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Autore: angelofcaffeine    18/08/2013    1 recensioni
Settimane dopo esser diventato improvvisamente single, mentre siede di fronte a Sebastian Smythe (che sta facendo i suoi compiti, peraltro) ad un tavolo del Lima Bean, Kurt si rende conto di due cose: 1) trascorre troppo tempo in quel locale; 2) finiva sempre per diventare amico di una persona che detestava.
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Dal primo capitolo:
Naturalmente, dato che sembrava vivere lì e con frequenza piuttosto inquietante, l’ombra di Sebastian Smythe si era subito stagliata sul suo quaderno.
Sollevò lo sguardo, disinteressato. “Posso aiutarti?” domandò, lo stomaco che si ribaltava alla vista di Sebastian, quel viscido e bastardo suricata, che incombeva su di lui.
Il giovane non si preoccupò di rispondere, si limitò ad inarcare un sopracciglio alla vista di Kurt tutto solo. “Dov’è il fidanzato carino?” domandò.

Traduzione a cura di therentgirl.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdT: Buonasera a tutti e buona Domenica! Dopo poco più di un mese, ecco l’aggiornamento. Non ho molto altro da dire, se non che mi dispiace di fare aspettare tanto per gli aggiornamenti, ma d’altronde vale la pena di attendere per una perla del genere, giusto? (: Ringrazio ancora una volta per il feedback dolcissimo e per tutti coloro che mi hanno chiesto personalmente quando avrei aggiornato. Siete dei bellissimi. ♥ Mi intratterrei ancora a dirlo, ma l’estate (ovvero questa serata) mi chiama a sé. Buona lettura, al prossimo capitolo!
Link al quarto capitolo

CAPITOLO 4

Kurt era nel parcheggio del McKinley con Mercedes da un lato e Sugar dall’altro, quando vide una macchina familiare.

“Oh, no,” grugnì, fermandosi di colpo. “Possiamo tornare indietro e nasconderci?”

“Cosa c’è?” domandò Sugar, un’espressione costernata in volto.

Kurt si limitò ad inarcare le sopracciglia, fissando l’auto, fino a quando Mercedes disse: “Sarà meglio che cominci a spiegare, Tesoro.”

“È Sebastian,” spiegò lui. “E Sebastian qui non può che portare cattive notizie.”

La sua prima ipotesi era stata che Sebastian fosse lì per lui (per terrorizzarlo, senza dubbio), ma quando lo vide, capì di essersi sbagliato. Sebastian era a un paio di metri dalla sua macchina, il capo chino mentre discuteva con Blaine.

Ciò lo ferì più di quanto si aspettasse.

“Um,” disse, cercando di scostare lo sguardo dai due. “Scusate, ignoratemi. Di cosa stavamo parlando?”

“Dolcezza?” lo richiamò Mercedes, chiaramente costernata. “Sebastian – è quel ragazzo dei Warblers, vero?”

A quel punto riuscì a scostare lo sguardo, la mascella serrata per un momento. “Sì, è qui per Blaine. Momento di panico superato. Stavamo parlando di maglioni.”

“Amico,” lo interruppe un’altra voce e, Cristo, Kurt non voleva avere nulla a che fare con Puck in quel momento. “Che ci fa quel Gargler[1] qui? Cerca di reclutare Anderson?” Puck sgranò gli occhi. “O magari stanno cercando di rubare la nostra scaletta per essere certi che perderemo alle Nazionali.”

“Sei libero di crederci o no, Puck, ma non tutto gira attorno alle Nazionali,” rispose. “Non preoccuparti di lui, è tutto a posto. Stavamo parlando di maglioni, Puck, potrebbe non essere quel tipo di conversazione cui vuoi partecipare.”

Mercedes sbuffò. “Non credo stiamo parlando ancora di maglioni. Oh, guardate.”

Sebastian aveva voltato le spalle a Blaine, la cui postura era difensiva e le sopracciglia erano aggrottate, e stava camminando verso di loro, la mano sollevata a mo’ di saluto.

Bene. Forse era lì per lui dopo tutto, e aveva flirtato con Blaine per occupare il tempo mentre aspettava. Kurt attese che quella sensazione spiacevole sparisse, ma non fece altro che rafforzarla.

“Kurt,” lo salutò il giovane, sorridendo amichevole. “Sai di essere un orribile stereotipo di omosessuale.”

Sbatté le palpebre. “Immagino che queste parole vadano a parare da qualche parte,” replicò.

“Beh,” continuò Sebastian, “Mi è stato ordinato dalla mia futura matrigna che ho bisogno di un nuovo completo elegante. Apparentemente si tratta di una di quelle occasioni in cui ho bisogno di un nuovo abito. E immagino che tu, essendo te stesso, capisca il concetto, mentre io no.”

Le labbra di Kurt si piegarono all’insù, non poté evitare di sorridere. “Capisco cosa vuole dire. È una grande occasione?”

Sebastian scrollò le spalle. “Quindi dovrò andare al centro commerciale quando preferirei…” si leccò le labbra, passando al francese, dunque concluse: “impiccarmi con le mie stesse budella.”

“Sei così eloquente,” disse lui, ancora sorridente. “Mi stai chiedendo di darti una mano?”

“Ti sto offrendo l’opportunità di scegliere i vestiti per me. Pensavo che saresti stato eccitato.” Gli occhi del giovane erano accesi di divertimento.

Kurt sospirò. “Mi comprerai una sciarpa,” disse.

Il sorriso di Sebastian si allargò. “Certo che lo farò,” replicò, dunque osservò Mercedes, Sugar e Puck, ancora al suo fianco. “Sono sicuro che non ti dispiacerà che io ti liberi da questa compagnia.”

“Continua così e saranno una sciarpa e dei pantaloni, Smythe,” lo avvertì. Sebastian salutò i suoi amici con un gesto mentre loro se ne andavano, e lui lo guardò con la coda dell’occhio per decidere quale completo gli sarebbe stato meglio.

*

Dopo un’ora di lamentele, Sebastian finalmente sembrò accettare di non essere altro che un appendiabiti ambulante per Kurt. Quest’ultimo, comunque, aveva deciso che non c’era ragione di non trasformare la loro emergenza in divertimento.

Fortunatamente per lui, Sebastian era sorprendentemente allenato nel seguirlo e nel tenere buste e abiti. Cominciò a brontolare quando Kurt gli fece provare ‘tutti gli abiti che c’erano al mondo’, ma fondamentalmente aveva fatto ciò che gli era stato chiesto, uscendo fuori dai camerini e ruotando su se stesso per dare all’altro una buona visuale.

Comprò tre potenziali completi per la festa dei genitori. Kurt comprò un paio di favolosi stivali alti al ginocchio, con un’incredibile numero di fibbie, due maglioni che, sì, tecnicamente erano nel settore donna (e ovviamente Sebastian aveva sentito il bisogno di farglielo notare), un cappello che gli era stato portato da Sebastian mentre stava provando quei due maglioni (chi lo sapeva che avesse occhio per i cappelli?) – e, sì, gli era stata comprata una meravigliosa sciarpa verde.

“Sono pronto a morire,” annunciò Sebastian dopo un paio d’ore. “Ecco cosa significa essere etero e avere una ragazza.”

“O essere gay e avere un fidanzato davvero favoloso,” replicò, osservando il giovane ricadere sulla panchina con tutte le buste. Sorseggiò allegramente il suo frullato. “Andiamo, ho fatto il mio lavoro.”

L’altro sospirò, prendendo il suo frullato dalle mani di Kurt, dunque annuì. “Sì, l’hai fatto. E hai avuto la tua sciarpa. Entrambi abbiamo concluso il nostro affare.”

Kurt esitò a quelle parole, dunque scostò lo sguardo. “Sicuro,” replicò alla fine, insicuro sul perché si sentisse così stranamente ferito. “Grazie. Dovremmo, uh, dividere quello che abbiamo comprato.”

Sebastian sollevò lo sguardo su di lui con espressione curiosa, dunque le sue labbra si stirarono in un sorriso. “Oh no, non te ne andrai così facilmente,” disse. “Devi tornare con me e aiutarmi a scegliere quale completo indossare. Hai detto che dipendeva dalle scarpe e dalla gradazione di grigio della mia cravatta preferita.”

“Sì, beh non è così che dovresti chiedere favori,” gli fece notare, lanciandogli un’occhiata infuocata, sebbene il suo umore si fosse improvvisamente risollevato, fiorendo in qualcosa di ottimistico.

L’altro sollevò il braccio ora libero. “Chiaramente, ho bisogno del tuo fiammeggiante, stereotipato, decisamente fastidioso senso del fashion per vestirmi.”

“Chiaramente,” concordò, reprimendo un sorriso. “Va bene, non ti biasimo per aver ammesso il tuo scarso senso nello stile. Ti aiuterò.”

Così Kurt si ritrovò a mandare a Finn un messaggio per dirgli che sarebbe mancato un altro paio di ore, prima di seguire Sebastian verso casa sua. Il viaggio gli concesse un po’ di tempo da solo, durante i quali si ritrovò a canticchiare per un paio di minuti, prima di riconoscere che il motivo era ‘Here Comes the Sun’.

Quando si fermò al semaforo, controllò il cellulare. Finn aveva risposto al suo messaggio con: Se non lo frequenti, perché continui a uscire con lui? :S

Mentre inarcava un sopracciglio, ricevette un altro sms. Era di SMYTHE, e diceva: Vi mi ha mandato un messaggio per dirmi che saremo solo io e lei stasera. Vuoi rimanere a cena? Giuro di non avvelenare il tuo cibo INTENZIONALMENTE.

Kurt giocherellò con il cellulare per qualche momento, la fronte corrugata, poi il semaforo divenne verde.

Quando si fermò un’altra volta, mandò velocemente un messaggio a Finn: Ceno da Sebastian. Di’ a Papà che tornerò prima del coprifuoco.

Ricevette quasi immediatamente una risposta da Sam, che era poi un’emoticon che faceva l’occhiolino e sette punti esclamativi.

“I miei amici sono completamente pazzi,” informò Sebastian una volta sceso dall’auto. Aveva pensato di aiutarlo a prendere le buste, ma la vista di lui con le mani piene era troppo divertente per perdersela. “Rimarrò a cena, solo se non ci sono problemi.”

“Vi sta cucinando,” rispose l’altro, e Kurt finalmente si sentì abbastanza in colpa da prendere un paio di buste. “Questo potrebbe essere un problema.”

Sbuffò. “Mi ispiri così tanta sicurezza, Sebastian.”

“E tu mi dai la nausea,” rispose Sebastian senza perdere l’occasione. Kurt provò a trattenere una risata, ma incontrò lo sguardo dell’altro all’ultimo momento, e gli sfuggì. “Sei di buonumore,” gli fece notare il giovane mentre chiudeva l’auto.

“Ah, hai appena scoperto cosa provoca una buona sessione di shopping al Signor Kurt Hummel,” replicò, aspettando pazientemente che l’altro aprisse la porta.

“Sei tornato!” esclamò una voce femminile, eccitata e stranamente roca. “Sebastian, ho bisogno che tu dica due parole a – oh, ciao, Kurt.”

Viola Smythe era apparsa a velocità sorprendente in corridoio, i capelli che sfuggivano dalla sua treccia. Ci volle un momento per capire la fonte della sua voce roca: aveva gli occhi umidi.

Sebastian lasciò cadere le buste sulla soglia ed entrò in casa, le spalle rigide. “Dire due parole a… chi, esattamente?”

Viola si sfregò il volto e rise. “Um, nostra madre?” suggerì. “O magari a quell’idiota del mio ragazzo. Che ti saluta, a proposito. E dice che ‘dovresti rispondere alle sue mail, faccia di culo’.”

“Non credo che Yitzie mi abbia chiamato ‘faccia di culo’,” commentò Sebastian, in piedi di fronte alla sorella e con le mani poggiate sulle sue spalle.

Viola vacillò, e ci volle un momento per Kurt per capire che era dovuto alle risate, piuttosto che alle lacrime. “L’ho un po’ modificato,” ammise, scostando le mani dal volto e sorridendo. “Ma immagino che tutti ti chiamino ‘faccia di culo’. Stavo pensando di preparare del pesce in casseruola.” Girò su se stessa, dunque, volgendosi a Kurt. “Ti piace?”

Kurt sbatté le palpebre. “Um,” riuscì a dire. “Sì, va bene.”

“Oh,” rispose la giovane, asciugandosi il volto come se avesse appena capito perché lui fosse a disagio. “Non preoccuparti. Piango sempre quando chiudo al telefono con Yitzie. Memoria muscolare. Mi manca appena quello stronzo, oh Dio, non la smetteva di parlare di lavoro a maglia, lo accoltellerò direttamente in faccia la prossima volta che lo vedo. Quale adolescente vorrebbe parlare di lavoro a maglia?”

“Hai davvero trovato il ragazzo più noioso di tutta Parigi, Vi,” convenne Sebastian. Poi, piano, come se Kurt non dovesse sentirlo: “Tutto bene?”

Viola gli sorrise. I suoi occhi scintillavano. “Sono emotivamente instabile, secondo Yitzie,” rispose.

“Bastardo,” commentò l’altro. “Un bastardo onesto, ma pur sempre un bastardo.”

Viola arricciò il naso. “Dio, sono innamorata di lui in maniera frustrante,” disse, suonando disgustata. “Hai fatto la cosa giusta evitando questa roba. Dovrei ascoltarti più spesso.”

Sebastian tornò indietro a prendere le buste che aveva lasciato cadere, scuotendo il capo con un sorriso. “Giusto, sono decisamente una fonte di saggezza su questo argomento.”

“Metti un cravatta alla porta della tua camera se devo stare lontana!” esclamò dietro di loro, e Kurt si volse solo per vederla esibire un’espressione divertita.

La camera di Sebastian… non era come Kurt se l’aspettava.

Orgoglioso del suo essere ordinato, trascorse qualche momento a osservare la pila di fotografie sul pavimento prima di entrare. Almeno non era quella specie di lavanderia che sembrava stesse cercando di inghiottire la camera di Finn. Ma le fotografie erano comunque inaspettate.

Mentre Sebastian si spostava nell’angolo per provare uno dei completi (ovviamente non si vergognava di nulla), Kurt si volse per dargli un po’ di privacy e finì per osservare le fotografie sul pavimento. “Hanno un ordine particolare?” domandò.

“Hm?” Sebastian stette zitto un momento, poi disse: “Oh, in realtà no. Stavo solo cercando una cosa. Guarda pure.”

In cima alla pila di fotografie ce n’era una di Viola. Al piano di sotto l’aveva vista in disordine e commossa, e Kurt era rimasto troppo di sasso per osservarla bene. Guardò la fotografia invece, cercando di capire quali tratti condividesse con Sebastian (l’altezza, gli zigomi alti, qualcosa attorno alle labbra, il colore e il tipo di capelli) e cosa fosse diverso (gli occhi, interamente). La giovane guardava oltre la macchina fotografica, sorridendo tanto da far apparire delle fossette. Ricambiò il suo sorriso, dunque prese un’altra foto.

Questa era di Viola e un ragazzo più o meno della stessa altezza, lo sguardo dolce mentre guardava verso di lei. Viola rideva, mostrando ancora una volta le fossette. “È il suo ragazzo?” domandò, sollevando la foto senza guardare oltre la propria spalla.

“Sì,” rispose Sebastian. “Quello è Yitzie. Questa è la cravatta.” Kurt si volse allora, ancora in ginocchio sul tappeto. “Va bene?”

Aggrottò la fronte, pensoso. “Sì,” ammise, “ma in realtà penso che la camicia color carbone ci stia meglio. Provala con la cravatta.”

Si volse nuovamente alle foto e ne prese una a caso. Era in bianco e nero, ma in realtà più nei toni di grigio, mostrava una donna alta che fumava una sigaretta.

“È bellissima,” si ritrovò a dire ad alta voce, perché era la verità.

“È mia madre,” spiegò Sebastian, suonava un po’ esasperato. “E senza dubbio Vi sarà così tra vent’anni circa.”

Kurt si volse verso di lui, la cravatta andava perfettamente con quella camicia. “Questa va bene,” disse, sfiorando la cravatta con la mano libera. “Indossa questa.”

Sebastian annuì, come se in qualche modo l’avesse addomesticato durante il loro pomeriggio di shopping, e tornò nell’angolo per cambiarsi. Lui si volse nuovamente alla fotografia di sua madre.

“Somiglia moltissimo a tua sorella,” commentò, tornando a guardare la prima fotografia di Viola, che sorrideva a qualcosa che stava dietro la macchina fotografica. “Ma somiglia anche a te. Hai i suoi zigomi.”

“Più che altro ho il suo senso dell’umorismo,” rispose l’altro. “E la sua impazienza.”

Sbuffò a quelle parole. “Speriamo tu non abbia la sua dipendenza da nicotina,” replicò, una lieve inclinazione di disapprovazione nella sua voce.

“Hey,” esclamò Sebastian, “può scegliere di uccidersi come vuole. È una donna adulta.”

Il giovane avanzò nuovamente allora, e Kurt si volse per lanciargli un’occhiata colma di rimprovero… ma c’era qualcosa nel suo sorriso, qualcosa di onesto, che lo rendeva incapace di reprimere lui stesso un sorriso. Si sentiva stranamente leggero, in ginocchio sull’ultima traccia di sole che si stagliava sul tappeto di Sebastian e condividendo un sorriso, e tutto ciò che riuscì a pensare fu wow, questa è una novità.

*

Cenare con Viola era… interessante.

Si era data una sistemata in loro assenza (durante la quale Kurt e Sebastian si erano allontanati dall’argomento abiti e avevano finito per tornare sulla sempre-importante conversazione di New York contro Parigi). Si era tolta la divisa scolastica per indossare un abito marrone con una sottoveste rosa, e i suoi capelli erano legati in una crocchia piuttosto che in una treccia disordinata.

“Le donne della tua famiglia hanno davvero il gene del buongusto,” disse allegramente Kurt mentre sedevano a tavola.

Sebastian si chinò verso di lui, parlando abbastanza piano da mascherarlo quasi da Viola, quando rispose: “Ma gli uomini hanno acquisito tutte le capacità culinarie. Prendilo come avvertimento.”

“Prenderò bene  il potenziale avvelenamento da cibo,” replicò, e Viola colpì Sebastian sulla nuca con uno strofinaccio. “Sono sicuro che sarà ottimo.”

Viola sbuffò allora, e cominciò a servire il cibo. “È così beneducato, ‘Bastian, dove l’hai trovato uno così?”

“Ci provava con il mio ragazzo,” replicò Kurt. “Ecco come ci siamo trovati.”

Viola sembrò esasperata, ma c’era qualcosa di divertito nella sua voce mentre diceva, “Certo che l’ha fatto. Sai cosa mi ha detto la prima volta che ha incontrato Yitzie?”

“Qualcosa di assolutamente inappropriato, ci scommetto,” suggerì.

La giovane sollevò gli occhi al cielo. “Davvero, Vi? Lo sai che non farà sesso fino a quando non si sposerà, e anche allora sarà attraverso un buco nelle lenzuola?”

“È assolutamente vero,” insistette Sebastian. “Ho grandi risorse a riguardo.”

“Hai il cervello grande quanto una palla da golf, ecco cosa,” sbottò la ragazza, e fu in quel momento che Kurt capì che gli sarebbe piaciuta. 

Il resto della cena trascorse tra le risate, e Viola raccontava tutte le peggiori storie su Sebastian che le venivano sul momento. Molte di quelle includevano ciò che Viola spiegava come ‘la sfortunata carenza di un filtro tra il cervello e la bocca’ di Sebastian, e in mezzo a queste storie Kurt imparò tre cose: 1) Yitzie era figlio di un rabbino ortodosso, e la sua famiglia la disprezzava più che altro per Sebastian (sembrava essere stranamente divertita a causa di questa cosa), 2) Sebastian in realtà aveva quel famoso filtro, ma trovava molto più divertente vedere le persone si agitarsi, perché l’imbarazzo era per lui un’emozione sconosciuta, e 3) che la madre, se non altro, incoraggiava quell’atteggiamento.

Ore dopo, guardando indietro alla cena con i giovani Smythe, Kurt avrebbe pensato che l’intera serata era stata piuttosto surreale. Avrebbe pensato che stava trascorrendo troppi bei momenti con Sebastian Smythe per essere vero, che gli mancava qualcosa – ma al momento, si crogiolava in quello strano sentimento che lo faceva sentire leggere, nel sorriso che non smetteva di apparire sulle sue labbra, e nello sguardo che si era scambiato con il giovane mentre Viola si lanciava in un ennesimo racconto iperbolico.

Quando Burt cominciò a mandare messaggi (‘dove sEI COME FACCIO A TOGLIERE IL CAPS LOCK TORNA A CASA’), si sentiva rilassato e divertito, ma anche pronto a tornare a casa e dormire. Era stata una lunga giornata e la sorella di Sebastian era così energica che era persino stanco di stare a sentirla.

Lo abbracciò a mo’ di saluto, sulla porta, e gli ordinò di tornare presto, dunque gli scrisse il suo numero sul cellulare (salvandolo, Kurt inserì VIOLA FREAKING[2] SMYTHE) e lo minacciò di perseguitarlo se non l’avesse rivisto presto. Divertito, nonostante fosse un po’ perplesso, si permise di farsi accompagnare fuori di casa da Sebastian.

Mise le buste sul sedile posteriore della macchina prima di volgersi al giovane. “È stato… decisamente interessante. Grazie per oggi.”

“Ho a che fare con lei ogni giorno,” rispose l’altro, tornando verso casa. “Dovresti avere pietà.”

“Lei ha a che fare con te,” rispose. “Non provo dispiacere per nessuno, se non per i tuoi genitori.”

Sebastian sorrise maggiormente allora. “Ti andrebbe di-”

Il telefono di Kurt scelse proprio in quel momento di informarlo che c’era una chiamata in arrivo.

Era solito associare delle canzoni a diversi contatti, così gli ci volle qualche momento per capire che non aveva pensato a cambiare Teenage Dream a Blaine, così il telefono attaccò: “You think I’m pretty, without any makeup on – you think I’m funny, when I tell the punch-line wrong-

Ciò causò un’inarcata di sopracciglio divertita da parte di Sebastian, e Kurt si immobilizzò per l’orrore quando si rese conto di chi stesse chiamando.

Distolse lo sguardo dall’altro e si volse alla macchina mentre rispondeva. “Blaine?” disse.

Hey, Kurt,” rispose Blaine, suonava esitante tanto quanto lui. “Possiamo parlare di una cosa?”

“Um,” disse, perché si sentiva davvero eloquente, dunque disse: “Dammi solo un secondo.” Si volse a Sebastian. “Grazie. Ti mando un messaggio dopo, okay? E non farmi perseguitare da Viola.”

“Lo terrò in mente,” replicò Sebastian, un’espressione indecifrabile in volto. “Ci vediamo, Kurt.”

“Ci vediamo,” rispose, dunque si sedette in macchina. “Okay, Blaine. Di cosa mi volevi parlare?”

Sei con Sebastian?” domandò il giovane. “Posso chiamarti quando sei solo.

“No, se n’è andato,” disse ancora, battendo la mano libera sul volante. “Sono solo. Di che si tratta?”

Blaine inspirò a fondo; Kurt poteva sentirlo attraverso la cornetta. Fu colpito, improvvisamente, dalla preoccupazione – Blaine era stato suo amico prima, e il suo miglior amico come suo ragazzo, dopo tutto – che qualcosa non andasse. “Si tratta di lui.”

Corrugò la fronte. “Di chi? Blaine, tutto bene?”

No, sì, sto bene,” replicò il giovane. “È un po’ difficile scegliere le parole, ecco tutto. Um. Sebastian e io abbiamo parlato un po’, da quando abbiamo rotto, e volevo chiederti alcune cose. Su di lui. E cosa ha, uh, detto di me.” Kurt sentì come se l’intestino gli fosse uscito dallo stomaco. Fissò dritto di fronte a sé con gli occhi sgranati, la leggerezza di poco prima era sparita. “Kurt? Sei ancora lì?”

“Sì,” rispose, dunque deglutì.

Blaine stava provando a chiedergli il permesso.

Ciò che lo colpì stranamente fu, mentre stava seduto lì, che la cosa era sia stranamente sensibile da parte di Blaine e al contempo davvero, davvero orribile. Non gli importava che l’altro andasse avanti, erano stati separati abbastanza perché se lo aspettasse, ma non aveva bisogno di saperlo. Perché avrebbe dovuto saperlo?

Io, ecco… mentre mi parlava stamattina ho capito che avrei… avrei dovuto. Parlartene. Perché ha ragione. Non è giusto che io-

“Blaine,” disse, sentendosi improvvisamente più aspro di quanto non fosse stato un attimo prima. “Grazie. Davvero. Ma non devi farlo, non mi… non mi importa. Um. Ma… grazie?”

La pausa fu breve, ma ci fu decisamente, prima che il giovane rispondesse: “Volevo dirtelo comunque.”

“No,” insistette. Blaine era per i fatti suoi e poteva frequentare chi voleva, anche se quella persona era una specie di strano amico per lui, ma ciò non significava che lui volesse parlarne. Avrebbe fatto del suo meglio per ignorarlo risolutamente. “Non voglio che tu lo faccia. Ma grazie.”

Chiuse la telefonata, e lasciò cadere il cellulare sul sedile accanto al proprio.

Aveva senso, realizzò mentre continuava a guardare fisso di fronte a sé. Aveva perfettamente senso che Blaine ci avrebbe provato con Sebastian – perché non avrebbe dovuto? Sebastian era una specie di stronzo, ma era anche divertente, intelligente e – sotto sotto, ad una maniera tutta sua – affettuoso. E Kurt era… Kurt. Niente di speciale.

Sebastian era speciale, capì, stringendo e poi rilassando le mani sullo sterzo. Ecco qual era la differenza tra loro. Ecco perché gli piaceva trascorrere il tempo con lui.

Sussultò quando il telefono vibrò, e inspirò a fondo (ripromettendosi di cancellare immediatamente il messaggio se fosse stato di Blaine) prima di prenderlo tra le mani.

Non era di Blaine. Era da parte di SMYTHE. Sei ancora seduto qua fuori… tutto bene? Blaine ha fatto lo stronzo?

Mentre stava considerando come rispondere, arrivò un secondo messaggio da VIOLA FREAKING SMYTHE: Sono armata di gelato e film. Torni dentro? Xxxxx

Erano entrambi dentro e lo stavano osservando, capì, con un’improvvisa ondata di imbarazzo. Scosse il capo, dunque rispose a Viola: Grazie, ma sto bene. Devo tornare a casa. Chiedendosi se fosse stato troppo brusco con qualcuno che gli aveva preparato la cena, l’aveva accolto e poi offerto conforto, aggiunse: P.S. la tua suoneria = Son of a Preacher Man. X

Uscì dal vialetto dunque, senza lanciare un’occhiata alla casa.

Sarebbe stato più facile se fosse stato qualcun altro, pensò mentre tornava a casa. Non era angosciato all’idea che Blaine fosse andato avanti, non per davvero. Una parte di lui si chiedeva se tutto sarebbe stato più facile se entrambi avessero voltato pagina, se magari fossero tornati ad essere comunque amici. Ma perché Sebastian? Perché la persona che aveva immediatamente provato a dividere, aveva irritato Kurt oltre ogni limite aveva, lentamente, cominciato a diventare importante?

Pensò al sorriso di Sebastian mentre gli porgeva la lettera della NYADA. Il pensiero del suo aiuto in Matematica, di tutti i caffè, tutte le insultanti osservazioni che da offensive erano diventate divertenti, a come fosse ovvio che gli mancasse la madre. Il pensiero delle sue molteplici espressioni e di come stesse lentamente imparando a leggerle, di come lentamente stesse imparando a volerle leggere, e desiderò che non lo facesse nessun altro a parte lui.

Ma poi ci ripensò – a tutti quei momenti, quelle espressioni e quelle qualità – e sapeva perché fosse lui. Capiva perché Blaine avesse scelto Sebastian. Aveva senso, e Sebastian chiaramente lo voleva, così avrebbe reso entrambi felici.

E lui, beh… Lui avrebbe imparato ad essere felice per loro.

*

“Ho un problema,” cominciò Sebastian mentre si sedeva di fronte a lui.

Kurt spinse una tazza di caffè in sua direzione, senza sollevare lo sguardo dai suoi compiti. “Hai molti problemi,” replicò senza troppa convinzione. “A cominciare dal modo in cui ti vesti.”

“Molto divertente,” rispose il giovane, dunque gli porse un foglio. “Questo è il mio problema.”

Catturò la sua attenzione. Osservò il foglio, dunque chiese: “La poesia è il tuo problema?”

“La mamma scrive questa roba come se avesse senso,” disse. “Scrive più roba di questa che mail. Perché non riesco a capire nemmeno una parola?”

Kurt sollevò il capo, le labbra arricciate. “La poesia richiede l’uso di qualcosa che ti manca, Sebastian,” spiegò. “Un cuore.”

“Ouch, ritira gli artigli,” replicò il giovane, abbagliandolo con un sorriso. “Mi aiuterai o no?”

Sollevò gli occhi al cielo, mettendo da parte i compiti. “Hai davvero bisogno di imparare a chiedere aiuto senza suonare come… beh, come te.” Dunque abbassò lo sguardo sul foglio e si illuminò immediatamente. “Oh, è Robert Browning!”

Sebastian rise della sua reazione. “Me lo sentivo che lo avresti apprezzato.”

“Sta’ zitto,” rispose, brandendo il poema verso di lui a mo’ di arma. “Sono un romantico. E questo è un fantastico poema. È per una relazione? Perché non l’hai googlato?”

Il giovane scrollò le spalle. “Volevo sapere cosa ne pensassi.”

Gli rivolse un’occhiata indifferente, e dunque stese il foglio sul tavolo e cominciò a leggere. Dopo un momento, le sue labbra si arricciarono in un sorriso, dunque recitò: “‘For me, I touched a thought, I know, has tantalised me many times – like turns of thread the spiders throw, mocking across our path – for rhymes to catch and let go.’[3] Come puoi non amarlo?”

“Non riesco a capire se sia felice o triste,” ammise lui.

Kurt, la cui immediata reazione era stata di godersi tutta la bellezza della poesia, lesse di nuovo e il suo sguardo fu catturato da una strofa.

No. I yearn upward, touch you close,
Then stand away. I kiss your cheek,
Catch your soul’s warmth, - I pluck the rose
And I love it more than tongue can speak -
Then the good minute goes.

“Penso che sia entrambe le cose,” rispose. “L’amore è magnifico, ma non dura per sempre. Non necessariamente. E ognuno di questi splendidi attimi svanirà, perché è così che funziona con il tempo. Non puoi cristallizzare un momento per sempre, sai?” sollevò lo sguardo su di lui, che lo stava osservando pensieroso, e i suoi pensieri tornarono su Sebastian e Blaine. Then stand away, I kiss your cheek, then the good minute goes. “Um. Penso sia anche sulla comunicazione.”

“Comunicazione?” ripeté Sebastian, abbassando lo sguardo sul foglio.

“Sì,” rispose. “Ascolta. ‘I wonder, do you feel to-day as I have felt since, hand in hand, we sat down on the grass to stray’ – e qui, ‘for me, I touched a thought, I know’: sta provando a comunicare con questa persona, ma ogni volta che pensa siano insieme, davvero insieme in quel momento: ‘Just when I seemed about to learn – where is the thread now? Off again.’”

Quando sollevò lo sguardo, Sebastian aveva uno sguardo che non sapeva come decifrare. “Sei bravo,” disse l’altro.

Kurt scrollò le spalle. “Potrei sbagliarmi del tutto, Browning potrebbe aver voluto dire chissà cosa,” spiegò, “ma non importa. È poesia. È così che mi parla.”

Sebastian mugugnò, dunque abbassò lo sguardo sul tavolo. “Preferisco i fatti,” ammise.

“Allora non dovresti essere un cantante,” disse. “Cuore, Sebastian.”

Il giovane sollevò nuovamente lo sguardo su di lui, e inarcò un sopracciglio. “La musica è fondamentalmente riguardo la matematica.”

“Forse,” rispose. “Ciò non significa che tu possa trattarla oggettivamente. È soggettiva. Riguarda i sentimenti.”

“E i sentimenti sono chimica,” rispose Sebastian, chinandosi appena sul tavolo. “Non dico che l’arte non sia meravigliosa, ma che tutto alla fine arrivi ai fatti.”

Kurt sorrise. “Ti sbagli.” Sogghignò, dunque, incapace di reprimersi. “Allora credo che tu non sia in grado di aiutare me.”

“Cosa ti serve?” domandò l’altro, prendendo la tazza di caffè tra le mani. Lo sguardo di Kurt era fisso proprio lì, concentrato sul modo in cui le dita si intrecciavano insieme, e dovette sforzarsi per sollevare lo sguardo e concentrarsi.

“Mr Schuester ci ha dato un compito al glee club, e ho un’idea ma non sono sicura su come svilupparla.” All’occhiata dell’altro, continuò: “Ci sono stati un paio di problemi, come sempre. Ha detto che abbiamo bisogno di apprezzare le nostre amicizie per quello che sono, quindi dobbiamo cantare delle canzoni su quanti ci amiamo l’un l’altro, essenzialmente.”

Sebastian annuì. “Sembra adeguatamente dozzinale,” osservò.

“È Mr Schue,” rispose lui. “Così stavo pensando ai miei amici. E… beh, molte delle mie amicizie non sono iniziate a quella maniera. Mercedes e io ci urlammo contro, tipo, per un’ora quando ci siamo incontrati alle scuole medie. Odiavo Rachel. Finn e Puck mi gettavano nei cassonetti prima di scuola.”

“E poi ci sono io,” aggiunse l’altro, sorridente.

“E poi ci sei tu,” convenne. “Tutto ciò che mi è venuto in mente è stato il verso ‘we found love in a hopeless place’, ma l’abbiamo cantata in gruppo quando Mr Schue ha chiesto a Miss Pillsbury di sposarla.”

Le sopracciglia del giovane scattarono in su, sembrò divertito. “Okay, strana scelta per chiedere di sposarti.”

“Quindi pensavo di fare un mash-up,” spiegò lui. “Solo che non so con cosa mischiarla.”

Sebastian si umettò il labbro, un’espressione pensierosa sui lineamenti. Dopo un momento, disse: “Canta il primo verso.”

Si guardò attorno nel locale. “Qui?”

“Fallo,” gli ordinò lui. “A nessuno importerà. Credimi.”

Si mordicchiò l’interno della guancia, dunque cominciò: “Yellow diamonds in the light, and we’re standing side-by-side, as your shadow crosses mine; what it takes come alive.” Sebastian cominciò a canticchiare un’altra melodia, ondeggiando avanti e indietro alle sue parole. “It’s the way I’m feeling, I just can’t deny – but I’ve got to let it go.”

I don’t care if Monday’s blue,”[4] cominciò il giovane, riprendendo da dove Kurt aveva smesso.

“Non sei serio,” disse, sentendosi illuminare al suggerimento.

Sebastian sorrise.

E dato che la vita di Kurt era fatta di strani, vagamente imbarazzanti momenti, si ritrovò a trascorrere venti minuti armonizzando con Sebastian al Lima Bean e ignorando le occhiate che riceveva.

*

“Ci sto per una maratona di Twilight,” convenne Kurt, “ma solo se trascorriamo la maggior parte del tempo a mangiare schifezze e a criticare i personaggi per le loro pessime, pessime decisioni.”

Come non scegliere il lupo mannaro carino?” domandò Mercedes, una traccia di divertimento nella sua voce.

Kurt infilò il telefono tra la guancia e la spalla mentre cominciava a mangiare verdure. “Come scegliere per il ragazzo che va davvero bene per lei,” replicò. “Quello che non rovina la sua macchina per evitare che veda i suoi amici? Quello che la ama come persona invece che come una preda il cui sangue odora da paura e, okay, quello con degli addominali davvero favolosi.”

Ci sto per i commenti durante il film,” disse la ragazza. “Ma più che altro, vorrei trascorrere un po’ di tempo con te. Sei sempre con quel ragazzo.

Sospirò. “Mercedes, ne abbiamo già parlato. Non trascorro più tempo con quel ragazzo che con chiunque altro.”

Con qualunque altro ragazzo davvero carino che ti porti a fare shopping,” concluse Mercedes.

“Qualunque altro ragazzo non interessato che ha bisogno di un po’ d’aiuto con degli abiti. Davvero, Mercedes, basta così.”

Improvvisamente, ci fu trambusto alla sua sinistra. Chiuse gli occhi, dunque lanciò a Sam un’occhiata davvero raggelante. “Stiamo parlando di Sebastian?” domandò Sam, sorridendogli come se non si fosse assolutamente intromesso in una conversazione privata.

“Sam,” rispose Kurt nel suo tono di voce più paziente (che solitamente riservava alle persone al di sotto dei sei anni, oltre Finn), “non ora. Sono al telefono.”

Vedi, persino lui sa che stai parlando di quel ragazzo.

“Non è vero… state cominciando a darmi sui nervi. Posso affrontare solo uno di voi per volta,” si lamentò, spostandosi per afferrare meglio il telefilm. “Sam, sto cercando di organizzare un pigiama party con Mercedes.” Ondeggiò lentamente, dunque tornò alle sue verdure. “Allora. Tu, io, Rachel e la saga di Twilight?”

Sembra perfetto,” convenne Mercedes.

“E senza parlare di ragazzi,” ordinò.

Ci fu un suono alle sue spalle. Kurt contò da dieci, dunque si volse con la fronte corrugata verso Sam. “Andiamo, non è giusto,” si lamentò il biondino. “Sarò già qui a casa. Perché non posso venire?”

Inarcò le sopracciglia. “Non abbiamo deciso dove dobbiamo dormire, Sam,” spiegò. “Ed è un pigiama party per ragazze.”

“Facciamo un pigiama party tra ragazze?” domandò Finn, apparendo in cucina da dietro l’angolo. “Fico. Possiamo accamparci sul pavimento del soggiorno con tutte le nostre coperte?”

È davvero una bellissima idea,” disse la voce di Mercedes dal telefono.

“No,” insistette Kurt. “Non farò un pigiama party con due coppie. Potete tirarmi fuori se andrà così.”

Potresti invitare Tina,” suggerì la ragazza. “O Brittany.”

“Tina inviterebbe Mike, Brittany inviterebbe Santana, non ci sto.” Volse la schiena ai ragazzi, che stavano discutendo sul poter giocare o no ai videogames ad un ‘pigiama party tra ragazze’. Cominciava a fargli male la testa, ma aveva capito che gli amici erano davvero interessati all’idea. “Okay. Magari invito qualcuno di single,” suggerì. “Ma non trascorrerete tutta la serata a fare le coppiette. E niente videogames.”

Mercedes squittì felice all’altro capo del telefono, e Finn e Sam si diedero il cinque.

C’era molto potenziale per creare un disastro, capì. Quand’è che la sua vita si era trasformata in un infinito mal di testa?

*

L’entrata di Sebastian nell’aula di canto suscitò diverse reazioni.

Sam gridò, dunque sollevò la mano a mo’ di saluto (Kurt non era sicuro se gli piacesse davvero Sebastian o volesse soltanto metterlo in imbarazzo); l’espressione di Rachel mutò immediatamente in pura disapprovazione; Mercedes gli lanciò un’occhiata sbigottita; e Brittany disse, “Kurt, questo è l’outfit che hai indossato quand’eri triste. È venuto a portarti via? Sei di nuovo triste?”

Kurt, in piedi di fronte alla New Direction con le mani sui fianchi, si addolcì un po’ all’espressione devastata di Brittany. “No, Brittany, non sono triste,” spiegò. “Sebastian è della Dalton. È la scuola a cui andavo, ricordi?”

“La scuola per gay, B,” spiegò Santana.

Chiuse gli occhi per un secondo, quindi si volse a Santana, accigliato. “Santana, non è una scuola per gay.”

“Lo dici tu, ma il Warbler Untuoso è decisamente dalla tua parte della carreggiata.” Alla mancanza di risposta, il volto dell’ispanica si aprì in un sorrisetto. “Ti sei preso un nuovo boy-toy, Hummel?”

“Kurt bacia molto bene,” sussurrò Brittany gentilmente. Kurt seppellì il volto tra le mani.

Rachel si chinò in avanti, gli occhi sgranati. “Mr Schuester, è appropriato avere un Warbler al nostro allenamento?”

Mr Schuester scrollò le spalle. “La competizione è finita, Rachel, non c’è motivo per cui non possa stare qui. Ma, uh, perché sei qui?”

“Beh, avevo l’impressione che fosse un’aula di canto. Sono qui per cantare,” chiarì Sebastian.

Kurt si volse nuovamente alla classe, cercando di riprendere in mano la situazione. “Sebastian è qui per aiutarmi con la canzone del compito di questa settimana,” spiegò. La stanza sembrò tornare silenziosa allora, e lui inspirò a fondo. “Molte delle persone in questa stanza non… andavano esattamente d’accorso. Siamo di ceti diversi,” cominciò, lanciando un’occhiata a Puck, che annuì d’accordo, e poi a Quinn. “O semplicemente non andavamo d’accordo.” Guardò verso Rachel allora, che rispose con un sorriso. Dopo un attimo, si volse verso Sebastian, le cui braccia erano incrociate, ma la cui espressione era sincera. “Ma siamo cresciuti. Abbiamo costruito dei ponti, a volte abbiamo dovuto bruciarli e riscostruirli, ma l’abbiamo fatto. E penso che siamo andati lontani, tutti noi. Anche se per metà del tempo non riesco a sopportare nessuno di voi.”

Ci fu un breve momento di risate, e si sentì rilassato. “Il mio gatto costruisce ponti di carte nel mio seminterrato,” li informò Brittany.

“Allora siamo caduti,” continuò lui, trovando lo sguardo di Blaine. “Abbiamo fatto errori, e qualche volta abbiamo imparato da essi.” Guardò Mike. “Abbiamo scoperto chi siamo imparando dagli altri.” Il sorriso di Mike lo spinse ad andare avanti, verso Finn. “Siamo passati dal lanciarci nei cassonetti al chiamarci a vicenda fratelli. Quello che voglio dire,” disse, scuotendo il capo dato che cominciava a straparlare. “Quello che voglio dirvi è grazie. Questo mash-up è per voi tutti.”

Guardò Sebastian allora, che annuì, e si sentì immediatamente coi piedi piantati per terra.

La musica cominciò, un ritmo veloce, che mescolava due melodie.

Inspirò a fondo. “Yellow diamonds in the light,” cominciò a cantare, senza distogliere lo sguardo da Sebastian, poggiato appena sul pianoforte, “and now we’re standing side-bye-side, as your shadow crosses mine.” Distolse lo sguardo, puntandolo sul resto della classe. “What it takes to come alive. It’s the way I’m feeling, I just can’t deny.”

Il ritmo velocizzò, una melodia si unì all’altra, Kurt si rilassò e tornò a guardare Sebastian.

Sorridendo, il giovane si allontanò dal piano. “I don’t care if Monday’s blue,” cantò. “Tuesday’s grey and Wednesday, too. Oh, Thursday, I don’t care about you – it’s Friday, I’m in love.”

Kurt inspirò nella breve pausa, e aggiunse: “We found love in a-

Monday, you can fall apart,” lo interruppe Sebastian, e lui chiuse gli occhi. “Tuesday, Wednesday, break my heart. Oh, Thursday, don’t even start. It’s Friday, I’m in love.”

We found love in a-

Saturday, wait,” cantarono, finalmente insieme, la voce di Kurt insieme a quella di Sebastian. Si ritrovò a sorridere, gli occhi ancora chiusi. “Sunday always comes too late, but Friday – never hesitate.”

Fece un passo indietro mentre Sebastian raggiungeva il centro della stanza, e lo guardò attentamente. “Shine a light through an open door,” cantò il giovane, tornando indietro alla prima canzone. “Love and life I will divide. Turn away ‘cause I need you more.” I loro sguardi si incontrarono, il respiro di Kurt si disperse da qualche parte durante la melodia. “Feel the heartbeat in my mind. It’s the way I’m feeling, I just can’t deny, but I’ve got to let it go.”

Era così distratto dall’espressione di Sebastian che quasi perse la sua battuta.

I don’t care if Monday’s black,” se la cavò, cercando di tornare concentrato. “Tuesday, Wednesday, heart attack. Oh Thursday, never looking back – it’s Friday, I’m in love.”

We found love in a-” intervenne l’altro.

Monday, you can hold your head,” continuò Kurt, osservando Sebastian piuttosto che il pubblico. “Tuesday, Wednesday, stay in bed; oh Thursday, watch the walls instead. It’s Friday, I’m in love.”

We found love in a-

Saturday, wait,” cantarono insieme di nuovo, armonizzando. Era tornato il sorriso sulle sue labbra. “Sunday always comes too late, but Friday – never hesitate.

Sebastian si chinò dietro di lui, allora, e dovette trattenersi dal volgersi per seguirlo. “Dressed up to the eyes, it’s such a wonderful surprise,” cantò il giovane, piazzando le mani sulle sue spalle e poggiandovisi per incontrare il suo sguardo. “To see your shoes, and your spirits rise,” continuò, chinandosi scherzosamente dall’altro lato.

We found love,” aggiunse Kurt.

Throwing out your frown and just smile on the town,” continuò Sebastian, le mani che scivolavano dalle sue spalle mentre avanzava per stare al suo fianco, “slick as a shriek spinning round and round.”

We found love,” cantò allora, una strana emozione che lo invadeva.

Always take a big bite, it’s such a gorgeous sight,” Sebastian sorrise, senza vacillare, “to see you eat in the middle of the night.” Kurt dimenticò il suo ‘we found love’, questa volta, troppo occupato a cercare di ricordare come si respirasse. “I can never get enough, enough of this stuff, it’s Friday, I’m in love.”

Un’altra breve pausa, la musica si sollevò nuovamente, e Kurt e Sebastian sorridevano entrambi mentre si lanciavano a ripetere, “We found love in a hopeless place; we found love in a hopeless place.”

La canzone continuò a quella maniera a lungo, le stesse parole che si ripetevano, ma cantate appena diversamente, le voci che danzavano e si univano l’un l’altra.

Kurt si sentiva senza fiato quando la musica sfumò, e gli ci volle qualche momento per concentrarsi nuovamente e scostare lo sguardo da Sebastian per volgerlo al resto della classe.

A stento riconobbe l’applauso quando arrivò, perché era troppo attento a Sebastian, in piedi al suo fianco, che lo osservava con sguardo pacato, contemplativo.

 

______________________________

 

[1] Non è un errore non voluto, si tratta solo di Puck che sbaglia intenzionalmente il nome del glee club di cui fa parte Sebastian.

[2] Non trovavo una traduzione italiana che calzasse bene come volevo e, d’altronde, mi sembra che chiunque conosca un po’ di lessico inglese sappia il significato. In definitiva l’ho lasciato in inglese perché mi sembrava più ‘adatto’.

[3] Il testo è tratto da ‘Two in the Campagna’ di Robert Browning. Avrei voluto inserire il testo in italiano ma a) non ho trovato una traduzione soddisfacente che potesse essere inserita nel testo; b) sono venuta a sapere che si preferisce analizzare in lingua originale perché in traduzione ‘perde di significato’. Accludo la traduzione, comunque, così che possiate vederla con i vostri occhi!

[4] La canzone è ‘Friday, I’m in love’ dei Cure.  

 

  
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