NdT:
Buonasera a tutti e buona Domenica! Dopo poco più di un
mese, ecco l’aggiornamento.
Non ho molto altro da dire, se non che mi dispiace di fare aspettare
tanto per
gli aggiornamenti, ma d’altronde vale la pena di attendere
per una perla del
genere, giusto? (: Ringrazio ancora una volta per il feedback
dolcissimo e per
tutti coloro che mi hanno chiesto personalmente quando avrei
aggiornato. Siete
dei bellissimi. ♥ Mi intratterrei ancora a dirlo, ma
l’estate (ovvero questa
serata) mi chiama a sé. Buona lettura, al prossimo capitolo!
Link
al
quarto capitolo
Kurt era nel
parcheggio del McKinley con
Mercedes da un lato e Sugar dall’altro, quando vide una
macchina familiare.
“Oh,
no,” grugnì, fermandosi di colpo.
“Possiamo tornare indietro e nasconderci?”
“Cosa
c’è?” domandò Sugar,
un’espressione costernata
in volto.
Kurt si
limitò ad inarcare le
sopracciglia, fissando l’auto, fino a quando Mercedes disse:
“Sarà meglio che
cominci a spiegare, Tesoro.”
“È
Sebastian,”
spiegò lui. “E Sebastian qui non può
che portare cattive notizie.”
La sua prima ipotesi
era stata che
Sebastian fosse lì per lui (per terrorizzarlo, senza
dubbio), ma quando lo
vide, capì di essersi sbagliato. Sebastian era a un paio di
metri dalla sua
macchina, il capo chino mentre discuteva con Blaine.
Ciò lo
ferì più di quanto si aspettasse.
“Um,”
disse, cercando di scostare lo
sguardo dai due. “Scusate, ignoratemi. Di cosa stavamo
parlando?”
“Dolcezza?”
lo richiamò Mercedes,
chiaramente costernata. “Sebastian – è
quel ragazzo dei Warblers, vero?”
A quel punto
riuscì a scostare lo sguardo,
la mascella serrata per un momento. “Sì,
è qui per Blaine. Momento di panico
superato. Stavamo parlando di maglioni.”
“Amico,”
lo interruppe un’altra voce e,
Cristo, Kurt non voleva avere nulla a che fare con Puck
in quel momento. “Che ci fa quel Gargler[1] qui? Cerca di
reclutare
Anderson?” Puck sgranò gli occhi. “O
magari stanno cercando di rubare la nostra
scaletta per essere certi che perderemo alle Nazionali.”
“Sei libero
di crederci o no, Puck, ma non
tutto gira attorno alle Nazionali,” rispose. “Non
preoccuparti di lui, è tutto
a posto. Stavamo parlando di maglioni, Puck, potrebbe non essere quel
tipo di
conversazione cui vuoi partecipare.”
Mercedes
sbuffò. “Non credo stiamo
parlando ancora di maglioni. Oh, guardate.”
Sebastian aveva
voltato le spalle a
Blaine, la cui postura era difensiva e le sopracciglia erano
aggrottate, e
stava camminando verso di loro, la mano sollevata a mo’ di
saluto.
Bene. Forse era
lì per lui dopo tutto, e
aveva flirtato con Blaine per occupare il tempo mentre aspettava. Kurt
attese
che quella sensazione spiacevole sparisse, ma non fece altro che
rafforzarla.
“Kurt,”
lo salutò il giovane, sorridendo
amichevole. “Sai di essere un orribile stereotipo di
omosessuale.”
Sbatté le
palpebre. “Immagino che queste
parole vadano a parare da qualche parte,” replicò.
“Beh,”
continuò Sebastian, “Mi è stato
ordinato dalla mia futura matrigna che ho bisogno di un nuovo completo
elegante. Apparentemente si tratta di una di quelle occasioni in cui ho
bisogno di un nuovo abito. E
immagino
che tu, essendo te stesso, capisca il concetto, mentre io no.”
Le labbra di Kurt si
piegarono all’insù,
non poté evitare di sorridere. “Capisco cosa vuole
dire. È una grande
occasione?”
Sebastian
scrollò le spalle. “Quindi dovrò
andare al centro commerciale quando preferirei…”
si leccò le labbra, passando
al francese, dunque concluse: “impiccarmi
con le mie stesse budella.”
“Sei
così eloquente,” disse lui, ancora
sorridente. “Mi stai chiedendo di darti una mano?”
“Ti sto
offrendo l’opportunità di scegliere
i vestiti per me. Pensavo che saresti stato eccitato.” Gli
occhi del giovane
erano accesi di divertimento.
Kurt
sospirò. “Mi comprerai una sciarpa,”
disse.
Il sorriso di
Sebastian si allargò. “Certo
che lo farò,” replicò, dunque
osservò Mercedes, Sugar e Puck, ancora al suo
fianco. “Sono sicuro che non ti dispiacerà che io
ti liberi da questa
compagnia.”
“Continua
così e saranno una sciarpa e dei
pantaloni, Smythe,” lo avvertì. Sebastian
salutò i suoi amici con un gesto
mentre loro se ne andavano, e lui lo guardò con la coda
dell’occhio per
decidere quale completo gli sarebbe stato meglio.
*
Dopo un’ora
di lamentele, Sebastian
finalmente sembrò accettare di non essere altro che un
appendiabiti ambulante
per Kurt. Quest’ultimo, comunque, aveva deciso che non
c’era ragione di non
trasformare la loro emergenza in divertimento.
Fortunatamente per
lui, Sebastian era
sorprendentemente allenato nel seguirlo e nel tenere buste e abiti.
Cominciò a
brontolare quando Kurt gli fece provare ‘tutti gli abiti che
c’erano al mondo’,
ma fondamentalmente aveva fatto ciò che gli era stato
chiesto, uscendo fuori
dai camerini e ruotando su se stesso per dare all’altro una
buona visuale.
Comprò tre
potenziali completi per la
festa dei genitori. Kurt comprò un paio di favolosi stivali
alti al ginocchio, con
un’incredibile numero di fibbie, due maglioni che,
sì, tecnicamente erano nel
settore donna (e ovviamente Sebastian aveva sentito il bisogno di
farglielo
notare), un cappello che gli era stato portato da Sebastian mentre
stava
provando quei due maglioni (chi lo sapeva che avesse occhio per i
cappelli?) –
e, sì, gli era stata comprata una meravigliosa sciarpa verde.
“Sono
pronto a morire,” annunciò Sebastian
dopo un paio d’ore. “Ecco cosa significa essere
etero e avere una ragazza.”
“O essere
gay e avere un fidanzato davvero
favoloso,”
replicò, osservando il
giovane ricadere sulla panchina con tutte le buste.
Sorseggiò allegramente il
suo frullato. “Andiamo, ho fatto il mio lavoro.”
L’altro
sospirò, prendendo il suo frullato
dalle mani di Kurt, dunque annuì. “Sì,
l’hai fatto. E hai avuto la tua sciarpa.
Entrambi abbiamo concluso il nostro affare.”
Kurt esitò
a quelle parole, dunque scostò
lo sguardo. “Sicuro,” replicò alla fine,
insicuro sul perché si sentisse così
stranamente ferito. “Grazie. Dovremmo, uh, dividere quello
che abbiamo
comprato.”
Sebastian
sollevò lo sguardo su di lui con
espressione curiosa, dunque le sue labbra si stirarono in un sorriso.
“Oh no,
non te ne andrai così facilmente,” disse.
“Devi tornare con me e aiutarmi a
scegliere quale completo indossare. Hai detto che dipendeva dalle
scarpe e dalla
gradazione di grigio della mia cravatta preferita.”
“Sì,
beh non è così che dovresti chiedere
favori,” gli fece notare, lanciandogli un’occhiata
infuocata, sebbene il suo
umore si fosse improvvisamente risollevato, fiorendo in qualcosa di
ottimistico.
L’altro
sollevò il braccio ora libero.
“Chiaramente, ho bisogno del tuo fiammeggiante, stereotipato,
decisamente
fastidioso senso del fashion per vestirmi.”
“Chiaramente,”
concordò, reprimendo un
sorriso. “Va bene, non ti biasimo per aver ammesso il tuo
scarso senso nello
stile. Ti aiuterò.”
Così Kurt
si ritrovò a mandare a Finn un
messaggio per dirgli che sarebbe mancato un altro paio di ore, prima di
seguire
Sebastian verso casa sua. Il viaggio gli concesse un po’ di
tempo da solo,
durante i quali si ritrovò a canticchiare per un paio di
minuti, prima di
riconoscere che il motivo era ‘Here Comes the Sun’.
Quando si
fermò al semaforo, controllò il
cellulare. Finn aveva risposto al suo messaggio con: Se
non lo frequenti, perché continui a uscire con lui? :S
Mentre inarcava un
sopracciglio, ricevette
un altro sms. Era di SMYTHE, e
diceva: Vi mi ha mandato un messaggio per
dirmi che saremo solo io e lei stasera. Vuoi rimanere a cena? Giuro di
non
avvelenare il tuo cibo INTENZIONALMENTE.
Kurt
giocherellò con il cellulare per
qualche momento, la fronte corrugata, poi il semaforo divenne verde.
Quando si
fermò un’altra volta, mandò
velocemente un messaggio a Finn: Ceno da
Sebastian. Di’ a Papà che tornerò prima
del coprifuoco.
Ricevette quasi
immediatamente una
risposta da Sam, che era poi un’emoticon che faceva
l’occhiolino e sette punti
esclamativi.
“I miei
amici sono completamente pazzi,”
informò Sebastian una volta sceso dall’auto. Aveva
pensato di aiutarlo a
prendere le buste, ma la vista di lui con le mani piene era troppo
divertente
per perdersela. “Rimarrò a cena, solo se non ci
sono problemi.”
“Vi sta
cucinando,” rispose l’altro, e
Kurt finalmente si sentì abbastanza in colpa da prendere un
paio di buste.
“Questo potrebbe essere un problema.”
Sbuffò.
“Mi ispiri così tanta sicurezza,
Sebastian.”
“E tu mi
dai la nausea,” rispose Sebastian
senza perdere l’occasione. Kurt provò a trattenere
una risata, ma incontrò lo
sguardo dell’altro all’ultimo momento, e gli
sfuggì. “Sei di buonumore,” gli
fece notare il giovane mentre chiudeva l’auto.
“Ah, hai
appena scoperto cosa provoca una
buona sessione di shopping al Signor Kurt Hummel,”
replicò, aspettando
pazientemente che l’altro aprisse la porta.
“Sei
tornato!” esclamò una voce femminile,
eccitata e stranamente roca. “Sebastian, ho bisogno che tu
dica due parole a –
oh, ciao, Kurt.”
Viola Smythe era
apparsa a velocità
sorprendente in corridoio, i capelli che sfuggivano dalla sua treccia.
Ci volle
un momento per capire la fonte della sua voce roca: aveva gli occhi
umidi.
Sebastian
lasciò cadere le buste sulla
soglia ed entrò in casa, le spalle rigide. “Dire
due parole a… chi,
esattamente?”
Viola si
sfregò il volto e rise. “Um,
nostra madre?” suggerì. “O magari a
quell’idiota del mio ragazzo. Che ti
saluta, a proposito. E dice che ‘dovresti rispondere alle sue
mail, faccia di
culo’.”
“Non credo
che Yitzie mi abbia chiamato
‘faccia di culo’,” commentò
Sebastian, in piedi di fronte alla sorella e con le
mani poggiate sulle sue spalle.
Viola
vacillò, e ci volle un momento per
Kurt per capire che era dovuto alle risate, piuttosto che alle lacrime.
“L’ho
un po’ modificato,” ammise, scostando le mani dal
volto e sorridendo. “Ma immagino
che tutti ti chiamino ‘faccia di culo’. Stavo
pensando di preparare del pesce
in casseruola.” Girò su se stessa, dunque,
volgendosi a Kurt. “Ti piace?”
Kurt
sbatté le palpebre. “Um,”
riuscì a
dire. “Sì, va bene.”
“Oh,”
rispose la giovane, asciugandosi il
volto come se avesse appena capito perché lui fosse a
disagio. “Non
preoccuparti. Piango sempre quando chiudo al telefono con Yitzie.
Memoria
muscolare. Mi manca appena quello stronzo, oh Dio, non la smetteva di
parlare
di lavoro a maglia, lo accoltellerò direttamente in faccia
la prossima volta
che lo vedo. Quale adolescente vorrebbe parlare di lavoro
a maglia?”
“Hai
davvero trovato il ragazzo più noioso
di tutta Parigi, Vi,” convenne Sebastian. Poi, piano, come se
Kurt non dovesse
sentirlo: “Tutto bene?”
Viola gli sorrise. I
suoi occhi
scintillavano. “Sono emotivamente instabile, secondo
Yitzie,” rispose.
“Bastardo,”
commentò l’altro. “Un bastardo
onesto, ma pur sempre un bastardo.”
Viola
arricciò il naso. “Dio, sono
innamorata di lui in maniera frustrante,” disse, suonando
disgustata. “Hai
fatto la cosa giusta evitando questa roba. Dovrei ascoltarti
più spesso.”
Sebastian
tornò indietro a prendere le
buste che aveva lasciato cadere, scuotendo il capo con un sorriso.
“Giusto,
sono decisamente una fonte di saggezza su questo argomento.”
“Metti un
cravatta alla porta della tua
camera se devo stare lontana!” esclamò dietro di
loro, e Kurt si volse solo per
vederla esibire un’espressione divertita.
La camera di
Sebastian… non era come Kurt
se l’aspettava.
Orgoglioso del suo
essere ordinato,
trascorse qualche momento a osservare la pila di fotografie sul
pavimento prima
di entrare. Almeno non era quella specie di lavanderia che sembrava
stesse
cercando di inghiottire la camera di Finn. Ma le fotografie erano
comunque
inaspettate.
Mentre Sebastian si
spostava nell’angolo
per provare uno dei completi (ovviamente non si vergognava di nulla),
Kurt si
volse per dargli un po’ di privacy e finì per
osservare le fotografie sul
pavimento. “Hanno un ordine particolare?”
domandò.
“Hm?”
Sebastian stette zitto un momento,
poi disse: “Oh, in realtà no. Stavo solo cercando
una cosa. Guarda pure.”
In cima alla pila di
fotografie ce n’era
una di Viola. Al piano di sotto l’aveva vista in disordine e
commossa, e Kurt
era rimasto troppo di sasso per osservarla bene. Guardò la
fotografia invece,
cercando di capire quali tratti condividesse con Sebastian
(l’altezza, gli
zigomi alti, qualcosa attorno alle labbra, il colore e il tipo di
capelli) e
cosa fosse diverso (gli occhi, interamente).
La giovane guardava oltre la macchina fotografica, sorridendo tanto da
far
apparire delle fossette. Ricambiò il suo sorriso, dunque
prese un’altra foto.
Questa era di Viola e
un ragazzo più o
meno della stessa altezza, lo sguardo dolce mentre guardava verso di
lei. Viola
rideva, mostrando ancora una volta le fossette. “È
il suo ragazzo?” domandò,
sollevando la foto senza guardare oltre la propria spalla.
“Sì,”
rispose Sebastian. “Quello è Yitzie.
Questa è la cravatta.” Kurt si volse allora,
ancora in ginocchio sul tappeto.
“Va bene?”
Aggrottò
la fronte, pensoso. “Sì,” ammise,
“ma in realtà penso che la camicia color carbone
ci stia meglio. Provala con la
cravatta.”
Si volse nuovamente
alle foto e ne prese
una a caso. Era in bianco e nero, ma in realtà
più nei toni di grigio, mostrava
una donna alta che fumava una sigaretta.
“È
bellissima,” si ritrovò a dire ad alta
voce, perché era la verità.
“È
mia madre,” spiegò Sebastian, suonava
un po’ esasperato. “E senza dubbio Vi
sarà così tra vent’anni
circa.”
Kurt si volse verso
di lui, la cravatta
andava perfettamente con quella camicia. “Questa va
bene,” disse, sfiorando la
cravatta con la mano libera. “Indossa questa.”
Sebastian
annuì, come se in qualche modo
l’avesse addomesticato durante il loro pomeriggio di
shopping, e tornò
nell’angolo per cambiarsi. Lui si volse nuovamente alla
fotografia di sua
madre.
“Somiglia
moltissimo a tua sorella,”
commentò, tornando a guardare la prima fotografia di Viola,
che sorrideva a
qualcosa che stava dietro la macchina fotografica. “Ma
somiglia anche a te. Hai
i suoi zigomi.”
“Più
che altro ho il suo senso
dell’umorismo,” rispose l’altro.
“E la sua impazienza.”
Sbuffò a
quelle parole. “Speriamo tu non
abbia la sua dipendenza da nicotina,” replicò, una
lieve inclinazione di
disapprovazione nella sua voce.
“Hey,”
esclamò Sebastian, “può scegliere
di uccidersi come vuole. È una donna adulta.”
Il giovane
avanzò nuovamente allora, e
Kurt si volse per lanciargli un’occhiata colma di
rimprovero… ma c’era qualcosa
nel suo sorriso, qualcosa di onesto, che lo rendeva incapace di
reprimere lui
stesso un sorriso. Si sentiva stranamente leggero, in ginocchio
sull’ultima
traccia di sole che si stagliava sul tappeto di Sebastian e
condividendo un
sorriso, e tutto ciò che riuscì a pensare fu wow, questa è una novità.
*
Cenare con Viola
era… interessante.
Si era data una
sistemata in loro assenza
(durante la quale Kurt e Sebastian si erano allontanati
dall’argomento abiti e
avevano finito per tornare sulla sempre-importante conversazione di New
York
contro Parigi). Si era tolta la divisa scolastica per indossare un
abito
marrone con una sottoveste rosa, e i suoi capelli erano legati in una
crocchia
piuttosto che in una treccia disordinata.
“Le donne
della tua famiglia hanno davvero
il gene del buongusto,” disse allegramente Kurt mentre
sedevano a tavola.
Sebastian si
chinò verso di lui, parlando
abbastanza piano da mascherarlo quasi
da Viola, quando rispose: “Ma gli uomini hanno acquisito
tutte le capacità
culinarie. Prendilo come avvertimento.”
“Prenderò
bene il potenziale
avvelenamento da cibo,”
replicò, e Viola colpì Sebastian sulla nuca con
uno strofinaccio. “Sono sicuro
che sarà ottimo.”
Viola
sbuffò allora, e cominciò a servire
il cibo. “È così beneducato,
‘Bastian, dove l’hai trovato uno
così?”
“Ci provava
con il mio ragazzo,” replicò
Kurt. “Ecco come ci siamo trovati.”
Viola
sembrò esasperata, ma c’era qualcosa
di divertito nella sua voce mentre diceva, “Certo che
l’ha fatto. Sai cosa mi
ha detto la prima volta che ha incontrato Yitzie?”
“Qualcosa
di assolutamente inappropriato,
ci scommetto,” suggerì.
La giovane
sollevò gli occhi al cielo. “Davvero,
Vi? Lo sai che non farà sesso fino
a quando non si sposerà, e anche allora sarà
attraverso un buco nelle lenzuola?”
“È
assolutamente vero,” insistette
Sebastian. “Ho grandi risorse a riguardo.”
“Hai il
cervello grande quanto una palla
da golf, ecco cosa,” sbottò la ragazza, e fu in
quel momento che Kurt capì che
gli sarebbe piaciuta.
Il resto della cena
trascorse tra le
risate, e Viola raccontava tutte le peggiori storie su Sebastian che le
venivano sul momento. Molte di quelle includevano ciò che
Viola spiegava come
‘la sfortunata carenza di un filtro tra il cervello e la
bocca’ di Sebastian, e
in mezzo a queste storie Kurt imparò tre cose: 1) Yitzie era
figlio di un
rabbino ortodosso, e la sua famiglia la disprezzava più che
altro per Sebastian
(sembrava essere stranamente divertita a causa di questa cosa), 2)
Sebastian in
realtà aveva quel famoso filtro, ma trovava molto
più divertente vedere le
persone si agitarsi, perché l’imbarazzo era per
lui un’emozione sconosciuta, e
3) che la madre, se non altro, incoraggiava
quell’atteggiamento.
Ore dopo, guardando
indietro alla cena con
i giovani Smythe, Kurt avrebbe pensato che l’intera serata
era stata piuttosto
surreale. Avrebbe pensato che stava trascorrendo troppi bei momenti con
Sebastian Smythe per essere vero, che gli mancava qualcosa –
ma al momento, si
crogiolava in quello strano sentimento che lo faceva sentire leggere,
nel
sorriso che non smetteva di apparire sulle sue labbra, e nello sguardo
che si
era scambiato con il giovane mentre Viola si lanciava in un ennesimo
racconto
iperbolico.
Quando Burt
cominciò a mandare messaggi (‘dove
sEI COME FACCIO A TOGLIERE IL CAPS LOCK
TORNA A CASA’), si sentiva rilassato e divertito,
ma anche pronto a tornare
a casa e dormire. Era stata una lunga giornata e la sorella di
Sebastian era
così energica che era persino stanco di stare a sentirla.
Lo
abbracciò a mo’ di saluto, sulla porta,
e gli ordinò di tornare presto, dunque gli scrisse il suo
numero sul cellulare
(salvandolo, Kurt inserì VIOLA
FREAKING[2]
SMYTHE) e lo
minacciò di perseguitarlo se non
l’avesse rivisto presto. Divertito, nonostante fosse un
po’ perplesso, si
permise di farsi accompagnare fuori di casa da Sebastian.
Mise le buste sul
sedile posteriore della
macchina prima di volgersi al giovane. “È
stato… decisamente interessante.
Grazie per oggi.”
“Ho a che
fare con lei ogni giorno,”
rispose l’altro, tornando verso casa. “Dovresti
avere pietà.”
“Lei ha a
che fare con te,”
rispose. “Non provo dispiacere per
nessuno, se non per i tuoi genitori.”
Sebastian sorrise
maggiormente allora. “Ti
andrebbe di-”
Il telefono di Kurt
scelse proprio in quel
momento di informarlo che c’era una chiamata in arrivo.
Era solito associare
delle canzoni a
diversi contatti, così gli ci volle qualche momento per
capire che non aveva
pensato a cambiare Teenage Dream a Blaine, così il telefono
attaccò: “You think
I’m pretty, without any makeup on
– you think I’m funny, when I tell the punch-line
wrong-”
Ciò
causò un’inarcata di sopracciglio
divertita da parte di Sebastian, e Kurt si immobilizzò per
l’orrore quando si
rese conto di chi stesse chiamando.
Distolse lo sguardo
dall’altro e si volse
alla macchina mentre rispondeva. “Blaine?” disse.
“Hey,
Kurt,” rispose Blaine, suonava esitante tanto
quanto lui. “Possiamo parlare di una
cosa?”
“Um,”
disse, perché si sentiva davvero
eloquente, dunque disse: “Dammi solo un secondo.”
Si volse a Sebastian.
“Grazie. Ti mando un messaggio dopo, okay? E non farmi
perseguitare da Viola.”
“Lo
terrò in mente,” replicò Sebastian,
un’espressione indecifrabile in volto. “Ci vediamo,
Kurt.”
“Ci
vediamo,” rispose, dunque si sedette
in macchina. “Okay, Blaine. Di cosa mi volevi
parlare?”
“Sei
con Sebastian?” domandò il giovane.
“Posso
chiamarti quando sei solo.”
“No, se
n’è andato,” disse ancora,
battendo la mano libera sul volante. “Sono solo. Di che si
tratta?”
Blaine
inspirò a fondo; Kurt poteva
sentirlo attraverso la cornetta. Fu colpito, improvvisamente, dalla
preoccupazione – Blaine era stato suo amico prima, e il suo
miglior amico come
suo ragazzo, dopo tutto – che qualcosa non
andasse. “Si tratta di lui.”
Corrugò la
fronte. “Di chi? Blaine, tutto
bene?”
“No,
sì, sto bene,” replicò il
giovane. “È
un po’ difficile scegliere le parole, ecco tutto. Um.
Sebastian e io abbiamo
parlato un po’, da quando abbiamo rotto, e volevo chiederti
alcune cose. Su di
lui. E cosa ha, uh, detto di me.” Kurt
sentì come se l’intestino gli fosse
uscito dallo stomaco. Fissò dritto di fronte a sé
con gli occhi sgranati, la
leggerezza di poco prima era sparita. “Kurt?
Sei ancora lì?”
“Sì,”
rispose, dunque deglutì.
Blaine stava provando
a chiedergli il permesso.
Ciò che lo
colpì stranamente fu, mentre
stava seduto lì, che la cosa era sia stranamente sensibile
da parte di Blaine e
al contempo davvero, davvero orribile. Non gli importava che
l’altro andasse
avanti, erano stati separati abbastanza perché se lo
aspettasse, ma non aveva
bisogno di saperlo.
Perché avrebbe
dovuto saperlo?
“Io,
ecco… mentre mi parlava stamattina ho capito che
avrei… avrei dovuto.
Parlartene. Perché ha ragione. Non è giusto che
io-”
“Blaine,”
disse, sentendosi improvvisamente
più aspro di quanto non fosse stato un attimo prima.
“Grazie. Davvero. Ma non
devi farlo, non mi… non mi importa. Um. Ma…
grazie?”
La pausa fu breve, ma
ci fu decisamente,
prima che il giovane rispondesse: “Volevo
dirtelo comunque.”
“No,”
insistette. Blaine era per i fatti
suoi e poteva frequentare chi voleva, anche se quella persona era una
specie di
strano amico per lui, ma ciò non significava che lui volesse
parlarne. Avrebbe
fatto del suo meglio per ignorarlo risolutamente. “Non voglio
che tu lo faccia.
Ma grazie.”
Chiuse la telefonata,
e lasciò cadere il
cellulare sul sedile accanto al proprio.
Aveva senso,
realizzò mentre continuava a
guardare fisso di fronte a sé. Aveva perfettamente senso che
Blaine ci avrebbe
provato con Sebastian – perché non avrebbe dovuto?
Sebastian era una specie di
stronzo, ma era anche divertente, intelligente e – sotto
sotto, ad una maniera
tutta sua – affettuoso. E Kurt era… Kurt. Niente
di speciale.
Sebastian era speciale, capì, stringendo e
poi rilassando le mani sullo sterzo.
Ecco qual era la differenza tra loro. Ecco perché gli
piaceva trascorrere il
tempo con lui.
Sussultò
quando il telefono vibrò, e
inspirò a fondo (ripromettendosi di cancellare
immediatamente il messaggio se
fosse stato di Blaine) prima di prenderlo tra le mani.
Non era di Blaine.
Era da parte di SMYTHE. Sei ancora seduto qua fuori… tutto bene?
Blaine ha fatto lo stronzo?
Mentre stava
considerando come rispondere,
arrivò un secondo messaggio da VIOLA
FREAKING SMYTHE: Sono armata di gelato e film. Torni dentro? Xxxxx
Erano entrambi dentro
e lo stavano
osservando, capì, con un’improvvisa ondata di
imbarazzo. Scosse il capo, dunque
rispose a Viola: Grazie, ma sto bene.
Devo tornare a casa. Chiedendosi se fosse stato troppo brusco
con qualcuno
che gli aveva preparato la cena, l’aveva accolto e poi
offerto conforto,
aggiunse: P.S. la tua suoneria = Son of a
Preacher Man. X
Uscì dal
vialetto dunque, senza lanciare
un’occhiata alla casa.
Sarebbe stato
più facile se fosse stato
qualcun altro, pensò mentre tornava a casa. Non era
angosciato all’idea che
Blaine fosse andato avanti, non per davvero. Una parte di lui si
chiedeva se
tutto sarebbe stato più facile se entrambi avessero voltato
pagina, se magari
fossero tornati ad essere comunque amici. Ma perché
Sebastian? Perché la
persona che aveva immediatamente provato a dividere, aveva irritato
Kurt oltre
ogni limite aveva, lentamente, cominciato a diventare importante?
Pensò al
sorriso di Sebastian mentre gli
porgeva la lettera della NYADA. Il pensiero del suo aiuto in
Matematica, di
tutti i caffè, tutte le insultanti osservazioni che da
offensive erano
diventate divertenti, a come fosse ovvio che gli mancasse la madre. Il
pensiero
delle sue molteplici espressioni e di come stesse lentamente imparando
a
leggerle, di come lentamente stesse imparando a volerle
leggere, e desiderò che non lo facesse nessun altro a parte
lui.
Ma poi ci
ripensò – a tutti quei momenti,
quelle espressioni e quelle qualità – e sapeva
perché fosse lui. Capiva perché
Blaine avesse scelto Sebastian. Aveva senso, e Sebastian chiaramente lo
voleva,
così avrebbe reso entrambi felici.
E lui,
beh… Lui avrebbe imparato ad essere
felice per loro.
*
“Ho un
problema,” cominciò Sebastian
mentre si sedeva di fronte a lui.
Kurt spinse una tazza
di caffè in sua
direzione, senza sollevare lo sguardo dai suoi compiti. “Hai
molti problemi,”
replicò senza troppa convinzione. “A cominciare
dal modo in cui ti vesti.”
“Molto
divertente,” rispose il giovane,
dunque gli porse un foglio. “Questo
è
il mio problema.”
Catturò la
sua attenzione. Osservò il
foglio, dunque chiese: “La poesia è il tuo
problema?”
“La mamma
scrive questa roba come se
avesse senso,” disse. “Scrive più roba
di questa che mail.
Perché non riesco a capire nemmeno una parola?”
Kurt
sollevò il capo, le labbra
arricciate. “La poesia richiede l’uso di qualcosa
che ti manca, Sebastian,”
spiegò. “Un cuore.”
“Ouch,
ritira gli artigli,” replicò il
giovane, abbagliandolo con un sorriso. “Mi aiuterai o
no?”
Sollevò
gli occhi al cielo, mettendo da
parte i compiti. “Hai davvero bisogno di imparare a chiedere
aiuto senza
suonare come… beh, come te.”
Dunque
abbassò lo sguardo sul foglio e si illuminò
immediatamente. “Oh, è Robert Browning!”
Sebastian rise della
sua reazione. “Me lo
sentivo che lo avresti apprezzato.”
“Sta’
zitto,” rispose, brandendo il poema
verso di lui a mo’ di arma. “Sono un romantico. E
questo è un fantastico poema.
È per una relazione? Perché non l’hai
googlato?”
Il giovane
scrollò le spalle. “Volevo
sapere cosa ne pensassi.”
Gli rivolse
un’occhiata indifferente, e
dunque stese il foglio sul tavolo e cominciò a leggere. Dopo
un momento, le sue
labbra si arricciarono in un sorriso, dunque recitò:
“‘For me, I touched a
thought, I know, has tantalised me many times – like turns of
thread the
spiders throw, mocking across our path – for rhymes to catch
and let go.’[3] Come puoi non
amarlo?”
“Non riesco
a capire se sia felice o
triste,” ammise lui.
Kurt, la cui
immediata reazione era stata di
godersi tutta la bellezza della poesia, lesse di nuovo e il suo sguardo
fu
catturato da una strofa.
No.
I yearn upward,
touch you close,
Then stand away. I kiss your cheek,
Catch your soul’s warmth, - I pluck the rose
And I love it more than tongue can speak -
Then the good minute goes.
“Penso che
sia entrambe le cose,” rispose.
“L’amore è magnifico, ma non dura per
sempre. Non necessariamente. E ognuno di
questi splendidi attimi svanirà, perché
è così che funziona con il tempo. Non
puoi cristallizzare un momento per sempre, sai?”
sollevò lo sguardo su di lui,
che lo stava osservando pensieroso, e i suoi pensieri tornarono su
Sebastian e
Blaine. Then stand away, I kiss your
cheek, then the good minute goes. “Um. Penso sia
anche sulla
comunicazione.”
“Comunicazione?”
ripeté Sebastian,
abbassando lo sguardo sul foglio.
“Sì,”
rispose. “Ascolta. ‘I wonder, do you
feel to-day as I have felt since, hand in hand, we sat down on the
grass to
stray’ – e qui, ‘for me, I touched a
thought, I know’: sta provando a
comunicare con questa persona, ma ogni volta che pensa siano insieme,
davvero
insieme in quel momento: ‘Just when I seemed about to learn
– where is the
thread now? Off again.’”
Quando
sollevò lo sguardo, Sebastian aveva
uno sguardo che non sapeva come decifrare. “Sei
bravo,” disse l’altro.
Kurt
scrollò le spalle. “Potrei sbagliarmi
del tutto, Browning potrebbe aver voluto dire chissà
cosa,” spiegò, “ma non
importa. È poesia. È così che mi
parla.”
Sebastian
mugugnò, dunque abbassò lo
sguardo sul tavolo. “Preferisco i fatti,” ammise.
“Allora non
dovresti essere un cantante,”
disse. “Cuore,
Sebastian.”
Il giovane
sollevò nuovamente lo sguardo
su di lui, e inarcò un sopracciglio. “La musica
è fondamentalmente riguardo la matematica.”
“Forse,”
rispose. “Ciò non significa che
tu possa trattarla oggettivamente. È soggettiva. Riguarda i
sentimenti.”
“E i
sentimenti sono chimica,” rispose
Sebastian, chinandosi appena sul tavolo. “Non dico che
l’arte non sia
meravigliosa, ma che tutto alla fine arrivi ai fatti.”
Kurt sorrise.
“Ti sbagli.” Sogghignò,
dunque, incapace di reprimersi. “Allora credo che tu non sia
in grado di
aiutare me.”
“Cosa ti
serve?” domandò l’altro, prendendo
la tazza di caffè tra le mani. Lo sguardo di Kurt era fisso
proprio lì,
concentrato sul modo in cui le dita si intrecciavano insieme, e dovette
sforzarsi per sollevare lo sguardo e concentrarsi.
“Mr
Schuester ci ha dato un compito al
glee club, e ho un’idea ma non sono sicura su come
svilupparla.” All’occhiata
dell’altro, continuò: “Ci sono stati un
paio di problemi, come sempre. Ha detto
che abbiamo bisogno di apprezzare le nostre amicizie per quello che
sono,
quindi dobbiamo cantare delle canzoni su quanti ci amiamo
l’un l’altro,
essenzialmente.”
Sebastian
annuì. “Sembra adeguatamente
dozzinale,” osservò.
“È
Mr Schue,” rispose lui. “Così stavo
pensando ai miei amici. E… beh, molte delle mie amicizie non
sono iniziate a
quella maniera. Mercedes e io ci urlammo contro, tipo, per
un’ora quando ci
siamo incontrati alle scuole medie. Odiavo
Rachel. Finn e Puck mi gettavano nei cassonetti prima di
scuola.”
“E poi ci
sono io,” aggiunse l’altro,
sorridente.
“E poi ci
sei tu,” convenne. “Tutto ciò
che mi è venuto in mente è stato il verso
‘we found love in a hopeless place’,
ma l’abbiamo cantata in gruppo quando Mr Schue ha chiesto a
Miss Pillsbury di
sposarla.”
Le sopracciglia del
giovane scattarono in
su, sembrò divertito. “Okay, strana scelta per
chiedere di sposarti.”
“Quindi
pensavo di fare un mash-up,”
spiegò lui. “Solo che non so con cosa
mischiarla.”
Sebastian si
umettò il labbro,
un’espressione pensierosa sui lineamenti. Dopo un momento,
disse: “Canta il
primo verso.”
Si guardò
attorno nel locale. “Qui?”
“Fallo,”
gli ordinò lui. “A nessuno
importerà. Credimi.”
Si
mordicchiò l’interno della guancia,
dunque cominciò: “Yellow
diamonds in the
light, and we’re standing side-by-side, as your shadow
crosses mine; what it
takes come alive.” Sebastian cominciò a
canticchiare un’altra melodia,
ondeggiando avanti e indietro alle sue parole. “It’s
the way I’m feeling, I just can’t deny –
but I’ve got to let it go.”
“I
don’t care if Monday’s blue,”[4] cominciò
il giovane, riprendendo da dove
Kurt aveva smesso.
“Non sei
serio,” disse, sentendosi
illuminare al suggerimento.
Sebastian sorrise.
E dato che la vita di
Kurt era fatta di
strani, vagamente imbarazzanti momenti, si ritrovò a
trascorrere venti minuti
armonizzando con Sebastian al Lima Bean e ignorando le occhiate che
riceveva.
*
“Ci sto per
una maratona di Twilight,”
convenne Kurt, “ma solo se trascorriamo la maggior parte del
tempo a mangiare
schifezze e a criticare i personaggi per le loro pessime, pessime
decisioni.”
“Come
non scegliere il lupo mannaro carino?”
domandò Mercedes, una traccia di
divertimento nella sua voce.
Kurt
infilò il telefono tra la guancia e
la spalla mentre cominciava a mangiare verdure. “Come
scegliere per il ragazzo
che va davvero bene per
lei,”
replicò. “Quello che non rovina la sua macchina
per evitare che veda i suoi
amici? Quello che la ama come persona invece che come una preda il cui
sangue
odora da paura e, okay, quello con degli addominali davvero
favolosi.”
“Ci
sto per i commenti durante il film,” disse la
ragazza. “Ma più che
altro, vorrei trascorrere un po’
di tempo con te. Sei sempre con quel ragazzo.”
Sospirò.
“Mercedes, ne abbiamo già
parlato. Non trascorro più tempo con quel
ragazzo che con chiunque altro.”
“Con
qualunque altro ragazzo davvero carino che ti porti a fare shopping,”
concluse Mercedes.
“Qualunque
altro ragazzo non interessato
che ha bisogno di un po’ d’aiuto con degli abiti.
Davvero, Mercedes, basta
così.”
Improvvisamente, ci
fu trambusto alla sua
sinistra. Chiuse gli occhi, dunque lanciò a Sam
un’occhiata davvero raggelante.
“Stiamo parlando di Sebastian?”
domandò Sam, sorridendogli come se non si fosse
assolutamente intromesso in una
conversazione privata.
“Sam,”
rispose Kurt nel suo tono di voce
più paziente (che solitamente riservava alle persone al di
sotto dei sei anni,
oltre Finn), “non ora. Sono al telefono.”
“Vedi,
persino lui sa che stai parlando di quel ragazzo.”
“Non
è vero… state cominciando a darmi sui
nervi. Posso affrontare solo uno di voi per volta,” si
lamentò, spostandosi per
afferrare meglio il telefilm. “Sam, sto cercando di
organizzare un pigiama
party con Mercedes.” Ondeggiò lentamente, dunque
tornò alle sue verdure.
“Allora. Tu, io, Rachel e la saga di Twilight?”
“Sembra
perfetto,” convenne Mercedes.
“E senza
parlare di ragazzi,”
ordinò.
Ci fu un suono alle
sue spalle. Kurt contò
da dieci, dunque si volse con la fronte corrugata verso Sam.
“Andiamo, non è
giusto,” si lamentò il biondino.
“Sarò già qui a casa. Perché
non posso venire?”
Inarcò le
sopracciglia. “Non abbiamo
deciso dove dobbiamo dormire, Sam,” spiegò.
“Ed è un pigiama party per
ragazze.”
“Facciamo
un pigiama party tra ragazze?”
domandò Finn, apparendo in cucina da dietro
l’angolo. “Fico. Possiamo
accamparci sul pavimento del soggiorno con tutte le nostre
coperte?”
“È
davvero una bellissima idea,” disse la voce di
Mercedes dal telefono.
“No,”
insistette Kurt. “Non farò un
pigiama party con due coppie. Potete tirarmi fuori se andrà
così.”
“Potresti
invitare Tina,” suggerì la ragazza.
“O
Brittany.”
“Tina
inviterebbe Mike, Brittany
inviterebbe Santana, non ci sto.” Volse la schiena ai
ragazzi, che stavano
discutendo sul poter giocare o no ai videogames ad un
‘pigiama party tra
ragazze’. Cominciava a fargli male la testa, ma aveva capito
che gli amici
erano davvero interessati all’idea. “Okay. Magari
invito qualcuno di single,”
suggerì. “Ma non trascorrerete tutta la serata a
fare le coppiette. E niente
videogames.”
Mercedes
squittì felice all’altro capo del
telefono, e Finn e Sam si diedero il cinque.
C’era molto
potenziale per creare un
disastro, capì. Quand’è che la sua vita
si era trasformata in un infinito mal
di testa?
*
L’entrata
di Sebastian nell’aula di canto suscitò
diverse reazioni.
Sam gridò,
dunque sollevò la mano a mo’ di
saluto (Kurt non era sicuro se gli piacesse davvero Sebastian o volesse
soltanto metterlo in imbarazzo); l’espressione di Rachel
mutò immediatamente in
pura disapprovazione; Mercedes gli lanciò
un’occhiata sbigottita; e Brittany
disse, “Kurt, questo è l’outfit che hai
indossato quand’eri triste. È venuto a
portarti via? Sei di nuovo triste?”
Kurt, in piedi di
fronte alla New
Direction con le mani sui fianchi, si addolcì un
po’ all’espressione devastata
di Brittany. “No, Brittany, non sono triste,”
spiegò. “Sebastian è della
Dalton. È la scuola a cui andavo, ricordi?”
“La scuola
per gay, B,” spiegò Santana.
Chiuse gli occhi per
un secondo, quindi si
volse a Santana, accigliato. “Santana, non è una
scuola per gay.”
“Lo dici
tu, ma il Warbler Untuoso è
decisamente dalla tua parte della carreggiata.” Alla mancanza
di risposta, il
volto dell’ispanica si aprì in un sorrisetto.
“Ti sei preso un nuovo boy-toy,
Hummel?”
“Kurt bacia
molto bene,” sussurrò Brittany
gentilmente. Kurt seppellì il volto tra le mani.
Rachel si
chinò in avanti, gli occhi
sgranati. “Mr Schuester, è appropriato avere un
Warbler al nostro allenamento?”
Mr Schuester
scrollò le spalle. “La
competizione è finita, Rachel, non c’è
motivo per cui non possa stare qui. Ma,
uh, perché sei qui?”
“Beh, avevo
l’impressione che fosse
un’aula di canto. Sono qui per cantare,”
chiarì Sebastian.
Kurt si volse
nuovamente alla classe,
cercando di riprendere in mano la situazione. “Sebastian
è qui per aiutarmi con
la canzone del compito di questa settimana,”
spiegò. La stanza sembrò tornare
silenziosa allora, e lui inspirò a fondo. “Molte
delle persone in questa stanza
non… andavano esattamente d’accorso. Siamo di ceti
diversi,” cominciò,
lanciando un’occhiata a Puck, che annuì
d’accordo, e poi a Quinn. “O
semplicemente non andavamo d’accordo.”
Guardò verso Rachel allora, che rispose
con un sorriso. Dopo un attimo, si volse verso Sebastian, le cui
braccia erano
incrociate, ma la cui espressione era sincera. “Ma siamo
cresciuti. Abbiamo
costruito dei ponti, a volte abbiamo dovuto bruciarli e riscostruirli,
ma
l’abbiamo fatto. E penso che siamo andati lontani, tutti noi.
Anche se per metà
del tempo non riesco a sopportare nessuno di voi.”
Ci fu un breve
momento di risate, e si
sentì rilassato. “Il mio gatto costruisce ponti di
carte nel mio seminterrato,”
li informò Brittany.
“Allora
siamo caduti,” continuò lui,
trovando lo sguardo di Blaine. “Abbiamo fatto errori, e
qualche volta abbiamo
imparato da essi.” Guardò Mike. “Abbiamo
scoperto chi siamo imparando dagli
altri.” Il sorriso di Mike lo spinse ad andare avanti, verso
Finn. “Siamo
passati dal lanciarci nei cassonetti al chiamarci a vicenda fratelli.
Quello
che voglio dire,” disse, scuotendo il capo dato che
cominciava a straparlare.
“Quello che voglio dirvi è grazie. Questo mash-up
è per voi tutti.”
Guardò
Sebastian allora, che annuì, e si
sentì immediatamente coi piedi piantati per terra.
La musica
cominciò, un ritmo veloce, che mescolava
due melodie.
Inspirò a
fondo. “Yellow diamonds in the light,”
cominciò a cantare, senza
distogliere lo sguardo da Sebastian, poggiato appena sul pianoforte,
“and now we’re standing
side-bye-side, as
your shadow crosses mine.” Distolse lo sguardo,
puntandolo sul resto della
classe. “What it takes to come
alive.
It’s the way I’m feeling, I just can’t
deny.”
Il ritmo
velocizzò, una melodia si unì
all’altra, Kurt si rilassò e tornò a
guardare Sebastian.
Sorridendo, il
giovane si allontanò dal
piano. “I don’t care if
Monday’s blue,”
cantò. “Tuesday’s
grey and Wednesday,
too. Oh, Thursday, I don’t care about you –
it’s Friday, I’m in love.”
Kurt
inspirò nella breve pausa, e aggiunse:
“We found love in a-”
“Monday,
you can fall apart,” lo interruppe Sebastian, e lui
chiuse gli occhi. “Tuesday,
Wednesday, break my heart. Oh,
Thursday, don’t even start. It’s Friday,
I’m in love.”
“We
found love in a-”
“Saturday,
wait,” cantarono, finalmente insieme, la voce di
Kurt insieme a quella di
Sebastian. Si ritrovò a sorridere, gli occhi ancora chiusi.
“Sunday always comes too late, but
Friday –
never hesitate.”
Fece un passo
indietro mentre Sebastian
raggiungeva il centro della stanza, e lo guardò
attentamente. “Shine a light through
an open door,”
cantò il giovane, tornando indietro alla prima canzone.
“Love and life I will divide. Turn
away ‘cause I need you more.” I
loro sguardi si incontrarono, il respiro di Kurt si disperse da qualche
parte
durante la melodia. “Feel the
heartbeat
in my mind. It’s the way I’m feeling, I just
can’t deny, but I’ve got to let it
go.”
Era così
distratto dall’espressione di
Sebastian che quasi perse la sua battuta.
“I
don’t care if Monday’s black,”
se la cavò, cercando di tornare concentrato.
“Tuesday, Wednesday, heart attack.
Oh
Thursday, never looking back – it’s Friday,
I’m in love.”
“We
found love in a-” intervenne l’altro.
“Monday,
you can hold your head,” continuò Kurt,
osservando Sebastian piuttosto che il
pubblico. “Tuesday, Wednesday, stay
in
bed; oh Thursday, watch the walls instead. It’s Friday,
I’m in love.”
“We
found love in a-”
“Saturday,
wait,” cantarono insieme di nuovo, armonizzando.
Era tornato il sorriso
sulle sue labbra. “Sunday always
comes too
late, but Friday – never hesitate.”
Sebastian si
chinò dietro di lui, allora,
e dovette trattenersi dal volgersi per seguirlo. “Dressed up to the eyes, it’s such a
wonderful surprise,” cantò il
giovane, piazzando le mani sulle sue spalle e poggiandovisi per
incontrare il
suo sguardo. “To see your shoes, and
your
spirits rise,” continuò, chinandosi
scherzosamente dall’altro lato.
“We
found love,” aggiunse Kurt.
“Throwing
out your frown and just smile on the town,”
continuò Sebastian, le mani che
scivolavano dalle sue spalle mentre avanzava per stare al suo fianco,
“slick as a shriek spinning round
and round.”
“We
found love,” cantò allora, una strana
emozione che lo invadeva.
“Always
take a big bite, it’s such a gorgeous sight,”
Sebastian sorrise, senza vacillare,
“to see you eat in the middle of the
night.”
Kurt dimenticò il suo ‘we found love’,
questa volta, troppo occupato a cercare
di ricordare come si respirasse. “I
can
never get enough, enough of this stuff, it’s Friday,
I’m in love.”
Un’altra
breve pausa, la musica si sollevò
nuovamente, e Kurt e Sebastian sorridevano entrambi mentre si
lanciavano a
ripetere, “We found love in a
hopeless
place; we found love in a hopeless place.”
La canzone
continuò a quella maniera a
lungo, le stesse parole che si ripetevano, ma cantate appena
diversamente, le
voci che danzavano e si univano l’un l’altra.
Kurt si sentiva senza
fiato quando la
musica sfumò, e gli ci volle qualche momento per
concentrarsi nuovamente e
scostare lo sguardo da Sebastian per volgerlo al resto della classe.
A stento riconobbe
l’applauso quando
arrivò, perché era troppo attento a Sebastian, in
piedi al suo fianco, che lo
osservava con sguardo pacato, contemplativo.
______________________________
[1] Non è un errore non
voluto, si tratta solo di Puck che
sbaglia intenzionalmente il nome del glee club di cui fa parte
Sebastian.
[2] Non trovavo una traduzione italiana
che calzasse bene
come volevo e, d’altronde, mi sembra che chiunque conosca un
po’ di lessico inglese
sappia il significato. In definitiva l’ho lasciato in inglese
perché mi
sembrava più ‘adatto’.
[3] Il testo è tratto da
‘Two in the Campagna’ di Robert
Browning. Avrei voluto inserire il testo in italiano ma a) non ho
trovato una
traduzione soddisfacente che potesse essere inserita nel testo; b) sono
venuta
a sapere che si preferisce analizzare in lingua originale
perché in traduzione ‘perde
di significato’. Accludo la traduzione,
comunque, così che possiate vederla con i vostri occhi!
[4] La canzone è
‘Friday, I’m in love’ dei Cure.