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Autore: The Edge    18/08/2013    4 recensioni
E' la storia di una ragazza che vive con il padre e due fratelli più piccoli, la madre li ha abbandonati senza fare una piega e di colpo il marito deve crescere da solo ben tre figli.
Ma Robin non vuole arrendersi, vuole sapere assolutamente il motivo per cui sua madre li ha lasciati da soli. Inoltre lei deve essere forte, sia per se stessa, che per suo padre, che per i suoi due fratellini.
Robin non è da sola, c'è Juliet che le da conforto e amore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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«Mamma! Mamma!»

Apro lentamente gli occhi, mi giro su un fianco e guardo la sveglia: segna le tre e mezza di mattina.
Come ogni sera, da circa sette mesi a questa parte, il mio fratellino piange disperato. Chiama nostra madre, ma questa stronza è scappata.
Mi alzo stiracchiandomi e mi dirigo verso la camera adiacente la mia, mi avvicino al letto di Jasper e lo prendo in braccio. Per avere quasi quattro anni è davvero minuto come bambino.
« Jazz calmati, ci sono qua io.» tento di consolarlo come posso, ma con scarsi risultati.
Lui mi guarda con i suoi occhioni blu sgranati «Mi manca la mamma. Robin perché è scappata?» mi domanda tra le lacrime.
Chiudo gli occhi e lo stringo in un abbraccio, non posso dirgli la verità, non capirebbe, mio malgrado devo mentirgli « Non lo so.»
Odio mentire a prescindere, ma soprattutto detesto farlo con le persone che amo, e io amo i miei fratelli.

Mia madre è scappata sette mesi fa, è sparita dalla circolazione.
Ha lasciato solo un adorabile uomo, mio padre. Ha abbandonato me, che ho vent’anni, Thomas di undici e Jasper di tre e mezzo.
Papà e Thomas sanno la verità, il piccolo Jazz no. E noi dobbiamo dirgli le bugie, dicendo che non sappiamo il motivo della fuga di mamma.
Continuo a cullarlo, gli accarezzo delicatamente i riccioli biondi e gli sussurro di chiudere gli occhi, di dormire, che io rimarrò affianco a lui finché non si sarà addormentato.
E’ il bambino più dolce del mondo, non ha mai fatto i capricci, neppure quando aveva pochi mesi. Mi da molto dispiacere vederlo soffrire in questo modo.
Jasper mi guarda, afferra la mia mano e la stringe forte «Ti voglio bene Robin.» sussurra con la sua vocina ancora rotta dal pianto.
Gli do un bacio sulla fronte «Anche io Jazz, anche io.»

Quando avevo diciotto anni pensavo di andarmene via di casa, di vivere la mia vita come meglio credevo.
Ma non volevo stare lontana dai miei fratelli. Jasper era molto piccolo e Thomas aveva solo nove anni. Per questo decisi di rimanere con loro, ma poi, quando mia madre se ne andò, sette mesi fa, presi una decisione.
Papà non ce la potrebbe fare a crescere da solo due figli così piccoli, ha bisogno di me, come io ne ho di loro.
Mio padre è un brav’uomo, sempre gentile con il prossimo, non hai mai alzato la voce con me o con i miei fratelli. Ama il suo lavoro e la sua famiglia. Come posso lasciarlo da solo?
Vado all’università e in contemporanea faccio da 'mamma’ a Jazz e a Tommy.

Finalmente il mio fratellino si è addormentato, povero piccolo. Gli rimbocco gentilmente le coperte ed esco dalla stanza.
Mi ritrovo in corridoio, faccio per tornare nella mia camera quando Thomas fa capolino dalla sua.
Noto che anche lui ha le guance un po’ umide, mi avvicino e gli poso una mano sulla spalla « Tommy cosa succede?» gli domando preoccupata.
Lui mi abbraccia, affonda il viso nel mio collo e singhiozza «Non voglio più sapere nulla della mamma. La odio. Non voglio che.. che Jasper stia così. Tu non hai fatto nulla di male sorellona.»
Non so cosa dire, mio fratello mi ha stupita con la sua semplicità. Lo stringo forte, appoggio la guancia sulla sua testa « Sei un ragazzino molto maturo per la tua età, ricordatelo Thomas.»
« Mi prometti che non scapperai? Che non ci lascerai mai da soli?»
« Te lo prometto fratellino.» E’ la verità, nessuno potrà mai farmi andare via dalla mia famiglia.

 
La mattina dopo mi alzo con due occhiaie profonde, non riesco mai ad addormentarmi serena dopo aver sentito Jasper piangere.
Papà sta preparando la colazione, la caffettiera è già sul fuoco e in cucina c’è un delizioso odorino di biscotti appena sfornati.
«Buongiorno tesoro, Tom e Jazz sono già svegli?» mi domanda mentre mi porge una tazza di cappuccino fumante.
«Tommy è in bagno, mentre Jasper si sta mettendo la maglietta di Paperino.»
«Li ho sentiti piangere questa notte, a dir la verità anche io non avevo gli occhi asciutti.» mormora a bassa voce nel frattempo che spegne il gas.
Mi intristisco a sentire queste parole «Mi dispiace papà, è colpa mia»
Lui si mette dritto ed esclama « No! Questo mai. Non è affatto colpa tua, non dirlo neanche per scherzo. So bene quali siano state le motivazioni di Margaret, ma per quanto mi riguarda, io ti amo lo stesso. Sei la mia bambina, non dimenticarlo. E ti vorrò sempre un bene dell’anima.»
Afferro la mano di mio padre e la stringo con affetto, siamo così simili, io e lui.

Tommy e Jasper fanno la loro entrata in cucina, sono ancora mezzi addormentati e ciondolano come se fossero ubriachi.
Thomas comincia a mangiare i suoi biscotti per celiaci e a bere il suo latte, mentre Jasper si da un gran daffare per riuscire a mordere l’intera fetta biscottata imburrata.
Io e papà ci scambiamo uno sguardo complice e facciamo tranquillamente colazione.

Oggi non ho lezione e quindi accompagno Jasper all’asilo. Lui si diverte un mondo con me, lo porto spesso al parco e gli faccio fare tanti giochi divertenti. Lui, Thomas e papà sono gli unici uomini della mia vita.
L’asilo è un bel posto, mi tornano sempre dei bei ricordi ogni volta che ci passo affianco.
Jazz è di buon umore, mi ha raccontato che lui e i suoi amici fanno un bellissimo gioco con le macchinine e le costruzioni. Sono contenta di vederlo così, si comporta come un qualsiasi bambino normale. E’ felice e gli brillano gli occhi. Cosa mai potrei desiderare di meglio per mio fratello?

Una volta portato Jazz all’asilo, comincio le mie commissioni. Porto in tintoria il vestito elegante di papà, vado a fare la spesa, riordino la casa e scendo in negozio da mio padre.
Papà ha un bazar, che prima era di mio nonno, è molto affezionato al suo lavoro e già da un po’ di tempo a questa parte, gli do una mano a gestirlo.
In due è anche più facile accontentare i clienti e raramente troviamo persone scontrose che pretendono di trovare tutto subito.
« Cosa ci fai già qua? Ti aspettavo tra un’oretta…» esclama stupito papà con un sorriso trentadue denti.
«Avevo bisogno di distrarmi e per questo ho fatto tutto abbastanza in fretta. Hai già venduto qualcosa?» gli domando mentre mi avvio verso il retrobottega dove c’è la macchinetta del caffè, bevanda a cui sono totalmente dipendente.
«No, non arrivato ancora nessuno. Però ho ricevuto una chiamata da dei miei vecchi amici.»
«Ah sì, davvero? Ma è grandioso! Ci sono novità all’orizzonte?»
«Direi proprio di sì! Ti ricordi di Sean?»
« Non è per caso quel tuo amico che è venuto a stare da noi per un po’ a causa della dipendenza da droghe di sua moglie? Quello che voleva stare lontano dai vizi della sua consorte, ovvero la tipa che è morta quando avevo sei anni?» i ricordi cominciano ad affiorare nella mia mente e papà annuisce «La tua memoria di ferro mi stupisce sempre di più. Brava, proprio quel Sean. Beh, in pratica mi ha detto che verrà a farci visita tra due settimane e sarà in compagnia del suo compagno.»
« Caspita, e quindi immagino che dovremmo spostare il letto di Jazz, visto che la sua camera era quella riservata agli ospiti, giusto?»
« Esatto. Possiamo spostare il lettino o nella tua stanza oppure in quella di Thomas, dipende tutto da Jasper. Ah, e dovresti andare tu a prenderli all’aeroporto, visto che io non posso ancora guidare la macchina.»
«Certo, non è un problema. Li hai già informati che farò io il servizio taxi?»
Papà ride alla mia domanda e mi da un buffetto sulla guancia, proprio come faceva quando ero più piccola « Sì, ho già detto tutto.»
«Fantastico.» sorrido felice, era da tanto che non gli vedevo quella scintilla genuina negli occhi scuri. Sono contenta che questa visita dei suoi amici gli possa portare della tranquillità.

Il tempo passa e nel nostro bazar non entra nessuno. Io ho già bevuto due caffè e sto per andare a prendermi il terzo quando papà mi ferma «Altolà, non esagerare con la caffeina.» mi rimprovera con voce che non ammette repliche «Piuttosto che continuare a bere caffè, perché non vai a farti un giro? Dopotutto posso farcela anche da solo qui, prevedo che non sarà una giornata buona per gli affari. Perciò potresti anche prenderti una mattinata tutta per te. Che ne dici?» mi propone mentre mi porta via dalla mia tanto amata macchinetta.
Senza pensarci due volte, accetto volentieri la proposta.
So già da chi andare.
Papà coglie il mio sguardo e sorride «Vedo che hai capito. Vai figliola, vai.»
  
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