal mare in subbuglio, via dallo sguardo di Makoto che non è più pace, non è più dolcezza, è solo quel terrore che lui ora ha bisogno di rinnegare e nascondere contro la forma perfetta dell'incavo del collo di Nagisa.







Inutili note finali:

Faccio il mio esordio in questa sezione con questa cosa che si azzarda a non essere né porno né allegra, cosa che infrange già da subito due grandi punti fermi di questo fandom. E non è nemmeno piena di shotini per compensare! Perdonatemi, non so cosa mi è preso.
In sintesi è... uno sfogo. Questo perché non so nuotare, ho il terrore di affogare pure quando mi immergo nella vasca da bagno e dovevo convertire l'ansia e l'amore per Rei in qualcosa, quindi ecco qui questa storiellina. 
È il mio primo tentativo con il presente e la mia prima storia in questo fandom, ergo consigli e critiche sono molto ben accetti.
Grazie di cuore per aver letto, tanti shotini alla marinara per tutti!

   
 
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