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Autore: Nemainn    20/08/2013    13 recensioni
A volte non sempre le cose vanno nel verso giusto, eppure con un po' di impegno da parte del fato anche il più testardo degli uomini deve smettere di negare l'evidenza e accettare l'amore...
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cuoco

Primo Capitolo


 

-Ehi tu! Cuoco! Sono pronti i piatti del tavolo venti?- Il cuoco in questione alzò di scatto la testa verso la fonte di quelle parole, un cameriere che “al di là del pass” lo fissava con evidente impazienza.

-E che cazzo! Cosa ti credi, eh? Che per fare le cose basti il tempo di chiederle? Sei appena entrato con quella comanda!- Il piccolo battibecco passò inosservato, nella cucina in pieno fermento, era l’ora di punta del servizio della sera e il ristorante era pieno.
Tutti erano tesi, eppure non c'era vera rabbia nelle parole che volavano, nelle battute volgari e pesanti, nei battibecchi continui e coloriti. Sembrava una fiera in cui due parti ben distinte si affrontavano: i cuochi e i camerieri.
In tutto quel continuo lavoro spiccavano in particolare i bisticci di due persone.

-Datti una calmata Mat! Guarda che ho solo chiesto!- Il cameriere, un bel ragazzo sui vent’anni, guardava in cagnesco l’antagonista del momento, colui che stava ai fornelli: il cuoco.

-Non rompere, ed eccoti i piatti del venti! Sparisci prima che diventino freddi!-

Dopo quelle parole, pronunciate dal cuoco, il cameriere sogghignando prese in consegna i piatti, convinto che rompere le scatole velocizzasse sempre la cucina…


 

Due ore dopo, il servizio della sera era finito, la pace e la calma erano di nuovo tornate e la cucina era silenziosa e spenta.

-Mat!- Il cuoco si voltò, era appena uscito dal locale. Era finito il suo turno e stava tornando a casa quando la voce del cameriere con il quale battibeccava di solito, Alessandro, lo fermò.

-Che vuoi Ale? Hai finito pure tu?- Mat lo guardava venirgli incontro con un sorriso. Vestito in jeans e maglietta non sembrava neppure lui tanto era abituato a vederlo vestito da cameriere, con la giacca e il papillon. Era molto alto, almeno quanto lui che era uno e novanta.

-Sì, oggi faccio la mia mezza di riposo, ma ho la macchina dal meccanico... Visto che abito vicino a te, mi dai un passaggio?- Ale sorrise speranzoso, fissando gli occhi azzurri dell’altro, illuminati dalla sorpresa.

-Abiti vicino a me? Non lo sapevo! E da quanto?- Possibile che fossero vicini di casa e non se ne fosse mai accorto?

-Da poco, una settimana più o meno, ed esattamente nell’appartamento al primo piano della palazzina davanti alla tua. Allora, me lo dai il passaggio?- Mat annuì, sorridendo e si diresse verso la macchina, seguito da Ale.
Come faceva a sapere dove abitava? Mah, doveva averlo visto uscire per andare al lavoro… Allora perché lui non lo aveva mai visto?
Mise in moto l'automobile e si avviò verso casa.

-Come mai ti sei trasferito?-
Ale sorrise, come poteva dirgli la verità? Non poteva certo dirgli che si era trasferito per vederlo più spesso, giusto? Non gli sembrava carino esordire con un
Sai, è che mi sono follemente innamorato di te dal primo momento che ti visto, ma mi sono limitato a stalkerarti come il peggiore dei maniaci, arrivando a trasferirmi vicino a te, pur di vederti il più possibile.”
Optò per una mezza verità.

-Così sono più vicino al lavoro e più lontano dai miei, che non mi possono vedere. Ti spiace avere un cameriere come vicino di casa, signor cuoco?-
Mat rise mentre fermava la macchina a un semaforo rosso. Voltandosi verso il suo interlocutore si strinse nelle spalle.

-Certo che non mi spiace! E poi lo sai, no, che la guerra c’è solo all’ora del servizio! Per il resto del tempo siamo tutti grandi amici! Più o meno…- Risero entrambi mentre il semaforo scattava e l'auto ripartiva.
Il resto del breve viaggio passò tra tranquille chiacchiere e battute, poi, arrivati a destinazione, si salutarono e si misero d’accordo per il mattino dopo: sarebbero andati insieme al lavoro.


 

Ale entrò nel suo appartamento al settimo cielo, anche l’indomani avrebbe passato un po’ di tempo con Mat. Il suo cuore non aveva smesso di galoppare per un solo istante durante tutto il viaggio e aveva potuto fissare il profilo del volto di Mat senza destare sospetti: in fondo stavano parlando ed era normalissimo guardare il volto del proprio interlocutore, no?
Entrò nella piccola cucina ancora sottosopra, piena di scatoloni aperti e per metà svuotati disordinatamente, e si fece una tazza di caffè. Non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi azzurri e il viso dai tratti delicati dell'uomo che era entrato nel suo cuore.
Neppure lui sapeva come era successo, ma poco più di un mese prima, quando era stato assunto, l’aveva visto per la prima volta, chino sul tagliere mentre affettava delle verdure.
I capelli biondi che erano disordinatamente stretti in un corto codino e la frangia, che gli ricadeva sugli occhi limpidi come il cielo di marzo. La giacca bianca, tutta chiazzata, aveva il primo bottone slacciato e lasciava intravedere la maglietta che fasciava i pettorali ben definiti.
L’aveva in mente, chiara come una fotografia, quell’immagine che gli aveva rapito il cuore.
In quel momento, aveva deciso che sarebbe stato suo, a tutti i costi.
Ma la cosa si stava rivelando molto lenta, ma era decisamente fiducioso nelle sue possibilità.
O almeno, si poteva dire che ci sperava con tutta l’anima.
Intanto avrebbe cercato la sua amicizia, poi, un passo alla volta… A quel pensiero sorrise.
Si sedette sul divano davanti alla televisione, l'unica cosa tolta dall'imballo e sistemata ordinatamente in tutta la casa, e l’accese.
Si gettò sul divano lanciando le scarpe in un angolo dopo essersele sfilate con i piedi, sospirò e si incuneò comodamente tra i morbidi cuscini. Rilassato decise di farsi un pisolino, ma il campanello della porta decise di disturbarlo con il suo suono stridente. Con una mezza bestemmia si alzò, scocciato. Chi diavolo poteva essere?
Guardò dallo spioncino e, assolutamente incredulo, vide dall'altro lato Mat.
Era felice di vederlo, certo, ma che ci faceva li? Si erano salutati da poco, aveva forse scordato qualcosa nell'auto dell'altro?
Aprì la porta con un sorriso interrogativo stampato sul volto dai lineamenti pronunciati.

-Ciao! Entra pure…- Mat sorrise, facendo perdere ad Ale almeno un paio di battiti del cuore,  scosse la testa.

-Grazie, ma sono solo venuto a darti questo, l’ho trovato in macchina, devi averlo perso.-
Aveva indovinato quindi... Ale prese in mano il braccialetto di cuoio che l'altro gli porgeva, non si era nemmeno accorto di averlo perso.
Però doveva ammettere che la fortuna era dalla sua parte.

-Non mi ero neanche accorto di averlo perso! Grazie! Ma dai, non stare lì sulla porta, entra che ti faccio vedere casa mia! E per ringraziarti, che ne dici di un caffè? Al momento è quasi l’unica cosa che ho in casa, quindi anche volendo non ho molto altro ma, se ti và, non farti problemi!-

Ale si passò una mano tra i corti e lisci capelli neri con aria imbarazzata, facendo entrare il suo ospite e chiudendo la porta. –Siediti pure dove vuoi, anche se devo ammettere che le possibilità sono poche. Divano, oppure scatoloni meno morbidi e comodi, di cui alcuni assai pericolanti.-
Mat rise divertito, la casa presentava una quantità di scatoloni sparsi,  le uniche cose sballate erano il divano, il televisore con il lettore DVD e un tavolino un po’ sbilenco, carico di cartoni di pizza vuoti.

-Penso che mi siederò sul divano Ale, ma non è che hai bisogno di una mano con il trasloco?-

-No, non ti preoccupare! Oggi volevo mettere un po' a posto. Non è che abbia tutte queste cose, è che viste negli scatoloni sembrano il doppio. Allora, questo caffè?-
Passarono il resto del pomeriggio a parlare, rilassati e tranquilli, con la televisione che andava in sottofondo, ignorata da entrambi.




 

Le cose si stavano mettendo decisamente bene, Alessandro era al settimo cielo. Si vedevano spesso, uscivano assieme, e parlavano per pomeriggi e sere intere. Era ora di conquistare il cuore di Mat. Accadesse quello che doveva doveva accadere, anche se Mat lo avesse rifiutato, allontanandolo, era meglio sapere piuttosto che vivergli accanto, senza poter mai dire nulla, senza poterlo toccare. Preferiva buttarsi, sempre. Nessun rimpianto.
La settimana seguente avevano in programma di andare in vacanza assieme, al mare. Era l’inizio di settembre, un settembre ancora particolarmente caldo e assolato. Il lavoro era ancora tanto ma non così frenetico, ormai, da far negare loro una settimana di vacanza. E poi Ale non avrebbe accettato un no, a costo di licenziarsi!
Passare una settimana al mare con lui, con Mat, soli. Dopo una stagione intera di lavoro gomito a gomito, poterselo godere a quel modo lo riempiva di gioia. Solo allora si sarebbe dichiarato.
Tutte le sere, che si erano ritrovati a casa di uno o dell'altro, passavano la notte a parlare, a giocare con un videogioco, o a cazzeggiare.
I giorni con lui erano volati, ma le notti, quando lui non c’era, sembravano ancora più soffocanti e calde. Non poteva negarlo e non aveva nessuna intenzione di farlo: era cotto e stracotto, innamorato perso. Lo sognava, e non erano certo sogni casti e puri, quando poi la mattina lo vedeva al lavoro, con i capelli perennemente disordinati, faceva decisamente fatica a mantenere un contegno. In quei momenti, il ricordo di sua zia Assunta al mare, in costume, era di grandissimo aiuto: avrebbe calmato, o meglio ucciso dolorosamente, la passione di chiunque.
Spesso passava gran parte della notte a rigirarsi nel letto, sognando le sue mani, il suo viso, le sue labbra. Quelle labbra meravigliose che sembravano chiedere di essere morse, baciate.
Il suo autocontrollo era messo a durissima prova ogni volta che parlavano, il suo sguardo finiva su di esse e doveva farsi violenza per evitare di baciarle e farle sue.
Sognava di spostargli i capelli dagli occhi. Sognava la frangia bionda e lunga, che Mat spingeva indietro con gesti automatici, gesti che lui li trovava talmente sensuali da togliergli il fiato. Sognava di passare le dita tra i capelli di Mat un po' lunghi, sciolti, che gli accarezzavano il collo.
Era geloso di quei capelli certe volte, quando se ne rendeva conto, si dava a quel punto dell'idiota da solo. Li invidiava perché potevano accarezzare quel collo bianco e sottile come volevano, come, per ora, non poteva fare lui.

Sì, era proprio innamorato.

Quel tipo di amore totalizzante, che ti avvolgeva, che ti rubava l'anima e il respiro, che rendeva quella persona la fonte di tutta la tua vita. Quel tipo di amore che aveva giurato non avrebbe mai più provato. Dopo che era stato lasciato, sbeffeggiato, preso in giro… No. Era sicuro che Mat non era quel genere di persona. Anche se non avesse ricambiato, non c'era in lui quella crudeltà che poteva ferirlo. Non gli avrebbe spezzato il cuore. O sì?
Ma doveva provare, lo sapeva: non poteva restare nell’ombra del dolore, per paura di soffrire ancora. Lui doveva sapere, non poteva sopportare di vivere con il rimpianto di quello che avrebbe potuto essere se lui avesse parlato.
Lo amava, e sperava con tutto il cuore che Mat, per lo meno, non lo allontanasse anche come amico, dopo aver conosciuto i suoi veri sentimenti.


 

Finalmente il giorno della partenza, la macchina carica di valigie come se le vacanze dovessero durare mesi, invece che sette semplici giorni.

-Allora Mat, ti sbrighi? Ma quanta roba ti stai portando dietro?-
La voce di Ale era felice, sembrava un bambino alla prese con le prime vacanze, allegro e spensierato. Indossava una maglietta azzurra e pantaloni bianchi, larghi.
-Senti chi parla: il signor tre borsoni da una tonnellata! E aiutami a metterli in macchina invece di criticare!-
Mat si mise a ridere alla faccia imbarazzata di Alessandro, un lieve rossore che si diffondeva sul viso abbronzato.

-Dai che scherzo Ale! Non fare quella faccia!- Il ragazzo si riprese, ma il rossore traditore aveva deciso di rimanere ancora un po' a colorire il suo viso. Aiutò a caricare i borsoni in macchina pigiandoli nel baule e nel sedile posteriore.

-Per fortuna che siamo solo noi due, una terza persona in macchina non ci stava, figurarsi le eventuali valigie!-
A quel pensiero Mat rise, seguito da Ale.

-Hai ragione, una terza persona proprio non ci starebbe…- Però Ale non lo intendeva solo come spazio fisico: quella settimana Mat era solo suo, non lo avrebbe mai diviso con nessuno. No, quella era la settimana della verità e nessun altro doveva mettersi in mezzo.
Finalmente, dopo gli ultimi controlli, partirono.
La macchina divorava i chilometri dell’autostrada, con loro due che ridevano e scherzavano, ascoltavano la radio, commentavano le canzoni e i cantanti, viaggiando tranquilli nell'autostrada quasi deserta.



 

Mat cercava con tutto se stesso di non darlo a vedere, ma era da un po' che si era accorto che per lui Ale non era solo un amico. Era stato difficile ammetterlo con se stesso, lui era pur sempre un uomo, Ale pure.
Non sapeva cosa fare, per un periodo aveva anche pensato di allontanarsi dall'altro, ma solo il pensiero lo faceva stare troppo male.
Il pensiero di non vedere più quegli occhi di giada illuminati dal sorriso, quelle mani eleganti, lunghe e affusolate, quel viso angelico dall’ovale perfetto, incoronato di corti e lisci fili di seta nera lo faceva immediatemente desistere da ogni proposito di allontanamento.
Come desiderava far passare le mani attraverso quei fili superbi, per poi portarle a circondare il volto per poi scendere. Scivolare sempre più, poggiarle sul petto sodo, sugli addominali scolpiti, abbassarsi ancora…
A quel punto Mat troncò di netto i suoi pensieri, si stava eccitando e non gli sembrava proprio il caso visto il costume e la spiaggia abbastanza affollata.
Ale, sdraiato al sole accanto a lui, sembrava non essersi fortunatamente accorto di nulla, continuava a chiacchierare del più e del meno mentre Mat cercava di riportare i propri pensieri su un binario più casto, evitando accuratamente di fissare altre parti del corpo dell'amico oltre la nuca.
Doveva dirglielo, ma quando, e soprattutto come, per non rischiare di perderlo?
Senza rischiare di allontanarlo per sempre da lui?


 

Mat era ignaro del fatto che Ale stesse facendo le stesse sue riflessioni a un passo da lui, sdraiato sulla sabbia bianca e rovente, sotto il sole del primo pomeriggio.
Le loro anime già si tendevano la mano, in attesa del reciproco incontro.
Nel mare bambini giocavano allegri,  le loro grida avevano un che di innaturalmente vivo nella calura statica del pomeriggio.
Come di comune accordo, Ale e Mat si alzarono per andare a fare un tuffo, tutti e due con in mente gli stessi pensieri.
Passarono il pomeriggio in spiaggia fino all'arrivo della sera, con la brezza fresca che saliva dal mare e che portava via il caldo soffocante del giorno.
Nella terrazza dell’albergo camerieri affaccendati servivano la cena ai commensali, ignari delle loro fatiche e spesso pieni di maleducate pretese.
-Mat, non ti sembra strano essere il cliente? Quando vedo i camerieri servirmi mi fa uno strano effetto, ho sempre l'impressione che dovrei alzarmi anche io a fare qualcosa!-
Mat annuì, chiaramente sovrappensiero, ma sorridendo all'indirizzo di Ale.
E come poteva non sorridergli? Era veramente splendido.
Indossava un paio di vecchi jeans stinti attillati e una camicia bianca sbottonata fino a metà. Splendido, angelico. Se solo avesse potuto gli sarebbe saltato addosso lì, davanti a tutti.
Probabilmente il suo sguardo stava lasciando trapelare qualcosa, perché Mat smise di parlare e lo fissò con aria interrogativa, la testa bionda leggermente piegata di lato e le labbra socchiuse.

-Qualcosa non va Ale? Mi sembra che mi stai fissando in modo strano da un pezzo e che non mi ascolti.-
Ale si riprese con un sorriso imbarazzato e il viso imporporato in modo vistoso.

-No, niente, stavo solo pensando ad altro, non ti preoccupare!-

-Vabeh, allora sei d’accordo? –

-Su cosa?-
Ale lo fissò in silenzio per un lungo minuto, una faccia talmente ebete da far ridere Mat fino alle lacrime.

-Cosa c’è da ridere Mat?! Smettila che ci stanno guardando tutti malissimo! Basta Mat! Smettila!-
Ma la cosa degenerò invece di migliorare, perché anche Ale si unì alla risata, contagiato dall’ilarità dell’amico. Finalmente tra le occhiatacce degli altri clienti dell’albergo finirono rumorosamente di cenare e si diressero verso la loro stanza, sempre ridendo.
Appena chiusa la porta alle loro spalle crollarono sul pavimento di moquette blu, contorcendosi dal gran ridere.

-Smetti di ridere Mat! Sennò non riesco a smettere! Non respiro più!-
Senza neanche più il fiato per parlare Mat diede le spalle all’amico cercando di calmarsi, era proprio vero che il riso era contagioso. Inoltre amava sentire la risata allegra e argentina di Ale, liberatoria e luminosa, sembrava che quel suono meraviglioso gli togliesse un peso dalle spalle.
Ci impiegarono diversi minuti e innumerevoli tentativi falliti miseramente ma alla fine si calmarono tutti e due, non senza piccole ricadute sparse.

-Allora non hai capito quello che ti ho chiesto prima, volevo sapere se ti andava di andare a fare un giro sulla spiaggia Ale…-
Mat si sentiva un perfetto idiota a chiedere una cosa simile ad un ragazzo, ma in fondo doveva trovare il coraggio di dirglielo, o non sarebbe più riuscito a dormire, a essere in pace con se stesso.

-Certo, aspetta che prendo la felpa.- Uno sguardo vagamente perplesso ma nulla di più e il ragazzo andò all'armadio.
Era notte ormai quando finalmente arrivarono alla spiaggia e la luna era solo un sottile spicchio vagamente rossastro nel cielo limpido. I loro piedi nudi non facevano quasi rumore nella sabbia soffice, il leggero rumore delle onde contro il bagnasciuga era ritmico e rilassante, un eterno rincorrere la terra ferma.
I due camminavano fianco a fianco, in silenzio, ormai da un po'. Ognuno concentrato fino allo spasimo sull’altro, senza sapere come cominciare il discorso, senza sapere come l’altro avrebbe preso, senza sapere che i loro pensieri erano l’uno lo specchio dell’altro.
Camminavano, talmente vicini da sfiorarsi, il silenzio sempre più profondo.


 

Ale… ora è qui, è vicino a me ma non so come dirglielo. Perderlo mi ucciderebbe.
L’acqua lambisce i miei piedi scalzi, il rumore sordo delle onde si mescola ai miei pensieri. Lui è qui, ad un passo da me.
Ale è qui al mio fianco.
Vorrei tendere la mia mano fino ad imprigionare la sua, dirgli tutto quello che mi passa per la mente ma non ho il coraggio di dirgli nulla: mi fermo.
Lo fisso con insistenza muta negli occhi. Spero assurdamente che capisca lo stesso, senza parole. Mi sorprende fissandomi con la stessa intensità.
Non so più che pensare: che sappia leggere nel mio animo?
Impossibile, o no? Il suo sguardo entra in me più forte di un grido, mi sembra di annegare nello stagno smeraldino dei suoi occhi.
È buio ma i suoi occhi sono luminosi, pieni di luce. Intriganti, invitanti, come e più della mela del peccato originale.
Belli, immensamente luminosi e spaventosi.
Abissi in cui rischio di perdermi senza poter più trovare la strada per il ritorno.
Vedo che si passa la lingua sulle labbra secche, e guardo incantato quello spettacolo a cui vorrei partecipare.
Sta per iniziare a parlare, e all’improvviso non so più se ho paura o se sono felice, finalmente si chiariranno le cose, spero almeno.


 

Mat si fermò, fissando Alessandro accanto lui che ricambiava lo sguardo, sembrava agitato, si mordeva le labbra in un gesto nervoso.
Ale deglutì, incapace di distogliere lo sguardo dall'altro, talmente bello ai suoi occhi da sembrare un angelo. Temeva quello che potevano creare le sue parole, temeva una rottura insanabile. Eppure il silenzio lo stava torturando in modo tale da impedirgli di tenere quei sentimenti chiusi dentro di lui.
Annegò senza speranza di salvezza negli occhi azzurri di Mat, occhi che nella notte sembravano polle di oscurità in cui perdersi per sempre. Si perse in quello sguardo aperto e onesto, deglutendo imbarazzato e spaventato.
Alla fine dopo una falsa partenza le parole si decisero ad uscire. Aprì la bocca e vide Mat seguire il movimento delle sue labbra, ipnotizzato.

-Devo dirti una cosa Mat, una cosa molto importante. Solo ascoltami fino in fondo, ok?-
L'uomo annuisce impallidendo in modo visibile perfino al chiaro di luna, la pelle chiara ora pare talmente diafana da ricordare un fantasma. -È da un po' che dovevo dirtelo, solo che ho paura. Ho paura che dopo tu non mi voglia più vedere.-

Ale si bloccò, incapace di continuare, le parole gli morirono in gola mentre tutta l'attenzione dell'altro si catalizzava su di lui. Attente e serie le iridi dell'altro non lo lasciarono neppure per battere le palpebre. Sempre più spaventato e a disagio, accennando un mezzo sorriso tirato, proseguì, la voce poco più di un sussurro.

-Io mi sono innamorato di te, Mat. Sei libero di fare quello che credi, accettare il mio sentimento o andartene… Ma non disprezzarmi. Non... Umiliare quello che sento.-
Parole dette di getto, mentre gli occhi di Ale sfuggivano dal contatto con quelli di Mat, incapaci di affrontare quello che potrebbe comparire in essi, Odio? Disprezzo? Derisione?
Sentì la sua mano sul lato del collo e tornò ad alzare lo sguardo, speranzoso.

-Come faccio a disprezzarti? Non potrei mai! Perché anche io… sai…-
Mat deglutì, incapace di esprimere i suoi sentimenti.
Non avrebbe mai pensato di innamorarsi di un uomo, non avrebbe mai pensato di sentirsi fare una dichiarazione d'amore da un uomo e di accettarla! Anzi, di esserne talmente felice da sentire il cuore folleggiare nel suo petto.
Ma le parole non uscivano. Sembravano bloccate nel fondo dello stomaco contratto dall'emozione dell'uomo.
La mano di Ale saliva, lentamente, sfiorando la pelle con un tocco delicato ed esitante. Con tenerezza, infine, sfiorò il volto incorniciato dalla criniera disordinata di Mat, il pollice seguì i delicati contorni delle labbra con immensa lentezza. I volti si avvicinarono sempre di più, e Mat chiuse gli occhi incapace di reggere la tensione che sentiva.
Infine le labbra si incontrano in un bacio colmo di dolcezza, esitante.
I corpi si avvicinano fino ad incontrarsi e le mani strinsero tra di loro i corpi.
Non serviva dire altro.






N.d.A. Mi scuso, mi scuso profondamente di questa sciocca opera insulsa e vaneggiante. È la correzione/rimaneggiamento di una vecchia storia, scritta moltissimo tempo fa.
Non sono capace di scrivere cose romantiche, chiedo scusa.
*chiede perdono in ginocchio sui ceci*

   
 
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