Disclaimer: I
personaggi di Bleach appartengono solo al maestro Tite Kubo. *-*
A mia cugina, senza
la quale non avrei mai conosciuto il magico mondo di Bleach.
Grazie mille, prima
o poi ti regalo un tuo Hollow personale! XD
Perché Kubo-sensei si è dimenticato
qualcosa, disegnando il manga…
Ed io, da brava IchiRuki, vi
devo porre rimedio! XD
Corners
of a raining day
Sorridevano,
Ichigo e Rukia, mentre si salutavano.
Il
viso di Rukia era asciutto, senza lacrime, e il kimono di Ichigo era nero,
pulito, e lui era sereno e soddisfatto.
Parevano
così rilassati, mentre si dicevano ‘Addio’.
“A
dopo, Rukia.”
Sorrisi
rilassati, felici. [Maschere]
“Va
bene. Grazie, Ichigo.”
Era
così soffice il modo in cui suonavano i loro nomi, pronunciati dall’altro.
Sembravano
così soddisfatti.
“Questo
dovrei dirlo io, Rukia. Grazie a te, sembra che abbia smesso finalmente di
piovere.”
In
quel momento, nel mondo di Ichigo, Zangetsu udì il primo tuono e il soffio
secco che preannunciava la pioggia. E, accanto
a lui, l’Hollow rideva.
Corner#1
– Ichigo Kurosaki
[Everything
remind me of your rainy eyes.]
“Ichi-niisan, aspetta devo ancora finire di bendarti! Stai
fermo!” scandì Yuzu determinata, trattenendolo con le piccole mani ancora da
bambina.
Ichigo
sbuffò e alzò gli occhi al cielo, il solito broncio impresso sulle labbra.
“Yuzu,
sto bene.” le ripetè,
ma questa frase sembrava non rassicurare affatto la piccola Kurosaki. Questa,
infatti, inarcò un sopracciglio indispettita e lo fissò duramente.
“E
questa cicatrice la chiami niente? Ichi-niisan, smettila di fare i capricci.” Ordinò Yuzu,
tirando verso di sé la cassetta del pronto soccorso.
Ichigo
emise un piccolo sospiro, lasciando la piccola sorella procedere con
quell’inutile bendatura.
Infondo,
la ferita si era già rimarginata, curata nella Soul City…
rimaneva soltanto la cicatrice.
Che pungeva e
doleva, ma era un dolore abituale.
Bastava
sopportarlo.
Bastava non
pensarci.
Karin
osservava la gemella affaccendarsi intorno al fratello, con un’espressione
seria in volto, come una mammina [ma non
era sua madre. Non riusciva a sconfiggere la pioggia].
L’espressione
imbronciata, simile a quella del fratello, si fece più dura. “Ehi Ichigo… come ti sei fatto quella cicatrice?”
“Ancora
questa domanda?!” sbottò lui esasperato. “E’ stato un incidente!”
“Di
che tipo?” incalzò Karin, ma Ichigo si rinchiuse in un silenzio strategico, il
viso voltato verso la finestra e le labbra piegate in un’espressione scontrosa.
Karin
strinse i pugni, avvertendo l’impulso di colpire suo fratello, riuscendo a
reprimerlo solo conficcando le unghie nella pelle e pestando con violenza un
piede a terra, attirando l’attenzione della gemella.
Yuzu
la stava fissando infuriata. Ichigo, impassibile, cercava di non voltarsi verso
la finestra, dove sapeva che avrebbe trovato la pioggia. [E il ricordo di Rukia, in essa.]
“Karin
per favore basta Ichi-niisan malato, non romperti
qualcosa!” la rimproverò, il tono dolce e deciso, ma anche acuto e infantile.
Karin
sbuffò. “Tsk… malato di mente, forse.” Replicò
ironica, guadagnandosi lo sguardo fulminante del fratello. Karin ghignò in sua
direzione, girò sui tacchi appoggiando la mano destra sulla maniglia della
porta, fermandovisi.
“Ichi-nii… stai davvero
bene?”
Ichigo
sospirò pesantemente. “No, Karin, io non sto bene. Sto benissimo.” Sto bene. Sto
benissimo.
Karin
alzò un sopracciglio e sbuffò, sbattendo la porta dietro di sé. Yuzu sorrise in
direzione dell’uscio, l’espressione addolcita.
“Sai
nii-chan, Karin si preoccupa tanto per te anche se fa
la scontrosa…” Yuzu nascose una risata dietro alla
mano. “Somiglia a qualcun altro in famiglia.”
Ichigo
alzò le sopracciglia. “Tsk. Yuzu, muoviti a bendarmi se proprio vuoi, che devo
fare i compiti.”
“Agli
ordini!” esclamò pimpante la ragazzina; Yuzu agguantò una lunga benda e
cominciò a srotolarla, facendola passare sul suo dorso nudo. Ichigo la
osservava, quasi intenerito, affaccendarsi tanto per lui.
E
fissava quel vestito a fiori che la sua sorellina indossava.
Era
azzurro, svolazzante, infantile.
Era
il vestito che indossava Rukia, uno di quelli che aveva rubato dall’armadio di
Yuzu.
“Ehi”
Rukia “…Yuzu.”
La
ragazzina alzò il viso, tondo e gentile. “Uhm? Ti ho fatto male nii-chan?”
Ichigo
scosse la testa. “No. Mi sono scordato quel che volevo dirti.”
Yuzu
si accigliò e cominciò a tastargli al fronte con la punta delle dita. “Sicuro
che vada tutto bene?” chiese apprensiva.
“Sì… ho solo bisogno di una dormita.” La rassicurò, un’ombra
di sorriso sulle labbra.
Yuzu
annuì raggiante e sistemò la cassetta del pronto soccorso. “Allora io esco e ti
lascio riposare, nii-chan. Stasera ti faccio una
bella cena nutriente, ok?”
Un
cenno di assenso, e Yuzu, dopo aver controllato che il fratello si fosse messo
sotto le coperte, si precipitò fuori dalla stanza, socchiudendo dietro di sé la
porta mentre canticchiava un motivetto allegro.
Ichigo
rimase in ascolto, aspettando fino a che il fischio di Yuzu si fece molto
labile, poi rovesciò le coperte sul letto e si alzò camminando verso la
finestra.
Fuori
pioveva (solo fuori?).
Pioveva
anche nei suoi occhi.
[Rukia.
Rukia. Rukia.]
Le
gocce di pioggia scivolavano sul vetro pigramente e battevano sugli ombrelli
dei pedoni davanti a casa. Suo padre salutava vivacemente un cliente sul
cancello, il viso coperte dall’ombrello, quello rosso con i coniglietti che
amava tanto lei.
Ichigo
sapeva che c’era il vecchio, dietro quel tessuto colorato pieno di conigli;
come sapeva che la cicatrice prudeva terribilmente.
“Sto
pensando di restare qui a Soul City.”
Negli
occhi di Rukia non poteva esserci
pioggia.
La
sua era solo suggestione.
Ichigo
deglutì, teso.
“Davvero?”
Rukia
lo fissava, anch’ella tesa. Pensava forse che l’avrebbe presa e trascinata a
forza sulla terra?
Le
sue labbra si stirarono forzatamente in un sorriso.
“Questo
è fantastico.”
Gli
occhi di Rukia ora erano spalancati, e simili a due pozze d’acqua.
[Piove.
Piove. Piove. Dappertutto. Anche lì, in quel cielo ametista.]
“Bene,
se è questo che hai deciso di tua spontanea volontà, se senti che vuoi restare,
allora questa è la soluzione migliore.”
Ichigo
sorrideva, e anche Rukia gli sorrideva.
La
mascella cominciava a dolere, ma Ichigo avrebbe sopportato fino a quando quelle
due pozze ametista lo avrebbero potuto fissare, indagatrici.
Scosse
la testa, sconsolato. Non riusciva a non pensare, era un pensiero ossessivo il
suo, un mantra.
[Rukia. Rukia.
Rukia.]
I
suoi occhi erano pieni di pioggia.
Il
cellulare che gli aveva dato Urahara prese a
squillare. Ichigo indossò velocemente la catena regalatagli da Ukitake-taichou, depositò il suo corpo sotto le coperte e
controllò l’ora. Aveva all’incirca mezz’ora prima che Yuzu arrivasse ad
annunciare che la cena era pronta.
Con
un balzo uscì dalla finestra, Zangetsu in spalla, lo sguardo scuro che
squadrava la via prima di spiccare un balzo sul tetto dell’abitazione vicina e
cominciare a correre, correre verso il luogo dove era apparso l’Hollow. I
vestiti gli si appiccicavano addosso, appesantendolo. Ma Ichigo non si lamentò [sostituivano il peso esiguo di Rukia sulle
sue spalle].
*
Corner#2 – Rukia Kuchiki
[She’s so far away, she goes after the
rain]
La
zampakuto tagliò l’aria, abbassandosi verticalmente
verso Renji. Intuendo la mossa dell’avversario, lo shinigami
si scostò e abbassò il suo bastone di legno e toccando delicatamente il petto
esposto di Rukia.
Renji
sogghignò, vittorioso, mentre lei buttava a terra il bastone d’allenamento,
reprimendo malamente la stizza.
“Maledizione!”
imprecò tra i denti, scostandosi il ciuffo corvino dagli occhi.
Renji
sospiro, raccogliendo il bastone dell’amica. “Ci vuole tempo per abituarti di
nuovo a combattere. Ti ricordavo più paziente…”
Rukia
si concesse un piccolo sorriso. “Scusa Renji, è che…
voglio ricominciare a essere utile, andare in missione e–”
Smezzò
la frase a metà, e abbassò gli occhi, pensierosa. Renji fremette d’ira, ma non
lo diede a vedere. Rukia era lì, con lui. Bastava quello.
[Ma – Renji lo sapeva – con la mente
Rukia non era lì. E men che meno con il cuore.]
“Oh,
il tramonto.” Notò distrattamente lo shinigami,
portando sulle spalle larghe i bastoni. Le rivolse un piccolo ghignetto, che Rukia accettò e contraccambiò.
“Già.
Che bel tramonto… sulla terra non erano così.”
[Ancora lontana. Troppo lontana.]
“Ehi
Rukia! Che ne dici di cenare con me?”
Lei
arrossì, presa alla sprovvista da quella proposta apparentemente innocente.
“Io… non so, non– ”
“Come
hai vecchi tempi: io, tu e quel ristorantino poco lontano dall’Accademia: fanno
ancora dell’ottimo sushi, sai?” la tentò, inclinando appena la testa color
rame.
Rukia
lo guardò cauta, prima di scuotere la testa in segno di diniego.
“Nii-sama mi aspetta a casa. Non posso tardare, io… ci vediamo domani, ok Renji? Scusa!”
Prima
che potesse fermarla, Rukia si era volatilizzata, lasciandogli solo un
retrogusto amaro in gola e l’immagine fugace della sua piccola mano candida che
lo salutava. E due occhi infinitamente tristi, come non li vedeva dalla morte
di Kaien-dono.
Renji
strinse i pugni, alzando lo sguardo al cielo. Rukia gli aveva raccontato di
come fossero belle le nuvole: era ossessionata da una certa ‘pioggia’, si era persa un intero
pomeriggio a descrivergliela. Rinfrescante, fresca, rivitalizzante.
Terapeutica, quasi come se potesse lavare ogni cattivo umore. Era così felice,
mentre gli parlava, le brillavano gli occhi [umidi]…
Renji
odiava decisamente la pioggia.
[Rukia era tornata viva solo dopo
l’incontro con Ichigo.]
*
Corner#3 – Hichigo and Zangetsu
[It’s coming a storm]
“Voglio
raccontarti una storia, Zangetsu.”
L’uomo
si voltò, guardando attraverso gli occhiali la figura bianca che si scostava da
quel mondo rabbuiato dove stavano entrambi. Il tono dell’Hollow era allegro divertito,
come sempre, ma era un sibilo.
Riusciva a malapena a sovrastare le forti raffiche di vento che scuotevano quel
mondo.
“Non
rispondi? Beh, io la racconto lo stesso!”
La
creatura bianca si muoveva veloce, saltando da edificio ad edificio, ghignando.
“C’erano
una volta due shinigami molto stupidi, che per
orgoglio dissero le parole sbagliate al momento sbagliato…
e furono divisi per sempre, che tristezza vero?”
Rideva,
mentre la pioggia cominciava ad abbattersi violenta sul corpo identico, tranne
nei colori, a quello di Ichigo.
E
Zangetsu osservava la scena pacatamente, dietro gli occhiali dalla lente
chiara.
“E
a noi tocca la pioggia! Oh, ma questa non è la solita pioggia, la senti,
Zangetsu? È una vera e propria tempesta! Il Re deve essere veramente disperato,
stavolta!”
La
risata folle si perdeva tra i rombi dei tuoni, che pareva il battito impazzito
di un cuore appesantito, rauco e pesante, possente, che scuoteva gli edifici
facendoli tremare.
[La pioggia corrode. Le fondamenta
cedono. Caos.]
“Arriva
la tempesta, arriva la tempesta!”
Zangetsu
distolse lo sguardo, abbassandolo sul pavimento, in cui pozze d’acqua erano
trivellate da taglienti gocce di pioggia.
“Speriamo
finisca presto.”
A
quel desiderio, susseguì una risata ancor più sadica. Hichigo
era, ora, accanto a Zangetsu, e tratteneva nelle mani la katana scura,
passandosela sulle labbra nere come inchiostro.
“Ce
c’è? Paura che io diventi il Re, con questa tempesta, uh? uh?”
Zangetsu
non rispondeva, ma non faceva altro che aumentare la sua ilarità.
[Non si risponde, ad una creatura che
trovava congeniale la pioggia. Era un cattivo presagio. Caos.]
“Non
rispondi ancora? Sei un tipo noioso, sempre detto! Ma, presto, sarà il mio
momento. E finalmente non mi annoierò più.”
Zangetsu
non udì mai la minacciosa promessa. Fu coperta da un tuono in lontananza. E –
come lui – neppure Ichigo riusciva del tutto a comprendere quanto quella
pioggia fosse acida.
*^*^*
Questa
fic era nel mio computer da molto tempo…
difatti lo stile, soprattutto dei primi due corners,
è piuttosto artificioso, sono un po’ cambiata, però non mi dispiaceva affatto.
E,
dopo tutte le belle IchiRuki che ho letto, non ho
potuto evitare di finirla! *-*
Diciamo
che è uno specchio del dolore per la separazione, di cui Tite
Kubo non ha mai parlato, ma che per me c’è stato.
Decisamente
non riesco a dare il meglio di me con Ichigo e Rukia…
mannaggia… e pensare che ci tengo tanto a loro due!
;__;
Comunque,
spero abbiate gradito! ^^
IchiRuki
RULEZ! *-*
Grazie
a chi commenterà e leggerà!
Bye,
Kaho