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Autore: marmelade    18/08/2013    1 recensioni
Cerco di sorridergli e di dimostrarmi dolce, ma tutto ciò che mi esce è solo una buffa smorfia che lo fa ridacchiare. In un’altra situazione forse mi sarei un po’ arrabbiata, ma non riesco a tenergli il broncio proprio adesso.
Sento il dorso della sua mano sul palmo della mia, piccola e fredda, poi prendo coraggio, e immergo un dito in quel misto di colori.

Lui è la mia tela bianca in un momento d’ispirazione improvvisa, è il colore che completa gli spazi vuoti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Continuo a fissare le macchie colorate sulla tela, sparse così senza un ordine ben preciso. “Dovete riprodurre la vostra anima, quando dipingete”, ha saggiamente detto qualcuno di cui non ricordo il nome, e io l’ho sempre fatto. Ma stavolta, la mia anima è talmente in disordine, che non riesco più a capire dove debba  incastrarne i tasselli.
Sembra un circo in festa, una sagra appena iniziata e una città caotica, la mia anima.
E così lo sono anche i miei dipinti.
Ad esempio, queste macchie messe a casaccio sulla tela, riproducono perfettamente ciò che sento: caos, caos... e ancora caos.
Vorrei tanto che accadesse qualcosa per farla acquietare e rilassare, ma niente mi rilassa al momento.
Chiudo gli occhi e sospiro rassegnata: oggi non è proprio la giornata adatta per riprodurre la mia anima.
Poggio la tavolozza piena di colori fusi tra di loro sul pavimento, poi mi accascio sullo sgabello di fronte alla tela, nascondendo il viso nelle mani sporche e colorate.
Mai che mi accadesse qualcosa di buono, in questo periodo. Evidentemente, il karma ce l’ha con me per chissà quale e futile sgarro che avrò fatto e che non ricordo minimamente, come al solito.
Ho davvero bisogno di un’agenda. Almeno potrò segnarmi i giorni in cui il karma ha il ciclo e viene a prendersela con me per il gusto di sentirsi meglio e distrarsi dai dolori mestruali.
D’altronde, è vero che viene definito maschile, ma io credo davvero che abbia qualcosa di femminile.
Come si spiegano, se no, i comportamenti isterici in vari periodi del mese che solo una donna può attraversare?
Da donna a donna, karma, stammi a sentire: imbottati di gocce alle erbe naturali e va a dormire, ma non venire a tartassare l’anima a me, che sono già complessata di mio.
Mi stropiccio lentamente gli occhi, quando ad un tratto sento il campanellino attaccato alla porta suonare, e un leggero venticello entrare nel negozio.
Sobbalzo leggermente per lo spavento, poi aggiusto una ciocca di capelli, sfuggita alla coda, dietro un orecchio per rendermi un minimo presentabile.
«Salv...» sto per dire, ma le parole mi muoiono in gola non appena riconosco la persona di fronte ai miei occhi.
«Ciao, Ebony» mi saluta timidamente, con la bocca coperta dal collo della sua felpa blu.
Non so cosa ci faccia qui e non voglio nemmeno saperlo, ma com’è che il caos che ho dentro si rilassa non appena incontro i suoi occhi?!
«Ed...» sussurro, con la voce leggermente spezzata e sorpresa. Lo guardo ancora un po’, mentre tiene le mani nascoste nelle tasche del jeans chiaro, poi scuoto il capo e mi giro nuovamente verso la tela.
«Sono impegnata adesso, forse è meglio che tu vada via» cerco di liquidarlo, ma una parte di me vorrebbe che rimanesse con me anche senza dire nulla. Ma non farò mai prevalere quella parte.
«Secondo me, invece, è il caso che parliamo un po’» dice, e la sua voce non è più timida come quando mi ha salutato. E’ decisa, ferma, sicura di se stessa come l’ho sentita poche volte, perché non è da Ed Sheeran dare ordini a qualcuno, che gli stia simpatico o meno.
E le parole che ha pronunciato sembrano proprio un ordine, o meglio... un consiglio. E’ vero, parlare sembra l’unica soluzione, ma a me sembra difficile, dopo giorni che non ho sentito la sua voce.
«Beh, magari più tardi» ribatto, dandogli ancora le spalle.
Lo sento sospirare, e lo immagino guardarsi intorno scuotendo il capo, come ogni volta che pensa che io sia impossibile e che con me non l’avrà mai vinta.
«Lo sai che dobbiamo parlare adesso» dice ancora, sospirando «non me ne vado da qui finché non ti girerai e mi guarderai negli occhi».
Sento il sangue ribollire nelle vene per quanto la sua presenza mi faccia arrabbiare e gioire in questo momento. Serro i pugni e mi giro velocemente verso di lui con un sorrisino sarcastico sul volto.
«Fatto, adesso puoi andare. Buona giornata, Ed!»
Sto per voltarmi nuovamente verso la tela, ma la stretta improvvisa della sua mano sul mio polso mi fa rimanere con gli occhi incastrati nei suoi, e il mio cuore perde un battito.
Perché mi fanno sempre quest’effetto, i suoi occhi?
Non poteva averli, che so, castani, magari del mio stesso colore? Probabilmente non mi avrebbero procurato le stesse emozioni di adesso, perché sarei già stata abituata, avendoli incontrati milioni di volte nello specchio del mio bagno.
«Non fare la bambina, Ebony, sai che con me non funziona».
Il suo tono di voce non sembra arrabbiato o imperioso, ma divertito e tenero allo stesso tempo, così come il ghigno che gli si è formato sul volto.
Mi perdo ancora un po’ nell’azzurro dei suoi occhi, poi sospiro rassegnata, roteando gli occhi verso il soffitto.
«Va bene!» esclamo, ritraendomi dalla sua presa e alzandomi dallo sgabello.
Ed sorride, inclinando leggermente il capo verso destra, poi prende posto sullo sgabello, passandosi una mano tra i capelli per poi nasconderla nuovamente nella tasca del jeans.
Rimango in piedi di fronte a lui per guardarlo meglio, cercando di cacciar via quella stupida sensazione che mi si è formata alla bocca dello stomaco e che mi si forma sempre quando lo vedo, poi scuoto il capo, cercando di rimanere mentalmente stabile, e incrocio le braccia al petto.
«Di cosa vuoi parlare? Di quando inizierà la prossima stagione di How I Met Your Mother? Beh, non lo so Ed, non sono una cavolo di guida tv, ma ti chiamerò non appena mi informeranno, te lo prometto!».
Lui, per tutta risposta, ride divertito dopo il mio monologo senza senso sotto il mio sguardo seriamente omicida.
«Che c’è?» domando con la rabbia che mi sale fin sopra il cervello.
Ed scuote il capo, ridacchiando ancora. «Stai straparlando, Ebony».
«Embé?»
«Nulla – risponde divertito, alzando le spalle – lo fai sempre quando sei arrabbiata».
Rimango leggermente interdetta senza sapere cosa dire, ed è strano, perché di solito le parole non mi mancano mai. Ma questo non accade quando Ed è accanto a me o quando litighiamo. Rimango sempre in silenzio, perché i suoi occhi mi fanno quasi sempre smettere di pensare, spegnendomi completamente il cervello e mandare i pensieri in chissà quale altra parte del mondo.
«Non è questo il momento di essere romantici e dirmi cosa ti piace di me quando sono arrabbiata, Ed...» sbuffo, mordendomi il labbro inferiore.
Lui alza le spalle, aggiustandosi nuovamente i capelli. «Era solo un’osservazione».
«Vuol dire che non ti piaccio, quando mi arrabbio?» domando - e non so nemmeno io il perché - socchiudendo gli occhi.
«A me piace tutto di te, Ebony».
Le sue parole sono quasi sospirate, come se si fosse stancato di ripetermelo sempre ed ogni volta che litighiamo perché non ci credo mai. Io lo so che è vero, so che dice la verità, lo leggo nei suoi occhi, e quelle parole mi fanno sempre stare bene quando me le ripete circa cento volte al giorno.
Sono io che ho paura di crederci.
Abbasso lo sguardo, rivolgendolo alle punte delle mie scarpe consumate, cercando di trattenere qualche lacrima che inizia a pizzicare contro gli occhi.
«Odio litigare con te...» sussurro, più a me stessa che a lui, quasi come se non volessi farglielo sentire.
«Lo so. Anche io odio litigare con te...»
Alzo immediatamente lo sguardo, perché non era mia intenzione farglielo sapere, ma è inutile, perché lui sa sempre tutto.
Riesce a capire tutto di me, perfino quando nemmeno io so cosa mi sta accadendo.
«So che c’è qualcosa che non va, me ne sono accorto» mi dice, e lo vedo sorridere leggermente.
«Non sono tanto stupido come credi, i tuoi occhi per me sono come un libro aperto, risolviamo per sempre questa situazione ed archiviamola, fino a farla morire soffocata dalla polvere...»
Sospiro, intrappolando nuovamente il labbro inferiore tra i denti. Mi conosce troppo bene, anche più di me stessa, e certe volte è un guaio. Eppure, non riuscirei mai a nascondergli le cose e non parlargliene, accadrà sempre qualcosa che mi farà vomitare parole fino a farmi stare meglio.
«Cosa vuoi sapere?» domando, alzando di poco gli occhi al cielo per poi puntarli verso di lui, che sorride.
«Tutto – risponde, come se fosse la cosa più naturale del mondo – voglio sapere cosa ti piace di me, cosa odi di me, quali sono i miei comportamenti che ti fanno imbestialire e quali invece ami da morire. Voglio sapere tutto, Ebony, anche le virgole nascoste tra le parole. Non voglio che accada un altro litigio del genere e non sentire la tua voce o vedere i tuoi occhi per giorni interi, non sei l’unica a starci male...».
Serro le labbra e stringo un po’ la presa sul mio braccio con una mano, come se volessi darmi la forza da sola di trovare le parole per dirgli tutto, ma so già che non ci riesco.
Sembro tanto spavalda e sicura di me, con una lingua aguzza e a briglia sciolta quando devo dire qualcosa, ma la verità è che Ed mi toglie completamente il fiato, le parole, una stabilità mentale e tutto ciò che mi fa ragionare, quando mi guarda con quegli occhi così simili al colore del cielo.
Poi, finalmente mi viene un’idea.
Ed è ancora lì, seduto sullo sgabello che aspetta di sentire la mia voce parlare, mi scruta a fondo quasi come se volesse entrare nella mia anima, poi rimane interdetto quando mi abbasso proprio di fronte a lui per prendere ciò che avevo posato prima in preda alla disperazione.
Afferro una piccola sedia e la pongo proprio di fronte a lui, mi ci siedo sopra e sospiro, mentre con l’altra mano tengo impugnata la tavolozza piena di colori.
Ed continua a fissarmi stralunato, ma non dice una parola e aspetta pazientemente che trovi il coraggio di prendere fiato e parlare senza sosta, come quando sono arrabbiata.
Devo riprodurre la mia anima scompigliata dal caos, e lui è la tela più perfetta e pulita sulla quale posso farlo.
«Dammi la mano» gli dico improvvisamente, cercando di non sembrare il più dura possibile.
Lui socchiude leggermente gli occhi, corrugando dolcemente la fronte poi, senza esitare ulteriormente, mi porge la sua mano calda e morbida, che mi ha accarezzato il viso tante di quelle volte da farmi rabbrividire ogni volta ad ogni minimo contatto.
Cerco di sorridergli e di dimostrarmi dolce, ma tutto ciò che mi esce è solo una buffa smorfia che lo fa ridacchiare. In un’altra situazione forse mi sarei un po’ arrabbiata, ma non riesco a tenergli il broncio proprio adesso.
Sento il dorso della sua mano sul palmo della mia, piccola e fredda, poi prendo coraggio, e immergo un dito in quel misto di colori.
«Blu» dico, tracciando lentamente una linea di colore sul palmo della sua mano. Ed mi guarda stranito, ma rimane in silenzio. Tossicchio leggermente, poi riprendo.
«Blu... è il modo in cui mi fai sentire quando sono triste per causa tua. La mia anima si tinge di blu e non riesco proprio a cambiarne il colore, nemmeno aggiungendone altri. Mi fai sentire blu quando litighiamo e non ci parliamo per giorni; quando il silenzio tra di noi diventa ghiaccio freddo e indistruttibile e mi sento vuota. E sono triste quando bevi troppo e i tuoi occhi diventano lucidi mentre la tua faccia diventa rossa e fa pendant con i tuoi capelli...»
Lo sento ridere non appena pronuncio quelle parole e sorrido anche io, immaginando la scena, poi continuo.
«Mi sento blu quando fumi troppo, nonostante ti abbia pregato di smettere tante volte, e quando non mi stai a sentire e fai di testa tua. Sono blu quando preferisci giocare ad Assassin’s Creed alla playstation con Harry piuttosto che stare con me, o quando vuoi guardare quei film stupidi che ti piacciono tanto e che non hanno un filo logico...».
Faccio un sospiro, poi guardo la tavolozza e intingo ancora una volta un dito in uno dei colori.
«Giallo – un’altra linea tracciata sulla sua mano – il modo in cui mi fai stare bene. Il giallo esprime serenità, gioia... e io sono felice quando sono con te. Sono gialla la maggior parte delle volte, quando mi fai ridere con quelle battute stupide che sai solo tu, oppure quando parli con quel buffo accento irlandese quando sei ubriaco fradicio. Mi sento gialla ogni volta che parli, ogni volta che ridi buttando la testa all’indietro, ogni volta che sei accanto a me anche se non dici una parola e mi fai sentire il tuo respiro caldo sul mio viso. Giallo è il modo in cui mi fai sentire quando mi porti al parco giochi dopo avermi ripetuto che non sono più una bambina, e poi ti ritrovo che scivoli giù per lo scivolo come un idiota; è il modo in cui mi fai le sorprese che scopro sempre prima che tu possa farmele, ma tu me le fai lo stesso, nonostante tutto...»
Ancora silenzio, un altro dito immerso nell’ennesimo colore, un’altra linea sulla sua mano.
«Verde, il modo in cui mi dai speranza. Mi sento verde quando siamo sul letto abbracciati che parli del tuo futuro e guardi il soffitto, come se fosse tutto scritto lì, e parli di me come se fossimo noi, come se tra qualche anno io sarò ancora con te e tu sarai ancora con me, continuando a sopportarci l’un l’altro come stiamo facendo adesso, condividendo ancora più cose che la vita vorrà offrirci. Parli del tuo futuro come se fossi io, e ammetto che le prime volte ho avuto paura. Paura di poter cominciare qualcosa più grande di me che non avrei sopportato, ma poi ci ho riflettuto meglio. Voglio esserci nel tuo futuro, e voglio che tu sia nel mio. Non riesco ad immaginarlo senza di te, quasi mi uccide. Mi sono abituata all’idea che ci sarai, e proprio non riesco a smettere di farmela piacere, proprio come il mio rapporto con la cioccolata. Mi fa ingrassare se ne mangio troppa, ma che posso farci se è dannatamente buona e non riesco a farne a meno?
Verde è il modo in cui mi dai fiducia, il modo in cui mi dici ‘tornerò presto ’ quando parti per un viaggio e io ci credo, perché so che lo farai e non te ne andrai senza preavviso. E’ il modo in cui mi consigli, come un fratello maggiore, è il modo in cui smetti di essere il mio ragazzo e diventi il mio migliore amico, incoraggiandomi nel prendere delle scelte che pensavo non avrei mai preso in vita mia. Verde è il modo in cui credo in te, ed è talmente immenso che colora ogni giorno la mia anima...»
Il pollice di Ed mi carezza dolcemente il palmo della mia mano, sottostante alla sua,  e io sorrido.
Poi traccio un’altra linea colorata.
«Grigio, il modo in cui mi sento quando tu non ci sei. Hai presente la nebbia che c’è qui a Londra i giorni in cui il sole non vuole proprio fare capolino da dietro alle nuvole? Ecco, io mi sento così quando tu sei lontano. La mia anima si tinge di grigio, e mi sento sempre come se mi mancasse qualcosa. Sono grigia quando rimani per giorni interi con i tuoi amici a fare chissà cosa, quando sono lontana da te e vado a casa di mia madre, o quando tu vai a trovare i tuoi zii in Irlanda. In quei lunghi periodi mi sento grigia, e non riesco a fare a meno di te, come la luna con le stelle e il cielo di notte. Mi manchi sempre e costantemente quando non ci sei, ma non te lo dico mai, perché sono troppo orgogliosa anche solo per fartelo capire. Ma io lo so che lo sai, perché non ti sfugge mai niente quando si tratta di me, e ancora non riesco a capire quale sia lo strano potere che usi quando siamo insieme...»
Vedo di sott’occhio gli angoli delle sue labbra rivoltarsi all’insù, mentre un’altra linea viene tracciata sul suo palmo.
«Rosa, il modo in cui mi fai arrossire. Mi sento quasi sempre rosa accanto a te, ciò vuol dire che mi fai sempre arrossire. Sento la mia pelle – che normalmente è bianco latte – andare a fuoco e diventare rosa ogni volta che mi sussurri qualcosa nell’orecchio, e nemmeno un esercito di pompieri riuscirebbe a spegnere le mie guance in fiamme. Mi sento rosa ogni volta che mi sfiori la pelle lentamente, come piace a me, quando tracci delle linee invisibili lungo tutto il mio braccio e mi fai ridere, mentre mi guardi in silenzio, senza dire una parola, sorridendo e basta. Mi sento rosa ogni volta che fai l’amore con me, quando il tuo respiro colpisce il mio collo e mi sussurri parole dolci, lente e bisbigliate, come fossero dei piccoli ed impercettibili segreti, parti di te che nessuno deve conoscere, eccetto me.
Sono rosa quando mi dici che il mio sorriso t’illumina la giornata, quando mi tocchi i capelli incastrando le dita all’interno, o quando mi tieni stretta a te e il mio orecchio si posa sul tuo cuore, che in quel momento batte per me. Mi sento rosa quando cerco di tradurre i tuoi movimenti, i tuoi respiri, il tuo cuore, cercando di creare una melodia che sia solo mia e tua, della quale solo noi ne conosciamo l’esistenza...»
Un altro sospiro, un’altra linea colorata.
«Viola, il modo in cui mi fai imbarazzare. Sono viola quando mi fai troppi complimenti in una volta, facendomi nascondere il viso nell’incavo del tuo collo; sono viola ogni volta che racconti qualche avvenimento imbarazzante che mi è accaduto o che è accaduto a noi due insieme, provocando l’ilarità dei nostri amici e la voglia di sotterrarmi sotto un tavolo; quando mi vedi uscire dalla doccia con i capelli arruffati e il corpo avvolto nell’accappatoio e ogni volta che mi vedi con gli occhiali, o in tuta, in pigiama o completamente sporca di colori dalla testa ai piedi. Ma la cosa che mi piace di quando mi fai sentire viola, è che ogni volta sorridi, sapendo quanto m’imbarazzo, e fai di tutto per non farmelo pesare e farmi capire che a te non importa vedermi sempre vestita come una top model – anche se non mi vestirò mai e poi mai in quel modo – perché ti piaccio così come sono, anche con i capelli arricciati e i vestiti infradiciati a causa della pioggia...»
Il dito immerso in un altro colore, ancora un’altra linea.
«Arancione, il colore dei tuoi capelli. La prima volta che ti ho visto, ho associato il colore dei tuoi capelli a quelli di una zucca e ho riso per quanto fossero buffi. Eppure non riuscivo a smettere di pensare a quanto fosse bello quel colore, perché non era il solito rosso tinto o troppo scuro, ma era naturale, come il tuo sorriso. E adesso, ogni volta che vedo l’arancione, mi appari in mente tu, e non posso fare a meno di sorridere ogni volta, mentre il cuore mi batte forte e cresce la voglia di stare insieme a te e vederti, anche solo per rimanere a ridere. Mi piace passare la mano tra quel morbido arancione caldo mentre dormi accanto a me quando rimani a casa mia, e tu sei fermo ed immobile e non ti accorgi di nulla, mentre la mia mano vaga tra i tuoi capelli e la luce fioca della luna ti colpisce il volto. In quei momenti, ringrazio sempre il cielo per avermi fatto un regalo così grande, che mai avrei pensato di ricevere...»
Una piccola risata da parte di Ed, poi ancora un altro colore.
«Azzurro, il colore dei tuoi occhi. Non riesco ancora a decifrare le emozioni che provo quando i tuoi occhi incontrano i miei. Hai presente quella sensazione che provi quando torni a casa dopo un lungo viaggio? Ecco, più o meno quella. I tuoi occhi sono la mia casa, Ed, ogni volta che mi ci perdo dentro mi sento al sicuro e non voglio più uscirne. Il tuo azzurro è come il cielo limpido a primavera, come un mare in tempesta... hai l’infinito negli occhi, e io non ho paura di affrontarlo perché so di essere con te, e mi basta questo...»
La sua mano stringe dolcemente la mia, mentre io intingo il dito in quello che è l’ultimo colore rimasto sulla tavolozza. Guardo gli occhi di Ed, poi traccio l’ultima linea colorata sulla sua mano.
«Rosso » sussurro «il modo in cui mi fai provare tutte queste emozioni. Sono rossa ogni giorno, ogni singolo minuto o secondo che passo insieme a te. Sono rossa quando mi arrabbio perché mi trascuri, quando mi fai piangere troppo perché abbiamo litigato, quando non mi stai a sentire e fai di testa tua, quando te ne esci con quelle frasi che mi fanno imbestialire e mi verrebbe voglia di prenderti a sprangate...»
Faccio un sospiro e riprendo fiato, poi ricomincio.
«Ma sono rossa anche quando mi fai stare bene, quando non litighiamo e sembra che la serenità abbia attraversato i nostri corpi e quando mi fai ridere. Sono rossa quando sono completamente piena di te e non riesco a smettere di farne a meno, quando ridi senza motivo o semplicemente quando respiri con la testa poggiata sul mio stomaco. Sono rossa ogni volta che ti guardo e le farfalle s’insinuano dentro di me svolazzando tranquillamente, e non riesco ad ammazzarle nemmeno con il migliore degli insetticidi, o quando mi sorridi prima di andartene via da me, che sia per una notte o qualche giorno, e mi lasci un bacio sul naso. Mi sento rossa quando mi parli, quando mi racconti di aneddoti della tua vita prima d’incontrarmi o quando mi parli delle tue ex fidanzate, e il mio rosso si tinge di gelosia. Sono rossa ogni volta che mi abbracci e mi dici che ti piace tutto di me, anche quando impazzisco per le minime cose, e sono rossa quando mi baci, sfiorandomi le labbra in quel modo tenero come solo tu sai fare...»
Gli stringo forte la mano, poggiando il pollice sul suo palmo e sporcandomi di tutti quei colori fusi assieme.
Incastro il mio sguardo nel suo, occhi contro occhi, finalmente lo vedo sorridere, e questa è l’unica cosa che mi fa andare avanti.
«Sono sempre rossa, Ed. Il rosso esprime tutti i colori che provo per te, tutto quello che mi fai provare ogni volta che siamo insieme. E’ quel miscuglio di emozioni che non riesco a spiegare e che mi esplodono dentro da quando ci siamo conosciuti. Non potrei mai pensare ad una vita senza te, mi sentirei persa e sola, quando invece tu sei tutto quello che ho e che mi salva ogni giorno. Mi esprimo con i colori, perché la mia vita è più colorata da quando tu ti ci sei conficcato dentro come un pugnale trafitto nel petto e, credimi, questo è forse il più bel dolore che abbia mai sopportato in vita mia.
Il rosso è il modo in cui ti amo, Ed.»
Rimaniamo in silenzio a guardarci negli occhi per un altro po’, poi lui mi sorride ancora di più e mi stringe nuovamente la mano, mentre con l’altra accarezza dolcemente il mio viso.
«Sei il disastro più colorato che si sia catapultato nella mia vita, Ebony» mi sussurra, mentre le sue labbra si avvicinano alle mie.
Sorrido e chiudo gli occhi, mentre il suo caldo respiro si posa sulla mia pelle e mi fa perdere un battito.
«Guai a te se mi trascuri ancora una volta per andare a giocare ad Assassin’s Creed» lo minaccio, facendolo scoppiare a ridere. Scuote lentamente il capo, mentre continua ad accarezzarmi dolcemente una guancia.
Lui è tutto quello che mi serve per dipingere: è la mia tela bianca in un momento d’ispirazione improvvisa, è il colore che completa gli spazi vuoti, è la luce quando mi trovo nel buio più totale ed è la mia ancora di salvezza ogni volta che mi sento affogare.
E proprio nel momento in cui sento le sue labbra calde e morbide poggiarsi sulle mie per baciarmi teneramente, ne sono certa: Ed Sheeran rappresenta tutti i colori della mia vita.
 


  ≈

Holaaa! 
E' la prima one shot in assoluto che pubblico su Ed e so che fa schifo, me ne rendo conto, non rende giustizia al nostro rosso!
Però era tanto che non scrivevo, quindi quando ho aperto il foglio di word mi sono sentita un po' più... felice? Boh, non lo so nemmeno io!
L'idea mi è venuta mentre ero in vacanza, e nella mia testa era anche carina... poi però l'ho scritta. 
Non so che altro dire (ed è strano, perché sono una logorroica di prima categoria), quindi vi lascio e vi ringrazio per esservi fermate a leggere (: 
E vi ringrazio doppiamente se siete arrivate fin qui senza aver vomitato dopo hahahah 
Se volete seguirmi su twitter, sono @___puuff (:

Un bacio,
Mary (: 
 

 
  
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