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Autore: biberon    19/08/2013    0 recensioni
Una tredicenne rientra nell'abitazione dei malvagi zii ... beh, sempre che si possa chiamare abitazione!
Una descrizione lieve e buffa di una casa improponibile, giusto per strapparvi un sorriso.
Ciao XD
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La casa dei suoi zii era la casa più orribile che avesse mai visto dall’esterno: il cancello era nero con la vernice scrostata in più punti; le alte finestre erano così deprimenti e disgustosamente sporche che a Maya faceva persino schifo guardarle; le tegole erano color ramarro così come il comignolo mezzo rotto da cui usciva un sottile velo di fumo; le pareti erano dipinte di rosa pallido che emanava un odore pestilenziale di burro a cacao al gusto d’arancia ammuffita.

L’interno della casa era tutta un’altra cosa: il salotto era un tipico salottino all’inglese; le poltrone erano foderate di velluto rosa e i cuscini erano fucsia; il tavolino in legno di quercia era incrostato di perle e le finestre avevano tende di raso lilla; la seconda stanza era la cucina: c’erano sedie, un tavolo, tutti i fornelli, un cuoco e un cameriere.

Poi c’era il bagno che non era altro che un normalissimo bagno, con l’unica differenza che era cinque volte più grande, con i rubinetti d’ottone, perché gli zii di Maya erano ricchissimi.

Dopo c’era la stanza di Rose, la cuginetta viziata:  la sua camera era gigantesca e tutte le cose che c’erano là dentro avevano una cosa in comune: erano rosa.

L’armadio rosa, i peluche rosa, il letto rosa, le sedie rosa, il comò rosa, le bambole rosa, i cassetti rosa, le pareti rosa, le tende rosa, insomma, tutto quanto rosa.

Rose aveva all’incirca sette anni, i ricci neri legati in due codini alti sulla testa e costringeva sempre Maya a farsi truccare da lei.

I suoi zii dormivano in stanze separate, la camera di zia Polly era giallo limone avariato.

Il canarino lurido Gracchio gracchiò malignamente quando Maya passò davanti alla stanza; l’arredamento era a dir poco bizzarro: c’era un armadio con le ante a specchio, un letto grandissimo con le coperte di raso blu, qualche sedia sparsa per la camera, la gabbia del canarino e la collezione di gioielli preziosi di zia Polly.

La camera di zio Marc era terrificante: tutta nera.

Qualsiasi cosa ci fosse al suo interno era nera. Il letto somigliava pericolosamente ad una bara su cui dormiva beatamente Pitzorn, l’orribile gatto spelacchiato di zio Marc.

La fioca luce che entrava dalla finestra illuminava la cassettiera nera piena di vecchie foto del cimitero.

L’armadio era semi aperto, il che faceva vedere gli innumerevoli vestiti neri e lugubri dello zio.

Maya rabbrividì e superò la camera.
A seguire c’erano la stanza del cuoco che era una stanza rettangolare con un letto,un armadio con qualche cappa bianca o nera, pochi grembiuli strappati in più punti e vistose macchie di grasso, e di altre cose di tutti i tipi.

Tutti gli abiti del cuoco emanavano una puzza insopportabile.

Appesa al muro c’era la collezione privata di rasoi del cuoco.

Poi una radio tenuta insieme con il nastro adesivo, una tv vecchio modello coperta di polvere con il telecomando e un comò.

Di fianco al letto cera un comodino con i cassetti mezzi aperti in cui erano cacciati dentro a forza un paio di quaderni, qualche penna, e una serie di coltellacci affilati.

Poi veniva la stanzetta del cameriere, tutta bianca con l’armadio pieno di uniformi identiche, e i suoi trofei.

C’era un letto bianco e lungo.  

Alla fine di tutto c’era una porticina bianca che separava la sezione di Maya dal resto della casa.

Prima c’era il bagno: c’era un water bianco pieno di crepe, un lavandino da cui usciva acqua sporca e per lavarsi c’era una tinozza con una canna da dove usciva acqua lurida di scarico.

Poi c’era la “camera”, se così si poteva chiamare, di Maya: il pavimento era freddo, il letto era una brandina scricchiolante; al posto dell’armadio c’era una cassa dove Maya metteva i vestiti puliti che aveva, e c’era anche una cassa per quelli sporchi; all’entrata c’erano appese cinque torce di diverso tipo, tutte trovate da Maya; e poi lì vicino c’era un vecchio orso di peluche cucito a mano e un bambolotto mezzo nudo.

Come ultima stanza c’era la “cucina” di Maya.

La cosiddetta cucina non era altro che una stanza piccolissima, con un fornello a gas, una cassa per sedersi, una credenza con poche riserve di cibo, una quantità di ghiaccio, un mobiletto con pochi piattini e un lavello puzzolente di fogna.  
   
 
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