Quella sera Alejandro e Heather restarono da me, ma purtroppo Duncan e Trent dovettero andarsene.
Decidemmo di ordinare una pizza mentre discutevamo degli ultimi avvenimenti riguardanti la band.
Eravamo seduto intorno al tavolo bianco della cucina, con due bottiglione di coca e qualche lattina di birra, più un pacchetto di gelatine alla frutta assortite.
Stavamo scrivendo tutto su un grande folgio da disegno.
Si prospettavano due problemi:
- Ci serviva un batterista. MA a quella stava provvedendo Trent.
- Ci servivano soldi. Per continuare a pagare il posto (una camera insonorizzata) in cui provavamo ci servivanio almeno 600 dollari sonanti, e di certo nessuno di noi poteva farli apparire per magia.
Soprattutto il rock.
Diceva che il rock era una cosa da tamarri, da persone insulse o da psicopatici.
Immaginatevi quando aveva visto Duncan.
Quella volta abbiamo litigato sul serio.
Odiava profondamente la band, soprattutto Duncan e Scott.
L’unico che gli piaceva (o almeno, che non gli faceva totalmente schifo) era Trent, perché veniva da una buona famiglia.
Ma , ehi! Io non amavo Trent, amavo il mio Duncki e punto e basta.
Diceva che se proprio volevo tanto cantare avrei dovuto intraprendere la carriera lirica.
Ma io non ci pensavo neanche.
Il rock mi scorreva nelle vene, mi scorreva nel sangue, era il MIO sangue.
Il rock era la mia vita.
Perché io sono nata per il rock.