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Autore: Lady_Cassandra    18/08/2013    1 recensioni
Spencer viene costretto ad uscire una domenica sera, nonostante la sua mancanza di desiderio di divertirsi, ha ancora bisogno di riprendersi dopo la morte di Maeve, ma Derek Morgan non può accettare l'ennesimo rifiuto, perciò mette da parte i suoi pensieri per una sera ed esce. Inconsapevole che quella sera farà una nuova conoscenza che si rivelerà preziosa.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“Nuovi arrivi nella capitale”

 
Le luci di Washington D.C.. cominciavano lentamente ad accendersi mentre il cielo di settembre ormai inoltrato si tingeva di un rosso sempre più accesso; il sole sarebbe tramontato nel giro di pochi minuti, osservò Spencer Reid appoggiato alla finestra del suo appartamento intento a bere una tazza fumante di caffè. Guardò verso l’orologio, segnalava le 8,15, aveva ancora tre quarti d’ora prima che il suo amico, nonché collega, Derek Morgan venisse a prenderlo.
Non aveva alcun desiderio di uscire quella sera, come accadeva ormai da diverse sere, ma Derek aveva insistito particolarmente e sapeva che non avrebbe potuto opporgli un altro no, perciò fece un respiro profondo ed accettò l’invito dell’amico. Si disse che era meglio sbrigarsi altrimenti avrebbe fatto tardi, posò la tazza nel lavello della cucina e andò a farsi una doccia cercando di non pensare, per quanto gli fosse possibile, a Maeve.
Tre quarti d’ora dopo, il citofono suonò, era Derek in perfetto orario; Spencer s’infilò la giacca ed uscì dall’appartamento promettendosi di fare ritorno alla sua quiete al più presto.
“Dove andiamo?” chiese Spencer all’amico, che aveva un’aria alquanto entusiasta, dopo essersi sistemato la cintura di sicurezza.
“Andiamo al Jammer Planner” gli annunciò mentre faceva manovra per uscire dal parcheggio. Spencer gli lanciò uno sguardo interrogativo. “Tutto questo entusiasmo per andare in un pub sulla 34esima strada?” lo incalzò dopo una breve riflessione. Derek sorrise guardando l’amico  tramite lo specchietto retrovisore.
“Devo incontrare una mia amica” gli confessò facendo un sorriso un po’ malizioso. A quel punto Spencer si girò verso Derek, rosso in faccia per la rabbia. “Tu mi fai uscire di casa di domenica sera, quando sai che c’è Star trek in tivù”- fece una pausa per riprendere fiato-  “per portarmi  ad una seratina con una tua amichetta?”
“Hey, ragazzino! Calmati, ok?” esordì Morgan dopo la sfuriata dell’amico, “Non è quel tipo di amica..”aggiunse.
“Si è appena trasferita a Washington da New York e mi ha chiamato, non so nemmeno le motivazioni dato che non la sentivo da un po’, e mi è sembrato carino invitarla ad uscire per farla ambientare, per questo ti ho invitato, perché si facesse un amico in più” gli spiegò. “E ad ogni modo con noi ci sarà anche Garcia, quindi non preoccuparti” gli fece un occhiolino in segno d’intesa e parcheggiò. Erano arrivati al Jammer Planner poi si affrettò a scendere dalla macchina prima che il giovane potesse replicare.
Sulla porta del locale trovarono Garcia, che indossava un vestito rosa sgargiante con delle scarpe dal tacco vertiginoso e un fermaglio a forma di farfalla tra i capelli dello stesso colore del vestito. Derek rivolse un sorriso all’amica e le cinse le spalle con il braccio. “Siamo molto carine stasera” le disse facendo un sorriso che venne immediatamente ricambiato .
“Sì, Garcia, il tuo look è parecchio… vistoso” confermò Spencer dopo aver cercato le parole più adatte con cui descrivere il look dell’analista informatica.
“Ma la tua amica?” chiese Garcia a Derek ignorando le parole di Spencer e tentando di guardare oltre le spalle di Derek per capire se era con loro.
“Ci aspetta dentro. Sarà già arrivata” le rispose, poi aprì la porta del locale e iniziò a guardarsi intorno per cercare l’amica. Non furono necessari molti sforzi da parte dell’agente Morgan per individuarla, infatti dopo qualche secondo una ragazza si diresse verso di lui sfoggiando un sorriso a trentadue denti che Derek non esitò a ricambiare.
“Derek, da quanto tempo!” furono le sue prime parole mentre abbracciava Derek. Poi si staccò e rimase lì in piedi davanti a lui. Era una donna piuttosto giovane non molto alta e dalla corporatura alquanto esile, non dimostrava più di 30 anni, pensò Spencer mentre la osservava asserendo infine che erano certamente coetanei.
Aveva i capelli rossi un po’ mossi con una lunga frangia che le copriva gli occhi di un verde quasi accecante. Indossava una camicetta bianca con un pantaloncino blu notte a vita alta che le evidenziava  i fianchi e  una giacca abbinata, ai piedi portava un paio di stivali bassi in pelle nera.
“Madison, loro sono Penelope Garcia e Spencer Reid, due miei colleghi” li presentò Derek. Madison si avvicinò a Garcia presentandosi a sua volta e le strinse la mano, poi provò a fare lo stesso con Reid ma di fronte alla reazione del genietto del F.B.I. che agitava la mano in aria senza dare alcun segno di voler fare altrettanto, ritirò la mano e si adeguò al saluto del collega di Derek.
“Com’è avere Derek come collega?” chiese rivolgendosi ai due mentre si sedeva e invitando i suoi nuovi amici a fare altrettanto. “Il cioccolatino qui presente? E’ una gioia” esclamò con estrema convinzione Penelope, “Insomma guardalo!” le sussurrò all’orecchio suscitando le risa di Madison.
“E’ un bravo collega” fu tutto ciò che disse Spencer abbassando lo sguardo. Quella ragazza lo metteva in soggezione.
“Madison lavori sempre con l’agente Derrick?” le domandò Morgan, voleva sapere che ne era stato della vita della sua amica negli ultimi due anni, non l’aveva né vista o sentita dal loro ultimo incontro a Baltimora.
“Ehm..no, non lavoro più con lui” rispose quasi in un sussurro. “Sei un agente dell’F.B.I.?” le chiese Spencer improvvisamente curioso, non aveva l’aria di essere un agente, ma del resto nemmeno lui.
“Oh no no, io ero il medico legale assegnato alla squadra di Wayne” spiegò in fretta. Notando che i tre la osservavano in attesa di maggiori informazioni, aggiunse: “Ora lavoro al Georgetown university hospital, sono stata assunta nel reparto di diagnostica”
“Mmm… ma i medici legali lavorano con pazienti, insomma, non esattamente vivi…” esordì Spencer sempre più curioso. “Ottima deduzione, devi essere un genio” lo canzonò Madison, si stava infastidendo, non le piacevano tutte quelle domande.
Spencer si rabbuiò, improvvisamente si sentì stupido poi gettò un’occhiata ai suoi colleghi che impassibili sghignazzavano.
“Ho anche un dottorato in malattie infettive, è per via di quello che mi hanno assunta” gli disse infine sperando di porre fine a quell’interrogatorio irritante. Spencer annuì e costrinse se stesso a non fare più domande, nonostante ne avesse molte sulla punta della lingua.
“Andiamo a prendere qualcosa da bere?” suggerì Morgan per sciogliere quel silenzio imbarazzante che si era creato fra i commensali. Garcia si rivelò subito d’accordo ed insieme si avviarono verso il bar dopo aver domandato cosa gradissero gli altri due.
Spencer si pentì immediatamente di non essersi offerto per prendere da bere, era in tremendo imbarazzo, non sapeva cosa dire e quella ragazza, muta come un pesce, non gli facilitava di certo le cose. Si guardava intorno alla ricerca di un diversivo anche se ogni tanto gettava un’occhiata alla nuova compagna.
“Noo, questa è la mia canzone!” esclamò dopo aver riconosciuto le prime note di “Feel this moment”, si alzò in piedi e tese la mano a Spencer invitandolo a ballare. “Uh, io non so ballare, magari se aspetti Morgan, sarà di ritorno fra poco” le disse sperando che desistesse dall’invito.
“Ma io voglio ballare ora, dai, muoviti” lo incoraggiò tirando per il braccio il genietto che tentava di fare una malferma opposizione. “Spencer, io vengo da New York e noi Newyorkesi non siamo abituati a ricevere un no come risposta!” poi alzò il giovane genio di peso e lo trascinò in pista, volente o nolente avrebbe ballato con lei, pensò la rossa.
Arrivati in pista, Spencer rimase fermo di sasso, iniziava a sudare, si sentiva decisamente a disagio; Madison lo osservava divertita, non riusciva a credere che ci fosse qualcuno incapace di muoversi almeno un minimo. “Allora non sai ballare veramente!” affermò la ragazza ridendo, Spencer la guardò torvo, si stava  forse prendendo gioco di lui?
“Vieni qui!” disse poi avvicinandolo a sé e prendendolo per le mani, a quel punto l’imbarazzo del giovane stava completamente prendendo il sopravvento, avrebbe preferito sprofondare nel buio piuttosto che trovarsi lì.
“Guarda, ora vai indietro e poi avanti” gli spiegò indicando il movimento. Spencer la imitò, era più semplice di quel che pensava.
Gli ci  volle un po’ per sciogliersi, ma il risultato non fu da disprezzare, si stava divertendo, doveva ammetterlo. Nel frattempo Garcia e Morgan erano ritornati al tavolino con le ordinazioni, sorprendendosi di non trovare gli altri due.
“Ma dove saranno andati?” si chiese Garcia mentre posava i cocktail, “Dici che sono andati in bagno?” domandò a Derek.
“Mmm..a questo punto spero che siano nello stesso bagno!” la scherzò Derek bevendo dal suo bicchiere. Garcia gli lanciò un’occhiataccia e guardò verso la sala. “Eccoli!” esclamò dopo averli individuati e non nascondendo la sua sorpresa dopo aver visto Spencer ballare. Anche Derek rimase stranito, non lo aveva mai visto ballare, senza di lui che lo teneva fermo per le spalle per non farlo scappare.
“La tua amica ha compiuto un miracolo” disse Penelope dopo essersi ripresa dallo “shock” iniziale.
“Già, un brindisi in suo onore?” propose Derek, la donna annuì e avvicinò il bicchiere a quello del collega.
“A Madison!” esclamarono all’unisono mentre i loro bicchieri facevano cin cin. Stavano ancora bevendo quando i due ritornarono dalla pista, Spencer si precipitò sul suo bicchiere di vodka fragola e lemon e lo mandò giù quasi in un sorso.
“Hey, vacci piano! Non è succo di frutta!” gli ricordò Derek. “Ehm.. si lo so, è che il ballo mi ha messo una gran sete” si giustificò lui, tenendo fissi gli occhi sul bicchiere, era quasi finito.
Madison era sul punto di prendere in mano il suo quando il suo cellulare iniziò a squillare. “Pronto?” rispose facendo segno ai tre di scusarla mentre si allontanava.
Dopo meno di un minuto fu di ritorno, e prese con sé la sua borsa. “Scusatemi, ma devo andare. La mia collega si è data malata e io la dovrò sostituire” spiegò “Spencer, ti sei fatto un altro bicchiere”, aggiunse posandoglielo davanti
poi li salutò stampando un bacio sulla guancia di tutti e tre e uscì dal locale.
I tre rimasero a chiacchiera per un’altra ora, poi  Garcia annunciò ai due che si era fatto tardi e che preferiva tornare a casa così si salutarono dopo aver accompagnato l’amica alla propria auto e insieme si diressero verso l’auto di Derek.
“A che pensi, ragazzino?” gli domandò notando l’espressione un po’ assente del giovane collega, che scosse la testa dicendo che non era nulla, ma che era solo un po’ stanco. Poi salì in macchina e aspettò che il suo amico mettesse in moto il veicolo. In realtà pensava a Madison, quella ragazza gli era sembrata molto simpatica oltre che interessante e riconobbe che non gli sarebbe affatto dispiaciuto avere la possibilità di conoscerla un po’ meglio.
 
Spencer non dovette attendere molto perché il suo desiderio si avverasse. Era appena rientrato da Indianapolis dopo un caso che aveva richiesto tre giorni di duro lavoro, per fortuna si era concluso bene ed essendo tornati di sabato avrebbero avuto l’intera giornata di domenica a loro disposizione per riprendere fiato.
Stava salendo le scale del palazzo diretto verso il suo appartamento quando fu costretto a spostarsi per far passare due uomini in tuta blu, erano due impiegati di una ditta di trasloco. Una voce famigliare ringraziò i due che fecero un gesto con la mano in risposta prima di sparire giù per le scale. Spencer stava pensando che conosceva quella voce, anche se non riusciva a capire a chi appartenesse, quando si trovò Madison Thompson davanti che spingeva un grosso scatolone dentro l’appartamento.
“Madison” esclamò Spencer sorpreso nel vederla lì. La giovane si girò verso di lui facendogli un sorriso mentre si tirava su la frangia con una mano. “Che ci fai qui?” si chiesero all’unisono, i due risero per la coincidenza dopodiché Madison fece segno a Spencer di parlare per primo. “Io abito al 4° piano” spiegò indicando con un dito verso l’alto.
“Oh, anche io da oggi!” annunciò la ragazza piuttosto fiera. “Come puoi notare, sono nel pieno del trasloco” proseguì spostandosi per mostrare una quantità non indifferente di scatoli posati sul pavimento.
“Ti serve una mano?” le chiese nonostante la stanchezza, pensò che sarebbe stato carino da parte sua aiutarla per darle il benvenuto. Madison gli sorrise ma rifiutò, temeva di rovinare i suoi piani per quella serata perciò non poteva accettare, tuttavia nel vedere che Spencer insisteva per aiutarla, accettò ben volentieri. Aveva proprio bisogno di una mano, d’altronde.
Lo invitò a entrare dicendo di fare attenzione a non inciampare ed iniziarono a lavorare. Spencer la aiutò a portare alcuni scatoli che contenevano vestiti in quella che sarebbe diventata la camera da letto di Madison, poi sistemarono i mobili in salotto e insieme montarono la libreria.
Madison iniziò a disporre negli scaffali i propri libri e fotografie in piedi su una sedia mentre  Spencer seduto per terra  le prendeva dallo scatolone e gliele passava.
“Sei bionda oppure ti tingevi i capelli?” le chiese notando una fotografia della giovane che la ritraeva con i capelli biondi. “No, questo è il mio colore naturale” gli disse mentre sistemava la foto in un altro scaffale, il primo era ormai pieno.
“Sei molto più carina così” confessò Spencer senza pensarci, lei sorrise mentre scendeva dalla sedia che non le era più necessaria.
Continuarono a mettere in ordine l’appartamento per il resto del pomeriggio senza smettere di chiacchierare. Poi verso le nove, lo stomaco di Madison si ribellò iniziando a brontolare e anche Spencer si rese conto di avere una gran fame. “Ti inviterei pure a mangiare qualcosa, ma non ho nulla” disse gettando un’occhiata agli scaffali vuoti della cucina, avrebbe dovuto fare la spesa ma il trasloco le aveva rubato più tempo del previsto e ormai i supermercati erano chiusi.
“Se vuoi, possiamo ordinare una pizza!” gli propose la ragazza, “La linea telefonica è attiva”
“Che ne dici di un pasticcio di zucca invece? Ne ho uno ottimo in attesa di essere mangiato” chiese Spencer a sua volta.
“Mmm… mi sembra un’ottima idea”, adorava la zucca perciò non esitò nemmeno un attimo ad accettare poi disse a Spencer che si sarebbe fatta una doccia e che l’avrebbe raggiunto nel giro di dieci minuti. Spencer annuì, anche lui aveva bisogno di una doccia e salì a casa dopo averle detto di bussare all’interno 14c.
Dieci minuti più tardi, mentre Spencer con i capelli ancora bagnati apparecchiava la tavola, la sua nuova vicina bussò. “E’ aperto” disse rivolto alla ragazza che entrò timidamente nell’appartamento guardandosi intorno.
“Hai una quantità smisurata di libri!” esclamò lei notando la sua libreria e pensando alla sua che a mala pena ne contenevano una ventina. “Oh! beh, mi piace leggere” tagliò corto Spencer dicendole di sedersi, il pasticcio era pronto.
Si misero a mangiare senza smettere di chiacchierare, “Ho notato che hai studiato a Yale” disse Spencer ad una foto che ritraeva Madison insieme a quello che doveva essere suo fratello nel campus della rinomata università.
“Sì, ho studiato Medicina lì” confermò. “Ma il dottorato in malattie infettive l’ho preso alla Columbia” aggiunse.
“Tu? Non mi ricordo nemmeno se ti ho chiesto in cosa sei laureato” domandò al giovane mentre si versava un bicchiere di acqua. 
Spencer rimase per un attimo in silenzio fingendo di masticare un po’ di pane, era la parte che detestava di più quando stringeva nuove amicizie, quella in cui confessava all’interlocutore di essere un ragazzo prodigio.
Poi arresosi alla consapevolezza che era inutile nasconderlo, parlò. “Anche io ho studiato a Yale” stava per fare l’elenco delle lauree conseguite quando Madison lo interruppe. “Pure tu? Wow! Scommetto però che tu non hai avuto bisogno della raccomandazione di tua nonna” confessò lei essendo sicura che Spencer fosse molto bravo anche se nessuno glielo aveva detto. “Tua nonna ti ha raccomandata?” le chiese scordandosi per un secondo il suo elenco.
“Ehm..si. Lo so, non mi fa onore dirlo, ma è andata così. Però ti garantisco che la laurea è farina del mio sacco” affermò la ragazza portandosi una mano al cuore come se stesse facendo un giuramento. Spencer rise di fronte a quel gesto e le disse che non aveva di certo messo in dubbio le sue capacità. Pensava che il discorso fosse concluso quando la giovane gli domandò di nuovo in cosa fosse laureato, ormai non aveva scappatoie, doveva dirglielo.
“Ho una laurea in  psicologia e sociologia, un dottorato in chimica, matematica e ingegneria, e ho di recente ottenuto una terza laurea in filosofia. Mi sono diplomato a 12 anni in un liceo pubblico di Las Vegas, ho un Q.I. di 187.”
Dopo che il genio del F.B.I. ebbe concluso il suo elenco, Madison rimase a bocca aperta con la forchetta piena di pasticcio di zucca a mezz’aria. Non riusciva a credere alle sue orecchie, non aveva mai conosciuto prima d’ora qualcuno che avesse un Q.I. di 187.
“Ma tu sei un genio!” esclamò una volta ripresa. “Ed io che ti ho confessato di essere entrata a Yale con una raccomandazione” proseguì un po’ imbarazzata. “Scommetto che le università hanno a gara per averti fra i loro allievi”
“Non essere sciocca” le rispose. “Yale, come tutte le università private, spesso richiede qualche raccomandazione a prescindere dalla propria bravura,  ma scommetto che tu saresti entrata lo stesso” aggiunse il giovane genio, era sincero, non gliene faceva una colpa ed era convinto delle capacità della giovane ragazza seduta di fronte a lui.
“Ho visto il tuo diploma di laurea, ti sei laureata quasi con il massimo dei voti in Medicina e Chirurgia mentre hai ottenuto il massimo nella tua specializzazione in Medicina legale, senza contare il tuo dottorato.”
“Tutto indica che devi essere una ragazza intelligente, solo il 37% degli iscritti alla facoltà di Medicina di Yale ottiene simili risultati” concluse il giovane, d’altronde lui di statistica se ne capiva.
Madison annuì, non aveva considerato le cose da quel punto di vista. Continuarono a parlare del più e del meno, poi ad un certo punto Madison si girò verso l’orologio e notò che era l’una passata.
“Oddio, è tardissimo!” esclamò lei dopo aver visto l’orario. “Già..” le rispose Spencer, il tempo era volato senza che se ne accorgessero.
“E’ meglio che torni a casa” disse Madison, si offrì da aiutare Spencer a sistemare la cucina e lavare piatti, ma Spencer le disse di non preoccuparsi.
Dopo averla accompagnata alla porta, la salutò ricevendo un bacio sulla guancia e un abbraccio per l’ospitalità e l’aiuto che le aveva offerto. Spencer strinse le spalle dicendo che non era niente e dopo averla vista scendere le scale, chiuse la porta dell’appartamento. Andò in cucina con l’intenzione di lavare i piatti, ma finì per arrendersi alla stanchezza e decise di andare a dormire. Aveva proprio bisogno di un sonno ristoratore per riprendersi.

 
  
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