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Autore: fewde    21/08/2013    3 recensioni
Alice è il motivo della mia felicità. Alice ha i capelli neri. Le coprono sempre l’occhio destro. E’ color miele, con delle sfumature che si scuriscono andando verso l’esterno dell’iride. Il suo sorriso mi calma l’anima, anche quando sono incazzato con tutto e tutti e quando la prima cosa che farei sarebbe rompere tutto quello che è intorno a me.
Adoro quando Alice mi guarda con il finto cipiglio da arrabbiata. Quando mi chiama alle due di notte per dirmi che si è ricordata che il primo Marzo c’è il concerto degli IQ. Quando mi insulta e, quando la sera, sapendo che devo uscire con Snow, si fa trovare sull’altalena del parco.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Si toglie le cuffie, quelle che danno un immagine ancora più buia di lui. Sospira. Il letto lo potrebbe accogliere, caldo, ma lui si lascia sfiorare solo dal fresco piumoncino che lo ricopre. Le mani in mezzo ai capelli, in quei giorni, ormai sono una consuetudine. Li tira via, in alto, lontano dagli occhi e dalla fronte, che ora respira.
Allunga la mano, in basso, alla ricerca del pomello circolare del cassetto. Dentro, un agendina. L’odore bruno della pelle gli sale attraverso le narici e si perde nella sua mente.
Una pagina a caso si apre: bianca, come la precedente e quella prima ancora.  
Dom richiude il diario e lo sfoglia dalla prima pagina. Riconosce la sua calligrafia, più rozza di adesso che dice:
 
Alice è il motivo della mia felicità. Alice ha i capelli neri. Le coprono sempre l’occhio destro. E’ color miele, con delle sfumature che si scuriscono andando verso l’esterno dell’iride. Il suo sorriso mi calma l’anima, anche quando sono incazzato con tutto e tutti e quando la prima cosa che farei sarebbe rompere tutto quello che è intorno a me.
Adoro quando Alice mi guarda con il finto cipiglio da arrabbiata. Quando mi chiama alle due di notte per dirmi che si è ricordata che il primo Marzo c’è il concerto degli IQ. Quando mi insulta e, quando la sera, sapendo che devo uscire con Snow, si fa trovare sull’altalena del parco.
                                                                                                                                            
Un sorriso.
Poggia il diario sul petto e si lascia un attimo per pensare…
L’unico suono è quello della pioggia che ticchetta sulla finestra nel buio esterno.
L’indice destro di Dom scorre sulla pagina del diario, ancora aperto sopra al petto e trova qualcosa. Si muove più lentamente, passando sullo stesso punto più volte.
L'indice continua a scorrere. Veloce di macchia in macchia, rapido di luogo in luogo, e cattura tutto, anche quello che l’inchiostro non può testimoniare.
 
 
7 Aprile
 
-Dai vieni!-
-Non posso Dom, se mio padre mi becca mi uccide.-
-Ma tua madre dorme e tuo padre tornerà solo stasera. Dai.-
-Ve bene. Ora scendo, ma smettila di urlare da lì giù. Che così si sveglia mia madre!-
Mi sedetti soddisfatto sugli scalini di casa sua. La volevo portare nel nuovo posto che avevo scoperto vicino al fiume mentre passeggiavo con Snow. Le sarebbe piaciuto di sicuro.
Andammo verso il parco. Mi diressi verso un punto di fitta boscaglia –Vieni dai…- e poco dopo mi fermai vicino ad una piccola radura. Ci sedemmo con la schiena appoggiata su una grande quercia.
-Wow!- esclamò –È tutto fantastico. Non si sentono neanche i rumori delle macchine. Da qui la sera si dovrebbero anche vedere le stelle un meglio che dall’altalena del parco!-
-Ancora con queste stelle?- chiesi io che non capivo cosa ci trovasse. –Perché ti piacciono tanto?-
-Nelle stelle puoi vedere quello che vuoi.-
-Sarà…ma io non ci vedo proprio nulla.-
-Sei la solita testa vuota.- mi sorrise lei. – È come per le nuvole, basta un po’ di fantasia e ci vedi quel che vuoi.- aggiunse
-E tu che ci vedi?- le chiesi.
-Le stelle sono il passato, noi le vediamo come erano anni fa, ma riflettono il futuro. Cerco di vederci quel che succederà l’indomani.-
-E ieri sera cosa hai visto?- chiesi curioso.
-Io e te. Seduti su una quercia.- rispose lasciandosi scappare un sorriso.
 
 
 
1° Maggio
 
-Solo noi il primo Maggio facciamo i compiti.- mi lamentai esausto.
-Dai che tua madre ha detto che se prendi un altro quattro non ti farà più uscire. Finiamo queste benedette disequazioni, poi andiamo alla radura.-
-Ma ne mancano ancora quattro. Sono esausto. E poi è da due ore che stiamo qui.-
-Non ti lamentare. Metto la musica.- Si avvicinò allo stereo e infilò Frequency.
-Salta, salta. Vai all’ultima!- le dissi subito.
-Closer?-
-Si.-
Finii i compiti in cinque minuti e andammo alla radura. Avevamo detto ai nostri genitori che saremmo stati a cena fuori con degli amici della classe. In realtà non era del tutto una bugia. I nostri compagni andavano a cena insieme, ma per noi non c’era niente di più noioso da fare.
-Ma cosa hai fatto?- disse ad un tratto con aria sorpresa Alice, entrando nella radura.
-Stanotte si dorme qua.- spiegai. Avevo preparato un po’ di legna per accendere il fuoco. Accanto avevo messo delle coperte rubate dall’armadio di mamma. Andai a rovistare in mezzo alle foglie, dentro un buco nel bel mezzo della quercia e tirai fuori un computer e dei DVD.
-Scegli il film, io vado a prendere una cosa.-
 
 
7 Maggio
 
-Ti voglio bene Dom.-
-Anche io- risposi avvicinando le mie labbra alla guancia di lei.
Snow fece prima di me e le leccò tutta la faccia.
-Stupido cane- lo apostrofai giocando – toccava a me.-
Alice scoppiò a ridere. Avvicinò Snow a sé e mi sfiorò la guancia con le labbra.
-Come delicatezza ha preso proprio da te.- mi stuzzicò poi.
-Ma non è vero! Io non ti sbavo su tutta la faccia!- protestai.
-Però mi mordi. Guarda che collo che mi hai fatto.- Sorrise.
-Allora smetto eh.- risposi fingendomi offeso.
-Nah, vieni qui va.- e questa volta fu lei a mordermi sul collo.
 
 
13 Maggio
 
-Su prova!-
-Ma non ci vedo niente!- mi lagnai per l’ennesima volta.
-Guarda lì, a destra della stella polare… almeno quella la riconosci vero?-
-Si si, la vedo.-
-Bhè, io lì ci vedo un gufo, appollaiato su un ramo e poi, guarda…-
-Eccolo! L’ho visto il gufo!- la interruppi io entusiasta.
Lei sorrise. –E guarda, lì accanto…vedi?-
-…un cuore?- chiesi dubbioso.
-Bravo. Vedi che serve solo un po’ di immaginazione?- disse lei soddisfatta.
Appoggiò la testa sulla mia spalla. Erano due ore che cercava di farmi vedere che nelle stelle si poteva scovare di tutto. Con le nuvole non c’era stato problema, ma nelle stelle proprio non ci trovavo nulla.
-Guarda, guarda! Lì c’è una scarpa!- Urlai all’improvviso indicando il cielo.
-E’ quella che ho cercato di farti vedere per due ore.- mi rispose lei.
Questa volta fui io a sorridere. –Meglio tardi che mai no?-
-Facessi così presto con le cose di scuola…- mi prese in giro lei.
-Su su, che forse mi salvo dalla bocciatura anche quest’anno.-dissi io
Rise, poi si fece seria e pensierosa e mi chiese: -Che vuoi fare fra tre anni? Dopo la maturità?-
-Non ne ho la minima idea, te che vuoi fare?-
-Non lo so, ma papà sono anni che dice che si vuole trasferire. Che vuole tornare in Scozia, dai nonni. Ogni tanto dice che finito il liceo andremo a vivere lì. Ma chissà che succederà da qui a tre anni.-
 
 
29 Maggio
 
-Vieni in acqua su! Smettila di leggere. Non fare la noiosa!! Siamo al mare, c’è il sole e fa caldo!-
 Erano le prime giornate calde dopo un inverno che sembrava non finisse più. Il sole era arrivato, arrabbiato, deciso a farsi sentire, e io e Alice ne approfittavamo. La mattina avevamo preso il mio scooter ed eravamo andati in spiaggia. Non c’erano molte persone, anche perché la gente pensava fosse ancora presto per andare al mare.
Alice si era messa a leggere a un libro e non mi filava. Mi disse che le mancava poco e lo voleva finire. Mi misi sdraiato sulla sabbia accanto a lei e ogni tanto la stuzzicavo facendole il solletico sulla pancia e toccandole i fianchi. Ogni volta sobbalzava in aria e mi tirava una librata in testa.
Dopo qualche minuto dalla mia ultima richiesta di chiudere il libro e andare in acqua a divertirci un po’ smise di leggere e mi chiese –Mi insegni a suonare il pianoforte?-
-Ma non lo suono bene, lo faccio per hobby. Lo sai.- risposi spiazzato.
-Tu insegnami uguale.- insistette.
-Va bene, ti insegnerò.- dissi poco convinto. Osservai la copertina del libro, c’era un occhio, una lacrima cadeva da esso. Dentro la lacrima era incastonata una nota.
-E’ un’altra sentimentalata?- chiesi scherzando.
Sbuffò. –Andiamo in acqua va!.-
 
 
20 Giugno
 
Snow si avvicinò a me e mi lecco la guancia, prendendo in sé le mie lacrime.
Lo fissai negli occhi e mi sdraiai insieme a lui, lì, in mezzo alla radura.
 
 
21 Giugno
 
Ho passato la notte fuori, mia madre mi uccide.
Alice era andata con i suoi in Scozia, il padre sarebbe stato in prova per l’estate nel suo nuovo lavoro e se si fosse trovato bene sarebbero rimasti lì.
 
30 Agosto
 
-Ciao!- la abbracciai forte stritolandole tutte le ossa.
Accettò il dolore, non si divincolò dall’abbraccio e mi strinse forte anche lei.
-Andiamo alla radura.- le dissi.
-L’ultima volta.- sorrise tristemente.
-Già…-
 
 
12 Settembre
 
-Vieni da me dopo le lezioni? Giochiamo un po’ e poi ce ne usciamo con Mark e gli altri.- mi chiese Lewis mentre andavamo in bicicletta a scuola.
-Va bene…-risposi distratto.
-Quando c’era Alice- iniziò Lewis – ti vedevo poco, però quando stavamo insieme ci divertivamo. Ora te ne stai ore chiuso in casa, quando esci sei depresso e sembri sempre annoiato! Lo so che Alice era la tua ragazza e…-
-Alice non era la mia ragazza.- lo interruppi.
- … la tua migliore amica? Va bene così?- chiese ironico.
-Fai un po’ te- sbuffai.
-Che tenevi tanto a lei insomma, ma non smettere di vivere. Vedi di divertirti!
 
 
27 Settembre
 
Stavo andando al parco a far fare una passeggiata a Snow.
Era sera tarda eppure sull’altalena c’era qualcuno.
Snow mi lasciò indietro e si avvicino.
Lo seguii. La persona sull’altalena era una ragazza bionda. Molto carina.
-Ciao- mi salutò.
-Ciao- .
-Come si chiama?- chiese.
-Snow, l’ho chiamato così quando ero piccolo.- risposi distratto. In realtà Snow aveva appena 3 anni. Ero ipnotizzato dai suoi occhi azzurri. Sembrava si muovessero come un mare in tempesta.
-E’ davvero bello.- disse la ragazza che fermò l’altalena e si mise a grattarlo sopra la testa.
-E tu come ti chiami?- chiesi io
-Julia, tu?-
-Dom-
-Che strano nome…- disse con un sorriso rilassato.
-I miei genitori dicono che l’ha voluto il destino- le dissi mentre in testa mi rimbombavano le parole di madre che me lo ripeteva. –Non so cosa significhi in realtà…-
Julia continuava a sorridere in silenzio.
-Comunque…- iniziai per cambiare argomento- che facevi qui sola?-
Ma che cazzo di domanda è? Ora mi risponderà “Fatti i cazzi tuoi.” Perché sono così cretino?
La ragazza aspettò un attimo prima di rispondere.
-In realtà stavo aspettando te- ammise tranquillamente -Sono un po’ di giorni che mentre guardo fuori dalla finestra ti vedo passare qui sotto, e mi incuriosisci. Così ho deciso di venire. –
Ero pietrificato. Possibile che una ragazza del genere sia interessata a me?
-Sei molto carino, mi piacciono i capelli un po’ arruffati che hai. E anche gli occhi. Da lassù- disse indicando una piccola villetta, il quale retro dava sul parco- non avevo notato che erano grigi.-
Mi accorsi solo in quel momento che la sua voce era glaciale. Mi stava facendo dei complimenti, eppure mi incuteva timore. Restai in silenzio e lasciai parlare.
-Ma non è per questo che sono qui. Ce ne sono tanti, anche meglio di te in giro.-
In quel momento mi squillo il telefono: Alice.
-Scusa. Devo andare.-
 
28 Settembre
 
Tornai al parco sperando di trovarla ma l’altalena, vuota, oscillava solo per la forza del vento. Lasciai Snow libero e mi ci abbandonai sopra.
 
 
1 Ottobre
 
Ancora niente. Prima mi illude e poi scompare. Bah.
Per la quarta sera tornavo lì e non la trovavo.
Decisi di provare nella casa che mi aveva indicato. Mi affascinava e credevo che valesse la pena conoscerla meglio.
Andai verso il cancello, erano le dieci di sera, ma suonai lo stesso.
-Chi è?- mi rispose una voce al citofono.
Era una ragazza, ma non mi sembrava Julia.
-C’è Julia?-
Dall’altra parte: -Aspetta…-
Poco dopo la donna tornò e disse: -Sta dormendo. Ripassa domani.-
-Okay grazie. Scusi per il disturbo.-
 
 
2 Ottobre
 
Mi riavvicinai al cancello, pronto a suonare un’altra volta.
-Non c’è bisogno che suoni, sono qui.- disse una voce da dietro un albero vicino ad un cancello.
Mi voltai. –Ciao-.
-Sai…- iniziò -mi sono rotta di perdere opportunità, quindi ho deciso di prenderle tutte al volo. Rimarrò male decine e decine di volte, ma, magari, in mezzo alla merda, troverò qualche piccola pepita d’oro.-
-Mia madre è morta quando avevo due anni, mio padre se ne è fregato di me e di mia sorella e magari in questo momento sarà a puttane.
Ho vissuto con mia nonna per 15 anni e credo sia l’unica persona alla quale io voglia veramente bene. Ho passato questi 15 anni a cercare sicurezze - fece una risata sprezzante - e ne sono rimasta fottuta. Poi sono andata a vivere con mia sorella.-  Si fermò un attimo come per pensare e poi continuò: -Ha venticinque anni, sei più di me. Ne porta a casa uno diverso ogni settimana, così ho capito che le certezze nella vita non ci sono. Ma non farò come lei, purtroppo sono un po’ più idealista.-
-E io…io sarei un opportunità?- chiesi con un misto di perplessità e ironia.
-Può essere…- disse lei. Poi aprì il cancello, entrò e lo richiuse dietro di sé.
 
3 Ottobre
 
Speravo di incontrarla ancora.
I suoi lineamenti così sottili mi piacevano. Tutto in lei mi attirava. La sua carnagione sembrava rispecchiasse la diffidenza verso l’esterno. Ma, nonostante fosse chiarissima, pareva avere la possibilità di arrossire e darti un senso di calore. E poi morivo per quei suoi sguardi, per la sua voce. Era come se intorno a lei ci fosse un’aura di mistero che mi faceva impazzire.
Mi diressi verso il parco. Julia era sull’altalena e si dondolava, con la sua solita tranquillità, una tranquillità così distante dalla spensieratezza di Alice. Una tranquillità studiata, che mi faceva sentire ancora più insicuro di me e che faceva in modo che fossi ancora più attratto da lei.
-Ciao- le dissi. Mi aveva notato ma non si era voltata verso di me. Quando la salutai si girò, sorrise e iniziò ad accarezzare Snow che nel frattempo era arrivato ai piedi dell’altalena.
-Mi racconti un po’ di te?- chiese.
-Hai tutta questa voglia di sentire una storia noiosa?-
-Proprio così.-
-Mmm… non è che ci sia molto da raccontare.- non sapevo realmente cosa dire. Lei quando si era presentata, con poche parole era riuscita a dirmi della sua infanzia e con chi viveva ora.
Le raccontai la mia infanzia, passata con Lewis. Io e lui stavamo bene insieme. Ogni scusa era buona per vederci. Non ci serviva neanche un pallone o un videogioco. Bastavamo noi due. Soprattutto lui, aveva molta immaginazione e passavamo giornate intere a creare dei mondi nostri nei quali poi ci muovevamo con la fantasia.
Poi, con il racconto, arrivai alle superiori e mi bloccai: lì avevo conosciuto Alice e sentivo che se avessi continuato a raccontare avrei parlato solo di lei, così cercai di stringere il più possibile: - Quando ho iniziato il classico io e Lewis abbiamo conosciuto una ragazza di nome Alice. Si è unita a noi ed è continuato il divertimento, solo che in tre. Poco dopo il mio amico si è fidanzato con un’altra ragazza della nostra classe, Ellen, e quest’estate, Alice, si è trasferita in Scozia, quindi ora è tutto un po’ più noioso.-
 
 
20 Ottobre
 
Sentii due mani gelide coprirmi gli occhi con delicatezza.
Una presenza si materializzò dietro di me. Da sopra la panchina sentii un respiro più freddo della gelida aria di Ottobre raggiungermi il collo, salire piano piano, arrivare sulle labbra e fermarsi.
Fu un attimo, ma nella mia testa migliaia di pensieri si susseguirono in quei pochi secondi. Non sapevo cosa fare, mi sentivo improvvisamente sudato, le mani erano diventate bollenti, cercavo di trattenere il respiro e sentivo il battito accelerare, poi due labbra vennero a contatto con le mie.
Sentii capelli non miei ricadermi sulla guancia destra.
Iniziò a giocherellare con la mia lingua, mi sentivo indifeso e insicuro.
Entrò dentro di me con delicatezza. La sentivo chiedere aiuto. Il suo battito arrivò fino a me, più veloce del mio. La accolsi e risposi al bacio.
La sua aura fredda si fuse con il mio nervosismo caldo e ci isolammo dal resto del mondo.
Anche la natura sembrò fermarsi per noi, non sentivo più il rumoroso ondeggiare degli alberi e il vento che mi soffiava contro.
Solo il nulla.
Dopo qualche attimo eterno si staccò da me.
Sentii di nuovo il suo respiro, diverso da prima, meno gelido, più amico, più mio.
Le sue mani scomparirono da davanti ai miei occhi e piano piano la sua presenza  si dissolse.
Non mi voltai a guardarla, sapevo benissimo chi fosse.
Rimasi lì, immobile, come paralizzato, con uno stupido sorriso che, per fortuna, nessuno  mai vide sulla mia faccia.
 
 
21 Ottobre
 
La contentezza del giorno prima era scomparsa, nella mia testa si aggirava indisturbato il caos che, prepotente, come un padrone di casa, faceva quello che voleva.
Non capivo bene perché, ma c’era qualcosa che non andava. Eppure ero stato attratto da Julia sin dal primo momento, e lei era venuta lì, al parco, e mi aveva baciato… avevo bisogno di parlarne con qualcuno.
Parlavo sempre con Alice dei miei problemi, ma quando neanche Alice poteva sapere, o perché riguardassero lei, o perché, come in questo caso, mi sembrasse quasi di averle fatto un torto, andavo da Ellen.
Ellen era la ragazza di Lewis. Stava nella classe affianco alla nostra ed eravamo diventati buoni amici ancora prima che loro due si conoscessero.
Tante volte uscivamo tutti e quattro insieme, io, lei, Lewis e Alice, poi, quando si misero insieme, iniziarono a stare un po’ più per conto loro. Ogni tanto, però, stavamo di nuovo insieme e ci raccontavamo a vicenda come andava. Credo che Ellen fosse per me quasi una psicologa.
La chiamai e mi disse di andare subito da lei, che voleva sapere tutto.
                       
Appena arrivai mi stritolò in un abbraccio amichevole. Mi accolse con quel suo immancabile sorriso genuino e si mise a sedere su una poltrona accanto al fuoco.
Le volevo bene perché si interessava davvero a me, era contenta di ascoltarmi, si vedeva. Era coinvolta quasi quanto me nelle mie storie, piangeva, rideva, si disperava.
Mi stette ad ascoltare in silenzio e poi, invece di cercare di chiarirmi le idee, mi fece altre domande, come sempre.
Sapevo bene che quelle domande mi sarebbero servite al momento giusto, al momento in cui avrei dovuto decidere, ma questa volta mi sentivo più confuso del solito.
Non mi aveva per niente sostenuto, diceva che ero solo affascinato da lei, non innamorato, che non ci sarei mai stato felice insieme, che sarebbe potuta essere solo un’amante.
-Un’amante? Ma se io non sto con nessuno.- le dissi perplesso.
-Nel tuo cuore prenderà posto come amante. Sai bene come la penso, di là non c’è il vuoto, è bello colmo… c’e una ragazza dai capelli scuri, con degli occhi che ti fanno impazzire… una ragazza che ora sarà circondata da tanti bei ragazzi, lì dove si trova, al nord.-
-Ma non dire fesserie.- le tirai un cuscino addosso.
-Tanto non puoi fermare il destino.-
 
 
2 Novembre
 
Arrivati davanti a casa si fermò.
-Mia sorella non c’è - aprì il cancello –vieni?-
Istintivamente staccai la mia mano dalla sua e frapposi il cancello fra di noi, poi la baciai attraverso le barre e mi voltai dirigendomi verso casa. Quasi non capii cosa feci e perché lo feci, però era la cosa giusta.
Sarei tornato da Ellen.
 
 
17 Novembre
 
-Buongiorno.- mi disse sbadigliando Julia prima di ributtarsi pancia in giù sul letto.
Mi stirai e mi avvicinai a lei baciandole la schiena nuda. –Buongiorno.-
Si alzò e si andò a mettere qualcosa.
-Sai che sei perfetta?- le dissi stupefatto. Poteva sembrare una stupida esclamazione, ma in quel momento mi rendevo conto di quanto veramente fosse bella.
-Lo so - rise - Ora vestiti, che di là c’è mia sorella-.
Mi alzai e mi iniziai a vestire.
-Mi passi quella maglietta sulla scrivania?- mi disse Julia.
-Questa qu…-Wow!- sotto alla maglietta vi era un puzzle non finito. Il soggetto principale era quella che mi sembrava una fata. Era terribilmente somigliante a Julia. Gli occhi, fermi su carta, non riuscivano a trasmettere lo stesso effetto, ma ti attiravano subito. La stessa sua espressione del viso, lo stesso suo sorriso enigmatico mi ipnotizzarono un istante.
-Si quella…che hai visto?- mi chiese vedendo la mia faccia.
-No niente, guardavo questo puzzle.-
-Ti piace? Quello è il puzzle di un ritratto che si è fatta fare mia sorella. Poi ti faccio vedere di là c’è anche il mio, già finito.-
 
 
 
7 Dicembre
 
-Come va lassù, donna del nord?-
-Bene! L’altro giorno ho scoperto una biblioteca bellissima. Sto passando le giornate lì, e c’è anche un giardino che sembra un piccolo boschetto, mi ricorda qualcosa…-
-Eh…- dissi tra il nostalgico e l’imbarazzato. Non avevo parlato di Julia ad Alice, per niente. –A Snow mancano le nostre serate lì alla Radura.- aggiunsi, poi, per non sembrare freddo.
-E non solo a lui spero.- rispose scherzosa.
-Ovviamente no.- dissi quasi con ritrovata dolcezza.
Riflettendoci era vero, a me mancavano quelle serate, ma avevo trovato, come dire, qualcosa di altrettanto soddisfacente da fare.
 
 
27 Dicembre
 
-Finito!- urlò Hayley.
Dopo due giorni passati a casa di Julia a lavorare a quel puzzle, finalmente era finito e ai ritratti delle due sorelle si poteva aggiungere un’enorme foto mia e di Julia, con due assurdi cappellini di lana.
-Ora sorellona, se permetti io e Dom ce ne andiamo di là.-
-No amore, devo stare a casa a cena, mamma ha invitato degli amici di famiglia… domani però resto a dormire.-
-Va bene.- mi baciò, salutai Hayley e tornai a casa.
 
 
12 Gennaio
 
“Toc toc”
Addormentarsi stanchi e sudati, a volte ansimanti su quel piumoncino bianco era diventata un’abitudine.
E la sveglia la mattina anche.
-Sveglia Dom, hai scuola oggi!- urlava Hayley da dietro alla porta.
Anche Julia si svegliò, e sorridendo mi guardò mentre mi rivestivo e andavo a fare colazione. –A dopo.- mi lanciò un bacio.
Scuola… l’anno prima era andata bene con Alice che mi obbligava a studiare, ma ora stava andando un po’ uno schifo.
Il pomeriggio con Lewis, la sera Julia, la notte con Julia, e la mattina a scuola a studiare ogni ora per la successiva.
Non penso sarei riuscito ad arrivare a Giugno in quel modo.
 
 
28 Febbraio
 
-Bella fregatura festeggiare il compleanno una volta ogni quattro anni, eh?-
-Significa che invecchio meno.- sorrise lei.
Anche il giorno del suo compleanno eravamo soli, Julia si era affidata a me, non aveva nessun’altro. Ero contento di questo, ma lo sentivo un compito troppo difficile per me. Avrei potuto deluderla, e lei sarebbe stata sola.
-Tieni, questa sera ti ubriachi.- decise.
Bevvi.
La amavo.
 
 
24 Marzo
 
Non facevo altro  che alzarmi dal divano,  andare in bagno dal nervosismo e tornare a sedere da almeno un quarto d’ora quando finalmente il campanello suonò: era arrivata.
Scesi le scale cercando di respirare regolarmente, ma quando aprii il portone rimasi senza fiato. Era passato quasi un anno, i capelli neri erano sempre lì, gli occhi color miele anche, ma qualcosa era cambiato in lei, era più bella, molto più bella.
Mi si gettò addosso senza farmi respirare, ma accettai volentieri quella situazione di apnea e ricambiai forte l’abbraccio.
Giusto il tempo di farle salutare i miei, prendere Snow e già eravamo alla Radura.
Tante cose ci eravamo detti per telefono, ma era diverso mettersi lì, con la schiena appoggiata su quel tronco, Snow  sopra gambe e parlare. Diventava qualcosa di magico.
Tornammo da me per pranzo, che come solito a Pasqua passavamo insieme e dopo un’abbondante mangiata ci buttammo sul mio letto a ricordare, ridendo, i tempi passati.
 
 
26 Marzo
 
I primi due giorni erano andati alla perfezione, passati con Alice tra la spensieratezza, ma ora avrebbe conosciuto Julia, e nonostante non sapessi bene per quale motivo, la cosa mi preoccupava.
Infatti avevo invitato anche Lewis, in modo che con le sue battute e la sua vivacità avrebbe potuto tenere lontane situazioni imbarazzanti.
-Ciao.- mi salutò Julia baciandomi velocemente.
Per fortuna anche lei aveva deciso che sarebbe stato meglio non eccedere con le effusioni.
-Julia, piacere.- disse poi sorridendo e porgendo la mano ad Alice, la quale sorrise e strinse la mano.
-Allora, dove portate queste due belle signore, in questo nuvolosa sera di primavera?- chiese Julia dopo aver salutato anche Lewis.
-Non so, noi pensavamo pub e poi parco, ma se la cosa non vi piace c’è anche il bowling. Dom non aspetta altro che arrivare ultimo!-
 
 
20 Aprile
 
-Dopo il sesso sei abbastanza scadente nel fare i puzzle.-
-Allora potremmo smettere e tornarcene a letto.- suggerii speranzoso.
-No, ora finiamo.- mi rispose punzecchiandomi sul braccio.
Sbuffai, ma mi misi a cercare di sistemare quei pochi pezzi che mancavano.
-E io che avevo lasciato di là una sorpresa per te…-
 
 
1 Maggio
 
Correva come una bimba, e io le facevo fare giravolte in mezzo alle vie più strette e sconosciute della città.
Poi faceva la perfetta innamorata sulla Tour Eiffel e la ragazza dai facili costumi nelle stradine di Pigalle.
Sul Bateau-mouche se ne stava spensierata, guardando la città nel suo insieme e prendendosi felicemente il vento in faccia, mentre al Louvre mostrava la parte di sé più fine, sempre condita da quel sentimento che le faceva amare tutto di quella città.
 
L’avevo sempre detto che Parigi era il suo mondo, e penso che portarcela sia stata la cosa più bella che avessi mai potuto fare per lei.
 
 
20 Giugno
 
Alice era tornata per passare l’estate.
Differentemente da Pasqua l’avevo vista più fredda, ma forse era solo un’impressione; infondo non poteva fare la finta fidanzata con me ora che io ero fidanzato. La vedevo quando uscivamo in gruppo con Lewis e Ellen, o a volte insieme a Julia, ma non più soli, non c’era più niente che fosse mio e suo, non c’era più un albero di quercia tutto per noi, pronto ad accoglierci e ad ascoltare le nostre storie.
Intristito finivo per non parlarne e per cercarla sempre di meno, come se ormai fosse persa.
E stavo male, senza riuscire a capire bene la situazione.
 
 
30 Luglio
 
Mi svegliavo. Lei accanto a me, nuda, di una bellezza come sempre glaciale. I capelli biondi le coprivano il seno e il viso sembrava far intendere un bel sogno in corso.
Non la sveglia ma mi soffermai a guardare il soffitto. Mi succedeva sempre più spesso.
Neanche quando stavo con Julia riuscivo più a smettere di pensare ai giorni passati insieme ad Alice, che ora non c’erano più.
Decisi di andare a preparare la colazione e di portarla a letto da Julia.
Mi mancava la mia amicizia con Alice, ma io amavo Julia, era così, di sicuro.
 
6 Luglio
 
Mi manca la mia amicizia con Alice, ma io amavo Julia, era così.
Si era così, ma dovevo trovare una soluzione: Ellen.
 
 
 
 
7 Luglio
 
-Grazie per essere venuta subito.-
Ellen si sedette accanto a me e aspettò che parlassi.
-Secondo te è più bello essere innamorati inconsciamente oppure capire di essere innamorati?-
Ellen ascoltò con attenzione la mia domanda e dopo qualche secondo mi rispose: -Secondo me è più bello essere innamorati e non saperlo, perché ti ritrovi a stare bene con una persona, che magari è nella tua stessa situazione. Ti senti felice, libero e non pensi all’indomani: in quel momento stai bene, e quello ti basta. Quando invece ti innamori inizi a provare tensione, a studiare le mosse da fare, a cercare di non commettere un passo falso. E poi anche quello che fa l’altro ti sembra studiato: un’azione in un modo al posto che in un altro, un saluto, un sorriso, una smorfia. E senti l’animo a pezzi, che si muove tra periodi di immensa felicità e di dispersione totale. Cerchi sempre di dare all’altro il massimo, ma hai paura che qualcuno possa fare di più. Sai che l’altro tiene a te, ma hai bisogno di sicurezze e non trovi neanche il coraggio per dirle che sei innamorato.
 
 
8 Luglio
 
-Amore, guarda che mi ha prestato Alice?!-
Julia mi mostrò la copertina di un libro: io lo conoscevo! Un occhio, una lacrima  che cadeva da esso. Dentro la lacrima, incastonata, una nota.
 -L’hai già letto?- le chiesi.
-No, ancora non l’ho iniziato in realtà.-
-Allora posso prendertelo?-
-Si…ma perché?-
-Niente, niente. Ora vado ci vediamo domani.- le dissi sbrigativo.
 
 
10 Luglio
 
-Io ero convinto di amarla, ma da quando è tornata Alice sento che la preferisco a  Julia.
Ma Alice resta un’amica. Aiutami ti prego.-
-A volte l’amicizia è più forte dell’amore, allora trasformacela tu e vivila come se fosse la cosa più importante che hai. Che poi infondo lo è.- Ellen sorrise, un sorriso di un’amica. La abbracciai più forte di come non avessi mai fatto e poi me ne andai a casa.
Alice ora stava fuori al mare per qualche giorno. Avevo il tempo di pensare bene.
 
 
14 Luglio
 
Stavo alla radura e leggevo.
 
“…Kate era distratta, non ascoltava bene Lucas, però lo fissava negli occhi, intensamente. Le mani di lui si posarono su quelle di lei per correggerle la posizione dell’accordo. Kate si lasciò sfiorare le dita e riprese a suonare. Lui la accompagnava suonando dall’altra parte della tastiera.
Ad un certo punto Lucas portò la mano libera dietro la spalla di Kate, salì sulla guancia e le girò la testa verso di lui; a quel punto la baciò con delicatezza mentre continuavano a suonare. Le loro mani sembravano andare da sole, e sembravano essere loro a scegliere la  musica.
Kate rispose al bacio con timidezza, poi si rese conto che questa era la cosa che desiderava più di ogni altra e lo baciò con forza e vigore. Lasciò la tastiera e si abbandonò completamente a Lucas…”

 
Chiusi il libro.
 
-Chi è?-
-Sono io, Dom. Mi apri?-
-Si, sali.-
Mi aprì e salii le scale.
-Come mai qui?- mi chiese.
-Ti volevo vedere.-
Entrai e mi misi sul divano, accanto a lei.
Un attimo di tensione, il silenzio si impadronì della stanza e per un attimo per me l’aria si fece pesante e irrespirabile. Il tempo si era fermato aspettando che nella mia voce arrivasse il coraggio. Anche Alice stava lì, ferma ad aspettare, senza voglia o bisogno di buttare lì una frase inutile per alleggerire la situazione.
-Ti volevo dire che per me sei più importante tu che Julia. Che mi mancano le nostre uscite. Quelle che facevamo prima che partissi. Volevo dirti che non ho mai conosciuto due persone che si volessero bene come noi. Che…forse è strano che siamo solo amici…- le sorrisi un attimo e rimasi qualche secondo in silenzio.
Anche lei rimase zitta, immobile. Sapeva che non avevo finito.
-Dici che se ci baciassimo saremmo più contenti?- le chiesi con un po’ di malizia.
-Mmm… non lo so - giocò lei – certe cose vanno sperimentate.-
Quello fu il primo bacio che fino ad all’ora mi era sempre mancato nella vita.
Alice mi spostò facendomi sdraiare sul divano e poi si mise sopra di me. Sembrava che avessimo i minuti contati, dovevamo avere tutto, dare tutto, prima che qualcuno ce lo negasse per sempre. Sentivamo che dovevamo consumarci. Come se fosse la prima e l’ultima volta.
Lei aveva aspettato che io mi decidessi a farmi avanti, ma io nel mio percorso, per arrivare a lei l’avevo messa da parte, non dimenticata, ma fatta soffrire.
 
Arrivarono alla radura, Dom la prese e iniziarono a ballare. Con me non l’aveva mai fatto. Forse non mi aveva mai amato? O forse è colpa mia? No, io gli ho dato tutto ciòche potevo dargli. Io l’ho amato. Io lo amo.
Lei si sdraiò sull’erba soffice e fresca, all’ombra della quercia, lui si inginocchio e si accavallò sopra di lei iniziandola a baciare sul collo per salire fino alle labbra. Poi le tolse la maglietta ed iniziò a scendere sul suo corpo: aveva sempre preso come ideale me, il mio corpo, e ora sta lì, a mangiarsela viva come se la avesse per una notte sola. Lo odio perché lo amo. Troppo…

 
 
15 Luglio
 
Per l’ennesima volta mi squillò il telefono, l’avevo ignorato a casa di Alice e spento nella radura. 19 chiamate perse: due di Julia, sette di Hayley, e dieci di mia madre.
In ordine di importanza: prima Julia, dobbiamo parlare.
La chiamai ma non rispose, tentai ancora: niente.
Allora provai con Hayley per sentire se fosse con lei.
-Dom finalmente!- mi disse con una voce scoraggiata quasi piangente. – Julia…Julia ha avuto un incidente e – un singhiozzo la bloccò un attimo -  ora la hanno portata d’urgenza all’ospedale… per favore Dom, vieni, ha bisogno di te.-
 
 
 
16 Luglio
 
Aneurisma. Non conoscevo quella parola, ma ora per me non significava altro che distruzione.
Aneurisma al cervello. Distruzione del cervello. Distruzione di Julia.
 
 
20 Agosto
 
-Ciao.- le dissi come ogni giorno.
Lei sorrideva, poi le raccontavo la mia giornata, la aiutavo a mangiare, facevo una passeggiata con lei per i corridoi del reparto e infine la riportavo a letto.
Come ogni giorno.
 
 
30 Agosto
 
-Insomma riparti…- fu tutto ciò che riuscii a dire.
-Già…-
Silenzio, sguardi.
Sguardi, silenzio.
Decisi di romperlo io.
-Ti amo.- bastava questo.
Alice piangeva. Mi baciò, la prima volta da quell’infinitamente lontano 14 Luglio. Forse l’ultima.

 
 
 
Le macchie finiscono, l’indice  si ferma. L’unico suono rimane quello della pioggia che ticchetta sulla finestra nel buio esterno.
Poggia il diario e si lascia un attimo per pensare…
Una lacrima.
 
Alice è il motivo delle mie lacrime. Alice ha i capelli neri. Le coprono sempre l’occhio destro. E’ color miele, con delle sfumature che si scuriscono andando verso l’esterno dell’iride. Il suo sorriso mi riempie di nostalgia, sempre.
Odio quando Alice fa finta di non amarmi. Quando ogni giorno mi chiama e non può dirmi che mi ama. Quando prova ad aiutarmi, e quando, due volte all’anno, mi viene a trovare.
 
Odora nuovamente il diario, poi lo rimette dentro il cassetto.
Si passa le mani fra i capelli e si addormenta, su quel solito piumoncino bianco.

  
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