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Autore: Marra Superwholocked    21/08/2013    5 recensioni
Elisabeth è l'unica figlia di una famiglia benestante americana degli inizi del '900.
Sembra essere tutto normale, ma...
Nessuno è più al sicuro...
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Siamo nell'America del 1911. Elisabeth ha 11 anni quando comincia ad avere sintomi di una malattia che i medici non riuscivano a capirne l'origine e non riuscivano nemmeno a trovare una cura efficace.
Nell'agosto dello stesso anno, Elisabeth prende da parte Lucy, sua cugina che ha solo 4 anni, e comincia a morderla fino a farla sanguinare. Richiamati dalle urla della povera Lucy, i genitori di Elisabeth, Marc e Valery Pratt, allontanano le bambine.
Dopo qualche esitazione, Marc e Valery chiamano Kevin Kelly, il medico a cui si erano rivolti più volte per situazioni analoghe. Il dottor Kelly dà poi ai due sfortunati genitori la tragica notizia: la loro unica figlia era pazza o posseduta, quindi doveva essere portata immediatamente in un manicomio. I genitori, distrutti, non poterono che dare il consenso: speravano in una cura.
Nei primi giorni di manicomio, Elisabeth sembrava essere tornata quella di una volta, quindi decisero di trattenerla solo qualche altra settimana. Ma, proprio il giorno in cui doveva essere dimessa, si avvicinò alla cella di un paziente e con un sorriso gli prese una mano, poi se la portò alla bocca e la morse come aveva fatto con Lucy. I medici riuscirono a fermarla solo con dei sedativi, e venne poi riportata nella sua cella. Marc e Valery erano sempre più disperati e chiesero aiuto anche ad un prete il quale avrebbe dovuto esorcizzarla. I giorni di esorcizzazione furono terribili per i due genitori e i medici, quando videro che nemmeno il prete poteva aiutarla, decisero di chiuderla nella camera di isolamento per un giorno intero, nelle speranze che potesse tranquillizzarsi. Nemmeno questo servì: la bambina distrusse le pareti a morsi. Quindi Elisabeth venne dichiarata pazza, e l'unica “cura” per i pazzi del 1911 era la sedia elettrica. I medici la legarono con cura ed eseguirono gli stessi passi di sempre, ma la sedia si inceppò ed Elisabeth non morì subito: questo le diede il tempo di urlare: , e dopo poco istanti, morì.
Circa due settimane dopo la morte di Elisabeth, i pazienti del manicomio dissero ai loro medici di sentire di notte la ristata di una bambina. Dicono inoltre che sentono dei passi che dal fondo del corridoio arrivano fino ai piedi del loro letto. I medici, naturalmente, non credettero nemmeno a una parola di quello che dicevano i loro pazienti, quindi si limitavano ad annuire e a somministrargli altri farmaci.
Una mattina il direttore del manicomio, William Winston, trovò che il manicomio era deserto. Incuriosito da quello strano silenzio, si precipitò alle celle, che le trovò anch'esse vuote, ma guardando più attentamente, in una di esse vide riflesso nello specchio il paziente che doveva trovarsi in quella cella: era seduto su una sedia e aveva gli occhi spalancati. Fece un breve giro dei corridoi e notò che tutti i pazienti erano in quella posizione. Allora prese il mazzo di chiavi e aprì una cella, la camera di isolamento, dove Elisabeth fu l'ultima a metterci piede, e una ventata gelida lo terrorizzò tanto che chiuse immediatamente la porta.
Andò ad aprire un'altra cella, entrò e lo spettacolo che lo attendeva era orribile: i piedi e le mani di tutti i pazienti erano bagnati del loro sangue che era stato preso dalla ferita alla gola, gli occhi erano spalancati e alle loro spalle c'era sempre la stessa scritta: “è inutile correre”. Winston si mise a urlare, andò in sala riunioni e lì si ripeteva la stessa scena con le guardie e il personale. Uscì di corsa e si diresse a casa, dove trovò la scritta: “Ciao demone”. I vicini di Winston sentirono delle urla e si precipitarono in casa di Winston che lo trovarono seduto su una sedia con gli occhi spalancati, una ferita alla gola e mani e piedi bagnati di sangue.
E alle sua spalle c'era scritto: “L'arte di E.P.” (Elisabeth Pratt).

   
 
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