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Autore: ely_trev    18/08/2013    1 recensioni
[Hélène e i suoi amici]
Avviso subito che la storia sarà comprensibile anche a chi non conosce questo telefilm che Mediaset ha improvvisamente sospeso per non si sa quale motivo ormai più di dieci anni fa. Quest'estate, girovagando su internet, ho scoperto che ne sono stati fatti ben tre seguiti (l'ultimo dei quali, per giunta, in patria, ancora in programmazione a distanza di 20 anni dall'inizio della serie) mai arrivati in Italia; dopo essermi informata a grandi linee sullo svolgimento della storia, ho deciso di riprenderla dal punto di vista di uno dei miei protagonisti preferiti - Christian - provando a portare avanti un mio personalissimo "e se...?".
E se il suo amore verso la fidanzata storica non fosse mai svanito?
E se quell'inaspettato ritorno avesse risvegliato tutti i suoi sentimenti?
E se si fosse reso conto di non essere innamorato della sua attuale fidanzata?
Alcuni personaggi sono stravolti rispetto all'ambientazione originaria, altri (che non conosco bene, non avendo avuto modo di vedere il telefilm tradotto) sono stati eliminati per semplificarmi un po' la vita (anche perché i protagonisti della mia storia sono Johanna e Christian).
Per chi non ha conosciuto la serie, prenda il mio racconto come un originale. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Johanna era notevolmente peggiorata nell’arco del tempo e ancora di più nelle ultime settimane. Aveva necessità di una costante presenza accanto a lei, non era più autosufficiente sotto nessun punto di vista. La gravidanza, fino a quel momento, era proceduta relativamente bene, ma il meningioma aveva colpito il suo fisico senza pietà e adesso cominciava a creare problemi anche al bambino che doveva nascere. Lei continuava a rifiutare qualsiasi genere di medicina, pur di salvaguardare la salute di suo figlio. I problemi alla vista, la perdita delle forze e l’insensibilità agli arti, peggiorata nel corso del tempo, l’avevano portata ad allettarsi definitivamente già da qualche giorno. I pasti, già difficoltosi da tempo, erano ridotti al minimo ed erano quasi esclusivamente liquidi, e, per questo, il bambino cominciava a risultare lievemente sottopeso, nonostante gli integratori assunti. I medici le consigliarono di anticipare il parto, ma lei insisteva per portare avanti il più possibile quella gravidanza, se questo voleva dire dare al bambino anche solo una speranza in più. Dormiva molto, le mancavano quasi totalmente le energie. Faceva fatica persino a parlare. A un certo punto, fu costretta a ricoverarsi in ospedale ed era lì solo da un paio di giorni quando, all’improvviso, comparve un nuovo sintomo: una strana alterazione del linguaggio, che le permetteva, almeno momentaneamente, di comprendere, ma non di esprimere un pensiero. Afasia si Broca, la chiamò il dott. Miller. Non era rara, in caso di lesioni celebrali. Presto avrebbe perso anche la capacità di comprendere. Andava operata. Subito. Prima che la sua situazione degenerasse, aveva lasciato la sua procura sanitaria all’amica Kate, ma, fintanto che aveva continuato ad esprimersi, in qualche maniera, aveva sempre negato il consenso all’intervento. Ogni volta che veniva affrontato questo discorso, entrava in un’agitazione tale da far sballare tutti i valori, rischiando perennemente un collasso e, per questo, il dottore, per quanto estremamente preoccupato, non aveva mai insistito più di tanto: affrontare un intervento così delicato in quelle condizioni di stress non era meno pericoloso che assecondare quell’assurda scelta di perseverare nell’attesa. Dovevano trovare il modo di convincerla, era l’unica soluzione. Arrivati a quel punto, più tempo si aspettava e più rischioso sarebbe diventato l’intervento. Senza considerare che il bambino cominciava a risentire della malattia della madre e, questo, lei sembrava non comprenderlo appieno. Fu in quel preciso istante che, nel corridoio dell’ospedale, si materializzò dal nulla una figura inaspettata: Christian. Kate lo riconobbe immediatamente e lo avvicinò con stupore.
Christian! O mio Dio! Questa sì che è una sorpresa!” esclamò, correndogli incontro. “Che… che ci fai qui?” domandò subito dopo, incerta.
Vuoi la verità, Kate? Non lo so nemmeno io” le rispose, facendo spallucce. “È che… l’altra notte mi sono a pensare. E… non lo so… mi sono ritrovato su un aereo senza sapere neanche bene come e perché. Sono passato a casa e una vicina mi ha detto che è stata ricoverata qualche giorno fa” disse, riferendosi a Johanna “Come sta?
Male, Christian. Le cose non vanno affatto bene. Hélène non sa tutto nel dettaglio” rivelò Kate.
Ad esser sinceri… io non ho parlato con Hélène” le confidò Christian. “In questi mesi, Johanna è stata un argomento tabù per tutti i nostri amici e… quando a me… non c’è stato giorno in cui non abbia pensato a lei, ma chiedere notizie… mi spaventava. Ma l’altra notte… c’è stato qualcosa… non so, una sensazione… dovevo venire qui. Non so neanch’io perché, ma non è la prima volta che mi succede. E, di solito, non mi sbaglio. È difficile da spiegare, Kate” tentò di giustificarsi, non nascondendo il proprio nervosismo. “Ma adesso sii sincera con me: che cosa le sta succedendo?”.
Kate fece un lungo sospiro; era giusto che Christian conoscesse la verità. Si rese conto che, parlando, avrebbe tradito la promessa fatta all’amica, ma pensò che la scelta migliore fosse senz’altro quella. Era vero, Johanna aveva ragione, i sentimenti di Christian erano così profondi che, se fosse successo qualcosa di brutto, ne sarebbe uscito sconvolto, ma lei non poteva negargli il diritto di stare vicino alla persona che amava e che, come mai prima di quel momento, aveva bisogno di lui. E lui aveva l’assoluto dovere di offrire la sua assistenza.
Accompagnami, così ti dico tutto” gli disse, conducendolo verso il bar dell’ospedale, dove ordinarono qualcosa da bere. Ed era lì, intenta a giocare con il cappuccio di plastica del bicchiere, quando riprese a parlare.
Ormai vivo praticamente a casa di Johanna. Non è più autosufficiente da mesi e il tumore le sta devastando il fisico, Christian”.
E il bambino?” chiese lui, istintivamente, quasi con lo stesso coinvolgimento di Johanna.
Il bambino… è una bambina” gli rivelò Kate. “E, fino ad ora, è stata abbastanza bene, ma adesso sta iniziando ad avere problemi anche lei. Johanna non è più in grado di alimentarsi come si deve. Anzi, diciamo che non è più in grado di alimentarsi affatto. E i suoi problemi fisici sono tanti. Quindi la piccola comincia a non crescere più regolarmente. Ma questo, per adesso, non è una grande preoccupazione. Il problema vero è di Johanna” continuò, mentre Christian si perse con lo sguardo fuori dalla finestra, immaginando quali atroci sofferenze stava coraggiosamente affrontando la propria donna. “Johanna non cammina più, ha problemi alla vista, alle braccia, alle gambe. E, in più, da qualche giorno è diventata afasica: faceva già fatica a parlare, ma adesso non è più in grado di farlo. Non riesce ad articolare le parole e, secondo il dottore, da un momento all’altro perderà anche la facoltà di comprendere quello che le viene detto”. Kate avvicinò la sua sedia a quella di Christian: “secondo il medico, dovrebbe far nascere subito la bambina e dovrebbe operarsi immediatamente. Ogni giorno che passa potrebbe essere peggio, il tumore si ingrandirebbe di più, l’operazione sarebbe più rischiosa e ci sarebbero meno probabilità che i sintomi che si sono presentati possano regredire dopo l’intervento. Ma, ogni volta che si tocca quest’argomento, lei impazzisce. Letteralmente. È terrorizzata che possa succedere qualcosa alla figlia”.
In effetti, sarebbe prematura” puntualizzò Christian.
Sì, è vero. Ma i medici dicono che potrebbe nascere ora e probabilmente starebbe benissimo. Non sarebbe il primo bimbo nato prematuro. È una settimina e i settimini, oggi, non riportano più grandi problemi. Ascolta, Christian” continuò Kate, prendendogli la mano. “Non so se è il cielo che ti manda. Perché io credo di aver fatto tutto quanto era nelle mie possibilità. Ma qualcuno, adesso, deve darle la forza necessaria ad affrontare quest’ultimo momento” dichiarò, riferendosi chiaramente a lui.
Io? Ma se io non dovrei neanche essere qui!” esclamò Christian. “Se mi vedesse, probabilmente le verrebbe una crisi isterica” ironizzò. “E, poi, scusa… il… il padre di quella bambina?” chiese.
Christian…” riprese, scuotendo la testa, quasi volesse rimproverarlo. Credeva davvero che Johanna avesse potuto fare un figlio con un altro uomo? “Aspetta un attimo, scusa” disse, poi, aprendo la borsa ed estraendone una lettera che porse immediatamente all’amico. “Non so cosa c’è scritto. Johanna me l’ha data qualche tempo fa e io avevo l’ordine di consegnartela se le fosse successo qualcosa. Credo, però, che sia giusto che tu la legga adesso. Penso che ci sia un motivo se tu sei arrivato qui proprio in questo momento”.
Christian rimase letteralmente basito. Prese il plico dalle mani di Kate e osservò con un misto di curiosità, paura e speranza quella busta candida, sulla quale era riportato, a chiare lettere, dalla scrittura di Johanna, il suo nome. Ne strappò un lembo ed estrasse la lettera con mano tremante. Per un attimo, gli tornò in mente la lettera che gli scrisse da ragazza, dopo il suo tradimento con John. Era piena di disperazione, quella lettera. Ma grazie a quella lettera capì tante cose e si convinse definitivamente a tornare da lei. Oggi come allora, quelle parole gli smossero qualcosa nel profondo. Come venti anni prima, Johanna ammetteva, con angoscia, una sorta di tradimento: con una bugia, lo aveva allontanato da lei, ma soprattutto da suo figlio. Chiedeva perdono e chiedeva che si occupasse della sua bambina. Della loro bambina. Spiegava le sue ragioni, ragioni che Christian comprendeva benissimo, adesso. Anche se c’era voluto del tempo affinché potesse interpretare il pensiero di Johanna. Troppo tempo. Forse Johanna aveva sbagliato a comportarsi così, ripetendo lo stesso errore di un tempo, allontanandolo, come lo allontanò scappando dalla loro casa sull’isola, ma anche lui era recidivo e aveva ripetuto gli stessi passi falsi, non correndole subito dietro, dubitando dei suoi sentimenti. Come poteva rimediare? Doveva vederla. Subito.
Cosa dice quella lettera?” chiese Kate, curiosa.
La verità, Kate. La verità” rispose Christian, con un filo di voce, alzando gli occhi e incontrando lo sguardo dell’amica. C’era una luce nuova, in quegli occhi. Quei grandi occhi scuri, incupiti dal tempo e dalle sofferenze, ora brillavano di speranza, nonostante tutto. “Devo… andare da lei” balbettò.
D’accordo, andiamo. Però… Christian! Dovrai essere forte: quello che vedrai non ti piacerà” lo avvertì. “Ma Johanna ha dimostrato una forza incredibile fino ad oggi, tu cerca di non essere da meno: adesso è tuo dovere aiutarla a vincere quest’ultima battaglia. Glielo devi. E lo devi a quella bambina” si raccomandò.
Christian annuì: per nulla al mondo avrebbe di nuovo voltato le spalle alla sua famiglia. Perché oggi non si trattava più solamente del grande amore della sua vita, ma della sua famiglia.

   
 
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