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Autore: Ukki    18/08/2013    1 recensioni
Primo tentativo di fanfiction su Hetalia, spero sia accettabile!
«Però, Angleterre, che sguardo pensoso che hai oggi! Confesso che quelle sopracciglia mostruose, così aggrottate, fanno quasi paura! Più del solito, intendo.»
Per una volta, Arthur non si preoccupò di cercare un modo per zittire il suo storico nemico/amico [...].
«Se c'è qualcosa che fa veramente paura, vinofilo, è la rana che hai in bocca.» borbottò solo, giocherellando nervosamente con la penna che stringeva tra indice e medio. Quella con una piccola Union Jack stampata sopra.
Ricordava vagamente la penna di Hello Kitty che usava Cina, una specie di spirale rosa da bambinette con la testa di plastica della gattina in cima. Quella di Russia invece era a forma di girasole o di rubinetto sradicato a giorni alterni.
Ora non ne vedeva nessuna. In realtà, non vedeva neanche i loro proprietari.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Cina/Yao Wang, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Báichī

 

~ C'est l'amour Angleterre

 

«Però, Angleterre, che sguardo pensoso che hai oggi! Confesso che quelle sopracciglia mostruose, così aggrottate, fanno quasi paura! Più del solito, intendo.»

Per una volta, Arthur non si preoccupò di cercare un modo per zittire il suo storico nemico/amico, né uno per rispondergli a tono e intavolare una di quelle discussioni feroci che finivano invariabilmente per sfociare in risse accanite finché Ludwig non li fermava facendo presente ancora una volta l'importanza delle regole.

«Se c'è qualcosa che fa veramente paura, vinofilo, è la rana che hai in bocca.» borbottò solo, giocherellando nervosamente con la penna che stringeva tra indice e medio. Quella con una piccola Union Jack stampata sopra.

Ricordava vagamente la penna di Hello Kitty che usava Cina, una specie di spirale rosa da bambinette con la testa di plastica della gattina in cima. Quella di Russia invece era a forma di girasole o di rubinetto sradicato a giorni alterni.

Ora non ne vedeva nessuna. In realtà, non vedeva neanche i loro proprietari. Fissò in tralice le sedie vuote davanti a lui, ascoltando distrattamente Alfred che sparava sentenze a raffica su un'imminente invasione aliena o qualche sciocchezza del genere.

Si chiese come avesse potuto crescere un fratellino così immancabilmente stupido. E sì che gli si era anche ribellato, nonostante lui lo avesse sempre trattato con affetto -per quanto glielo consentisse il suo essere perennemente chiuso e introverso. Yao gli aveva raccontato che la stessa cosa, più o meno, era successa tra lui e Giappone. Negli spogliatoi, poco prima delle Olimpiadi che Francis aveva cercato invano di rievocare, Inghilterra aveva notato quella cicatrice che dilaniava la schiena del cinese, e gli aveva chiesto spiegazioni.

«Ehi, vinofilo, sai dove sono Russia e Cina?» domandò cercando di apparire disinteressato, aggiungendo un "ammesso che tu sappia qualcosa" come garanzia.

«Oh,» il francese si portò una mano al mento, carezzando il pizzetto maniacalmente curato «ora che me lo fai notare, non li vedo dall'ultimo congresso...»

Si aprì in un sorrisetto malizioso, mentre un'ombra inquietante gli si allungava sul viso. «C'est l'amour, Angleterre.»

Arthur non parlava francese (e non aveva neppure la minima intenzione di imparare una sola sillaba di quella lingua che ti ficcava una rana in bocca), ma quelle parole, che Francis aveva ripetuto così tante volte, gli diedero il voltastomaco.

«Ma quale amour.» borbottò con espressione contrita. «È più probabile che Yao si sia nascosto da qualche parte per sfuggire a quel maniaco.»

Il sorriso di Francia si allargò. «Infatti io non parlavo di loro, Angleterre

 

~ We're your subconscious!

 

Arthur sbuffò per quella che calcolò essere approssimativamente la ventesima volta nell'intera mattinata. Francis e tutti i suoi riddles. Era un idiota e nient'altro, discorso chiuso. E lui non aveva certo voglia di scervellarsi per capire cosa intendesse.

«Non serve che ti scervelli, Artie!»

Si voltò in direzione della vocina squittente, e un coniglio verde con tanto di alette gli si appollaiò malamente sulla testa. «Devi ancora perfezionare gli atterraggi, Minty.»

«Perché non lo accetti?» continuò imperterrito Mint Bunny, incitato da un discreto numero di fatine luccicanti.

«Ma accettare cosa? Parli in modo strano oggi, are you okay

Il coniglietto gli batté nervosamente la testa con una zampetta. «Lo sappiamo persino noi, Artie, sei l'unico a non essersene accorto.»

E Inghilterra si convinse che Francis avesse somministrato un qualche tipo di droga (o, più verosimilmente, di vino) al suo amico. Che fosse un coniglio alato a fargli la predica, poi, non era proprio un toccasana per l'autostima, anche se di quella, come gli avevano ripetutamente fatto notare, lui non difettava proprio.

Una volta Cina gli aveva detto che c'era più amor proprio in lui che fumo in una fumeria clandestina. Arthur non l'aveva mai confessato a nessuno -neppure a se stesso, in verità-, ma si era sentito ferito.

Intanto Mint Bunny e le fatine continuavano a ripetergli di accettare qualcosa.

«Ma cosa!?» sbottò, attirando diversi sguardi stupiti da parte di Nazioni che fecero spallucce subito dopo: d'altronde, era risaputo che ogni tanto Inghilterra iniziava inspiegabilmente a parlare da solo.

«La tua cotta.» risposero ovvi.

«M-my crush!?»

Si sentiva addosso più o meno la stessa espressione di quando Francia gli aveva chiesto di sposarlo -forse appena meno disgustata. Ma adesso ne era sicuro: il vinofilo doveva aver fatto qualcosa di orribile ai suoi amici, rendendoli spaventosamente simili a lui.

Il coniglio annuì grave, con il risultato di apparire più comico che solenne. «Lo sappiamo tutti che ti piace Mister Aru.»

Mister Aru. Adesso li ammazzava. Imbracciava una qualche arma da fuoco e li ammazzava tutti. Gli sarebbe tanto piaciuto sapere chi si credevano di essere per sbandierargli davanti agli occhi le sue questioni sentimentali.

«Siamo il tuo subconscio!» annunciò gioiosamente Mint Bunny prima di scomparire, seguito a ruota dalle luci colorate delle fatine.

Il suo subconscio. Se solo Freud ne fosse venuto a conoscenza, Inghilterra ne era sicuro, avrebbe mollato tutti i suoi studi e sarebbe corso ad arare campi.

 

~You have a son, haven't you?

 

«Ehi, Inghilterra, vuoi un passaggio per tornare a casa?»

Arthur era più che sicuro che accettare quell'offerta da America equivalesse a suicidarsi, ma si sentiva troppo scosso per polemizzare. Annuì svogliatamente, biascicando un "Thanks", e si lasciò trascinare da un Alfred fin troppo esuberante a bordo di una vettura dai colori improbabili. Seduto proprio accanto a quel simpaticissimo alieno che da qualche tempo gli girava per casa.

«Oh, Tony viaggerà con noi. Non ti dispiace, vero? L'ultima volta che vi siete incontrati sembravate andare d'accordo!»

Tony incenerì Inghilterra con un'occhiataccia e mormorò qualcosa all'americano, in quella sua lingua che suonava sempre come un'offesa.

Alfred scoppiò a ridere. «Tony chiede perché non torni a casa con uno dei tuoi unicorni.»

L'inglese si ritrovò combattuto: avrebbe dovuto strangolare l'alieno fino a quando da bianco non fosse diventato cianotico oppure ammettere che persino i suoi amici si erano coalizzati contro di lui? La prima opzione gli sembrava più allettante.

«Comunque,» continuò Alfred allegramente «hai notato che oggi Ivan e Yao non c'erano? Io lo trovo strano, tu ne sai qualcosa?»

«Perché dovrei?» farfugliò Inghilterra assumendo uno sgargiante colorito purpureo.

«Non hai un figlio con Cina?»

Arthur rischiò di strozzarsi con la propria saliva. Paradossalmente, in quel momento sentiva la bocca asciutta come non mai. «What?»

Tony sibilò un "Bitch" che l'inglese immaginò essere alquanto letterale.

«Sì, dai. Il piccoletto apparso dopo le Guerre dell'Oppio. Come si chiama... Jia-qualcosa...»

«Jia Long non è nostro figlio

«No?» Alfred inarcò le sopracciglia «A me però sembra che vi somigli, cioè che voi due...»

«Fuckin'»

Anche quella doveva essere letterale. Inghilterra prese in seria considerazione l'idea di buttarsi dalla macchina in corsa, nonostante la folle velocità a cui l'americano stava guidando. Perché quello, per un'isola appartata come lui, era decisamente troppo.

 

~ Because this is kawaii

 

Arthur non sapeva con quale forza fosse riuscito ad arrivare a casa sano e salvo -più o meno-, né quale energia l'avesse spinto ad afferrare la cornetta del telefono e comporre il numero del suo vecchio amico, ma adesso, in piedi in mezzo all'ingresso, sperava quasi che Giappone non rispondesse.

Speranze vane.

«Moji moji

«Sono io, Kiku.» rispose giocherellando nervosamente con la spirale di gomma del telefono a disco nero.

«Ah, Inghilterra-kun! C'è qualcosa che posso fare per te?»

Era inquietante il suo essere sempre così invariabilmente atono. Al suo confronto, la voce dell'inglese sembrava quella di uno che sta per dare in escandescenze. Traguardo al quale, in realtà, si stava avvicinando pericolosamente.

«Diciamo che ho un problema di cui vorrei discutere con te... Se la cosa non ti disturba.»

Tenne le dita incrociate, pregando perché Kiku gli rispondesse che, purtroppo, adesso andava di corsa e non poteva proprio fermarsi a parlare con lui.

«Ti ascolto.»

Lo sentì mettersi seduto. Era spacciato. Gli tornarono in mente le parole di Mint Bunny. Sappiamo tutti della tua cotta. Continuava a pensare che fosse solo una sciocchezza, ma "tutti" significava tutti quegli esserini che ogni tanto venivano a fargli visita oppure -rabbrividì al pensiero- tutti gli altri Paesi?

«Bé, oggi ho sentito delle sciocchezze, sai... Il vinofilo e America sono degli idioti, ma... in breve: pensano che tra me e Cina ci sia qualcosa, e non so-»

«Perché,» lo interruppe Kiku con tranquillità «non è vero?»

Inghilterra sentì il mondo crollargli addosso pezzo dopo pezzo. «Perché lo pensi?» riuscì ad articolare, completamente senza fiato.

«Perché siete entrambi tsundere.» affermò il giapponese con una punta di quello che sembrava entusiasmo «E "tsundere x tsundere" è davvero kawaii.»

Arthur aveva capito la metà (a esagerare) di ciò che gli era stato riferito, ma era certo di una cosa: la versione "fangirl" di Kiku era quello che non avrebbe esitato a definire frightening.

 

~ Narcissus

 

Aveva messo giù con un nodo alla gola, dopo uno dei rari sproloqui del giapponese.

Fece qualche passo indietro, finché arrivò a sfiorare la parete alle sue spalle, e si lasciò scivolare seduto sulla moquette, le braccia incrociate sulle ginocchia. Da tutta la mattina sentiva le guance bruciare come se avesse la febbre, mentre immaginari sberleffi gli risuonavano nelle orecchie.

Damn it. Odiava essere in quello stato: si sentiva un drogato appena uscito da una fumeria.

Un paio di colpi esitanti alla porta attirarono la sua attenzione. Voltò appena la testa in direzione dell'ingresso, valutando se alzarsi o meno: sicuramente era quell'idiota di America che veniva a importunarlo per qualche sciocchezza delle sue.

Ancora colpi, stavolta più insistenti e scocciati.

«Ahen, non ho tempo da perdere. O vieni ad aprire o me ne vado, aru.»

Arthur rimase immobile ancora per qualche secondo, ascoltando la stizza silenziosa di Yao fuori dalla porta di casa sua. Cosa ci facesse, poi, a casa sua, era un mistero.

Quando sentì un accenno di passi che si allontanavano, scattò in piedi e si catapultò ad aprire. Un Cina piuttosto indispettito lo fulminò con lo sguardo dalla veranda.

«Alla buon'ora, aru.» si limitò a sibilare, prima di sbattergli tra le braccia un mazzo di fiori. «Non farti strane idee, aru. Li ho visti per caso e ho pensato che fossero perfetti per te, aru. E, giusto per la cronaca, non pensare che abbia insistito perché avevo voglia di vedere la tua faccia da schiaffi, solo che i fiori sarebbero appassiti se li avessi lasciati davanti alla porta, e sarebbe stato uno spreco di soldi, aru.»

Detto questo, con il volto imporporato, si allontanò a passo marziale. «Adesso devo andare a controllare che Russia non mi sventri tutti i panda per trasformarli in matriosche, aru. È tutto il giorno che mi segue, aru.»

Quando Inghilterra si riprese dallo sbigottimento, la figura esile del cinese si era ridotta a un puntino all'orizzonte. Lanciò uno sguardo confuso ai fiori tra le sue braccia. Narcisi. Il simbolo della sua Nazione.

Ricordava vagamente che in Cina fossero un regalo comune da fare a chi sperava di ottenere un successo professionale, ma non riusciva proprio a cogliere il nesso. Stava per rientrare, ancora intontito, quando un Grecia mezzo addormentato -completo di gatto accucciato sulla testa- fece capolino dai cespugli di ortensie del giardino e, dopo uno sbadiglio, lanciò uno sguardo critico ai fiori.

«Sai,» mormorò lentamente «secondo mia madre, Narciso era il Dio della vanità e della presunzione.» Si fece più vicino. «C'è un bigliettino.» osservò, mostrando il pezzo di cartoncino color pastello all'attonito inglese.

 

~ A casa mia modelliamo i bulbi per farli assomigliare a uccelli e animali marini: in giardino ho un cespuglio di narcisi che forma la scritta "idiota". Ogni volta che lo guardo penso a te. ~

 

Arthur sorrise davanti agli incerti caratteri occidentali.

Si rigirò il biglietto tra le mani. Non si poteva certo dire che Yao fosse un romanticone.

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti!
È la prima volta che scrivo su questo fandom, quindi non so esattamente come funzionino le cose qui: se ho sbagliato qualcosa ditemelo, please (e anche se fa talmente schifo che non siete riusciti a leggerla).

Bene, ora passiamo alle spiegazioni.

Anche se la fic è divisa in cinque parti -ognuna con il suo titoletto in viola-, ho deciso di pubblicarla sotto forma di one-shot perché altrimenti come long sarebbe stata estremamente breve e i capitoli troppo corti.

Il titolo e l'appellativo con cui Cina chiama Inghilterra, “Ahen”, sono rispettivamente le traslitterazioni di “idiota” e “oppio” in cinese (secondo Wikipedia, a volte Yao chiama Arthur in questo modo. Io, non avendo ancora letto il manga, non ne sono sicura).

Infine, vorrei ringraziare Ghegghe, senza la quale non avrei mai scoperto Hetalia ♥

Detto questo, mi defilo. Baci ♥

Ukki

  
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