Rain in October.
Caro
papà
Kurt,
come va lì
tra le stelle?
Papà Blaine
non parla molto di te, però dice spesso che sono un bambino
fortunato perché sono figlio della stella più
bella e luminosa del
cielo. Io non ti ricordo, ma so chi sei. Il salotto è pieno
di tue
foto in cui sorridi.
Quando
papà
Blaine deve fare delle commissioni o andare a lavoro, spesso viene
nonno Burt a farmi compagnia.
Lui mi
racconta di te.
Si siede
sulla poltrona e io mi accomodo sulle sue gambe, così
incomincia a
dirmi di quanto fosse sempre fiero di te, perché non avevi
mai paura
di mostrare chi eri anche quando eri solo un bambino. E poi mi parla
di quanto tu e papà Blaine vi amavate, di quanto viveste
l'un per
l'altro ogni giorno della vostra vita.
Dopo però
si intristisce e i suoi occhi diventano lucidi.
C'è come un
buco lì, in mezzo a tutto quell'amore, a cui non ha mai
fatto
l'abitudine. E cade. Cade sempre e si fa male, ma si rialza in un
modo o nell'altro. Lui ci riesce.
Papà Blaine
invece non sembra essersi mai rialzato del tutto, come aveva fatto
questa primavera quando, per aiutarmi ad imparare ad andare sulla
bicicletta senza le rotelle dietro, è inciampato, finendo
sul
marciapiede e rovinando un paio di pantaloni gialli canarino.
Questo buco
è più profondo e faticoso da superare, e fa male.
A lui in
particolar modo. Si vede, anche se lui cerca di nasconderlo.
Ma perché
dovrebbe farlo?
Qualche
volta lo sento piangere, quando crede che io non lo veda. Va in
cucina e finge di star lavando i piatti, quando in realtà
sfoglia un
album di foto.
Me l'ha
mostrato solo una volta, quell'album. Lo conserva sempre in un
cassetto in alto, dove io non arrivo, dove tiene i tuoi vestiti.
Zio Finn,
una volta, ha detto che lì dentro c'è ancora il
tuo profumo e papà
Blaine non è uscito dalla cucina fino a quando non
è arrivata la
sera.
C'è
quasi
sempre zia Rachel, con me, che cerca di distrarmi; ma le sue visite a
casa diventano sempre di più quando le foglie cominciano ad
ingiallire e papà Blaine prepara le sciarpe fatte ai ferri
da nonna
Carole per rimetterle nell'armadio.
Quando
arrivano i primi venti e i primi acquazzoni è l'unico
momento in cui
mi parla di te.
Mi racconta
sempre la stessa storia.
Di come,
appena sposati, vi siate presi entrambi la febbre durante il viaggio
di nozze e di come siate stati giorni a letto con la sola compagnia
ininterrotta delle chiacchere di zia Rachel e delle medicine.
Avevate
ballato sotto la pioggia, dice.
In pieno
ottobre, nonostante nonna Carole e nonno Burt avessero cercato di
tirarvi dentro casa a forza.
Dice anche
che è stato il giorno più bello della sua vita
dopo la mia nascita
e quello in cui ti ha conosciuto.
Credo che
sia una specie di tradizione il fatto che mi racconti questa storia
al primo diluvio di ottobre, un po' come quello di dire per cosa
siamo grati il giorno del Ringraziamento, prima di pranzo.
Lui dice
sempre che è grato per averti avuto accanto, e di solito
cala un
silenzio. Ma non come quello che si fa a scuola, è un
silenzio
diverso.
Sembra quasi
parli, anche se non so come sia possibile.
Il silenzio
non parla, quando c'è silenzio si sta zitti o il silenzio va
via,
eppure lì ci sono un sacco di cose non dette che rimangono
sospese
nell'aria.
O almeno è
quello che ha cercato di spiegarmi zia Rachel, io non ho capito bene
che intendesse. Certe volte è peggio dei puzzle che ho nella
mia
stanza, sul comodino vicino al mio letto dove dorme Ellie, e in cui
io sono proprio negato.
Ellie è
il
mio orsacchiotto.
Nonno ha
detto che era tua da bambino, è veramente morbidissima e
dolce.
Non mi
separo mai da lei, soprattutto quando fuori tuona e c'è
freddo.
Anche se papà Blaine dice che non dovrei avere paura, che
è solo
l'eco della tua risata in lontananza, ma a me la luce che viene
subito dopo terrorizza.
Lui invece
mi stringe tra le braccia, seduto sul davanzale della finestra, e mi
passa le mani tra i capelli castani mentre guarda fuori.
Amavi
l'odore della pioggia, mi sempre ha detto zio Finn.
Papà Blaine
sembra sul punto di crollare ad ogni singola goccia che precipita e
colpisce il vetro della finestra.
Zia Rachel
mi ha spiegato che le persone crollano, proprio come i castelli di
sabbia con l'acqua del mare. Quando il vento è forte
abbastanza da
spingere l'acqua e farla arrivare ai castelli, questa cerca di
accarezzarli ma loro si piegano e cadono.
Anche papà
Blaine lo fa, quando i ricordi che ha con te lo cullano. Lui crolla e
le lacrime gli scendono lungo le guance in silenzio, non come me
quando mi faccio male giocando.
Io vorrei
aiutarlo, dirgli di non piangere, fare qualcosa per lui come quando
ho il raffreddore e lui mi porta la coperta morbida e calda nel letto
insieme a una tazza di latte e miele, ma non so mai cosa fare.
Zia Rachel
dice anche che non c'è mai niente da fare, perché
quel buco dove
papà Blaine è caduto è stato lasciato
da te ed è pieno dei
ricordi più dolci e cari che lui ha, quelli che non lo
lasciano mai
veramente perché sono parte di lui. Quelli che vogliono
accarezzarlo.
Che è solo
un sapore agrodolce quello che prova, un dolore provocato da cose che
sono dentro e che non può fare uscire e che non farebbe
uscire
nemmeno se potesse.
Questo penso
di averlo capito, credo.
Non è come
un graffio che si vede e sanguina, quello che ha papà Blaine.
È come
quelle brutte malattie che lui cura ai bambini dell'ospedale, ma lui
non può guarire perché il farmaco che gli serve
non esiste più.
Il cielo ha
rivoluto indietro la stella più bella del cielo
perché sulla Terra
era sprecata, ripete quando parla di te, papà Kurt.
Ma come si
gestisce qualcosa che ti ferisce dall'interno?
Qualche
volta però mi guarda e sorride.
Dice che ho
i tuoi stessi occhi e sorride davvero dopo tanto tempo. E solitamente
è quando il sole torna nel cielo, le rondini tornano a fare
il nido
nel nostro garage e io posso andare a giocare in cortile con lui e
Ellie e organizzare piccoli Tea Party solo per noi, prima della
prossima pioggia di ottobre.
Papà Blaine
torna ad essere un po' più se stesso, per quei mesi, e la
sera mi fa
sdraiare con lui sul prato del giardino sul retro e mi indica la
stella più luminosa e bianca del cielo.
Quella
stella c'è sempre, puntuale, come se non volesse mancare a
quell'incontro tanto vicino quanto lontano a metà di Marzo,
quando
c'è ancora un po' di vento ma di quelli dolci e tiepidi.
Mi dice
sempre che sei tu, ed è allora che capisco che sono davvero
un
bambino fortunato.
Perché sono
figlio della stella più bella del cielo ed ho un
papà fantastico,
che mi aiuta sempre nonostante spesso sia triste e questa tristezza
non possa essere portata via da lui.
Che non
vuole piangere davanti a me solo per evitare di far scoppiare in
lacrime anche me.
Papà
Blaine
è la persona più forte che conosco, anche se so
che da quella buca
che hai lasciato non ci uscirà mai veramente.
Perché ha
perso davvero tanto, ha perso la sua ragione di vita come dice zia
Rachel, ma non si è mai arreso. Nemmeno quando era tutto
buio ed
aveva paura, perché anche lui ne ha.
In un modo o
nell'altro tu c'eri ogni giorno vicino a lui, io lo so per certo.
E posso dire
di avere la famiglia più bella del mondo, anche se tu ora
sei tra le
stelle; anche se tu ora sei una stella, la più brillante
come mi
ripetono sempre tutti.
Dicono che
splendevi anche quando eri qui e che le foto non ti rendono
giustizia.
Spero
davvero che quell'auto non ti abbia fatto male, quando ti è
venuta
addosso.
Papà Blaine
ti ama ancora e sono sicuro che anche tu lo ami come il primo giorno.
Ti voglio
bene, papà Kurt.
James.
Spazio autrice.
Vi
prego, non odiatemi.
Non c'entro nulla, è la mia mente che fa
questi brutti scherzi, picchiate lei.
Ringrazio quell'adorabile
creatura di Eleonora, per avermi betato il capitolo.
Love ya,
pretty girl ♥.
E grazie anche alla "mia persona",
perché si è presa i miei scleri, persino fino
alle sei del mattino.