Libri > Shadowhunters
Ricorda la storia  |      
Autore: Fannie Fiffi    20/08/2013    1 recensioni
E se Nathan Young scoprisse di avere un fratello? E se suo fratello non fosse un semplice umano, ma un immortale come lui?
Un viaggio da Londra a New York per ritrovare la parte mancante di se stesso. Un nuovo mondo dove assistenti sociali impazziti, strani poteri magici, invisibilità, immortalità e controllo mentale del tempo non sono cose poi tanto strane.
Nathan e Simon, due fratelli pronti - o forse no - a scoprire l'uno le verità nascoste dell'altro. Due fratelli che di uguale hanno solo l'aspetto. Un incontro fatto di parolacce, scherzi e prese in giro.
[Crossover Misfits / Shadowhunters)
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Simon Lewis
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

200 Ore


 

 

200 ore. Puoi passare 200 ore a leggere libri, 200 ore a ubriacarti, 200 ore a farti qualunque essere femminile dotato di apparati connessi, 200 ore a cazzeggiare. Oppure puoi passarle in un dannato centro sociale, con una divisa arancione carota e tanti minorati mentali pronti a romperti i coglioni, e quello era proprio il caso di Nathan Young. Era stato costretto a quelle 200 ore per aver rubato delle stupide caramelle in uno stupido bowling appartenuto a uno stupido chiamato Beverly, nato col nome di una donna. C’era seriamente di peggio? Beh, se il giovane si fermava a riflettere su i due assistenti sociali uccisi, un temporale che aveva dato dei superpoteri a mezza Wertham e quei ritardati verginelli vestiti come sua nonna… Sì, insomma, c’era sicuramente di peggio.


Quel peggio però non lo spaventava, perché quello era il suo ultimo giorno. L’ultimo giorno costretto ad avere a che fare con tutti quei pazzi che si presentavano ogni giorno al Centro, le ultime 24 ore di quelle 200 che lo avevano tanto spaventato. Senza nemmeno accorgersene, dopo tutto quello che aveva vissuto insieme ai ragazzi, il tempo era finito. Ancora sdraiato sul suo provvisorio materasso, Nathan cominciò a pensare a quanto da quel momento in poi il tempo per lui non sarebbe contato. In fin dei conti, chi ha bisogno di prestare attenzione al tempo quando lo si possiede nel palmo di una mano? Aveva tutto il tempo, l’eternità, e quel pensiero lo agitava e lo gasava contemporaneamente.
Con un sorriso stampato sulle labbra carnose, il giovane prese una sigaretta dal pacchetto e la accese con l’accendino che portava sempre con sé. A volte non avrebbe più voluto alzarsi da quel posto.
Il momento di pace fu interrotto quando sentì il suo telefono cellulare vibrare lì da qualche parte e, sporgendosi un po’ per trovarlo, rispose al settimo squillo, forse l’ultimo prima che l’interlocutore attaccasse.
— Chi diavolo è? —
— Nathan, sono tua madre. — la voce sempre squillante di sua madre gli arrivò chiara, mentre dentro di sé si sorprendeva di tanto interesse.
— Che c’è? —
— Mi chiedevo, sai… Insomma, mi chiedevo se volessi passare a prendere un thé da me, oggi pomeriggio. — il tono con cui la donna gli parlò gli sembrò particolarmente agitato, così accettò senza pensarci.
— Va bene, mamma. — disse con voce seccata – il suo solito tono – prima di attaccare senza attendere oltre.



Una volta arrivato davanti la sua vecchia casa, Nathan la guardò per qualche istante prima di incamminarsi alla porta e bussare tre colpi secchi. La porta si aprì quasi debolmente e sua madre gli fu davanti, invitandolo a entrare con un leggero sorriso, spostandosi di lato per permettergli di entrare. Prima di farlo, il ragazzo mimò un saluto militare, per poi incamminarsi all’interno della casa che ormai non gli era più tanto familiare.
— Allora, quel coglione di Jeremy si è finalmente tolto dalle palle? — chiese con un sorriso forzato mentre si sedeva al tavolo della cucina. La madre, che lo aveva seguito silenziosamente, gli rivolse un’occhiataccia. In quello stesso istante, Nathan sentì una voce profonda sulla porta della stanza.
— Ciao anche a te, Nathan. È sempre un piacere vederti. — Jeremy se ne stava appoggiato allo stipite con quella faccia da pesce lesso e lo guardava come se andasse tutto bene. No, avrebbe voluto dire Nathan, non va per niente tutto bene.
— Zitto, cazzone. — rispose semplicemente, alzandosi e aprendo il frigo per cercare qualcosa da mangiare. Con la coda dell’occhio vide sua madre fare un gesto al proprio compagno, che silenziosamente se ne andò, chiudendosi in salotto.
— Per oggi salto il thé. — disse quasi giustificandosi alla madre che ancora lo guardava e facendole l’occhiolino.
— Devo parlarti di una cosa seria, Nathan. Faresti meglio a sederti. —


— Oh cazzo. — la voce di Kelly gli arrivava quasi ovattata, come se fosse sott’acqua. La realtà era che era ancora shockato e non riusciva a concentrarsi per più di dieci secondi.
— Già. — disse solamente quello, sbattendo la testa sull’armadietto e rimanendoci appoggiato.
— Mi stai dicendo che non solo sei stato adottato, ma hai anche un fratello che vive dall’altra parte del mondo e tua madre ti ha comprato un biglietto per raggiungerlo? —
— Sì, Kelly, è proprio quello che ho detto. — rispose l’altro con tono acido. — Tranne per il fatto — continuò  — che i biglietti sonodue, e uno è per te. —
— Stai scherzando? Perché non me l’hai detto subito? — domandò la ragazza sporgendosi un po’ e colpendolo dietro la nuca.
— Scusa davvero se ero troppo occupato a pensare che ho un cazzo di fratello, probabilmente un minorato, che vive in America e che fra due giorni dovrò vederlo. —
— Questo è davvero fottutamente epico. — pronunciò la ragazza appoggiandosi con la schiena all’armadietto e sorridendo distrattamente.
 
— Ok, l’indirizzo è questo. Sei pronto? — Kelly guardò Nathan da sopra la spalla, sorridendogli come per rassicurarlo.
— No, merda. — rispose il ragazzo con tono quasi isterico, facendo però un passo avanti.
Arrivarono entrambi all’entrata e Nathan fischiò, pensando che il suo fratellino dovesse passarsela davvero bene.  Bussò con relativa forza alla porta e poi si voltò verso Kelly, che si guardava intorno, allargando i lati della bocca in una delle sue solite smorfie.
— Mamma, dev’essere per te. — una voce che a entrambi sembrò familiare gridò quelle parole prima di aprire la porta con aria annoiata. Nello stesso momento in cui i loro sguardi si incontrarono, entrambi i ragazzi emisero un urlo disumano, balzando leggermente indietro simultaneamente. Dopo aver superato lo shock iniziale, Nathan cominciò a scorrere lo sguardo su quello che evidentemente era sua fratello. Il tipo aveva corti capelli ricci, grandi occhiali quadrati ed era vestito in modo casual, con una camicia a quadri e una maglietta con su stampato qualcosa che Nathan non aveva voglia di decifrare. Continuavano a fissarsi senza dire niente, le stesse maschere di orrore dipinte sul volto, quando finalmente qualcuno parlò.
— Non è possibile, cazzo. — la voce di Kelly spezzò finalmente il silenzio che era caduto tra loro, facendo un passo avanti e avvicinandosi al ragazzo con gli occhiali.
— Chi diavolo sei? — chiese quest’ultimo con gli occhi ancora fuori dalle orbite, rivolgendosi al giovane.
Nathan si scosse da quell’immobilità e scrollò le spalle, assumendo nuovamente la sua faccia strafottente.
— Tuo fratello. Mi sembra evidente, no, cazzone? —
Simon rimase con gli occhi e la bocca spalancati, non riusciva a smettere di guardare quella persona esattamente identica a lui, se non fosse stato per i ricci lasciati crescere e la mancanza di occhiali, per non parlare dell’atteggiamento da sbruffone che a lui non era mai appartenuto.
— Ma io… Io ho solo una sorella. Non può essere. — il giovane sembrava agitato, fin troppo. O forse era semplicemente Nathan a non essere facilmente impressionabile.
No, dev’essere qualche demone che vuole confondermi. Cavolo, devo chiamare subito Clary.
Kelly intercettò i pensieri del gemello del suo amico e non poté trattenersi dal dire: — Demoni? Ma di che razza di droghe fai uso, bello? —
— Come… Come hai fatto a… Io l’ho solo pensato. — le rispose l’altro guardandola dall’alto al basso, mentre suo fratello lo fissava ancora incuriosito.
— Senti, posso spiegarti tutto. Mi chiamo Nathan e vengo dall’Inghilterra. Sono tuo fratello. — Nathan cercò di assumere un tono e un atteggiamento diplomatico, dato come le cose stavano procedendo. — Lei — continuò — è Kelly, è una mia amica. —
— Aspetta, aspetta, aspetta. Inghilterra? Dici sul serio? Cioè, tu vieni dall’Inghilterra? —
— Sì, bello, proprio quella. Sai, la Regina, i Sex Pistols, le grandi fiche. — rispose Nathan simulando il gesto della masturbazione mentre il ragazzo con gli occhiali sgranava gli occhi e, con espressione schifata, distoglieva subito lo sguardo.
— Lascia stare. Io sono Simon, comunque. Penso che dovresti entrare. —
 


— Simon? Simon? — Clary aveva suonato almeno cinque volte ma, dato che nessuno le aveva aperto, aveva tirato fuori la propria copia delle chiavi di casa e si era fatta strada da sola attraverso i corridoi del luogo che conosceva da tutta la vita.
— Simon, cavolo, ho bussato… — la voce della giovane si spezzò quando, entrando in salotto, vide un ragazzo estremamente simile al suo amico, ma dai capelli più lunghi e dal sorriso più arrogante che avesse mai visto. Ma che cosa stava succedendo lì dentro?
Clary aveva un’espressione accigliata e confusa e, non appena Nathan si accorse di lei ferma all’entrata della stanza,  le sorrise malizioso e fece qualche passo verso di lei.
— Ehi, rossa, come va? — il ragazzo davanti a lei era incredibilmente identico al suo migliore amico, ma non era lui.
— Che cosa hai fatto al mio amico? — chiese l’altra guardandolo con astio e portando la mano allo stilo appeso alla sua cintura.
— Io? Niente. Sono solo un fratello passato a fare visita. — il giovane si rivolse a lei con il solito tono carismatico, ma qualcosa gli diceva che la rossa era un osso duro.
— Un cosa? Simon non ha fra… — Clary cercò di formulare un pensiero coerente e una domanda altrettanto sensata quando fu interrotta dall’entrata di Simon nella stanza. Questa volta era il vero Simon.
— Simon, ma che cosa sta accadendo? Chi è questo tipo? Stai bene? — il giovane sapeva che l’amica si stava trattenendo dal sommergerlo di domande, perciò si limitò a scrollare la mano in segno di resa.
— Clary, va tutto bene. Beh, ecco… Ti presento mio fratello. — disse semplicemente quello, sorridendo in modo imbarazzato e indicando Nathan con la mano.
Quest’ultimo, che non voleva rimanere fermo senza fare niente, si incamminò a grandi passi verso Clary e in un gesto goffo le prese la mano, la baciò e si inchinò. Più che un principe sembrava un giullare, pensò la ragazza guardandolo dall’alto al basso.
— Ehm, ciao. — rispose imbarazzata da quello strano incontro. E lei che all’inizio si era sorpresa di Nephilim e Fratelli Silenti… Questo era decisamente peggio.


— Insomma, mia madre apre la porta ed è tipo: “UOOH” e io: “Sono immortale!” — disse Nathan scoppiando a ridere subito dopo, ricordandosi il volto sfregiato della madre quando era caduta con tutta la faccia sul termosifone, svenuta per ciò che aveva visto.
— Vuoi dire che tu sei stato in una bara? Seppellito vivo? — Clary poteva percepire l’entusiasmo nella voce del suo migliore amico, sebbene in quell’argomento lei stessa non trovava nulla di entusiasmante.
L’inglese fece l’occhiolino al fratello e sorrise, mentre per un attimo la cacciatrice parve vedere in lui una delle solite espressioni buffe di Simon. Era innegabile, erano davvero identici.
— Ti invidio, sai? Mia madre non sa che io sono immortale. —
Kelly, che fino a quel momento era stata in silenzio seduta in un angolo, sembrò quasi risvegliarsi: — Cazzo, che rottura di palle dev’essere! —
Clary, seduta al tavolo con i due gemelli, la guardò quasi scandalizzata dal vivido linguaggio che aveva usato.
— Già, lo è. — Simon abbassò il volto e si incupì, cosa che non sfuggì a Nathan. — Ehi, fratello — disse posando una mano sulla sua spalla — troveremo un modo per dirglielo. E poi tu sei molto più figo di me, sei un vampiro, merda! —



— Allora, fratellino, che vogliamo fare? Giro al Luna Park, passeggiata al parco, ci sbattiamo due gallinelle? —
Simon, che fino a quel momento era stato seduto sul divano, si alzò di scatto e si grattò la nuca.
— Ma che strano problema hai? — pronunciò prima di scoppiare a ridere e battere il cinque a Nathan, che lo fissava dalla poltrona e faceva  i gesti e i movimenti più volgari che Simon avesse mai visto.
— E dai, bello, viviamoci la vita newyorkese! Scommetto che ci sono bocconcini appetibili da queste parti. Tipo la rossa. Mary. —
— Clary, vorrai dire. — pronunciò il vampiro guardandolo con espressione confusa mentre Nathan scuoteva la mano come a dire “è uguale”.
— E comunque no, lei è già impegnata. —
Nathan si alzò e si diede un altro sguardo in giro, prima di prendere una sigaretta dalla tasca della giacca e porgere il pacchetto al fratello, poi quest’ ultimo disse: — No, grazie, non fumo. —
L’inglese fece spallucce e si accese la sigaretta, cominciando a camminare per la stanza e a toccare qualsiasi cosa si trovasse sotto mano. Simon lo lasciava fare, osservandolo attentamente e perdendosi in varie elucubrazioni sul perché i suoi genitori non gli avessero mai detto la verità. Gli sembrava quasi assurda l’idea di avere un fratello, sebbene una parte di lui avesse sempre voluto avere qualcuno di tanto stretto e intimo con cui confidarsi; in fondo, non poteva mica dire proprio tutto a Clary, né poteva parlarle di ragazze così come avrebbe potuto fare con un maschio.
E poi, alla fine, affrontare l’immortalità con qualcuno che ti capiva così bene era una cosa che a Simon era sempre mancata. Per un attimo abbandonò tutti i pensieri negativi riguardo quella nuova e strana situazione e sorrise, improvvisamente contento di non sentirsi più tanto solo. Era come se Nathan fosse la parte di lui che aveva sempre cercato, ma che non era mai riuscito a trovare. E ora lui era lì e il vampiro si sentiva bene. Si sentiva se stesso come non aveva mai fatto.
— Sai, Nathan, sono davvero felice che tu sia qui. —
 
 
 
— Non posso credere che tu te ne stia andando. — la voce di Simon sembrava quasi un lamento infantile, mentre suo fratello Nathan prendeva la valigia e la portava sul marciapiede, dove un taxi aspettava lui e Kelly.
— Ehi, bello, non fare così! So che ti mancherà tutta questa meraviglia — disse indicandosi dalla testa ai piedi, cercando di simulare un’espressione sexy e passandosi la lingua sulle labbra carnose — ma ci rivedremo. Davvero. — terminò dandogli una pacca sulla spalla ed entrando nel taxi, seguito subito dopo da Kelly. Dopo che Simon la salutò con la mano, si appoggiò al finestrino aperto della vettura.
— Fra un mese? — chiese Simon speranzoso, alzando le sopracciglia in un’espressione buffa.
— Fra un mese. — continuò Nathan, facendogli l’occhiolino. — O fra un secolo. —
Il vampiro spalancò la bocca stupito, ma prima che potesse ribattere qualcosa il taxi partì.
 — A presto, cazzone! — urlò suo fratello sporgendosi fuori dal finestrino con i ricci che gli volavano ovunque, pronto a tornare alla normalità.
O forse no.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Fannie Fiffi