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Autore: Miyuki chan    19/08/2013    5 recensioni
Amore.
Non è nemmeno una bella parola.
“Oleandro”. “Variopinto”. “Orchidea”. Queste, sono belle parole.
Belle parole, rotonde, morbide e delicate quando le pronunci. Non amore, con quelle sue due consonanti ruvide come l’asfalto contro cui ti grattugiavi le ginocchia da bambino cadendo dalla bicicletta.
...
Perciò, quando quella sera Soul mi aveva guardata negli occhi e mi aveva detto «Ti amo», tutto il mio mondo si era frantumato e, con un clangore di vetri rotti, mi era crollato addosso.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nuove distanze ci riavvicineranno


Così, una sera, mi aveva chiamata.
Era stato… Strano, molto strano, risentire la sua voce profonda, roca, dopo due mesi che non la udivo.
All’inizio, mi ero addirittura sentita in imbarazzo. Ma era stato quel tipo di imbarazzo che ti fa arrossire, che ti stampa un sorriso ebete sul viso senza alcun motivo e che ti impedisce di cancellarlo.
Poi mi ero detta, mi ero ricordata, che se anche erano due mesi che non ci sentivamo, e molto più tempo che non sostenevamo una vera e propria conversazione, che era sempre con Soul che stavo parlando: con il mio Soul, forte e sicuro di sé, spavaldo, indipendente, affettuoso e protettivo.
E allora l’imbarazzo era svanito, e si era sciolto come neve al Sole, ma quel sorriso ebete da ragazzina innamorata non si era mai allontanato dal mio viso, non fintanto che la cornetta del telefono era rimasta appoggiata al mio orecchio.
 
Sarebbe stato difficile dire quello di cui avevamo parlato quella sera.
Avevamo parlato di un po’ di tutto, e di niente contemporaneamente. Ma avevamo parlato tanto, tutta la sera, e quando infine avevo poggiato il telefono e chiuso la chiamata la maggior parte del ghiaccio che da quella volta al liceo si era formato tra di noi, si era finalmente sciolto.
E non era stata nemmeno questa la parte più bella!
Lui mi aveva chiesto quando ero libera, quando avrei avuto tempo per parlare nuovamente con lui.
Era stato molto più di quanto avessi mai potuto sperare.
Ero già così felice –  così incredibilmente felice! – per il fatto di essere riuscita a parlargli, che mi sarei anche accontentata di quello soltanto.
Mi sarei accontentata anche di quello, di sentirlo una volta ogni uno o due mesi.
Mi sarei accontentata non perché non volessi di più, ma l’avrei fatto perché, già così, mi sembrava che fosse molto più di quanto io non mi meritassi.
Ancora non ci credevo che eravamo rimasti due ore al telefono, a chiacchierare, ridere e scherzare di ogni cosa come prima di quella sera al liceo, come non facevamo da così tanto tempo.
Quasi mi ero scordata cosa si provasse nell’essergli amica.
 
Così, quando lui mi aveva chiesto di risentirci soltanto pochi giorni dopo, mi ero quasi messa a fare i salti dalla gioia, e quel sorriso ebete che portavo dipinto sul viso si era allargato a dismisura,  e non se ne era andato nemmeno nei giorni successivi.
 
Era iniziata così.
 
Due settimane dopo avevo istallato Skype e non c’era giorno in cui non ci chiamassimo.
 
Ero tornata ad essere felice, così felice come non ero più da… beh, nemmeno avrei saputo dire da quanto. In realtà, nemmeno mi sembrava di esserla mai stata, così felice.
 
Buffo come, pur non essendo mai stati così lontani l’uno dall’altra, non eravamo nemmeno mai stati così amici, nemmeno quando al liceo ci vedevamo ogni giorno, nemmeno prima della sua dichiarazione.
Tuttavia, sebbene parlassimo di ogni cosa – insisteva perché gli raccontassi delle nuove imprese folli in cui si imbarcava Black Star incitato da Patty, e di come Tsubaki gli corresse dietro, con le mani giunte sul petto e gli occhi carichi di apprensione; degli amori di Liz, dei successi scolastici di Kid, della nuova insopportabile fidanzata di Spirit – io ero più decisa che mai a non lasciare trapelare i miei sentimenti per lui.
A cosa sarebbe servito, dirgli ciò che provavo?
Eravamo troppo distanti.
E poi, sapevo di non meritarmelo. Continuavo a trovare surreale il semplice fatto che non solo volesse ancora parlarmi, ma che volesse farlo così spesso, e non osavo chiedere di più.
Non osavo sperare che tra noi potesse nascere qualcosa di più, già mi risultava quasi impossibile riuscire a credere che la nostra amicizia, che avevamo recuperato così faticosamente, fosse reale.
Quello che avevo mi bastava per essere felice.
 
Poi, erano arrivate le vacanze di Natale e Capodanno.
 
Mi ci era voluta quasi una settimana per trovare il coraggio necessario per porgli finalmente la domanda che mi tormentava ogni giorno, una semplicissima domanda che contava appena due parole.
 
«Quando torni?»
 
Gliela avevo buttata lì, una sera, con noncuranza, mentre come al nostro solito discutevamo del più e del meno.
Non so perché avessi così paura di chiederglielo, dopotutto, tutti gli studenti lontani da casa tornano dalle loro famiglie per Natale, non c’era motivo per cui lui dovesse fare eccezione. Eppure, non riuscivo a liberarmi della paura, tutto sommato irrazionale, che lui, a quella domanda, avrebbe stretto le labbra, chinato il capo e mi avrebbe lanciato uno sguardo triste per poi rispondere, con voce mesta, «Maka, non torno».
 
«Torno tra dieci giorni, e rimango per due settimane» aveva risposto, invece.
 
Mi ero sentita così incredibilmente felice! Ero rimasta per dieci minuti a fissare la sua immagine sullo schermo del mio computer, a sorridergli, incantata. Anche lui aveva sorriso.
Eravamo rimasti così, a fissarci attraverso uno schermo con due ampi sorrisi ebeti, per non so quanto tempo. “Torna Soul, torna Soul!” era tutto ciò che ero riuscita a pensare.
 
Quegli ultimi dieci giorni erano passati con una lentezza esasperante, ma io non mi ero lasciata abbattere. Passavo le mattine ad organizzare, assieme a tutti gli altri ragazzi, ciò che avremmo fatto una volta tornato Soul e le sere, al telefono o su Skype con Soul stesso, a pensare ai film che saremmo andati a vedere, ai tornei che avremmo organizzato, ai giochi che avremmo fatto.
 
E poi, dopo quella che mi era sembrata una vita, lui era tornato.
 
Sarò sincera: fatico a ricordare quella prima sera in cui ci eravamo finalmente rivisti. Avete presente quando vi svegliate il mattino, sapete di aver fatto un bellissimo sogno, ma non riuscite a ricordarlo bene? Ecco, è esattamente ciò che provo cercando di ricordare quella sera.
Ricordo però benissimo un piccolo particolare, tutto sommato insignificante, che tuttavia per qualche motivo si è impresso nella mia mente in modo indelebile. Quasi lo rivedo davanti agli occhi anche in questo momento: Soul ed io, uno di fronte all'altra, appena incontrati, dopo tre mesi di lontanza. Immobili, perfettamente immobili, a guardarci negli occhi e sorriderci, finalmente faccia a faccia e non più attraverso uno schermo. Tutt'ora, il ricordo del suo sguardo agita in me qualcosa che nient'altro mi ha mai fatto provare.
Il resto della serata invece è un po’ confuso e sbiadito, con momenti che ricordo alla perfezione – come quando Soul e Black Star si erano abbracciati così forte da farsi male, e da far temere alla povera Tsubaki che al suo amato si fosse incrinata una costola; come quando Patty, correndo incontro a Soul, si era rotta uno degli altissimi tacchi che Liz l’aveva convinta ad indossare, ed era finita a terra lunga distesa, ridendo come una matta – e momenti che ho quasi completamente dimenticato, proprio come accade per i sogni.
Ma una cosa, di quella serata magnifica, ricorderò per sempre: il modo in cui, prima di andare a casa, io e Soul ci eravamo salutati. Mi aveva abbracciata, prima delicatamente poi sempre più forte, come quell’altra sera, quella al liceo. Aveva appoggiato il mento sulla mia spalla e strofinato la punta del naso contro il mio collo, mentre il suo respiro sulla pelle mi faceva il solletico, sussurrandomi all’orecchio, con la sua voce bassa e roca, che ci saremmo rivisti anche il giorno seguente. Avevo stretto le braccia attorno alle sue spalle, incredibilmente felice, baciandogli la guancia e lasciandomi cullare dal suo profumo. Lui aveva ricambiato il bacio.
Ma poi aveva esitato e in quella manciata di istanti, in cui le sue labbra si erano fermate a metà strada tra la mia guancia  e la mia bocca e in cui era sembrato che tutto attorno a noi fosse stato come congelato, immobilizzato, nell’attesa di vedere cosa sarebbe accaduto tra me e lui, avevo capito.
Lui alla fine si era scostato, sorridendo e mordicchiandosi il labbro, ma quella manciata di secondi, quel suo piccolo gesto, quasi impercettibile, era stato sufficiente per farmi capire. Capire che non era più vero, che da quel momento in avanti essere sua amica non mi sarebbe più bastato: avevo capito che, per trovare davvero la felicità, avrei dovuto diventare la sua ragazza.
 
Ero tornata a casa praticamente camminando sulle nuvole, e, finalmente, avevo trovato il coraggio per riuscire ad ammetterlo con me stessa: amavo Soul e volevo stare con lui.
E non solo: infine, credevo anche di aver trovato in me stessa il coraggio sufficiente per parlarne con lui, per dirgli quelle due parole, quella minuscola frase, così piccola eppure così grande: «Ti amo.»
 
 
Angolo autrice:
Buonasera a tutti, e scusate il ritardo! Come potrete immaginare l’estate, con le vacanze e tutto il resto, rende un po’ più complicato rispettare i tempi che mi sono data per aggiornare la storia, ma posso assicurarvi che sono fermamente intenzionata a proseguirla, e anche se di tanto in tanto mi prendo qualche pausa, prima o poi gli aggiornamenti arrivano :)
In realtà, spero di riuscire ad essere un po’ più regolare da ora in poi ;)
Mi scuso per il capitolo un po' striminzito, ma avevo bisogno che mi facesse da introduzione al prossimo (che dovrebbe essere uno dei più importanti, sperando di riuscire a scriverlo come voglio io) senza anticipare troppo :) A presto! :D
  
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