John Carter sta per abbandonare lo staff del Pronto Soccorso. Prima di farlo scrive una lettera indirizzata ai colleghi che lascia, in cui parla della sua esperienza.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Carter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Io, John Carter, sto per abbandonare il policlinico di Chicago, il
Pronto Soccorso. Ciò significa molto per me. Questo posto
è stato la mia casa, per ben undici anni della mia vita. Da
adesso in poi, non lo sarà più. Si tratta della
scelta più importante e difficile della mia vita.
Devo parecchio a questo posto, lo so. Sono molto diverso, rispetto alla
prima volta che vi misi piede. Allora ero un ragazzo, non ancora
dottore. Ero inesperto, insicuro e spaventato. Spaventato dal via vai
che vi ho trovato e un po’ in soggezione nei confronti dei
miei colleghi.
Ricordo molto bene le mie prime esperienze. Ma, soprattutto ricordo il
mio primo giorno qua, al pronto soccorso. Ricordo che avevo il camicie
perfettamente abbottonato, una cosa considerata fuori dal comune, qua.
L’ ho scoperto subito.
Ricordo anche la mia prima “emergenza”, se
così si può dire. Un uomo stava male ed aveva
bisogno di essere rianimato. Ma io non avevo mai usato un
elettrostimolatore. Ma nessuno mi ascoltava. Io continuavo ad urlare, a
chiedere aiuto, ma nessuno mi prestava attenzione. Così
decisi di fare tutto da solo. Trovai quello che mi serviva, ma non ero
in grado di usarlo. Ero talmente incapace, che finii per usarlo su me
stesso. Prego che nessuno faccia il mio errore. Mai.
Nel corso di questi lunghi anni ho imparato a fare molte cose, tra cui,
naturalmente anche usare l’elettrostimolatore. Ma,
più di ogni altra cosa, ho imparato a vivere. Sono
cresciuto. Ho provato una miriade di emozioni, tra queste mura. Ho
avuto gioie, e dolori. Forse più dolori, che gioie.
Sicuramente il periodo peggiore fu quando credevo di avere
già imparato tutto del mestiere. C’è
stato un tempo in cui credevo di essere superiore dei tirocinanti. Ma
non era così. Mi sono comportato in modo altezzoso, troppo,
con una ragazza, che avrei dovuto seguire.
Lucy Knight.
Era una tirocinante, molto brava. Lei è morta. Ed io non
potrò mai cancellare dalla mia mente, il momento in cui
l’ ho trovata, piena di sangue, morente. Si è
trattato di pochi secondi, visto che sono stato pugnalato alla schiena,
da colui che aveva aggredito Lucy. E’ stata
l’esperienza più brutta della mia vita. Senza
dubbio. E’ stato atroce sentirsi dire che lei non ce
l’aveva fatta, che era morta.
Sopravvivere a ciò sembrava impossibile. Persino ingiusto.
Non riuscivo a sopportare l’idea, così ho iniziato
a drogarmi. Sono stato mandato via. Benton e Greene mi hanno costretto
ad andarmene, per disintossicarmi.
Peter Benton e Mark Greene, sono stati i miei... come dire... i miei
“insegnanti”, e non solo in ambito medico. Il loro
è stato un insegnamento di vita. Mi hanno fatto crescere.
Benton mi doveva insegnare. Io lo seguivo perché avevo
deciso di fare chirurgia. Lui fu molto duro e severo con me.
Inizialmente non capivo quel suo atteggiamento brusco e scontroso. Ma
poi capii che si comportava così per farmi capire come
girava il mondo. Tuttavia ben presto cambiai opinione e decisi di
specializzarmi nel pronto soccorso.
Lavorare con Mark Greene è stato un grande onore. Lui era un
ottimo dottore, nonché una grande persona. Purtroppo, la
vita non è stata buona con lui. Aveva appena avuto la sua
seconda figlia, Ella, quando si operò per un tumore al
cervello. Non guarì mai. Decise di abbandonare il lavoro,
per passare gli ultimi giorni della sua vita alle Hawaii, con Rachel,
la sua primogenita.
La sua è stata una grave perdita. Ma non l’unica
che il nostro Pronto soccorso ha dovuto subire. Solo un paio di anni
più tardi, un’altra tragedia ci ha attraversato.
Romano, il chirurgo forse più odiato in assoluto,
è morto, schiacciato da un elicottero. A dire la
verità, l’unica a dispiacersene veramente tanto,
è stata Elizabeth Corday, un ottimo chirurgo, la moglie di
Mark.
In questi lunghi anni, molti medici hanno attraversato i nostri
corridoi. E molti se ne sono andati. Il primo, almeno da quando io sono
entrato a far parte di questo posto, a lasciare il policlinico,
è stato Doug Ross. Lui era veramente un bravo medico, un
pediatra, per l’esattezza. Peccato che avesse un carattere,
quanto meno impulsivo. Troppo per i canoni di Karry Weaver, il nostro
capo. E così se n’è andato. Mi ricordo
che aveva avuto una intensa storia d’amore con Carol
Hathaway, la nostra capo-infermiere. Solo dopo che lui ormai
se n’era andato, Carol ha scoperto di essere incinta.
Così dopo alcuni tentennamenti, ha deciso di raggiungerlo.
Comunque sia, al loro posto sono arrivati Abby Lockart e Luka Kovac.
Lei è entrata a far parte della nostra squadra come
infermiera, anche se adesso è diventata un medico. Luka
è colui che, da quando io andrò via,
prenderà sotto di sé l’intero reparto.
Di ciò sono molto contento.
Ma adesso vorrei venire al vero motivo per il quale sto scrivendo
questa lettera, che vorrei venisse letta dai nuovi giovani medici che
calcano i corridoi del nostro policlinico.
Ragazzi, quando avete scelto di frequentare la facoltà di
Medicina vi siete assunti delle grandi responsabilità.
D’ora in poi, dalla vostra competenza e dalle vostre scelte,
dipenderanno delle vite umane. Perciò confido in voi. Siete
il futuro della medicina. Siate sempre freddi nel vostro lavoro, ma
allo stesso tempo cercate di mostrarvi comprensivi nei confronti dei
vostri pazienti.
Bene, credo che il tempo a mia disposizione sia terminato. E’
arrivato per me il momento di uscire dal Pronto Soccorso per sempre.
Mando un saluto e tanti incoraggiamenti a chi resta. Vado a compiere il
mio lavoro altrove.
Ringrazio il cielo per essere capitato in questo posto meraviglioso che
mi ha insegnato la vita e il mio mestiere. Faccio un grande saluto a
tutto lo staff del Pronto Soccorso, in cui lascio una parte di me.
John Carter