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Autore: StRospa    20/08/2013    0 recensioni
Salve, questa storia parla di un essere umano tradito dalla sua specie, arrivato ad odiare tutto ciò che gli ricorda il mondo degli uomini e gli umani in generale. Un cannibale, per intenderci, che vive secondo le sue regole.
E' il mio secondo racconto e sono molto inesperta. Consigli e opinioni sono molto ben accetti :)
Genere: Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'uomo si guardò intorno lentamente assaporando tutto ciò che vedeva intorno a lui alla luce della luna piena. Tutto lì era suo. La foresta,
i fiumi, gli animali, tutto, senza eccezioni. Nonostante piovesse a dirotto, le chiome fitte degli abeti permettevano solo a qualche
goccia di cadere sul sottobosco e sul volto dell'uomo sorridente. Quella atmosfera che sembrava congelare tutto e il tempo stesso, quel
silenzio rumoroso nella sua testa, il suo respiro che si trasformava in nuvole bianche per il freddo, il rumore della pioggia che non
faceva altro che esaltare la totale assenza di suoni nel sottobosco: lo rendevano estremamente felice ed esaltato. Era la pace. Non aveva
paura degli animali della foresta: sapeva difendersi molto bene dopo tutti quegli anni passati a combattere per la propria
sopravvivenza. In mano teneva saldamente un coltello, uno di quelli estremamente taglienti da mecellaio, e in spalla aveva un fucile
da cacciatore, le sue difese contro il Nemico.
Dei passi, non animali, lo distrassero dal suo momento di pace. Non esitò un secondo. Con passo felpato si mise all'
inseguimento di quel rumore. Dopo pochi minuti trovò le creature che producevano quei suoni goffi: quattro esemplari, maschi di
giovane età, si stavano spintonando a vicenda, producendo versi che l'uomo sapeva per istinto essere espressioni di divertimento,
risate. Li osservò per qualche minuto, incuriosito dai loro movimenti bizzarri e sgraziati, dalle risa sguaiate e dalla loro puzza.  
Di certo non erano malati, erano senza dubbio sani e in forze, e allora cosa? Forse avevano mangiato una pianta che non avrebbero
dovuto toccare? La sua specie di solito non osava avventurarsi nel bosco senza provviste e quegli strani rifugi di tela, e di certo non
mangiavano piante selvatiche. Non c'era speranza: per quanto si sforzasse non avrebbe mai capito i suoi simili, come del resto non
avrebbe mai capito cos' era successo ai quattro esemplari vicino a lui per ridurli così. Ma poco gli importava, visto che con gli esseri
umani non voleva averci nulla a che fare, fatta eccezione ovviamente per quando moriva di fame. Esattamente come  in quel
momento.
Scattò in avanti come un felino e fu loro addosso prima che quelli si potessero rendere conto di qualcosa. Li uccise con delle precise
coltellate alla gola, mentre ancora ridevano, perchè non voleva sprecare i proiettili. Gli strani tipi non sembravano essersi resi conto di nulla,
dei ghigni inquietanti, l'eco delle loro orribili risate, gli si erano impressi sui loro volti freddi. Non ne doveva sopravvivere neanche uno.
Il Nemico andava annientato.Tutti coloro che lo vedevano andavano uccisi. Sapeva che se qualcuno fosse scappato, sarebbero tornati a
catturarlo e l'incubo che non riusciva a ricordare sarebbe ricominciato.
Iniziò a trascinare i corpi per il sottobosco verso la sua tana lì vicino, uno per uno. Quando finì aveva il fiatone:  le prede erano più grosse di
quanto si fosse aspettato e probabilmente non le avrebbe finite. Avrebbe sicuramente dovuto seppellire i resti dove carnivori e suoi simili
non li avrebbero mai trovati. Cominciò a lavorare la prima carcassa togliendo le budella e buttandole nel fuoco che aveva acceso con un
accendino, decapitò il corpo e mise la testa da parte per ricordarsi di seppellirla in un altro momento. Tutto ciò che aveva o lo aveva rubato
a vittime da lui uccise o lo aveva fabbricato lui stesso. Ma cose come accendini, pentole o vestiti, andavano sempre rubati ad altri esseri umani,
non si potevano costruire.
Quando finì, mise un pentolino  sul fuoco e si fece uno stufato con la carne tagliata a cubetti. Consumò la sua cena con gusto
per poi proseguire a lavorare gli altri corpi. Tuttavia anche così cotti e ben tagliuzzati, non sarebbe mai riuscito a finirli prima che andassero
a male. Dopo aver messo via i vestiti uscì dalla grotta abilmente camuffata con terra e arbusti che era la sua tana. Aveva smesso di piovere. Doveva
seppellire le teste in profondità e lontano dalla sua dimora.
Mentre scavava con le mani la terra molle sotto un albero non provava alcun rimorso o disgusto per i suoi atti. Perchè gli umani erano cattivi, lo
avevano ripudiato, torturato, distrutto.
E nessuno lo aveva mai cercato.
  
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