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Autore: _Selenia_    19/08/2013    4 recensioni
«Buongiorno, piacere di fare la vostra conoscenza!».
Una voce, proveniente dalla porta alle loro spalle, li fece girare contemporaneamente.
Stupore e meraviglia travolsero entrambi i gemelli come un fiume in piena.
Bill si alzò automaticamente e, più per educazione che per altro, tese la mano nella direzione del suono e fece le dovute presentazioni, seguito a ruota da suo fratello.
Soltanto quando si risedette, notò la targhetta dorata poggiata al centro della scrivania.
Un nome, inciso in eleganti caratteri neri sul metallo, che lo lasciò per un attimo senza fiato.
Cassandra Bradford.
Ma cosa significava?
Che Lies Angeles in realtà fosse… Una donna?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Two.

 

 

Era la seconda volta in poco meno di una settimana che veniva letteralmente buttato giù dal letto e strappato brutalmente dalle caldi ed accoglienti braccia di Morfeo.

Prima, suo fratello che faceva irruzione nella sua camera -i cui metri quadri praticamente corrispondevano a quelli della superficie totale del loro primo appartamento ad Amburgo- e che spalancava senza ritegno le tende inondando l’intero ambiente di accecante luce solare; poi, quell’adorabile uomo del suo manager che, con altrettanta delicatezza, gli intimava minacciosamente di alzarsi e lo sottraeva dal tepore del suo piumino -rigorosamente arancione-.

E ora, dopo essere stato costretto ad indossare una comoda t-shirt e un paio di pantaloni della tuta sopra i suoi stretti boxer neri -questa volta opera dello stilista italiano Giorgio Armani-, si trovava seduto alla penisola della cucina in perfetto stile americano -quasi mai utilizzata-, insieme a suo fratello.

All’altro capo del tavolo, parzialmente nascosto dallo schermo del suo notebook e circondato da tre differenti riviste di gossip, si trovava David Jost, un cipiglio severo sul viso per niente rilassato.

«Ok, Dave! Vuoi, per cortesia, illuminarci sul motivo per cui ti sei fiondato qui ad un orario indecente come questo?» domandò un Tom assolutamente spazientito da tanto mistero, la voce ancora roca a causa del sonno.

«Taci!» lo rimproverò l’uomo, massaggiandosi con l’indice e il pollice della mano destra le palpebre chiuse. «E poi, è quasi mezzogiorno!» aggiunse guardando l’ora esatta sullo schermo del suo laptop.

Entrambi i gemelli si scambiarono un’occhiata preoccupata, ma proprio quando Bill stava per aprire bocca, David li mise di nuovo a tacere, sbattendo con astio tutte e tre le riviste sul lucido marmo bianco con venature grigie del tavolo.

Erano giornaletti di gossip molto conosciuti in America e, soprattutto, molto diffusi tra le adolescenti statunitensi.

Con mani tremanti, Bill ne aprì uno, ed esattamente nelle prime quattro pagine ebbe modo di leggere un intero articolo sulla loro uscita serale, di solamente due giorni prima.

Il titolo, di un disgustoso rosa shocking, risaltava come non mai sullo sfondo nero di spessa carta lucida: “Finally a soulmate for the sweet singer?”.

Ed ecco che, puntuali e precisi come orologi svizzeri e spietati come un colpo di fucile, i giornalisti tornavano a ricordargli l’unica cosa che gli mancava per essere davvero felice.

A soli 23 anni da poco compiuti, Bill aveva avuto dalla vita quasi tutto quello che un ragazzo della sua età avrebbe potuto desiderare; tutto, tranne quell’anima gemella che -e di questo lui ne era perfettamente convinto- stava vagando ancora là fuori senza la sua metà.

Amareggiato, abbassò lo sguardo e lo diresse appena più in basso, esattamente su quel paio di foto che lo ritraevano in compagnia di una formosa ragazza dai capelli biondi acconciati in morbidi boccoli; i due erano intenti a chiacchierare animatamente, con in mano un drink ciascuno, sui divanetti del Paradise, un locale abbastanza noto di Beverly Hills.

Ma diamine! Cosa non era chiaro, a giornalisti e paparazzi, della frase -che tra l’altro aveva ripetuto almeno due miliardi di volte negli anni addietro- in cui dichiarava pubblicamente che se avesse davvero trovato la sua anima gemella non si sarebbe di certo premurato a tenerla nascosta? Anzi, in men che non si dica, il mondo intero avrebbe scoperto che, finalmente e dopo tanto tempo, la sua ricerca si era conclusa.

Non avendo voglia di mangiarsi per l’ennesima volta il fegato a causa di quelle insinuazioni senza alcun tipo di fondamento, trasse un lungo sospiro ed attese una reazione anche da parte del fratello.

Che arrivò esattamente dieci secondi dopo.

«Giuro che li ammazzo, tutti quanti! Certo che non sanno più che cazzate inventarsi eh! E il tutto senza prima informarsi, ovviamente, altrimenti saprebbero che…» ma Tom non ebbe nemmeno la forza di continuare.

Nella sua testa, come se fosse un’insegna al neon, lampeggiava odiosamente il titolo che i giornalisti avevano affibbiato all’articoletto sottostante: “From the heartbreak to the heartbeat with a lovely brunette?”.

Esattamente a destra della scritta, contenuta in una cornice a forma di cuore, c’era la foto che lo raffigurava mentre era intento a ballare con una magrissima ragazza dai corti e sbarazzini capelli scuri, fasciata in un paio di leggins di pelle neri e avvolta in una lunga e larga maglia dalla colorata fantasia floreale, che le lasciava scoperta una spalla.

Ma mancava ancora una rivista e David aspettò in silenzio la reazione dei gemelli di fronte all’ultima testata giornalistica: gli avevano riservato il posto d’onore, dedicandogli addirittura la copertina e ben sei pagine di servizio all’interno.

E, dulcis in fundo, era anche la più famosa e la più letta delle tre, in tutto il Paese.

“Spotted: Paradisiac Love for Tokio Hotel?”.

Il cantante e il chitarrista non poterono far altro che sgranare gli occhi nocciola di fronte a quell'inammissibile insinuazione alla Gossip Girl…

Assurdo! Ma che scherzo di cattivo gusto era quello?

Non sapevano se ridere di tutte le cavolate contenute lì dentro, oppure mettersi a piangere per la bomba mediatica che sarebbe scoppiata su di loro di lì a poco.

«Tokio Hotel? Quelle teste di cazzo non hanno ancora capito che la band è formata da quattro componenti e non solo dai gemelli Kaulitz…» irruppe Tom, ancora più infastidito rispetto a pochi secondi prima.

E l’ostinato e prolungato silenzio del manager di fronte a loro non faceva altro che aggravare la situazione: ormai lo conoscevano entrambi abbastanza bene da sapere che, se se ne stava zitto, era solo perché doveva preparare il terreno per sganciare il missile più devastante di tutti.

«Non è finita qui, purtroppo…» esclamò infatti pochi secondi prima di girare il notebook verso di loro.

Sì, dovevano sicuramente essere piombati in un incubo!

Da lì a qualche minuto si sarebbero svegliati e si sarebbero resi conto che quello non era altro che un brutto sogno!

Ma invece non fu così e a dimostrarlo c’erano le sei pagine web aperte sullo schermo luminoso: i due più famosi social networks mondiali, qualche forum e le più celebri riviste americane di gossip.

Anche lì facevano bella mostra le stesse foto, corredate dagli stessi insignificanti articoletti che entrambi avevano letto poco prima sulla copia cartacea del giornale, e addirittura anche un video -prontamente diffuso dal canale online di PopCandiesTV- , che preferirono non guardare, per il momento.

E, come se non bastasse, iniziavano già a intravedersi i primi commenti delle fans -se per commenti s’intendevano anche minacce di morte, di amputazione di qualche arto o di grave attentato alla salute sia fisica sia mentale-, che non si potevano di certo definire amichevoli, nei confronti delle due ragazze in questione, ritratte con i gemelli.

Il tutto -e qui arrivava la ciliegina sulla torta-, alla vigilia della partenza per il loro ritorno in Germania.

Dunque, entrambi si chiedevano… Poteva quel giorno andare peggio di così?

Ovviamente sì, visto che David non aveva ancora espresso il suo parere.

E visto anche che di lì a un’ora avrebbero avuto un importante appuntamento da cui, ormai ne erano sempre più certi, dipendeva il loro futuro -mediatico e non-.

«Non riesco proprio a capire come cazzo abbiano fatto ad entrare! Io e Tricia avevamo organizzato tutto nei minimi dettagli, proprio per evitare che succedesse una cosa del genere…» proruppe ad un certo punto il manager, una vena che gli pulsava pericolosamente sulla tempia sinistra a causa della rabbia.

«Voi due non dovete rimproverarvi nulla, Dave! Non è colpa vostra, loro sono dappertutto!».

Bill si alzò dallo sgabello in vimini elegantemente intrecciato e posò delicatamente una mano sulla spalla dell’uomo, come per consolarlo.

«D’accordo, ma nessuno sapeva che a quel party ci sareste stati anche voi due! Nessuno, tranne il personale del locale… Giuro che se becco la talpa che ha informato i giornalisti…».

I due gemelli si scambiarono un’occhiata alquanto preoccupata: non avevano mai visto il loro manager in quelle condizioni.

Mai era stato così furioso con i paparazzi, nemmeno in momenti certamente peggiori di quello; nemmeno quando Tom, appena diciassettenne, era stato fotografato, ubriaco fradicio, avvinghiato ai glutei di Ann Kathrine in quel pub di Magdeburgo: e lì erano appena all’inizio della loro carriera.

E nemmeno quando, appena trasferitosi a Los Angeles, qualche anno dopo, era intento a farsi la bionda Chantelle nella sua Cadillac nuova fiammante.

Ma ora, il giorno prima del loro ufficiale ritorno sulle scene, non potevano permettersi un simile scandalo, ed era per questo che David a stento riusciva a trattenere la collera.

A quel punto Bill, che ormai aveva perfettamente imparato a gestire situazioni come quella -a differenza del fratello, che si faceva immediatamente prendere dall’ira e iniziava a insultare chiunque si trovasse nel raggio di almeno cento chilometri intorno a lui-, chiuse con un colpo secco il laptop del manager, che si voltò immediatamente verso di lui, non comprendendo appieno le sue intenzioni.

«Adesso tu torni a casa, ti rilassi mentre mangi uno dei favolosi pranzetti di Tricia e poi chiami Claire ed Abbie e gli dici di non fare nulla fino a quando non sarai tu a dare qualche precisa istruzione. A tutto il resto pensiamo io e Tom, intesi? Abbiamo un appuntamento, ricordi? E io devo andarmi a preparare!» esclamò tutto d’un fiato il cantante, facendogli l’occhiolino.

Nonostante il mondo intero pensasse il contrario, Bill non era cambiato affatto in quegli ultimi anni: era rimasto sempre il solito ragazzino dolce e deciso, estremamente egoista alle volte, ma sempre disponibile a consolare e a rassicurare qualcuno che amava quando vi era il bisogno.

David annuì, regalandogli un affettuoso sorriso paterno, mentre si infilava il portatile sottobraccio e si dirigeva verso la porta, dopo averli salutati entrambi.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Quando erano arrivati, Bill e Tom avevano scrutato la propria immagine, meravigliandosi di come apparisse spezzettata e distorta.

La facciata dell’edificio, interamente di vetro, era concava, e s’innalzava per una dozzina di piani, quasi volesse risucchiare, direttamente dentro la hall, i passanti dal marciapiede.

Il vetro era a specchio e, dato che la concavità era abbastanza marcata, le immagini dei vari pannelli che componevano la facciata si mescolavano tra loro: il cielo, il sole novembrino, gli edifici immediatamente attigui, i pedoni e le numerose vetture che gli sfrecciavano accanto…

Tutto si confondeva nella tiepida luce californiana creando, a dispetto di tutto, un’atmosfera insolitamente pacifica.

Una tranquillità che regnava sovrana anche nell’ampio e luminoso ufficio al settimo piano, da cui si poteva godere di una spettacolare vista panoramica su tutta Beverly Hills.

Il silenzio assordante però, non faceva altro che aumentare l’ansia e il nervoso nei due ragazzi comodamente seduti sulle due poltrone rosse, poste sul lato anteriore della scrivania di legno chiaro.

Bill controllava ad intervalli regolari il Rolex dorato che gli fasciava il polso sottile, lanciandovi sfuggenti occhiate cariche d’agitazione; Tom invece, era intento a mordersi con crescente preoccupazione il labbro inferiore, forse nel tentativo di distrarsi un po’.

«Buongiorno, piacere di fare la vostra conoscenza!».

Una voce, proveniente dalla porta alle loro spalle, li fece girare contemporaneamente.

Stupore e meraviglia travolsero entrambi i gemelli come un fiume in piena.

Bill si alzò automaticamente e, più per educazione che per altro, tese la mano nella direzione del suono e fece le dovute presentazioni, seguito a ruota da suo fratello.

Soltanto quando si risedette, notò la targhetta dorata poggiata al centro della scrivania.

Un nome, inciso in eleganti caratteri neri sul metallo, che lo lasciò per un attimo senza fiato.

Cassandra Bradford.

Ma cosa significava?

Che Lies Angeles in realtà fosse… Una donna?

Per dirla tutta, una bellissima donna sulla sessantina, i cui capelli argentati erano tirati indietro e raccolti in un’austera crocchia sulla sua nuca, permettendo così agli occhi cerulei di risaltare maggiormente.

Il suo corpo, né troppo magro né troppo robusto, era fasciato in un elegantissimo tailleur color cipria.

Sedutasi all’altro lato della scrivania -non prima però di aver fatto ticchettare le sue costose decolleté sul lucido pavimento di marmo-, di spalle rispetto alla vetrata che occupava l’intera parete, fissava i due ragazzi con un sorrisetto compiaciuto dipinto sulle labbra.

«So perfettamente cosa vi state chiedendo in questo momento e, a tal proposito, vorrei assicurarvi sul fatto che non c’è nessun errore per quanto riguarda questo appuntamento. Siete nell’ufficio giusto e la persona che avete di fronte è esattamente quella che volevate vedere…» cominciò la donna, la cui voce era venata da una nota di arrogante autorità. 

«Scusi, lei quindi ci sta dicendo che la causa di tutti i nostri problemi è… Una donna?» esclamò Tom, la fronte solcata da un cipiglio di confusione. «Beh, ovvio… Tutti i problemi di un uomo sono sempre causati da una donna!» aggiunse poi, la mascella contratta per cercare di non essere troppo scortese.

«Tecnicamente io non sono la causa dei problemi di nessuno!» ribatté la donna, indignata di fronte a quell’accusa mossa dal chitarrista.

«Ma praticamente lo è! Voglio dire, lei se ne sta dietro le quinte, a dettare silenziosamente ordini e a dare precise istruzioni ai suoi fotografi, che ci seguono come ombre dalla mattina alla sera…» controbatté subito Bill, lasciando Cassandra letteralmente allibita per qualche secondo di troppo.

Ormai si potevano contare sulle dita di una mano -e con molta probabilità qualcuna ne sarebbe avanzata ancora- le persone in grado di mettere k.o. il cantante con il solo uso delle parole; e Cassandra Bradford non era di certo tra quelle.

Anni e anni di interviste in cui, non a caso, era stato scelto per fare da portavoce all’intera band dovevano pur servire a qualcosa!

«D’accordo, quindi ora che abbiamo chiarito le rispettive posizioni, si potrebbe passare alla discussione del contratto?» intervenne prontamente Tom, approfittando del momento di titubanza della donna.

«Già, il contratto…» mormorò Cassandra debolmente, prima di inforcare un paio di eleganti occhiali da vista dalla montatura dorata ed estrarre un plico di carte dal primo cassetto della sua scrivania.

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Rabbia, frustrazione e delusione: questi erano i tre sentimenti che scorrevano nelle vene della ragazza, quando entrò nell’ascensore al primo piano dell’edificio.

Una collera, la sua, che faceva letteralmente a botte con i lineamenti dolci del suo viso delicato.

Arrivata al settimo piano, si diresse con passo deciso verso la porta in fondo al corridoio, ignorando deliberatamente le grida della segretaria, che cercava in tutti i modi di fermare la sua corsa.

«Signorina, la prego, si fermi! Cassandra sta discutendo di…».

Ma ormai era troppo tardi.

Con un’irruenza che non le si addiceva per niente, piombò nell’ufficio e, senza troppe cerimonie, sbatté con violenza un paio di riviste sulla scrivania di Cassandra.

«Hai la minima idea di cosa hai combinato?» chiese la ragazza, cercando di mantenere la calma o quantomeno tentando di discutere civilmente dell’avvenimento che, nelle ultime ore, le aveva sconvolto la vita.

«Tesoro, potresti aspettare un…» tentò di ribattere Cassandra, ma senza successo: la ragazza la interruppe immediatamente, lanciandole un’occhiata di fuoco.

«Aspettare? Certo, come hai fatto tu pubblicando quelle foto e rovinandomi la vita, e forse la carriera, vero? Ma si può sapere cosa diavolo ti passa per la testa ogni santo giorno? E non ti azzardare a chiamarmi tesoro!» continuò imperterrita la ragazza, riversandole addosso il suo disprezzo, livida di rabbia.

Cassandra, dal canto suo, non poté fare altro che starsene zitta e incassare il colpo, abbassando per un attimo gli occhi, del color del cielo primaverile, sui fogli sparsi sul ripiano della scrivania.

Ma fu solo per un attimo, dopodiché tornò a sostenere lo sguardo della giovane donna in piedi di fronte a lei e lo ricambiò, con sfida.

«Adesso basta! Non ti permetto di entrare qui dentro e di insultarmi gratuitamente nel bel mezzo di un appuntamento di lavoro! Esci di qui, prenditi una boccata d’aria e torna quando avrai la lucidità giusta per affrontare l’argomento…».

Sempre la stessa, non si smentiva mai!

Cassandra Bradford, la donna d’affari tutta d’un pezzo, non si lasciava intimorire -o, peggio ancora, mettere a tacere- da una stupida ragazzina -come non si era di certo risparmiata di apostrofarla più volte, soprattutto negli ultimi tempi-.

A quel punto una risata amara risuonò in tutto l’ufficio.

«Me ne vado, ma non perché me l’hai ordinato tu! Semplicemente non ho altro tempo da perdere con una persona come te: il tuo lavoro è rovinare la vita della gente, e non ti importa se questi sono ragazzi giovani e inesperti, all’inizio della loro carriera! Quello che ti interessa -e che ti è sempre interessato- sono solo e soltanto gli affarie la celebrità! Ma vale davvero la pena che il tuo nome sia conosciuto anche oltreoceano, se poi non puoi condividere con nessuno la gioia della tua fama? Hai sempre fatto la scelta sbagliata, e questa volta hai perso definitivamente anche me!».

Pronunciò quelle parole taglienti tutte d’un fiato e, per qualche secondo, la maschera granitica sul viso di Cassandra sembrò sgretolarsi, per poi ricomporsi immediatamente subito dopo, quando la ragazza si voltò verso la porta, per tornare da dove era venuta.

Fu solo in quel momento che sembrò accorgersi della presenza dei due ragazzi, finora rimasti in disparte, silenziosamente seduti sulle poltrone dell’ufficio.

Le loro facce le erano note, ma in quel momento non riuscì a collegare dove li avesse visti di preciso.

«Scusate per l’interruzione!» mormorò leggermente imbarazzata per quella sceneggiata improvvisa.

Nel pronunciare quella frase, le sue iridi ne incrociarono di sfuggita un altro paio: calde, di ambra liquida, in cui riuscì perfettamente a leggere una sola emozione,comprensione.

Dopodiché distolse lo sguardo e, a passo spedito, cercò di uscire il più velocemente possibile da quell’edificio, le cui pareti ormai sembravano stringersi addosso a lei, soffocandola.

Solamente quando arrivò nel parcheggio, s’infilò il casco, e montò in sella alla sua amata Ducati rosso fuoco, prese a singhiozzare; e le lacrime iniziarono a scenderle copiose lungo le guance arrossate, non permettendole di vedere nitidamente la strada di fronte a lei.

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

«Vi prego di scusarla, quella ragazza è sempre così istintiva…» proruppe Cassandra, alzando gli occhi al cielo e cercando di dissimulare la collera.

Mai quanto tu sia stronza! Fu l’immediato pensiero di Tom in risposta a quell’affermazione, ma si guardò bene dal pronunciarlo ad alta voce.

In fondo erano lì per firmare un contratto e, volenti o nolenti, sarebbero tornati a casa con un pezzo di carta che siglava ufficialmente l’accordo; solo così sarebbero potuti tranquillamente partire per Berlino la mattina successiva, iniziando serenamente la loro nuova esperienza come giudici di “Deutschland Sucht Den Superstar”.

«Quindi dove eravamo rimasti?».

E fortunatamente Bill sembrò avergli letto nel pensiero -cosa ormai non più tanto strana per loro, abituati alla telepatia fin dal momento del concepimento-.

«Certo… Hellen, la mia segretaria, mi ha illustrato a grandi linee le vostre intenzioni e io mi sono permessa di buttare giù una prima bozza di questo contratto. Ovviamente c’è la possibilità di apportare qualche ulteriore modifica, nel caso ne vogliate fare, e discutere di termini e condizioni…» lasciò la frase in sospeso, sperando che i due ragazzi sottintendessero quello che in realtà avrebbe voluto dire.

«I soldi non sono un problema, signora Bradford!» tagliò corto il chitarrista, con uno strafottente sguardo di sfida in direzione della donna.

«Come pensavo… Vi lascio leggere tranquillamente il contratto e vi lascio discutere: volete un caffè, nel frattempo?» si alzò dalla scrivania, cercando di essere gentile.

Una gentilezza che -ovviamente- non si addiceva per nulla alla donna di ghiaccio che era.

I gemelli risposero entrambi con un secco “no” ed aspettarono che Cassandra fu fuori dall’ufficio ed ebbe richiuso la porta alle sue spalle, prima di prendere in mano le rispettive copie appoggiate sulla scrivania.

Gli occhi nocciola dei due vagavano rapidi sulle parole che avevano sporcato gli immacolati fogli bianchi, ma non per questo prestavano meno attenzione a quello che leggevano.

In quelle pagine c’era tutto -o quasi- quello che avevano chiesto alla giornalista: almeno su una cosa non avevano nulla da dire, l’efficienza di Cassandra era quasiossessiva.

Una trentina di secondi dopo, la donna rientrò nell’ufficio, i lineamenti induriti da un’aria interrogativa.

«Allora, c’è qualcosa che non va?» chiese infatti, una leggera nota di apprensione a sporcarle la voce.

Vedendo che era sulle spine, Bill fece un lungo respiro, prendendosi così un po’ di tempo, prima di fornirle la giusta risposta a quella domanda.

«Dunque, ormai credo abbia capito che non ci fidiamo minimamente dei giornalisti né di quello che dicono; e lei certamente fa parte di questo gruppo da cui diffidiamo: per questo motivo vorremmo che ogni termine dell’accordo sia messo per iscritto nel contratto che andremo a firmare.

Detto questo, la maggior parte delle nostre condizioni è presente, ma vorremmo aggiungere anche qualcosa, se non le dispiace…

Ricapitolando… Da quando avremo siglato l’accordo, saremo io e mio fratello stessi a decidere in che occasioni, in quali contesti e, soprattutto, con chi essere fotografati; a quel punto e con un leggero anticipo, la contatteremo in modo che lei possa così provvedere ad avvisare i suoi fotografi e ad inviarli sul posto da noi comunicato. Una volta eseguiti gli scatti, ne manderà una copia di ognuno all’indirizzo mail del nostro manager, il signor David Jost, il quale li mostrerà ai sottoscritti esolo quando lei avrà avuto da noi il via libera, potrà pubblicare solo e unicamente le fotografie che le indicheremo.

Sappiamo entrambi cosa si sta chiedendo in questo momento, Cassandra, e -mi corregga se sbaglio-, la domanda che l’assilla è: ed io che cosa ci guadagno in tutto questo? Ovviamente le riserveremo qualche scoop succulento e sarà la prima persona alla quale forniremo un’intervista completa una volta uscito il nostro nuovo album, tra qualche mese.

Inoltre, verrà pagata la bellezza di 1500 dollari per ogni chiamata che le riserveremo.

Tutto questo avverrà però, se lei manterrà ogni termine dell’accordo: in caso contrario, o pagherà immediatamente la somma di 800.000 dollari, o altrimenti la trascineremo dritta dritta in tribunale…».

Poche volte nella sua vita Bill era stato così gelido nel rivolgersi a qualcuno -soprattutto se parecchio più anziano di lui-, ma sapeva ormai fin troppo bene che molte persone l’avevano spesso giudicato ingenuo a causa della sua giovane età; per questo motivo, aveva imparato a tirare fuori gli artigli.

E a quanto pareva aveva imparato anche fin troppo bene…

Cassandra, fino a quel momento intenta a prendere appunti sulla sua bozza del contratto, aveva alzato di colpo gli occhi, sgranandoli e facendoli guizzare in direzione di quelli nocciola di Bill.

«800.000 dollari? Non potremmo discut…?» ripeté la donna, la voce che tremava leggermente.

«Se lei rispetterà le regole, quei soldi non dovrà mai sborsarli! E poi, dobbiamo pur tutelarci in qualche modo, non crede? Pensava che fossimo due giovani sprovveduti, per caso?».

Questa volta era stato Tom a risponderle per le rime, mettendola a tacere per la seconda volta in poche ore, con un sorrisetto terribilmente compiaciuto che gli storpiava leggermente le labbra perfette.

«No, certo!» Cassandra rifletté qualche secondo, prima di proseguire. «Sistemerò il contratto nei prossimi giorni e, se mi lasciate un indirizzo, vi invierò la copia definitiva, pronta da firmare…» concluse, non distogliendo mai lo sguardo da loro.

«Domani partiremo per la Germania, ma le lasciamo volentieri l’indirizzo dell’hotel in cui alloggeremo: le saremmo grati se ci spedisse la copia direttamente là, in quanto non abbiamo ancora definito la data del nostro rientro.» rispose prontamente Bill, estraendo dalla tasca posteriore dei jeans un foglietto piegato in due, su cui aveva precedentemente appuntato l’indirizzo.

«Lo spedirò certamente entro la fine della prossima settimana!» li rassicurò Cassandra, mentre tutti e tre si alzavano dalle rispettive postazioni.

Dopo essersi salutati con una stretta di mano, i gemelli si incamminarono tranquillamente verso la porta, ma prima di uscire Tom si girò nuovamente verso la donna.

«E comunque la sua segretaria è davvero una donna in gamba: il contratto era quasi perfetto!» e le strizzò l’occhio, prima di scomparire dietro il pannello rettangolare di legno chiaro.

Dall’altra parte, Cassandra rimase allibita di fronte alla battuta di quell’insolente ragazzino: aveva speso due interi pomeriggi e gran parte della notte precedente per stilare quell’accordo nel miglior modo possibile, dopo -ovviamente- aver dato una bella strigliata alla povera Hellen -la segretaria- per gli appunti telegrafici che le aveva frettolosamente scritto su un post-it.

Dopo che ebbe formulato quel pensiero però, si dovette parzialmente ricredere: insolente sì, ragazzino pure, ma anche parecchio intelligente, aggiunse con un sorrisetto amaro sulle labbra che sembravano essere fatte di pietra.   

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Un semplice nome. Destinee Simmons.

E un numero spropositato di risultati che si era immediatamente aperto davanti ai suoi occhi, non appena l’aveva inserito in uno dei più famosi motori di ricerca online.

Una delle numerose pagine web aveva rivelato che quella ragazza, appena ventunenne, era in realtà una specie di bambina prodigio: a soli tre anni infatti, era stata reclutata -tra più di centocinquanta partecipanti ai provini- per girare uno spot pubblicitario.

Quell’occasione aveva inevitabilmente dato il via alla sua sfolgorante carriera come attrice: a sette anni era infatti arrivato il primo ruolo importante e il giovane talento aveva recitato accanto a leggende del cinema, quali Meryl Streep e Robert De Niro; un lungometraggio che, poco tempo dopo la sua uscita sul grande schermo, aveva visto l’assegnazione di ben due premi Oscar.

Praticamente aveva segnato la svolta della sua carriera, che l’aveva condotta a ricevere, dodici anni dopo, all’età di diciannove anni, un’altra gratificazione: la statuetta dorata dell’Oscar come ‘Migliore Attrice Protagonista’ era finita dritta dritta nelle sue mani.

Il suo percorso lavorativo si era dunque costruito passo a passo, e l’indubbio talento che la ragazza possedeva era stato in qualche modo premiato, conducendola inequivocabilmente a diventare una delle giovani stelle più ricche e più famose di Hollywood -permettendole anche di tenere tranquillamente testa ad altri volti noti, quali Kristen Stewart e Dakota Fanning-.

Bill si stava apprestando a chiudere il sistema, dopo aver visionato distrattamente anche alcune foto della giovane donna sui red carpet dei più importanti eventi cinematografici, quando un titolo -scritto in eleganti caratteri corsivi, su uno dei siti che il cantante conosceva bene- aveva attirato immediatamente la sua attenzione.

Aveva quindi fatto scorrere velocemente lo sguardo sull’articolo sottostante: poche, semplici righe, impregnate di un velenoso sarcasmo e di una gratuita cattiveria.

Bill non aveva mai attribuito molto peso a quello che scrivevano i giornalisti, ma quella volta non aveva potuto fare a meno di calarsi per un attimo nei panni di Destinee: alla luce di quelle parole, aveva perciò capito un po’ meglio il motivo della sua frustrazione e della sua rabbia, sfogata quello stesso pomeriggio nell’ufficio di Cassandra.

La cosa che però lo aveva lasciato del tutto interdetto era stata la serie di immagini che completava il tutto. Con un veloce click del mouse aveva quindi chiuso la finestra, come se compiendo quell’azione fosse riuscito a tenere nascosto il segreto che quelle foto -ormai pubbliche- celavano al loro interno.

Quella serie di informazioni, che Bill aveva assimilato -tutte insieme- solamente qualche ora addietro, ora gli vorticavano furiosamente nella testa, non permettendogli di riposare nemmeno mentre volava -a più di diecimila metri di quota- verso la Germania.

Come se la notte quasi insonne appena passata non fosse stata abbastanza! Pensò, lasciandosi sfuggire uno sbuffo infastidito e continuando a fissare, annoiato, la distesa di nuvole e cielo oltre l’oblò del velivolo.

Nel silenzio dell’abitacolo però, i pensieri tornarono a tormentarlo, senza tregua: conosceva quella ragazza grazie alla fama che la precedeva, ma non aveva idea di chi fosse prima della sera precedente; non aveva mai visto uno dei suoi film -non erano certamente il suo genere, nonostante il suo repertorio fosse abbastanza vasto- né tantomeno aveva avuto il piacere -per così dire- di scambiarci qualche parola.

Infatti, nonostante entrambi frequentassero quasi gli stessi, rinomati locali a Beverly Hills, non si erano incrociati più di qualche volta, sempre di sfuggita.

Almeno fino a quel pomeriggio, quando la ragazza aveva letteralmente fatto irruzione nell’ufficio di Cassandra Bradford -con la quale sembrava avere un legame particolare- e non ci aveva pensato nemmeno un secondo a riversarle addosso tutto il suo disprezzo e la sua delusione.

Ma la cosa davvero straordinaria era che quella ragazzina, dall’aspetto così fragile e delicato, era riuscita a tenerle testa senza troppi sforzi.

Scuotendo la testa per cercare di scacciare quei fotogrammi, quasi fossero noiosissime mosche che gli ronzavano attorno, Bill si voltò leggermente in direzione del fratello, il quale occupava il sedile immediatamente alla sua sinistra. Con un solo sguardo, che gli aveva rivolto di sfuggita, il cantante era riuscito subito a capire che anche nella testa di Tom c’era parecchio movimento -a quanto pareva nemmeno particolarmente gradito, a giudicare dalla gamba che tremolava insistentemente sul fondo del velivolo-.

E non si sbagliava: i pensieri del chitarrista infatti, non erano molto diversi dai suoi…

Suo fratello -a differenza sua- era molto ferrato sulla vita della giovane attrice e Bill non era tanto sicuro che il motivo per cui il chitarrista non si fosse perso nemmeno uno dei suoi film fosse il suo talento, anzi…

Ma, forse per la seconda volta in tutta la sua vita, aveva commesso -senza nemmeno saperlo- un piccolo errore: nella mente di Tom non c’era il corpicino indubbiamente attraente della giovane artista, bensì le parole straordinariamente vere e reali che la ragazza aveva sputato in faccia alla famosa giornalista come se fossero veleno.

Quelle frasi risuonavano insistentemente nella sua testa e gli rimbombavano fastidiosamente nelle orecchie, riuscendo perfino a sovrastare la musica di Samy Deluxe, sparata a massimo volume dagli auricolari, che aveva infilato non appena aveva appoggiato il suo didietro sul lussuoso sedile in elegante pelle beige della prima classe.

Rassegnato, capì che l’unica cosa ragionevole da fare quindi, sarebbe stata lasciarsi andare completamente a quel flusso di riflessioni e -nonostante fosse leggermente spaventato dal fatto che la sua mente associasse la ragazza a delle parole da lei pronunciate e non al suo corpo- si rese comunque conto che l’aereo stava iniziando ad abbassarsi lentamente.  

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Meraviglioso, come sempre, il Ritz Carlton di Berlino svettava davanti ai loro occhi, distinguendosi senza troppi sforzi da ogni altro edificio che si affacciava su Postdamer Platz.

Quell’angolo della capitale teutonica sembrava essere una perfetta trasposizione di una qualche città statunitense: infatti, nonostante si affacciasse sulla piazza più moderna e occidentale dell’intera Germania, l’hotel riusciva comunque a mantenere una maestosa aura di eleganza e sofisticatezza.

Con una certa malinconia, Bill e Tom poterono notare che non era cambiato assolutamente nulla da allora e ad entrambi sembrò quasi di essere stati catapultati indietro nel tempo, a quando erano appena dei ragazzini che stavano lottando con le unghie e con i denti pur di riuscire a rendere reale anche un pezzetto del loro grande sogno.

Il cantante estrasse dalla tasca dei jeans il suo iPhone e, con un sorriso nostalgico, scattò velocemente qualche foto alla facciata; poi, non appena varcata la soglia del lussuoso albergo, accedette all’app per postare il commento che rendeva ufficiale il ritorno dei gemelli in Germania -e che, contemporaneamente, avrebbe mandato in visibilio migliaia di ragazze, europee e non-.

La salita in ascensore fino al quarto piano non gli era mai sembrata così lenta, ma quando furono arrivati fuori dalla porta di pregiato legno scuro, una nuova valanga di piacevoli ricordi sembrò sommergerli.

Anche l’immensa suite 483 era esattamente come entrambi la ricordavano: quattro camere -di cui stavolta solo due sarebbero state utilizzate-, con bagno privato, che confluivano in un unico salone, accuratamente arredato.

Stavano ancora guardandosi intorno, stupiti e meravigliati come se fosse la prima volta, quando un continuo e fastidioso vibrare attirò l’attenzione di Tom, che sorrise nel leggere il nome sul display illuminato.

«Che tempismo!» esclamò infatti, prima di aprire l’sms appena ricevuto.

 

“Home Sweet Home”
Anche noi dobbiamo venirlo a sapere dall’app che siete finalmente arrivati?!
Begli amici, nemmeno vi degnate di fare una telefonata!
xP

 

Il chitarrista lesse ad alta voce il messaggio inviatogli da Georg e poco dopo sia lui sia il fratello scoppiarono in una fragorosa risata, mentre proprio quest’ultimo estraeva il suo Macbook dalla custodia da viaggio.

Il bassista era già connesso a Skype e rispose dopo soli due squilli.

«Bentornati in patria, ragazzi!» proruppero in coro Georg e Gustav, mentre Margaret faceva dondolare lo schermo del suo cellulare di fronte alla videocamera: il post di Bill troneggiava nel rettangolo luminoso e sul viso della ragazza era dipinto un sorriso colpevole.

«Grazie! Non vediamo l’ora di venirvi a trovare!» rispose Bill, non provando nemmeno a celare la voglia che aveva di rivedere i suoi due amici di sempre e la ragazza.

«Ci vediamo stasera, quindi?» chiese Georg, con un sorriso.

«Certo amore, non ne posso più di aspettare!» fu la pronta risposta di Tom, accompagnato da una studiata espressione maliziosa rivolta al bassista attraverso l’obiettivo.

«E poi dicono che quello gay sono io… Bah, valli a capire!» esclamò Bill sbuffando, più a se stesso che agli altri, suscitando l’ilarità di Margaret e Gustav che scoppiarono a ridere rumorosamente, soprattutto dopo aver visto le espressioni palesemente inorridite degli altri due.

«Senti, non fare tanto il santarellino tu eh! A proposito: ti sei dato da fare l’altra sera a quella festa, non pensavo volessi provare -per così dire- nuove esperienze!».

Georg si sforzò in tutti i modi di mantenere un’indignata espressione accusatoria sul viso, ma non riuscì a trattenersi dal fare un ghigno, che venne però cancellato immediatamente nel vedere l’espressione del cantante dall’altra parte dello schermo.

«Non dirmi che avete visto le foto! Sono arrivate fino a qui?» domandò infatti Bill, la sua voce solitamente dolce e calda fu un gelido sussurro.

«Non sui giornali, ma su Internet sì, purtroppo! Girano in rete da giorni…» esclamò Margaret dispiaciuta: era stata proprio lei, durante uno dei suoi interminabili giri sul web, ad averle scovate su uno dei siti di gossip più frequentati.

Bill e Tom si scambiarono uno sguardo d’intesa, prima di esclamare all’unisono: «Teste di cazzo! Dobbiamo tenerlo nascosto a Dave, almeno fino all’intervista di domani!».

«Tranquilli, vi daremo una mano! Dopotutto, siamo ancora bravi in questo, no?» propose tranquillamente Gustav, un sorriso di sincero aiuto che gli piegava gli angoli delle labbra.

I due gemelli sorrisero a loro volta, ringraziandolo silenziosamente: il batterista aveva completamente ragione! In quello erano ancora gli stessi, identici ragazzini di un tempo, il cui passatempo preferito era quello di far diventare pazzo quel pover uomo del loro manager.

«E comunque non mi sono dato da fare, l’altra sera! Quella era Claire, non vi ricordate che lei é…?» tenne comunque a precisare il cantante.

Conoscevano Claire, gliel’avevano presentata proprio David e Patricia una delle volte che i ragazzi erano andati a Los Angeles a trovare i gemelli…

«Lo sappiamo, Bill, non ti preoccupare! La mia era solo una battuta!» si affrettò a replicare Georg, abbassando gli occhi a mo’ di scuse. Quando rialzò lo sguardo cristallino però, un ghigno assai malefico gli storpiava la bocca. «Quello che però non sapevamo e che non credevamo possibile -almeno fino all’altra sera- era che il Sexgott fosse definitivamente morto!».

Tom alzò di scatto la testa, scioccato.

«Cosa stai dicendo, Hagen? Non è come pensi…» negò prontamente il chitarrista, accompagnandosi anche da un inequivocabile gesto del capo.   

«Ah sì? Quindi mi stai dicendo che sei andato in bianco, Thomas? Meno male, almeno non mi hai tradito…» ribatté il bassista, provocandolo. Stava per scoppiare a ridere, ma si trattenne vedendo l’espressione fin troppo seria del cantante.

«No, Georg! Ti sto dicendo che la ragazza mora che compare insieme a me in quelle foto si chiama Abbie…» fece appositamente una pausa ad effetto, mentre gli altri tre lo guardavano palesemente confusi. «Ed è la compagna di Claire!» concluse poi, sbuffando.

L’evidente incredulità sul volto del bassista li fece ridere tutti quanti, ma fu proprio il chitarrista a spassarsela più degli altri e non resistette al forte impulso di punzecchiarlo ulteriormente.

«Il Sexgott non è affatto morto, anzi… Margi, quando ne hai voglia, puoi sempre passare a trovarmi!» ammiccò in direzione della rossa, che stette al gioco, suscitando un moto di collera nel bassista.

«Of course Baby… I’ll be there in a minute!» ribatté infatti la ragazza, con un sorrisetto malizioso tutt’altro che innocente.

«I’m waiting for you!» la rassicurò Tom, sempre in inglese, costringendo Georg ad alzare le braccia al cielo, in segno di resa.

«Ok, messaggio ricevuto! Scusa, Tom: ho tratto conclusioni affrettate, proprio come quegli stronzi…» affermò il bassista, sinceramente dispiaciuto.

«Tranquillo, scuse accettate! Lei purtroppo ama te e io le voglio bene come a una sorella, quindi…» gli fece l’occhiolino Tom, rassicurandolo.

Margaret era diventata, col tempo, la prima vera amica femmina che Tom avesse mai avuto, e il  particolare rapporto di amicizia che si era venuto a creare tra loro si era consolidato sempre di più col passare del tempo. Inoltre, era la ragazza di uno dei suoi migliori amici e mai avrebbe osato alzare un dito su di lei, nemmeno se avesse provato dei sentimenti più profondi del semplice affetto fraterno che invece nutriva nei suoi confronti.

«A stasera ragazzi! Un bacio!» li salutò proprio la rossa, con entusiasmo, ponendo fine alle riflessioni di Tom.

«A stasera!» risposero in coro i gemelli, prima di chiudere definitivamente la videochiamata.

Tra pochissime ora la Gang si sarebbe finalmente riunita di nuovo e -Dio solo lo sapeva- chissà cosa sarebbe successo.  

  
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