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Autore: Tomi Dark angel    19/08/2013    5 recensioni
(Ambientata verso la fine del film Star Trek-Into Darkness)
Qualcosa cambia, all'interno dell'Enterprise. Il suo Capitano sta morendo! James Kirk è moribondo! Eppure, anche nella morte, c'è chi è disposto a restargli accanto. Ed è allora che qualcosa cambia e una scintilla di luce s'allarga come fuoco sul suo cammino, indicandogli la via per l'alba.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Dei passi. Un corpo leggero, di alieno vulcaniano che avanza sottile e aggraziato laddove la tragedia si consuma sui lasciti di una battaglia insensata, il cui unico volto è quello di Khan, uomo ferito dall’assenza di una famiglia ingabbiata, congelata in dei missili. Ha gli occhi chiari, Khan, occhi che nel loro pulito colore, come di specchio d’acqua, hanno osservato il sozzume di un mondo che li ha infine inquinati d’odio. Adesso, chi paga le conseguenze di tanta furia è l’innocente, colui che fino alla fine ha saputo inseguire ideali veri, tangibili agli occhi e al cuore.
Spock avanza, non stacca gli occhi dal corpo accasciato contro il vetro della porta sigillata. Qualcuno lo ferma, dice qualcosa con voce tremante, che sa di lacrime e di disperata accettazione, ma Spock scansa il signor Scott e raggiunge la porta di vetro. Cade in ginocchio, occhi negli occhi col suo Capitano. Lo guarda mentre muore, e si chiede allora chi sia dei due a morire davvero. È il suo cuore che si sta spaccando, dopotutto, mentre quello di Jim poco a poco rallenta la sua corsa. Spock si sente a pezzi, lacerato come un foglio di carta strappato pezzo a pezzo, con la brutalità di mani che non sanno avere cura della fragilità dei sentimenti veri, di quelli che un vulcaniano non dovrebbe mai provare.
Respirando a fondo, guarda il signor Scott, che si preme una mano sulle labbra per nasconderne il tremore convulso d’uomo annientato.
Jim è suo amico.
Jim è il suo Capitano.
Jim è chi la mattina lo chiamava Scotty, chi sapeva sorridere e scherzare anche nelle situazioni più nere. Adesso però, Jim non sorride più. E questo porta il gelo, sui corpi di chi ricorda il suo sorriso e ne avverte la mancata comparsa. Fa freddo.
-La apra.- ordina Spock, abbandonando senza alcun ritegno la logica di anni e fatiche spese per formare una barriera contro i sentimenti che adesso lo aggrediscono, lo feriscono ripetutamente come bestie infuriate, frustrate per le catene che ancora Spock tenta di richiamare a sé.
Scott scuote lentamente il capo, sbattendo infine gli occhi per lasciar scorrere lacrime amare, fragili come vetro ma gentili nella loro carezza contro la pelle morbida delle guance. Sono lacrime che confortano, che sfiorano l’animo leggere come una madre che stringe il figlio.
“Si dice che per giungere all’alba, sia necessario attraversare a testa alta l’infinità di una notte sconfinata…”
Jim osserva il suo vulcaniano, il suo amico, il suo Spock. Ricorda. Ricorda ogni sua espressione, perché in realtà, Spock di espressioni ne ha tante, ma ben pochi riescono a carpirle. Nella sua apparente freddezza, Spock rende prezioso ogni piccolo sorriso, ogni gesto regalato nel totale silenzio di un animo quieto e mai alterato. Kirk ha sempre trovato la sua forza, in quegli occhi scuri che sanno di ere serene e anni vissuti e affrontati a testa alta. Quel vulcaniano, in tutta la sua gelida logica, ha portato calore laddove Jim ha sempre sentito freddo.
Il calore di un tocco sulla pelle, seppur involontario e sfuggente.
Il calore di un piccolo sorriso ironico, che tuttavia sapeva di reale e malcelato divertimento.
Il calore di tanta umanità in un corpo d’alieno.
Adesso, Jim ha paura: sente freddo, perché quel calore viene a mancare dinanzi agli occhi lucidi di Spock. Occhi lucidi di pianto. Non è normale, è sbagliato. Spock non piange mai.
-Spock?- esala Jim, fissando con un leggero tremito il volto nobile del vulcaniano. Le vede, adesso. Lacrime piccole, preziose più dei diamanti che ripuliscono di ogni gelida logica quegli occhi vivi, caldi di emozioni. Occhi umani.
-Sta… piangendo?-
Spock scrolla lentamente il capo, facendo ondeggiare i lucidi capelli neri. Jim ha sempre desiderato toccarli, affondare le dita in quell’onda corvina per poi far scivolare il palmo contro le estremità appuntite delle orecchie fragili, sensibili, ma che tuttavia hanno saputo ascoltare davvero.
“A volte però… l’alba tarda ad arrivare.”
-Come fa… a mantenere tutto quel contegno?- mormora il Capitano. Si sente giovane, ha vissuto poco. Eppure, adesso deve andare, lasciandosi alle spalle soltanto i rimpianti di una vita rimasta a metà. –Io… ho paura, Spock. Ho paura di… andarmene. Come si fa a morire così?-
Jim singhiozza, abbandona la fronte contro il vetro e chiude gli occhi. Avrebbe voluto vivere ancora un po’. Avrebbe voluto giocare ancora a scacchi col suo primo Ufficiale, perdere e vederlo arricciare un angolo di quelle splendide labbra sottili. Sa di vita, Spock. Sa di quotidianità, di casa. E adesso, Jim deve lasciarsi alle spalle tutto questo, voltare le spalle a una felicità che ha accarezzato di sfuggita.
“Ed è in questi momenti, quando l’oscurità si fa soverchiante, che si ha paura…”
-Io… non so come faccio.- mormora allora Spock, e Jim lo sente singhiozzare. Incredibilmente, il vulcaniano piange. Per lui, per la sorte che glielo strappa dalle braccia e lo trascina lontano, dove Spock non può seguirlo. –Non so come faccio ad affrontare la morte così. Ho perso mia madre, il mio popolo, la mia casa. Eppure… non mi sono mai sentito solo. La mia vera dimora, non mi ha abbandonato mai. C’è sempre stata, a rassicurarmi, a darmi la forza per affrontare il nuovo giorno che per me sapeva di un amaro trascinarsi sui fantasmi di un passato scomparso. La mia dimora eri tu, Jim, e adesso, se crolli così… crollerò anche io. Non si sopravvive lasciandosi alle spalle tutto ciò che si aveva di importante al mondo. Sono solo, Jim. Solo e stanco. E adesso… adesso non c’è più luce sul mio cammino.-
Jim spalanca gli occhi iniettati di sangue. Il suo cuore si leva un po’ più su, laddove il battito pare tranquillizzarsi, e finalmente c’è pace. Si sente importante, Jim. Si sente felice per quegli occhi che non l’hanno mai abbandonato, per quelle mani leggiadre sempre tese in suo soccorso. Anche adesso, Jim si affida al suo primo Ufficiale e con gratitudine, appoggia la mano sul vetro della porta che li separa.
Spock leva il braccio, imita il suo gesto, e tra loro, dove le mani sembrano volersi incontrare in uno scambio di cielo e terra, vita e morte, dolore e serenità, nasce quel piccolo calore gentile che li unisce, li lega, li affida l’uno all’altro.
“Tuttavia, si può sempre cambiare. Nessuna oscurità è eterna.”
Spock decide, si leva in piedi sotto gli occhi ancora appannati del suo capitano.
-State indietro.- ordina con voce talmente ferma che Scott e Uhura, giunta lì da poco, non osano disubbidire. Osservano allucinati mentre il vulcaniano compone il codice di apertura della porta e la guarda scorrere sui binari.
-Cosa… Sp… Spock, no…- mormora Jim impotente mentre con passo misurato Spock oltrepassa la soglia, si inginocchia al suo fianco e gli accarezza la fronte con gentilezza. È un gesto semplice, leggero, che per Jim vale più di acqua fresca sulla pelle bollente di febbre. Dita sottili che lo confortano, caritatevoli nel loro tocco d’angelo. Profumano di spezie e sole appena sorto all’orizzonte. È questo, il paradiso.
Spock lo afferra, se lo stringe al petto come un preziosissimo tesoro di fragile cristallo e cammina su gambe indebolite, contaminate, infette di un virus che poco a poco, sopprimerà anche lui. Non è importante. Non permetterà ad altri di portare via il suo Capitano, la sua casa.
Avanza stoico, fiero nel suo portamento come un leone ferito ma mai prossimo a spezzarsi. Anche da cadavere, saprà cadere aggraziato come una statua e giacere nella magnificenza del tramonto di una vita giunta al termine. Spock non si piega. Spock non cede.
Raggiunge l’infermeria, e appena entra col Capitano tra le braccia, ogni voce tace e il silenzio cade, abbraccia ogni angolo nella sua stretta gentile che tuttavia, stringe senza soffocare. Ognuno osserva, china il capo dinanzi alla gloriosa creatura ferita che protegge il compagno dal mondo, anche dalla morte stessa. Insieme lasceranno la vita, e quando accadrà, sarà stato per gentile concessione della stessa entità eterea che adesso trasporta il corpo di Jim Kirk.
Spock adagia il suo Capitano sul lettino più vicino, gli stringe la mano e incrocia i suoi occhi. Con dolcezza infinita, spezzando ogni legame vulcaniano e finalmente attingendo pienamente alla sua infinita umanità, Spock sorride. È un sorriso meraviglioso, che illumina di nuova alba lo spettacolo dei suoi bellissimi occhi. C’è luce, adesso. Jim può vederla, perché essa è tornata ad illuminargli la strada verso una nuova, splendida avventura dove non sarà solo. C’è Spock, lì con lui.
“E infine, l’alba risorge. Per i giusti, per i malvagi, per chi ancora sa crederci. È allora che l’uomo rivede la luce e attinge all’oro dei ricordi, dei sogni e del futuro di una nuova era. Le prime luci dell’alba saranno l’inizio, la benedizione per un mondo che rinasce a nuova vita, ricomponendo giorno dopo giorno un pezzo di cammino per coloro che vorranno percorrere la via dell’alba.”
Sarà lì che infine, occhi negli occhi, due grandi della loro epoca si abbandoneranno infine, con un lungo sospiro soddisfatto all’ennesima avventura che seguirà nell’aldilà dove due splendide creature, uomo e vulcaniano, cammineranno mano nella mano.
Molti ricordano.
Molti rivivono quei momenti.
Molti saprebbero ancora disegnare nei particolari l’ultimo bacio, labbra contro labbra, che il vulcaniano Spock affidò al suo compagno più prezioso. L’ha accompagnato fino alla fine, fedele nei suoi ultimi gesti e fiero nella grandezza del passato che si è lasciato alle spalle. Hanno chiuso gli occhi insieme, come un sol uomo, e quando i loro cuori si sono fermati, ognuno dei presenti ha voluto inginocchiarsi, chinare il capo e sorridere gentile dinanzi all’ennesimo miracolo che la vita ha saputo regalare ai loro occhi.
L’USS Enterprise vivrà ancora nei ricordi, nella storia e nelle leggende di chi ha saputo tramandare nella verità la fine di un’era.
I bambini ricorderanno i nomi di Jim Kirk e Spock il vulcaniano.
Gli anziani sorrideranno al raccontare dei loro battibecchi.
I giovani avanzeranno sulle orme dei loro passi lasciati insieme, fianco a fianco, verso un nuovo giorno di sole e luce che passo dopo passo, hanno dipinto il cielo di nuovi ideali e generazioni future nate sotto due splendide stelle intrise di umanità e ricordi di leggende indimenticabili.
 
Angolo dell’autrice:
Va bene, parliamone. Oddio, ho ucciso Kirk e Spock! E che cavolo, ho pianto come una pazza al cinema quando è crepato Kirk e poi vado ad ammazzare anche il vulcaniano? Dio benedica la coerenza. Comunque, comincio con lo scusarmi per gli eventuali errori di battitura, considerando che non l’ho riletta né corretta, perciò abbiate pietà. Ringrazio coloro che leggeranno e soprattutto chi (se ci sarà qualcuno) lascerà un commentino o un segno del suo passaggio qui. Spero che questa piccola storia vi abbia fatto sorridere almeno un po’. A prestissimo!
Tomi Dark Angel
  
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