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Autore: Pinta    21/08/2013    3 recensioni
Anche voi avete sofferto per il vostro primo amore?
Bene, non me ne frega un cazzo, perché io sono Chiara e ho sofferto più di voi, ok?
Storia demenziale che, ahimè, racconta del mio primo amore, avevo quindici anni e ne ero innamorata persa.
Se ci penso ora rido come una pazza per tutte le figure di merda fatte, allora, però, ci stavo male sul serio.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Saaalve a tutti.
Questa è la mia prima storia in questa sezione, quindi non so cos'è venuto fuori.
Mi sono ispirata alle mie sofferenze di quindicenne "innamorata" e con dei brutti capelli.
I nomi li ho cambiati, la storia è proprio così.
Vi assicuro che i prossimi capitoli saranno divertente, ho sempre avuto una certa predisposizione per le figure di merda.
Scusa gli errori, ma non ho riletto, non lo faccio mai.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se siete curiosi di sapere com'è andata a finire.
Tanto amore,
F.




"Chiara, se non ti alzi all'istante giuro che ti brucio il poster di Daniel Radcliffe semi nudo!"

"Okok, sono sveglia, sono sveglia!"

Vi ricordate l'entusiasmo del primo giorno di scuola alle elementari? Quando vi preparavate i vestiti la settimana prima, mettevate nell'astuccio la penna blu per le unità, la rossa per le decine, la verde per le centinaia, quattro gomme, sette temperini, dodici matite e ventitre righelli? Quegli anni in cui facevate fare ai vostri genitori il giro dei supermercati e delle librerie di tutta la provincia pur di trovare il diario dei vostri sogni? Io mi ricordo che il mio primo diario fu di Doremì e non me ne volevo separare neache la notte, stupida bambina.

Ora tutto quell'entusiasmo l'ho perso, oggi è il primo giorno di quinto ginnasio e dovrei già essere sull'autobus, invece sono a casa a spazzolarmi i denti.

"Paaapi, mi accompagni tu oggi?"

"D'accordo, ma solo perchè è il primo giorno"

"Ovvio"

Sì papi, credici, ti scroccherò più passaggi dell'anno scorso, tranquillo.

Un breve riassunto della mia carriera scolastica?

Bene, dopo essere stata la prima della classe all'asilo e alle elementari-ah bei tempi quelli- del mio piccolo, sperduto, infrattato paese i miei genitori hanno deciso di farmi fare le medie in città. "Così ti abitui per quando andrai alle superiori" dicevano. In realtà è stata solo una rottura di coglioni: le mie amiche si alzavano un ora dopo di me e con cinque minuti erano a scuola, io dovevo andare con mio zio che lavorava da quelle parti e ogni mattina era sempre più scazzato, uscita da scuola dovevo farmi tre chilometri a piedi, non importava che tempo facesse, io dovevo farli col sole, con la pioggia, con la grandine, con la neve, per andare a recuperare quei due marmocchi dei miei cugini all'asilo, dove ogni giorno una delle suore mi stritolava la guancia.
Non ero mai a casa prima delle due e mezza e in macchina i miei cugini si divertivano a raccontarmi di cosa avessero mangiato a mensa, mentre io crepavo di fame e pregavo tutti i santi di farmi arrivare viva a casa.
Questa storia è andata avanti per tre anni, poi mi è toccato scegliere cosa fare alle superiori e, tra il disappunto di mia madre che mi avrebbe voluta al linguistico "Le lingue sono il futurooo" e il menefreghismo di mio padre che fino alla mattina del primo giorno era convinto mi fossi iscritta allo scientifico, ho iniziato il quarto ginnasio.

Tutto tranquillo per i primi mesi: bella classe, professori giovani e in gamba e buoni voti. I guai sono arrivati la seconda settimana di Febbraio, quando, dopo una settimana trascorsa a casa con la convinzione di avere solo un virus intestinale, sono andata da papà per il weekend, gli ho detto che i dolori non accennavano a diminuire, lui mi ha visitata e nell'istante in cui mi ha toccato il fianco destro ho gettato un urlo che ha fatto sbriciolare i ghiacciai in Antartide. La diagnosi, a quel punto, era ovvia: appendicite.

Dopo l'intervento e qualche giorno in ospedale, finalmente a casa.
Speravo di poter rientrare a scuola la settimana dopo, ma, si sa, una volta che la sfiga ti ha presa di mira non ti molla e, quindi, è arrivata anche la broncopolmonite.

Sono riuscita a tornare a scuola solo venti giorni dopo, con il sedere ormai ridotto a un cola brodo dalle punture e cinque chili in meno.
In totale avevo perso un mese abbondante di scuola e, per quanto mi impegnassi, non riuscivo a recuperare tutto: con mio grande dolore, quella volta, ho dovuto ammettere di non essere in grado di arrangiarmi e il 5 in greco ne è stata la dimostrazione.
 
"E cosa ci stanno a fare le insegnanti di ripetizioni?" aveva detto mia mamma. 
Quel giorno stesso ne aveva contattata una, firmando così, la mia condanna a morte.
Tra tutte le insegnanti della citta aveva beccato proprio la mamma di uno che frequentava la mia stessa scuola, si chiamava Mattia, lo conoscevo di vista, era bello da togliere il fiato carino, ma non avevo mai avuto modo di parlarci.

Il primo giorno di ripetizioni mi ha aperto la porta in pantofole e tuta, credo sia stato in quel momento che me ne sono innamorata, mi è bastato guardarlo negli occhi verde acqua per perdere la testa.

Ma veniamo ad oggi, è passato quasi un anno ed io sono più innamorata di allora.
L'anno scorso i nostri momenti più passionali sono stati: quando abbiamo preso l'ascensore inseme, quando abbiamo guardato un film insieme (ok, era un cineforum con altre 600 studenti ed eravamo in due punti completamente oppusti dell'aula magna, ma questo non importa) e quando si è tolto la maglia alla fine del torneo di calcetto.

Già, che storia triste e squallida, io gli sbavo dietro e lui al massimo mi saluta.

Quest'anno però devo svegliarmi e darmi da fare.

"A Chià, sei pronta? Alle otto e mezza inizio il turno, te devi da na mossa!"

"Eccomi papà, non agitarti, che ti fa male al cuoricino e poi schiatti"

"Tiè" con annesso gestaccio. Quest'uomo non è un buon'esempio per me, l'ho sempre detto.

Dopo mezz'ora eccomi davanti al cancello scrostato, sento le note di "Compagno di scuola" di Venditti nelle orecchie, faccio vagare lo sguardo tra la folla e... Cazzo, le lenti! 
Non vedo persone, vedo nuvolette. 
Speriamo che nella pochette, oltre agli assorbenti Lines Seta Ultra notte con argini in cemento e pompa assorbi sangue, abbia anche un paio di lenti a contatto.

"Chierettaaaa"
"Avvicinati che senno non ti vedo! Ah, ciao Frà"

Francesca, la mia migliore amica dalle medie, un obelisco di un metro e ottantacinque, quarantaquattro di scarpe e quarta di reggiseno, nonstante sia magra. Li mortacci sua, io c'ho a mala pena 'na prima.

"Hai dimeticato le lenti un'altra volta, eh?"

"Già"

"Menomale!"

"Perchè?"

"No, così..."

"Francesca, mia adorata Francesca, perchè?"

"Niente, davvero"

"Sappi che ho le lenti nello zaino e appena riavrò i tre gradi che mi mancano saranno cazzi tuoi"

"Mattia sta pomiciando con Federica di 5B"

"E me lo dici così? Come se fosse una cosa normale? Come se mi stessi dicendo di comprare il pane? Sei un mostro! Una stronza! Una troia!"

"Ok, Chiara, calma."

"Sono calma"
"Perchè hai un tic all'occhio, allora?"

"L'ho sempre avuto! Non l'hai mai notato? Se una migliore amica di merda, un mostro, una stronza..."

"Sì, credo di aver capito"

*Driiiiiin*

"Io non entro"

"Invece tu entri, riabbracci tutta la 5C e fai finta che quei due non esistano, sono stata chiara?"

"Non quanto me, ma lo sei stata"
 


8:20 5C

"Mi dispiace Chià"

"Chià, ho saputo, mi dispiace"

"Chià, tu sei più bella di lei"

Sembra una specie di post-funerale.
Certo che le notizie corrono.

"Sii forte Rossi, è in questi momenti che si deve tirare fuori il proprio carattere"

"Ma... Prof, anche lei!?"

"L'anno scorso invece della relazione del "Il Fu Mattia Pascal" m'hai consegnato un poema intitolato "Gli occhi di Mattia Bianchi", non posso essere indifferente a questa tragedia"

Quante figure di merda ho fatto a causa sua e ora si fa trovare a limonare appassionatamente con Federica della 5B.

Ho il cuore a pezzi.

Ma farò a pezzi lei.

E anche lui.

E li darò in pasto ai Chihuahua di nonna Rosa, questa è una promessa.
 
"Allora, vediamo cosa ci ricordiamo di tutto il latino studiato l'anno scorso"

Vabbè, non mi chiamerà mai, sa che sto soffrendo per amore.

"Tu cosa ricordi, Rossi? Dai distraiti un po' e vieni a farmi questa bella versioncina alla lavagna"

...Merda.

 
  
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