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Autore: dreamyD    21/08/2013    2 recensioni
Percy e Annabeth stanno insieme da meno di ventiquattrore e vorrebbero stare insieme, ma hanno una nuova missione: devono aiutare un satiro a "recuperare" un semidio.
Storia senza pretese, solo per ricordare alla mia Ale che le voglio bene (anche perchè mi sono addentrata nel fandom di Percy solo per lei!) Spero di non essere andata nell'OOC ;)
Recensite se ne avete voglia!
Genere: Azione, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ogni tanto è per sempre

 

 

Per AleJackson,

che con una recensione è diventata la mia migliore amica.

Spero ti piaccia questa cosa.

Solo per te, solo per dirti grazie.

Ti voglio bene.

 

 

 

Annabeth stava controllando per l'ennesima volta quel maledetto progetto.

Lavorare per ricostruire l'Olimpo era davvero un sogno, ma cercare di rendere tutto perfetto, seguendo tutti i diversi desideri degli dei, era un vero incubo. Afrodite aveva cambiato idea almeno dieci volte sulle decorazioni che voleva sul frontone del suo tempio, sulla statua che sarebbe stata nel naos e su mille altri dettagli. Zeus l'aveva sottilmente minacciata di renderla un mucchietto di polvere se il suo tempio non fosse stato spettacolare e Apollo le aveva mandato almeno un centinaio di terribili haiku pieni di consigli incomprensibili.

La ragazza sospirò, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie. Era quasi ora di cena, il sole stava tramontando e la luce calava.

Si alzò, per quel giorno aveva fatto abbastanza, e si voltò verso la porta. Appoggiato allo stipite, con uno sguardo perso e con un sorriso dolce sulle labbra, con il cielo rosa alle sue spalle, c'era Percy che la guardava. Con una certa fatica il ragazzo si riscosse e bussò scherzosamente.

«Posso entrare?» domandò allegro.

«No, voglio uscire da questa stanza. Portami a fare una passeggiata.» rispose Annabeth.

Stavano insieme da meno di ventiquattrore, ma alla ragazza erano sembrate le migliori della sua vita. Non pensava che trovarsi davanti all'improvviso Percy, con quel sorriso e quegli occhi luminosi e felici, le potesse dare una tale stretta, dolce e pungente, al cuore.

Percy fece un passo avanti e la abbracciò, dandole un bacio leggero, ma quando fece per allontanarsi Annabeth gli mise una mano tra i capelli, trattenendolo lì.

Quando si staccarono per riprendere fiato, Percy rise.

«Che intraprendente!» scherzò.

«Se aspetto te, Testa d'Alghe, sto fresca!»

Percy la prese per mano e camminarono fianco a fianco per il Campo. Ormai c'erano poche persone che si allenavano, ma videro Clarisse con Chris poco lontano. Decisero che non valeva la pena sorbirsi altre punzecchiature da quei due e si diressero verso il bosco.

«Allora, come è andato il pomeriggio? Sei stata molto impegnata.» fece Percy, mettendo su un adorabile broncio.

«Sono una donna in carriera, io!» rise con aria d'importanza Annabeth.

Percy sorrise senza rispondere. Era bello vederla così leggera, spensierata. Era passato troppo tempo da quando l'aveva vista l'ultima volta così. Anzi, probabilmente questa era la prima volta. Era ingiusto che quello splendido sorriso e quegli occhi luminosi fossero così spesso coperti da un'espressione corrucciata e preoccupata.

«A che stai pensando?» domandò Annabeth.

«Che sei bellissima.» rispose Percy, arrossendo, fermandosi e mettendole una ciocca di capelli biondi dietro ad un orecchio. Anche Annabeth arrossì e abbassò per un istante gli occhi. Era davvero bellissima. Percy si sporse in avanti, ma non aveva fatto in tempo neanche a sfiorarle le labbra che qualcuno si schiarì la voce dietro di loro.

Entrambi sobbalzarono e si voltarono di scatto, trovandosi di fronte un ragazzo di Apollo, Seth forse.

«Scusate, mi dispiace interrompere, ma Chirone vi aspetta alla Casa Grande.» li informò con un sorrisetto malizioso.

«Grazie Matt.» rispose Annabeth, che sembrava abbattuta.

Ah, Matt. Per fortuna che non l'aveva ringraziato lui! Pensò Percy, prima di rivolgere un pensiero costernato a Chirone. Proprio ora doveva chiamarli?

«Salve ragazzi, venite, sedetevi!» li accolse il centauro, indicando loro delle scomode sedie attorno al tavolo su cui di solito giocavano a Pinacola lui e il signor D (che era ancora sull'Olimpo).

«Allora, che succede?» domandò Annabeth.

«Niente di grave, niente di grave. Un satiro sta avendo dei problemi con una recluta e chiedeva aiuto da qualcuno del Campo.»

Percy sospirò arrabbiato. Oh bene, perfetto!

«E dobbiamo andarci noi?» domandò Annabeth.

«Bè ho pensato che non essendo un lavoro troppo complicato sarebbe potuto andare qualcun'altro, ma poi...potreste volere un paio di giorni per voi no?» il centauro strizzò loro un occhio e Percy improvvisamente capì. Voleva dare loro un giorno di viaggio per amoreggiare in privacy?

«Va bene!» accettò.

«Dove dobbiamo andare?» gli fece eco Annabeth.

Chirone sorrise sotto i baffi e diede loro i dettagli della missione.

«Il satiro si chiama Jirius ed è piuttosto giovane, credo che questa sia la sua prima volta. Pare che la ragazza fosse pronta ad andare con lui e poi abbia cambiato idea e Jirius non sa che fare anche perchè dice che ci sono vari mostri lì intorno. Non si è spiegato molto bene nel messaggio che ha mandato.»

«Dove?» domandò ancora Annabeth.

«In Nord Dakota, potrete andarci in treno. Dopo la battaglia non dovrebbero esserci moltissimi mostri pronti ad attaccarvi.»

«Perfetto! Quando partiamo?» domandò Percy, più entusiasta.

«Domani mattina. E potresti passare da tua madre dato che ci sei.» suggerì Chirone.

Percy e Annabeth si sorrisero felici.

 

**

 

Percy si sedette più comodamente sul sedile del treno, stendendo le gambe davanti a sé.

Annabeth sospirò e chiuse gli occhi, appoggiando la testa sullo schienale.

«Non male eh?» commentò Percy, osservando lo scompartimento di prima classe tutto per loro.

«Secondo me hai esagerato.»

«Ehi! Mia madre mi ha detto che potevo spendere quei soldi come volevo e io li ho spesi per il treno!»

«E il cibo, Percy? Come lo compriamo il cibo?»

Percy ammutolì. Non ci aveva pensato. Meglio non ammetterlo.

«Sono sicuro che il satiro ce ne darà un po'. E poi ho ancora qualche spicciolo. E faremo presto!»

«Non ci avevi pensato.» sospirò Annabeth.

Come faceva a capire sempre la verità?

«Per fortuna che ci sono io!»

La amava da impazzire. Soprattutto perchè aveva uno zaino piedi di qualsiasi cosa che potesse essere utile.

Percy non poté trattenersi e si sporse a baciarla, ma lei gli mise una mano davanti alla bocca, fermandolo.

«Ehi! Per cos'era questo?» domandò offeso Percy.

«C'è qualcosa che non va.» sussurrò Annabeth, indicando con un cenno della testa delle ombre dietro la porta dello scompartimento.

Eh no! Non gli avrebbero rovinato il suo viaggio rilassante con Annabeth!

Percy scattò in piedi e spalancò la porta di colpo, la sua penna-spada in mano, ancora chiusa.

C'era solo una vecchietta.

«Scusi signora, ha bisogno di qualcosa?» domandò gelido. Non sembrava un mostro, ma non si poteva mai sapere.

«No grazie caro.» sorrise la vecchietta, per poi continuare la sua strada verso il fondo del corridoio.

Percy richiuse la porta soddisfatto, prima di tornare da Annabeth.

«Non permetterò a nessuno di rovinare questo viaggio, capito?»

Annabeth sorrise, anche se non sembrava convinta, ma aveva qualcos'altro da fare che replicare.

 

**

 

Scesero come previsto, straordinariamente senza fare nessun brutto incontro, alla stazione di Mandan, Nord Dakota, a meno di 10 km da Bismarck. Con loro scese anche quella strana vecchietta del treno. Erano già passate le quattro del pomeriggio e dovevano davvero sbrigarsi se volevano trovare la via giusta in cui il satiro, Jirius, aveva dato loro appuntamento.

Per fortuna che Annabeth era un genio, altrimenti in quelle viuzze, con quella stupida cartina in mano, Percy si sarebbe disperatamente perso.

Jirius era un satiro basso, con gli scuri capelli ricci e gli occhi color caramello.

«Siete arrivati! Lei è dentro.» li salutò entusiasta, allegro, nonostante i “problemi” che giravano lì attorno.

«Ciao. Qual è il problema?» meglio andare subito al punto. Il viaggio in treno gli era piaciuto, voleva tornarci.

«Il problema principale sono i mostri. Ha tredici anni, comincia ad attirarne davvero troppi, nonostante non sembri troppo potente. Il secondo problema è che oggi abbiamo litigato e il terzo problema è che lei non ha la minima intenzione di scappare di casa con me.» li informò il satiro, sorridendo nonostante tutto.

«Oh wow! Che mostri?» chiese Percy, guardandosi attorno.

«Ieri una dracena ha fatto schiantare l'autobus contro un muro. Per fortuna lei era in ritardo e l'avevamo perso.»

«E perchè avete litigato?» chiese Annabeth.

«Siamo diventati buoni amici, ma ieri lei ha accennato per l'ennesima volta all'idea di scappare a San Francisco e come sapete non sarebbe per niente una buona idea e quindi abbiamo discusso, è piuttosto...irritabile ogni tanto, e mi ha piantato in asso. E non ha la minima intenzione di scappare con me. Vuole fare un viaggio in solitaria.»

«Perchè dovrebbe scappare? Non potrebbe tipo...informare i genitori o che so io?» fece Percy perplesso.

«Il problema sono proprio i suoi genitori. Sua madre, matrigna, è perennemente ubriaca e con suo padre sono in una faida da settimane.»

«Capisco. Certo che non potevi chiamare all'inizio dell'estate?» domandò un po' irritato Percy.

«Ti ricordo che all'inizio dell'estate avevamo altri problemi, Percy.» sbuffò Annabeth.

Giusto. Non ci aveva pensato. Di nuovo.

«Bè allora che aspettiamo? Entriamo, la prendiamo e ce ne andiamo.» che ci voleva? Evidentemente aveva sparato però l'ennesima cavolata perchè sia Annabeth che Jirius lo guardarono storto.

«Ok, allora prima tu fai pace e poi vediamo di accompagnarla via.» suggerì Annabeth.

«Hai un piano?» chiese Jirius.

«Ce lo avrò.» assicurò la ragazza.

Ovvio, lei era figlia di Atena, come non avere un piano? Sbuffò interiormente Percy. Poi però fece una smorfia. Quella ragazza che si avvicinava aveva un'aria troppo gentile per non essere un mostro.

«Oh, è la dracena di stamattina!» sussurrò Jirius che l'aveva vista a sua volta.

«E a quanto pare ha portato qualche amica.» sibilò Percy, un ghigno sulle labbra, vedendo avvicinare altre ragazze che sembravano delle cheerleaders, che gli sorrisero ammiccanti.

«Vai a fare pace con la tua amica, Jirius, mentre noi ci divertiamo con queste qui.»

Ma quanto poteva amarla? Percy sorrise ad Annabeth, che ricambiò. Nemmeno la Annabeth più sorridente poteva eguagliare quella pronta a combattere.

Jirius corse via, suonò il campanello e convinse la ragazza a farlo entrare.

Percy sorrise alla dracena e sfoderò Vortice.

Mezz'ora dopo la porta si riaprì e ne uscirono Jirius e una ragazzina non troppo alta, con una massa di capelli ricci biondo-castano e una maglietta con su scritto “no stress”, abbastanza imbronciata.

Percy e Annabeth erano seduti sul marciapiede e chiacchieravano piano tra loro.

«Alex, questi sono Percy e Annabeth, due amici che sono venuti a trovarmi oggi.» li presentò Jirius.

«Ehi!» salutarono i due.

La ragazza ricambiò con un piccolo sorriso e un ciao.

Si guardarono per qualche istante, poi Percy decise di levarsi il problema. Via il dente via il dolore, no?

«Ehi Alex, sai che io sono figlio di Poseidone, Annabeth di Atena, gli dei dell'Olimpo esistono, Jirius è un satiro e tua madre, la tua vera madre, è una qualche divinità più o meno importante?»

«Il tatto, Percy, il tatto! Mai sentito?» sbottò Annabeth, mettendosi esasperata una mano sugli occhi.

Alex lo guardava come se fosse pazzo, ma poi sorrise.

«Davvero?» domandò.

Jirius, a malincuore, annuì.

«Sei davvero un figlio di Poseidone, il dio dei mari?» chiese ancora la ragazza.

Non sembrava ancora pronta a strillare e correre via, ma forse stava entrando in fase di shock.

Per tutta risposta, Percy si concentrò e fece sollevare l'acqua di una pozzanghera lì accanto per poi lasciarla cadere schizzando tutto intorno. Annabeth gli tirò un pugno, ma Alex sorrideva entusiasta.

«E chi è mia madre?»

«Lo scopriremo immagino.»

«Wow! Jirius, perchè non me l'hai mai detto? E ora? Mi porterete in qualche posto speciale per persone come noi?» esclamò entusiasta la ragazzina, sorridendo felice.

«Un magnifico posto.» sospirò arreso Jirius.

«Questo è il modo peggiore che tu potessi pensare, Testa d'Alghe!» esclamò Annabeth, tirando un altro pugno al suo ragazzo.

«Ma ha funzionato.» ribatté soddisfatto Percy. «Così possiamo ritornare sul treno. Il pranzo era ottimo!»

Annabeth lo colpì ancora, mentre Alex sommergeva di domande Jirius che cercava di fermarla dicendole che le sarebbe stato tutto spiegato al Campo, inutilmente.

Una decina di minuti dopo Alex aveva impacchettato tutte le sue cose e i quattro si stavano dirigendo alla stazione.

Pensavano di prendere l'autobus, ma Jirius aveva sentito odore di mostro e avevano deciso di andare a piedi. Le strade sembravano tranquille, ma Percy sentiva che c'era qualcosa di strano.

Ad un certo punto Percy avvertì che qualcuno lo stava guardando.

Osservò le ombre lì attorno e gli parve di scorgere qualcosa muoversi, qualcosa con una vaga forma umana.

«C'è qualcuno che ci segue.» sussurrò nell'orecchio ad Annabeth.

«L'ho visto.»

«Che facciamo, lo attacchiamo?»

«Ma che hai oggi?»

«Sono felice.»

Percy lasciò un bacio tra i capelli di Annabeth che lo spinse in là, nascondendo un sorriso. Nessuno vide la smorfia di Alex.

Percy afferrò Vortice e si voltò di scatto...per trovarsi di fronte il viso pallido di Nico.

«Nico! Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò Percy.

«Scusate, volevo lasciarvi amoreggiare in pace prima di interrompervi.» salutò malizioso il ragazzo, facendo arrossire Annabeth.

«Che succede Nico?» domandò la ragazza per cambiare discorso.

«Io sto bene grazie e spero che anche voi stiate bene. Finalmente vi siete messi insieme.» rispose sarcastico Nico.

«Nico!» lo riprese Annabeth.

«Ok ok, avete fretta. C'è un altro semidio che ha bisogno di voi. Sono stato abbastanza coinciso?»

«Dove? Perchè non ci vai tu? Come lo sai?» domandò Jirius.

«In Ohio. Perchè ho da fare. Perchè sì.» rispose laconico Nico.

«Ohio dove?» domandò Percy, deluso da quella prospettiva. Non avrebbero potuto prendere lo stesso treno dell'andata se avessero fatto quella deviazione.

«Lima. Vi posso accompagnare se volete, ma poi dovrò scappare.»

«Impegni da principe degli Inferi?»

«Impegni di famiglia.» disse sibillino Nico.

Percy preferì non indagare.

Presero un altro treno, molto meno elegante e comodo e chiacchierarono dei “tempi andati” per tutto il viaggio.

Alex li guardava con gli occhi spalancati, ascoltando i loro racconti di mostri, dei, titani e semidei.

Quando scoprì che Nico era il figlio di Ade disse “che figata!”.

Jirius continuava a guardarsi ansiosamente intorno. Conosceva gli avvertimenti della serie “non fare deviazioni, torna al Campo nella strada più veloce” e quella era decisamente una deviazione. In più c'era puzza di mostro.

«Jirius che c'è?» domandò Alex curiosa, avvicinandosi. Ora che aveva scoperto che il suo migliore amico non era quello che credeva pensava che sarebbe stato tutto diverso, ma invece sentiva esattamente gli stessi sentimenti di prima: affetto, simpatia e desiderio di proteggere quel ragazzino minuto.

Improvvisamente Nico balzò in piedi, la mano sulla tasca dove evidentemente aveva nascosto la sua spada di Ferro dello Stige.

«Nico?» chiese Percy, interrompendosi a metà frase.

«C'è qualcosa che non va.» avvertì Nico.

«Qualcosa molto.» balbettò Jirius.

«Non si dice...oh non importa. Dove?» anche Annabeth si alzò in piedi. Dovevano difendere Alex.

«Non lo so...oh dei!»

Percy si voltò di scatto all'esclamazione di Nico e vide quello che sembrava un enorme pipistrello semi-umano che volava accanto al finestrino.

«Ma quella è la vecchietta di prima!» esclamò, sentendosi quasi offeso per il fatto che quando l'avevano incontrata per la prima volta lei non li avesse considerati abbastanza importanti da attaccare subito. Li aveva seguiti?

«Qualunque cosa tu stia pensando, lasciala perdere Percy!» strillò Annabeth. La vecchietta era appiccicata al finestrino e cercava di aprirlo.

«Che facciamo?» esclamò terrorizzato Jirius.

«Esco sul tetto, ve la butto nel finestrino e la uccidete.» disse Percy.

«Come esci sul tetto?» sbottò Annabeth.

A questo non aveva pensato.

«Lascia perdere, sul tetto ci vado io.» intervenne Nico.

Si infilò in un angolo il più buio possibile e sparì.

Annabeth corse al finestrino, pronta ad aprirlo al momento giusto e Percy sfoderò Vortice.

La vecchietta sparì per un istante e poi ricomparì all'improvviso, diretta al finestrino. Aveva una larga ferita su un'ala.

«Ora, Annabeth!» esclamò Percy.

«No!»

«Che aspetti?»

La vecchietta sparì di nuovo, trascinata via dal vento che non riusciva a controllare bene con l'ala ferita. Se Annabeth avesse aperto in quel momento non sarebbero riusciti a finirla.

Una mano spuntò dal buio e afferrò una gamba della vecchina, lanciandola poi contro il finestrino che Annabeth spalancò prontamente.

La vecchietta finì dritta dritta sulla spada di Percy, svanendo in uno sbuffo i polvere.

«Le vecchiette educate non dovrebbero strillare così.» commentò Percy, facendo sospirare Annabeth.

Nico saltò dentro dal finestrino. Sembrava un po' stanco, ma non ferito, e sorrideva.

Si ributtarono sui sedili come se niente fosse successo. L'unica sconvolta sembrava Alex, ma Jirius la fece presto riprendere con le sue chiacchiere.

Quando scesero a Lima, Nico indicò loro una strada, dando loro qualche indicazione molto vaga e poi sparì nell'ombra.

«Smettila di tenere il muso, Testa d'Alghe. Non eri felice?» fece Annabeth, mentre camminavano verso una fabbrica abbandonata (posto molto confortante e confortevole) che Nico aveva loro indicato.

«Ero felice. Poi ho dovuto abbandonare il mio treno, ricordare quella maledetta profezia, parlare di Crono, combattere una vecchietta alata e avventurarmi per le strade di questa città diretto ad una fabbrica abbandonata e probabilmente richiamando tutti i mostri dei paraggi per l'altra concentrazione di sangue appetitoso.» brontolò Percy.

«Ti prometto che quando torneremo al Campo ti portai lamentare con Chirone e poi avremo un giorno tutto per noi. E ora cammina e smettila di lamentarti!» Annabeth gli sorrise, facendo sparire la severità dalla frase.

«Che vuol dire che attiriamo i mostri?» domandò Alex curiosa e preoccupata insieme.

«Più semidei ci sono in uno stesso posto più i mostri ne sono attirati e vengono ad ucciderli. Noi siamo in tre, forse presto in quattro: un banchetto.» spiegò Percy.

«E faremo anche una lezione sul tatto, Testa d'Alghe!» aggiunse Annabeth.

Jirius ridacchiò, ma poi si fece serio.

«Sento puzza di mostro.» li avvertì.

«Oh che gentili a venirci a trovare!» sibilò Percy. La sua giornata era rovinata.

Erano in un maledetto vicolo buio con una maledetta fabbrica abbandonata di fronte e dei mostri da qualche parte attorno a loro che non aspettavano altro che il momento per attaccarli. Che bella serata!

«Troviamo questo tizio e andiamocene.» borbottò Percy.

Annabeth annuì e tutti affrettarono il passo. Forse casualmente, forse no, forse perchè sembrava quello in grado di darle più protezione, Alex si appiccicò praticamente al braccio di Percy e Annabeth la guardò con sospetto.

Chi pensava che quella giornata non potesse migliorare? Bè, chiunque l'avesse fatto aveva sbagliato. Quella serata da brutta si era trasformata in orrenda.

All'improvviso Annabeth strillò, poi scomparve nell'ombra di una porta.

«Annabeth! Annabeth rispondi!» urlò Percy, sfoderando Vortice che illuminò un poco con il suo bagliore bronzeo le tenebre.

«Non sento odore di mostro così vicino! Annabeth!» gridò anche Jirius. Alex si strinse più forte a Percy.

Una voce diversa da quella che si aspettavano però rispose ai loro richiami. Era più bassa e dura, secca, ma sembrava anche stanca e triste.

«Andate via. Sparite e ve la ridò.»

«Chi diavolo sei?» domandò Percy «Annabeth!»

«Andate via!» ordinò ancora la voce.

Annabeth riusciva a vedere gli altri che però evidentemente non riuscivano a vedere lei. Non riusciva a parlare, qualcuno le stava tappando la bocca. Sentiva un corpo caldo dietro di lei. Sicuramente di una ragazza. Tremava.

«Lascia andare Annabeth!» disse di nuovo Percy.

Annabeth alzò gli occhi al cielo, anche se nessuno poteva vederla. Quella ragazza non aveva una presa molto forte e sembrava cedere di secondo in secondo. In più non le aveva bloccato le braccia troppo bene. Sarebbe bastato un movimento e si sarebbe liberata. Chi era quella ragazza così maldestra? Poi un lampo di luce. Ovvio. Non era un ragazzo quello che stavano cercando, ma una ragazza. E l'aveva trovata. O meglio, lei aveva trovato loro.

Con un unico gesto fluido si liberò dalla presa e tappò la bocca alla ragazza perchè non strillasse. Nell'oscurità riusciva solo a vedere gli occhi spalancati per la sorpresa e la pelle incredibilmente pallida del volto.

Percy all'improvviso vide due figure uscire dall'ombra, una teneva l'altra prigioniera.

«Annabeth!» chiamò ancora, preoccupato, alzando Vortice.

«Stai calmo Testa d'Alghe, non sono una fanciulla in pericolo, ricordi?» gli rispose sarcastica Annabeth.

Percy sobbalzò, ma bastò qualche altro passo per rendergli chiara la scena. Non era Annabeth ad essere prigioniera, ma l'altra figura, una ragazza dai capelli scuri, che sembrava terrorizzata.

Ovvio, si era liberata. Ma per chi l'aveva presa?

Percy rise e si avvicinò alle due.

La “prigioniera” aveva i capelli lunghi, sporchi, che dovevano essere mossi, due grandi occhi castani spalancati, la pelle incredibilmente pallida, le labbra screpolate e i vestiti sporchi. Sembrava davvero sfinita, aveva le occhiaie e pareva non mangiasse da qualche mese.

«Tiro ad indovinare e dico che è lei.» disse Percy.

«Non mi aspettavo tanta arguzia da te, Testa d'Alghe!» lo prese in giro Annabeth. «Non urlare e non cercare di scappare e ti lascio.»

La ragazza annuì stancamente. Sembrava più grande di Alex. Troppo grande.

Quanti anni poteva avere? Quattordici? Quindici?

Annabeth lasciò piano la ragazza che rimase immobile al suo posto, pur barcollando leggermente. Sembrava reggersi in piedi per pura forza di volontà.

«Non vogliamo farti del male.» la rassicurò Jirius.

«Non siete mostri?» domandò lei.

«Oh no, li uccidiamo!» rispose Percy.

Annabeth alzò gli occhi al cielo, ma l'altra annuì. Sembrava intelligente.

«Come ti chiami? Che ci fai qui? Quanti anni hai?» il solito Jirius che faceva mille domande insieme.

«Ellie. Mi nascondo. Ho sedici anni.»

Sedici? Sedici???

Percy e Annabeth si scambiarono uno sguardo sorpreso. Com'era possibile che fosse sopravvissuta tanto a lungo lontana dal Campo? Forse la guerra aveva attirato i mostri lontano da lì, ma comunque doveva essere stato un inferno. All'improvviso dei rumori attirarono la loro attenzione.

«I mostri. Arrivano.» li avvertì tremando Jirius.

Ogni altra cosa poteva aspettare. Annabeth e Percy si disposero uno affianco all'altra, le ragazze contro il muro, pronti a difenderle.

Erano un'allegra varietà. C'era una dracena, quello che sembrava un piccolo gigante (altro poco più di tre metri), un paio di mostri indefiniti e una specie di serpente con le zampe davanti.

«Io prendo il gigante e la dracena. Ti diverti tu con gli altri?» domandò Percy.

«Ti verrò a fare compagnia quando avrò finito.» sorrise Annabeth, con una splendida aria pericolosa in volto.

Attaccarono insieme, uno a destra, l'altro a sinistra, lasciando perdere le chiacchiere e i convenevoli. Un'esplosione di polvere avvertì Percy che il primo mostro indefinito era già andato.

La dracena sembrava non avere tutte le rotelle al loro posto. Continuava a ridacchiare tra sé e sé e non sembrava avere molta coordinazione. Nonostante tutto Percy ci mise due minuti buoni (e una bruciatura), prima di riuscire a farla saltare in aria. Nel frattempo Jirius cercava di tenere a bada il gigante avvolgendogli delle piante attorno ai piedi, ma sembrava sempre più stanco.

Annabeth strillò, colpita dalla coda del serpente.

Ellie sfoderò un coltello e si lanciò nella battaglia, anche se non poteva uccidere nessuno, visto che sembrava un coltello normale.

Con uno sforzo sovrumano, Percy si liberò della dracena e contemporaneamente tagliò una zampa al serpente, lasciando che Annabeth facesse il resto.

Insieme attaccarono il gigante.

Non sembrava avere particolari abilità, se essere incredibilmente puzzolente e gridare “vi ucciderò!” non erano abilità, ma stava dando parecchi problemi a Jirius.

Ellie venne scaraventata contro un muro e rimase lì. Non sembrava svenuta, quanto più senza forze. Alex cercava di aiutare come poteva, correndo attorno al gigante confondendolo, ma non aveva alcuna arma.

Percy e Annabeth si guardarono. Bastò un'occhiata e insieme si slanciarono verso il gigante. Mentre Annabeth lo distraeva da sinistra, Percy lo attaccò frontalmente. Un balzo e la lama di Vortice era piantata al centro del petto del gigante. Che non si dissolse.

«Maledizione puzzone, ma vuoi morire?» sbottò Percy, mentre Annabeth colpiva il retro di un gigantesco ginocchio, facendolo cadere a terra.

Percy piantò di nuovo la spada nel petto del bestione che ululò dolorante.

«Muori!» ordinò Percy. Il gigante lo scagliò via con un pugno.

Annabeth sospirò e gli tagliò la testa.

«Puzzone.» imprecò Percy massaggiandosi il petto. Poi corse verso Ellie.

«Sto bene.» sussurrò la ragazza, anche se non sembrava.

Annabeth gli lanciò un po' di ambrosia senza che lui dovesse neanche chiederla. Quella ragazza era davvero splendida, pensò Percy sorridendole.

Alex e Jirius si avvicinarono, mentre Percy aiutava Ellie a rimettersi in piedi.

«Andiamo a mangiare? Sto morendo di fame.» supplicò Alex. Sembrava che la battaglia non l'avesse sconvolta minimamente.

«Io non mangio da due sere fa.» sussurrò Ellie, come se quello fosse vergognoso.

«Non hai una casa?» domandò Annabeth.

«Non voglio portarci i mostri.»

«Potevi mandarne un po' a me.» scherzò Alex.

«Tu ne avevi già abbastanza, te lo assicuro.» borbottò Jirius, mentre l'amica lo guardava perplessa.

«Dove possiamo andare a ripulirci per poi andare a mangiare?» domandò Percy cercando di tagliare corto.

«Da un amico.» sorrise Ellie. Sembrava che l'idea dell'amico la rendesse felice e triste insieme. Probabilmente era un'altra delle persone che non voleva mettere in pericolo con i mostri.

Li condusse per le strade più scure e solitarie, finchè non arrivarono sul retro di una casa grande, che sembrava chiusa.

«Abita qui il tuo amico?» domandò Annabeth confusa.

«Sì, ma è in vacanza. Non lo metterei mai in pericolo. Lui e la sua famiglia torneranno solo dopodomani.» li informò Ellie.

Alex si ingegnò ad aprire la serratura, cosa in cui sembrava particolarmente brava, ed entrarono.

Non si arrischiarono ad accendere le luci per paura di allarmare i vicini, ma i lampioni all'esterno facevano un po' di chiaro e quindi riuscirono a lavarsi e sistemarsi alla meno peggio. Ellie scrisse un biglietto.

Ehi Kurt, non posso più stare qui. Vado con degli amici lontano da quelli che posso mettere in pericolo. Di ai miei che sto bene e dai un bacio da parte mia a Claire. Starò bene, davvero. Ho preso la mia roba che era nell'armadio. Grazie di tutto. Ellie

Mangiarono al buio le poche cose che aveva portato via Annabeth (pensate per quattro e non per cinque) seduti in cucina. Cercarono di non lasciare tracce del loro passaggio.

Ellie accarezzava con gli occhi ogni oggetto, ogni stanza. Probabilmente doveva aver voluto molto bene a quel Kurt. Percy scorse una fotografia in cui c'erano Ellie, un ragazzo alto che abbracciava una morettina e un altro ragazzo pallido con gli occhi azzurri. Chissà qual era Kurt.

Scapparono da quella città il più velocemente possibile, anche se Ellie nascose qualche lacrima.

Riuscirono a prendere l'ultimo treno per New York per un pelo.

Quando finalmente furono tutti seduti nei loro posti, Percy tirò un sospiro di sollievo. Quella giornata sarebbe finita prima o poi, no?

«Ora avete voglia di raccontarci di voi?» domandò alle due ragazze, sedute una vicina all'altra.

«La mia storia è semplice. Ho quasi tredici anni, ho un fratello più grande che è partito e dei genitori impossibili. Fino a qualche mese fa andava tutto abbastanza bene, ma poi le cose strane che già succedevano sono peggiorate, mia madre ha cominciato a bere e mio padre a litigare con me. Mi dispiace averli lasciati senza una spiegazione, ma non mi dispiace essermene andata.»

«Io invece ho sedici anni, ho lasciato la mia famiglia perchè i mostri che mi attaccano da anni non facessero loro male e vivo come posso.» disse laconica Ellie. Era molto più carina con i vestiti puliti e dopo una doccia, ma sembrava comunque triste, sola e stanca. Forse istintivamente, Alex le si fece più vicina, posandole una mano sul braccio. Ellie le sorrise timida.

«Come hai fatto a sopravvivere così a lungo?» domandò curioso Percy.

«Sono brava a nascondermi. E a far cadere i mostri nelle mie trappole. E a scappare.» rispose timida Ellie.

«Trappole?» domandò Alex.

«Piccole cose. I mostri non muoiono mai, ma io riesco a scappare. Prima o poi però mi trovavano sempre. Hanno cominciato a seguirmi a scuola, facendo succedere cose strane. Quando una ragazza ha dato fuoco al mio garage ho deciso di scappare. Non potevo far vivere i miei genitori e mia sorella in quel modo. Kurt mi ospitava di tanto in tanto. Soprattutto mi faceva usare il suo bagno. Crede che io sia scappata di casa.»

«Toglimi una curiosità. Non sei dislessica vero?» domandò Annabeth, che aveva notato come la ragazza avesse letto facilmente il cartellone dei treni.

«No perchè? Vado...andavo bene a scuola.» rispose perplessa Ellie.

«Fortunata te.» borbottò Percy.

Chiacchierarono per un po', raccontando alle ragazze qualche altro particolare, spiegando a Ellie la faccenda degli dei, ma poi lentamente Jirius si addormentò, seguito da Percy e piano piano da Annabeth.

Ellie e Alex, troppo sorprese e con troppi pensieri in testa per dormire, parlarono a lungo tra di loro, facendo conoscenza, facendo amicizia. La conversazione tra loro veniva straordinariamente facile. Sembrava loro di conoscersi da secoli. Quando si addormentarono anche loro erano più tranquille e le loro mani erano unite.

Alle cinque del mattino arrivarono a New York e andarono a fare colazione a casa di Percy. Sua madre gli aprì la porta piuttosto insonnolita, ma lasciò loro la cucina, visto che nessun bar era ancora aperto.

Se ne andarono senza svegliarla di nuovo, lasciando solo un biglietto e portandosi via un sacchettino di biscotti blu.

La storia del cibo blu fece ridere Alex e sorridere Ellie. Sembravano più felici insieme.

Percy fu straordinariamente felice di bussare alla porta di Chirone alle sei di mattina e di svegliarlo. Se lo meritava.

Fecero rapporto e poi filarono di nuovo a letto. Per non svegliare i ragazzi della casa di Ermes, Chirone diede il permesso a Ellie ed Alex di dormire nella Casa Grande, sul divano.

Le due parlarono a lungo, scambiandosi storie e opinioni. Non dormirono.

Fecero colazione con gli altri e scoprirono entrambe le loro madri divine.

Alex entrò sorridendo nella casa di Ecate e Annabeth acquistò una timida sorella.

Al falò di quella sera le due nuove amiche si sedettero vicine e Ellie sorrise maliziosa ad Alex quando quella cercò di stringersi di più a Percy, troppo impegnato a guardare Annabeth per accorgersene.

Era il 21 Agosto e sotto quelle stelle le due ragazze si appoggiarono una alla spalla dell'altra. I chilometri che le separavano avevano provato a combattere, ma ci sono persone che semplicemente non possono non conoscersi.
Forse Afrodite sorrise guardandole. Perchè ci sono molti tipo di amore. C'è l'amore che ti unisce alla famiglia, l'amore che ti fa trovare la metà mancante del tuo cuore e l'amore che unisce i veri amici. Quel tipo di amore che non unisce mai i corpi, ma forse fa in modo che due anime si incontrino e le tiene legate, in modo che non si lascino andare. Due anime legate non possono lasciarsi andare.

Ci sono amicizie che iniziano per caso, ma durano per sempre.

 

 

 

Spazio dell'Autrice

Per prima cosa, mi scuso per essermi infiltrata in questo fandom, ma oggi è l'anniversario della prima volta che ci siamo parlate io e la mia Ale, quindi dovevo trovare un modo per farle un regalo. La Percabeth non è esattamente il mio campo ma spero di non aver fatto troppo schifo.

Amore, spero che tu abbia colto tutti i riferimenti che ho messo di qua e di là, voglio una tua ipotesi sul significato di questa storia.

A chiunque recensirà (se mai lo farete): grazie, sentitevi liberi di chiedere qualunque cosa.

E grazie a te, Ale, per esserci.

Baci

*dD*

  
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