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Autore: Mon    20/08/2013    3 recensioni
Sherlock sentì il rumore della chiave girare nella serratura della porta del 221B di Baker Street, la sentì cigolare, immaginandosi tutti i movimenti che la persona che l’aveva aperta stava facendo. Vide la sua mano poggiarsi sulla maniglia per poi richiudere piano la porta, vide la figura dirigersi verso i 17 gradini che portavano al piano superiore e poi sentì quella persona armeggiare con qualcosa in cucina. Il dottore era tornato.
Sherlock chiuse gli occhi, adesso era davvero pronto per dormire.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! 
Allora, faccio una premessa. Questo è un esperimento, essendo la prima volta che mi cimento con una storia su Sherlock. Non so sinceramente dove porterà. Anche perché era partita come una semplice One-Shot, poi, mano a mano che scrivevo, mi sono resa conto che sarebbe effettivamente diventata troppo lunga. Allora ho deciso di dividerla, non sarà lunghissima, pochi capitoli, di sicuro, forse due, al massimo tre. 
Abbiate pietà di me, siate buone, non massacratemi troppo. Probabilmente è tanto banale e scontata, ma ci volevo provare. Ditemi se vi piace, se è brutta, fa schifo, se è orrenda. Ogni opinione è ben accetta.







Sherlock sentì il rumore della chiave girare nella serratura della porta del 221B di Baker Street, la sentì cigolare, immaginandosi tutti i movimenti che la persona che l’aveva aperta stava facendo. Vide la sua mano poggiarsi sulla maniglia per poi richiudere piano la porta, vide la figura dirigersi verso i 17 gradini che portavano al piano superiore e poi sentì quella persona armeggiare con qualcosa in cucina. Il dottore era tornato. 

Sherlock chiuse gli occhi, adesso era davvero pronto per dormire.

***

John aprì gli occhi quando il suono della sua sveglia gli ricordò che era già ora di alzarsi e di andare al lavoro. Era rientrato tardi la sera prima, si era fermato a mangiare qualcosa con una sua collega, non aveva avvertito Sherlock e quando lui aveva messo piede in casa, il suo coinquilino era già nella sua stanza, a dormire. 
Si mise a sedere sul letto, si stiracchiò, poi decise di cominciare la sua giornata dirigendosi verso la cucina. Quando uscì dalla porta della sua stanza trovò il suo amico immobile davanti alla finestra, con le mani dietro la schiena. Lo salutò. «Buongiorno Sherlock...»
Non ottenne nessuna risposta. Si fermò e guardò il suo coinquilino; doveva avercela con lui per non aver avvertito del suo ritardo la sera precedente. 
«Ok Sherlock, hai ragione. Ieri sera avrei dovuto avvertire che sarei rientrato più tardi del previsto. Scusami!»
Il ragazzo dai capelli riccioluti e corvini si girò, puntando i suoi occhi gelidi su John, le mani sempre dietro la schiena. «Avresti dovuto, ma non lo hai fatto. Con chi sei uscito ieri sera? Julia, Annie, Mary?»
John alzò un sopracciglio; se non avesse conosciuto Sherlock così bene avrebbe sicuramente pensato che nella sua domanda e nel tono con cui gliel’aveva rivolta c’era una punta di gelosia. 
«Non sono uscito con nessuno, semplicemente mi sono fermato in un pub vicino allo studio con una collega. Ieri è stato un turno più complicato del previsto, si sono sentiti male due pazienti, avevo bisogno di mangiare qualcosa, Jade anche...»
«Potevi venire a mangiare a casa...» rispose Sherlock, girandosi e puntando nuovamente gli occhi fuori dalla finestra, su Baker Street. Le macchine andavano e venivano, era una giornata normale a Londra, i raggi di un pallido sole cercavano di farsi spazio tra la massa di nuvoloni grigi che minacciavano di far scatenare un temporale da un momento all’altro.
John andò in cucina, scaldò il caffè, prese il recipiente del latte e un barattolo di marmellata e li portò sulla tavola nel piccolo salotto. Tornò in cucina, prese la brocca di caffè e i cereali e fece nuovamente il tragitto verso il tavolo. «Potresti anche darmi una mano, la colazione è anche per te!»
«Trovo più interessante esaminare le persone che passano sotto la finestra...»
John sbuffò rumorosamente, Sherlock gli lanciò un’occhiata veloce, giusto il tempo di vedere il suo coinquilino sedersi a tavola e prendere tra le mani il giornale della mattina, prontamente fatto arrivare al 221B dalla sempre instancabile signora Hudson. Sherlock attese qualche istante, poi decise di accomodarsi al tavolo insieme a John. Prese la sua colazione e cominciò a mangiare, sbirciando i titoli del giornale. 
«C’è qualcosa di interessante? Qualche possibile caso all’orizzonte?»
John inarcò leggermente le labbra, bevve un sorso di caffè dalla sua tazza e disse: «Niente che faccia pensare ad un imminente chiamata di Lestrade...»
«O accidenti! Ho bisogno di un caso!»
«Sherlock, ne hai risolto uno importante due giorni fa! È per questo che sei così nervoso stamattina? Hai solo bisogno di un caso?»
L’amico poggiò gli occhi su John, lui sembrava non capire ciò che gli stava succedendo. «Si, diciamo di si...» si limitò a rispondere.
L’atteggiamento di Sherlock stava irritando, non poco, John quella mattina. Finì di fare colazione e si andò a preparare per essere pronto per una nuova giornata di lavoro. Si guardò allo specchio, si sistemò il colletto della camicia, prese la giacca ed uscì dalla sua stanza. Sherlock era seduto sul divano, leggeva il giornale. John lo guardò, sembrava non essersi accorto della sua presenza, troppo concentrato su qualche notizia apparentemente interessante. Rimase a guardare il suo coinquilino per qualche secondo, passò lo sguardo sui lineamenti del suo viso, su quegli occhi di un colore quasi indefinito, variabile dal verde all’azzurro, che, veloci, si muovevano tra righe dell’articolo. Guardò i capelli ricci e corvini ancora spettinati, sospirò leggermente. 
«Sherlock io vado. Potresti andare a compare qualcosa per cena?»
La risposta arrivò secca. «No.»
John spalancò gli occhi. «Puoi ripetere, scusa?»
«Ho detto no. Non vado a comprare qualcosa per cena!» rispose Sherlock, senza staccare gli occhi dal giornale. 
«Io lavoro tutto il giorno, non ho tempo di passare anche dal negozio per comprare qualcosa. Tu invece cosa farai per il resto della giornata? Niente, te ne starai qui, in attesa di un caso. Potresti fare almeno lo sforzo di uscire per andare a fare la spesa!»
Sherlock alzò gli occhi e poggiò il suo sguardo su John; il dottore lo sostenne. «Se io vado a fare la spesa e tu stasera, come ieri, non rientri, spiegami cosa sono uscito di casa a fare...»
John roteò gli occhi. «Ti ho già chiesto scusa Sherlock!»
Il coinquilino non rispose. «Al diavolo! Buona giornata!» disse John, uscendo dal salotto e dirigendosi giù per le scale. Aprì la porta del 221B e uscì in strada, sbattendola. Sherlock alzò lo sguardo dal giornale, puntandolo verso le scale. 

***

John aveva appena finito di visitare un’anziana signora che un paio di mesi prima aveva avuto un intervento al cuore, le era stato inserito un bypass ed era lì per un semplice controllo di routine. Tutto andava per il verso giusto. Il dottor Watson aiutò la signora a scendere dal lettino e la fece accomodare alla sua scrivania, lui si sedette dall’altra parte, di fronte a lei, mosse il mouse per far accendere nuovamente lo schermo del computer e cominciò a scrivere qualcosa. Il suo cellulare era vicino al pc, suonò. Gli era appena arrivato un messaggio. Ignorò quel suono e chiese alla signora di allungargli il risultato dell’esame del sangue che aveva fatto qualche giorno prima. La signora eseguì l’ordine e poi disse: «Guardi dottore che se deve rispondere al cellulare può farlo. Io non ho nessuna fretta...»
«È sicuramente solo il mio coinquilino, non si preoccupi. Può fare a meno della mia risposta al momento!»
Litigare con Sherlock lo lasciava sempre di cattivo umore per il resto della giornata. Riconsegnò gli esami del sangue alla signora e poi cominciò a scrivere le ricette per le medicine di cui la sua paziente aveva bisogno. 
Il cellulare sulla sua scrivania suonò di nuovo, John interruppe momentaneamente quello che stava facendo lanciandogli un’occhiata veloce, poi riprese a scrivere. 
«Sembra importante, davvero può rispondere se vuole...» insistette la paziente. 
«Non è questo il momento, non si preoccupi per me.»
La signora scrutò John con occhi attenti mentre lui scriveva velocemente sulla ricetta. «Dottore, sembra arrabbiato...»
Lui alzò lo sguardo verso l’anziana signora; allora non solo Sherlock aveva il potere di leggergli nel pensiero, o forse era davvero troppo evidente il suo stato d’animo in quel momento. 
«Diciamo solo che la giornata non è cominciata nel migliore dei modi...»
«Ha litigato con la sua fidanzata?»
«Se solo l’avessi...»
«Oh, mi scusi. Allora lei e la dottoressa White non siete una coppia?»
John guardò la sua anziana paziente aggrottando le sopracciglia; da quando giravano voci su lui e Jade se erano usciti a mangiare qualcosa solo la sera precedente?
«Chi le ha detto che io e la dottoressa White siamo una coppia?»
«Qualcuno ne parla già da un po’...»
Non volle sapere altro, in quel momento di come e chi avesse messo in giro le voci su lui e Jade poco gli importava. Finì di scrivere le ricette e le consegnò alla sua paziente. Lei lo ringraziò per la disponibilità, lui la accompagnò alla porta, la salutò e si richiuse la porta alle spalle. 
Tornò a sedersi alla sua scrivania, prese il cellulare tra le mani e appoggiò la schiena contro la sedia. Lesse i due messaggi che erano arrivati. Erano, effettivamente, di Sherlock. 

Non c’è bisogno di andare a fare la spesa. Stasera ordiniamo una pizza. SH
Se, però, non torni a casa, almeno fammelo sapere. SH

Stava per rispondere quando gli arrivò un terzo messaggio, il mittente era sempre Sherlock.

Oppure andiamo da Angelo? SH

John sorrise. Non c’erano scuse in quei messaggi, ma era chiaro che quello era un tentativo del suo migliore amico di provare a restaurare il dialogo che si era rotto quella mattina. 

La pizza va benissimo. Stasera torno a casa. JW





Allora? Che ne dite? Brutta vero?
Ringrazio chi ha avuto il coraggio di arrivare fino a qui. 
Al prossimo capitolo (se ne avete voglia).
Mon. 

  
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