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Autore: xla    22/08/2013    3 recensioni
A cosa avevano portato, le scelte di Frank e di Gerard? A Frank avevano permesso di farsi qualche conto di quelli che aveva sempre evitato di fare, Gerard invece quei calcoli li conosceva bene, semplicemente preferiva ignorarli. Quando Frank aveva finito la sua equazione, Gerard già sapeva di essere la risposta, di essere il problema che gli impediva di far si che tutti i conti tornassero.
-Jamia è incinta. -

[Frerard - Danger Days]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Readmereadme,pls!<3
Hi gals (e guys), spero tutto okay e, anche se non è tutto okay, le cose possono sempre migliorare… qualcosa come anche la mia grammatica, prima che l’italiano mi denunci assieme a google traduttore pensando che siamo in combutta contro di lui.
Finita una storia di quaranta capitoli, ho subito iniziato a prendere appunti per il seguito. Però la mia testa non voleva collaborare (diamole torto…) perché… ha preso a viaggiare. Ho iniziato a buttare giù varie idee, che mi piacerebbe poter continuare. Ma ogni cosa col suo tempo. Questa storia mi è venuta in mente l’unica sera che ero giù in Calabria e stavo cenando, poi la foto che ha postato Frank ha fatto il resto.
La storia è ambientata intorno al periodo di Danger Days, e sì, lo so, B è nata il 27 maggio 2009 mentre Cherry e Lily il 2 settembre 2010… sono pessima con le cronologie, ovviamente non volevo fare nulla di troppo pretenzioso e concentrarmi più sui sentimenti che non sul tempo.
Se la storia è davvero comprensibile e leggibile è solo merito del mio arcobaleno <3- Grazie Darling. Lei ha avuto la santa pazienza di correggere e di farmi notare i miei errori. Grazie <3.
Buona lettura.
 
Ridete e mangiate tanta cioccolata
xla

 
 
 
 
 
 

Demolition Area

 

 

Non pensavano possibile che la vita, la loro vita, sarebbe andata così.
Dopotutto, nessuno può mai sapere con esattezza cosa succederà… puoi avere delle mh, sicurezze. Sì, sicurezze… che possono durare o meno nel tempo. Quando sei adolescente le senti davvero forte. Ti sembra che ogni giorno sia l’ultimo e che, al tempo stesso, hai il mondo ai tuoi piedi. Tutto il tempo che vuoi e di cui hai bisogno, e non ti basta mai. E poco importase il mondo sia composto da un milione di persone, dieci o solo una… se sei dove hai sempre sognato a fare ciò che ami con persone che ami, ti senti in cima al mondo, come se nulla potesse ferirti. Più avanti capisci che quei giorni erano una merda totale. Ma che daresti tutto, pur di riaverli indietro. Perché succede che ti ritrovi a fare una vita simile a quella che avresti sempre voluto, ma che, se te ne avessero parlato, la tua risposta sarebbe stato un dito medio perché oh, tu vivi il tuo sogno e ti sembra senza fine. Non vorresti mai lasciare questa vita. Hai questa… che fa parte delle tue sicurezze. Poi succedono… cose. Succede che tutti cambiano mentre a te sembra di restare fermo… ti sembra che il mondo abbia preso a correre e tu sei immobile in mezzo a tutto questo caos. Capisci che hai vissuto in una bolla per molto tempo, quella dell’adolescenza che ti sembrava tanto orribile quando stupenda, e che è arrivato il momentodi fare ciò che è davvero inevitabile: crescere. Nel farlo si fanno delle scelte giuste, quelle che ti fanno mettere la testa apposto perché ti sembra di aver finalmente aperto gli occhi, ma… assieme a quelle giuste, ci sono anche quelle che ti sembrano, giuste. E in genere, sono quelle peggiori. Sono quelle che pensi faranno più male ma ora sei cresciuto, sei maturo e sai che è arrivato il momento della fine di quei giochi che per te, erano tutto tranne giochi. Ma cosa succede, quando quel dolore persiste? Cresce anche lui, con te. E da frustrazione immensa, si tramuta in altro… ti accompagna per quel che ne resta di quella che inizi a chiamare “la mia finalmente vita reale”… ti divora dall’interno e tu cerchi d’ignorarla. Ma ci sarà sempre qualcosa che la riporterà a galla… e allora ti fermi un attimo, guardi il vuoto ma in realtà stai solamente ripercorrendo la tua vita in pellicola e ti chiedi se ne è valsa davvero la pensa. Poi sospiri e torni alla tua quotidianità.
A cosa avevano portato, le scelte di Frank e di Gerard? A Frank avevano permesso di farsi qualche conto di quelli che aveva sempre evitato di fare, Gerard invece quei calcoli li conosceva bene, semplicemente preferiva ignorarli. Quando Frank aveva finito la sua equazione, Gerard già sapeva di essere la risposta, di essere il problema che gli impediva di far si che tutti i conti tornassero.
Nessuno dei due aveva mai creduto a tutto quello che stava accadendo… a quelle parole che si erano detti per sembrare totalmente indifferenti davanti ai loro occhi che dicevano che era finita. Che avevano perso. Si erano raccontati era solo un lungo bellissimo sogno che si era avverato solo perché quando passi gli anni a condividere uno spazio stretto, finisci che condividi anche il letto e i sentimenti.
La loro finalmente vita reale era come se l’erano immaginata… forse. Perché quando Gerard si era sposato Frank si era sentito morire. Quando era stato Frank, a sposarsi, Gerard era già morto lo stesso giorno che aveva detto sì a Lyn.
Le loro scelte, erano solo dettate da una di quelle certezze di sapere la differenza che corre tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Ma col passar del tempo, si erano resi conto che facevano parte di tutt’altra cosa, che erano le loro sicurezze e che, magari, la loro non era solo una storia da non raccontare mai, perché mai esistita… che quello che avevano vissuto, era ben oltre il van oppure lo spazio di sicurezza di un festival. Oltre quelle transenne del cazzo che li avevano sempre separati da quello che loro chiamavano “il vero mondo”.
Così, capitava spesso, che entrambi, ovunque fosse l’altro, si fermassero a fissare il vuoto. Poi sospiravano e tornavano a quello che stavano facendo, prima che qualcosa facesse loro ricordare com’era e come sarebbe potuto essere.
Stavano trattenendo il respiro dopo anni di boccate d’aria fresca oppure appestata: quanto tempo avrebbero retto?
Frank era certo di morire quando, quella notte sentì per la prima volta il pianto di Bandit. Poi si sentì una merda, quando vide Gerard così felice, mentre la sorreggeva con braccia tremanti e se la stringeva al cuore, segnato da anni di tristezza, quella piccola creatura che lui aveva definito come “la mia unica speranza”. Frank amava B. Come se fosse sua figlia. Ma non lo era, era la bimba di Lyn e di Gerard. E questo, ogni volta che la vedeva, doveva ripeterselo fino alla nausea per non rischiare di mischiare la realtà con i loro sogni infranti. Sogni che si erano incrinati in quel backstage nel 2007, caduti in quella chiesa un anno dopo e calpestati quando avevano fatto finta che tra di loro non ci fosse mai stato nulla, continuando a stare nella stessa stanza, sullo stesso pianeta, come se fossero amici da anni.
Gerard sentiva appena le ceneri di quei sogni, per merito di Bandit. In parte anche grazie a Lyn. Per Frank valeva lo stesso per quanto riguardasse Jamia.
Eppure, nonostante tutto, nonostante ora avessero quella che in molti definivano una vita felice, la vita che avevano sempre meritato… nonostante fossero, felici, quel vuoto seguito da un sospiro, li accompagnava sempre. Ogni giorno. Ogni istante.
Ecco perché, quando non resistevanoe facendo finta che fosse un semplice gesto capitato per pura casualità- che faceva comunque tanto male, si ritrovavano così vicini da fargli sembrare di essere tornati in quella bolla.
 
Quella casa era totalmente immersa nella luce, era calda… sapeva d’amore e di famiglia. Così come il nome perfetto per quello che Frank aveva davanti gli occhi, era proprio questo: amore. Appoggiato allo stipite della porta dello studio, vedeva quella piccola bambina per terra, che colorava allegramente e, a qualche passo, la gobba di un uomo che dimostrava molti meno anni… la chioma rossa di Gerard, china sulla scrivania pieghevole, totalmente concentrato sugli storyboard- sul concept per l’album- sulle canzoni- su soloDiosacosa!, ma attento ad ogni minimo rumore proveniente dalle sue spalle, dove c’era, appunto, la sua unica speranza. Un’immagina bellissima. Un quadro sul quale Frank aveva spesso fantasticato assieme a quel ragazzo trasognato, anni prima, nelle tante notti insonne passate a condividere una piccola cuccetta in un van puzzolente tanto quanto loro. Sudati, abbracciati: vivi. Indubbiamente lo erano anche ora, ma in modo… diverso.
Frank si chiedeva che fine avesse fatto quel ragazzo moro, pieno di speranze e spaurito dal mondo… perché quelle che vedeva erano le spalle di un uomo realizzato. E… vivo? Lo sperava davvero.
Bandit alzò gli occhi dal suo disegno, circondatada tutti quei colori, ricordava molto Gerard, a quando sollevava la testa, per immergersi nei suoi occhi. Ricordava davvero moltissimo Gerard e Frank non sapeva dire se questa cosa gli faceva male oppure no. Sapeva solo di amare quel piccolo angelo, che appena lo vide, fece una smorfia che a Frank fece incrinare parte delle sue certezze.
-Zio Fronkie! – si alzò e andò verso di lui, barcollando appena e Frank si chinò, con lebraccia in avanti, pronto a prenderla. Adorava essere chiamato così… soprattutto da quella vocina piccola, con quella cadenza così simile, a quella di Gee.
-Ehy, piccola… -
L’abbracciò e le diede un bacino sulla guancia, guardando la schiena di Gerard, che sembrava non essersi accorto di nulla. Si chiese se l’avesse sentito… se era il caso di salutarlo. Ma B lo distrasse, tirandolo verso il centro della stanza, facendolo sedere per terra assieme a lei. Bandit gli faceva vedere tutti i disegni che aveva fatto, e Frank la guardava, orgoglioso come poche volte in vita sua… mentre Gerard fissava immobile il foglio che aveva davanti gli occhi: aveva smesso di fare qualunque cosa, anche solo di respirare, appena aveva sentito la voce di Lynz, che accoglieva felice Frank in casa. A dire la verità, aveva preso la decisione di non aver più bisogno d’ossigeno perché aveva una finestra, e aveva visto Frank arrivare, e passare per il vialetto con quel passo spedito e nervoso che lo fece sorridere.
Passò in rassegna tutte le cose che aveva sulla scrivania, prima di voltarsi, pronto a continuare quel cammino su cui aveva preso a muovere i primi passi da qualche anno.
Gerard si girò e vide Bandit che aveva accantonato i colori e i fogli, prendendo a giocare con Frank… quella scena gli era molto familiare. Anche lui, dopotutto, aveva sempre accantonato tutto, quando si era trattato di quel ragazzo spigliato e senza limiti, ora seduto nel suo studio, assieme a sua figlia. Ci teneva a ripetersi mentalmente tutto questo, perché era così bello da far male. E lui aveva ancora qualche conto in sospeso con le cose tanto belle da star male.
Quando i loro occhi s’incrociarono, Frank sentì una di quelle poche cose chiamata certezza… anche a Gerard, eranotornate in mente molte cose. Quel sorriso ne era la prova, come così gli occhi. Forse era per  questo che Gerard lo privava sempre di più del suo sguardo. Sapeva che Frank poteva leggerlo dentro, era sempre stato il suo libro preferito. Di quelli senza ilquale non puoi stare, e che ti aiutano a superare tutto, a capire, tutto. E che stringi forte al petto, quando leggi qualcosa di brutto.
Frank non sapeva che a Gerard succedeva ogni volta che guardava B. Oltre a quando li vedeva giocare assieme. Oppure in quelle lunghe passeggiate fatte per farla addormentare… la stringeva. La stringeva e delle volte piangeva, piano, in silenzio… come aveva imparato a fare da anni, per non dover dare spiegazioni a situazioni che voleva solo ignorare.A Frank dispiaceva… gli dispiaceva.
Gli dispiaceva… perché sapeva che quello che stavaper dire, avrebbe fatto allungare ancora di più le già infinite passeggiate di quel padre con la testa piena di sogni ancora da realizzare. Anche se non sapevanulla di tutto questo… però non riusciva a tenersi per se una cosa così grande. Eracosciente che avrebbe fattomale, e che avrebbe sentitonell’aria un rumore di qualcosa che si sarebbe rottoancora, provenire dal petto di Gerard. Ma il proprio, di cuore… aveva bisogno di compagnia. Della sola che abbia mai desiderato avere. Perché era qualcosa di davvero grande da gestire, e lui, senza Gerard, non era mai stato in grado di guardare le cose come erano realmente. E lo stesso, anche se in modo diverso, era per Gerard.
Con Bandit sulle ginocchia che giocava, Frank eraconsapevole di una di quelle certezze.
-Jamia è incinta. –
Il sorriso sul volto di Gerard non era sparito. Aveva solo una nota triste a prolungarne la melodia.
-Sono… due. – prese le manine della piccola, poggiandovi sopra i propri palmi – Non vogliamo sapere il sesso… uh, Jamia, non vuole. Vuole che sia una- -
-Sorpresa. –
Non era una domanda. Non era una cattiveria… ma non era neanche una parola detta da una persona felice. Di una persona realmente felice. Era solo l’ennesima parola detta da una persona che diventava più malinconica. Quella persona, era Gerard. E Frank sentì i primi cenni del rumore del suo cuore. Non si era aspettato nessuna reazione da parte dell’altro, ma nessuno poteva dire cosa sarebbe successo, no? Loro ne erano una delle prove più evidenti.
Si morse il labbro – Gee… -
-B, la maglietta della zio non si mangia. – sussurrò, con una voce così carica di zucchero, che Frankie si domandò quantorealmente fosse distrutto, dentro, Gerard.
Lui carezzò appena la testa della bambina, distraendola prendendo quello che scoprì essere un piccolo peluche di dinosauro. L’aveva preso alla cieca da terra.
Poi un sospiro. Quel, sospiro. Che fece venire un nodo alla gola a Frank, che guardava Gee girarsi e tornare al suo lavoro, con la schiena curva. Dio, quante volte si era ripetuta, quella scena? E un tempo, era solo bella. Ora era diversa. Troppe cose lo erano adesso…
-Non dici nulla? -
La matita smise di correre sul foglio - … - ci fu un lungo silenzio, poi la voce di Gerard, che voltava la testa, con un’espressione beffarda – In che posizione l’avete fatto? –
Frank in un primo momento non capì. Poi arrossì di colpo, sotto gli occhi ironicamente maliziosi del rosso.
-Gerard! Ma- cosa ca-- -
Gerard cambiò totalmente volto in quel frangente, levando ogni genere di sfumatura anche solo vagamente scherzosa, fulminandolo con lo sguardo e guardando Bandit.
Frank le tappò le orecchie e parlò in un sussurro: - Ti sembrano domande da fare? Con B nella stessa stanza? E’ figlia di Lyn, accidenti a te! E’ intelligente! –
Un sopracciglio castano si sollevò, avvicinandosi alla capigliatura con la ricrescita – E cosa vuol dire che è anche mia figlia? –
-… che finirà in qualche guaio prima o poi… - la risposta non era difficile, era la stessa che gli aveva dato quando lei era nata.
Gerard inclinò la testa – Per questo l’ho chiamata Bandit. – fece, tutto fiero di sé.
-… non dici nulla? –
-… -
Si sistemò meglio sulla sedia, lanciando in un gesto stanco la matita sul tavolo. Questa cadde per terra: Gerard lo aveva fatto per coprire il rumore di quel rottame del suo cuore.
-Cosa dovrei dirti? –
-Non lo so, io-mh – guardò B mentre faceva battere le manine – Io avrei detto molto… -
-Tu non hai detto nulla, Frank. È stata la peggior risposta che mi potessi dare. –
Perché, in ogni cosa che Gerard diceva e faceva, c’erano sempre doppi e tripli motivi che lo spingevano a farlo e cui si riferivano? Quando era nata Bandit, non aveva detto nulla, lasciando che si corrodesse da solo nel proprio silenzio. E dicendo ora che lui, al suo posto, avrebbe fatto tutto il contrario, gli aveva fatto ricordare quella tortura a cui lo aveva sottoposto involontariamente. A conti fatti… era davvero la peggior cosa che gli potesse dire… però appunto, lui non lo aveva fatto con l’intenzione di fargli del male. Forse. Si guardarono e Frank poté leggere negli occhi di Gerard, prima che questo distogliesse lo sguardo altrove. Ma era troppo tardi. Frank era molto veloce, a leggere.
-Da quando sei così vendicativo? –
Gerard sorrise, sorrideva molto: - Si chiama giustizia. –
Socchiuse gli occhi e si lasciò andare in un sospiro, restando in silenzio. Mentre Gerard appoggiava la schiena alla sua sedia. Tutto, in lui, era lo specchio e il ritratto della malinconia e della tristezza. Eppure le sue labbra erano sempre in grado di sorridere. Così come gli occhi, anche se un po’ meno.
-Cosa dovrei dirti, Frank? Tutto quello che ho da dirti te l’ho già detto, e continuerò a farlo… ma non davanti a mia figlia. –
Ecco l’ennesima frase con dietro mille significati. Delle volte, Gerard si rendeva conto di essere davvero pesante. La scelta delle due ultime parole aveva un motivo valido solo per metà: Frank non conosceva ne quello, ne quello senza motivo. Ma capiva che le parole che Gerard aveva in serbo per lui, erano unicamente parolacce e imprecazioni e accidenti che gli stava già mandando con quei bellissimi occhi un poco meno luminosi di quello che ricordava fino a quel giorno.
Gli tornò alla mente… tutte quelle volte che li aveva visti versare lacrime, di tutte quelle volte che lo guardavano come se esistesse solo lui, nel suo mondo. Che fine aveva fatto, quel Gerard? Nessuna. Capì. Era lì, davanti a lui, che lo guardava tenere in braccio sua figlia, mentre gli diceva che sarebbe diventato padre.
-Okay. – anche se non era certo di voler venire a conoscenza di quello che pensava Gerard, sotto quel frangente… ponderò l’idea di incollarsi a B come una cozza allo scoglio.
-Non lo vai a dire agli altri? A Twitter? – prese un’altra matita e la temperò. Lasciando a terra l’altra.
Si umettò le labbra – Lo sanno. – il rumore del legno nel temperino cessò e Frank strinse gli occhi – Sei… l’ultimo, a cui l’ho detto. –
-… L’avevo capito. – mollò il temperino e la matita e si sporse per chinarsi a prendere quella che era caduta prima.
Lo sentì trattenere il respiro, come per dire qualcosa… ma da quelle labbra non uscì nulla.
Frank erastato il primo, a cui Gerard aveva detto che Lyn era incinta. Il primo. Glielo aveva detto. Spaventato e felice. In lacrime. Ma cazzo, era stato il primo da cui era corso, accettando ogni cosa che gli avrebbe dato indietro Frank. Fu una stretta di mano, quella che ricevette Gerard quella volta. Una fottuta stretta di mano. Era troppo presto allora, per qualunque altra cosa. E non uscì nulla, dalla bocca di Frank, finché non eranata Bandit. Aveva visto Gerard stringerla e guardarlo poi con occhi grandi e speranzosi, mentre lui si avvicinava piano, allungando una mano e vedendo come la piccola gli prendeva appena un dito. Gerard aveva trattenuto il respiro e quando anche Frank alzò gli occhi, vide solo un ragazzo, lo stesso che aveva sempre visto per più di dieci anni. Tremante e con un che di felice. In attesa. Frank si era sentito una vera merda, e aveva sorriso. Disse che era bellissima e che gli somigliava molto. Gerard, con una mano a reggere la testa della figlia, nascose il volto nell’incavo del suo collo, bagnandogli la pelle di lacrime.
Lui invece? Lui aveva scelto la strada più facile. Non era corso da Gerard, anzi. Si era guardato bene dal lasciarlo per ultimo. Perché non sapeva come avrebbe reagito, perché sapeva come ci si sentiva… e non voleva che Gerard provasse quelle sensazioni così orribili. Temeva che si sarebbe solo allontanato più di quanto non gli fosse già distante.
Ma tutto questo, adesso, non importava più. Perché suonava disgustoso… Gerard era corso immediatamente da Frank, perché Frank era il suo porto sicuro, lo era sempre stato, e Frank non se la sentiva ancora, di tornare come prima, come se nulla fosse, come se tutto andasse bene. Frank… Frank aveva avuto paura. E non era servito a nulla, perché prima o poi, Gee sarebbe venuto a sapere che Jamia era incinta.
Eppure… non stava dicendo nulla. Non lo stava attaccando, non gli stava sputando addosso veleno. Pensò che fosse merito di B. Anche se sarebbe bastatauna sola vista a quegli occhi, per poter capire senza bisogno di parole.
-Immagino che Jamia sia felice. – fece, in tono neutro. Davvero, era impossibile capire cosa c’era dietro quella frase. Sembravano un ammasso di parole che si dicono tanto per circostanza con una persona che incontri per caso e che ti da una notizia importante ma che a te la cosa non tocca minimamente, però dici lo stesso qualcosa, giusto per far capire che hai ascoltato un po’.
-Sì. Lo è. – avrebbe tanto voluto avere una canzone come colonna sonora del momento, così magari avrebbe capito qualcosa – Tu? –
-Mh? –
-Sei felice? Per me. –
Gerard si girò di nuovo. Si prese tutto il tempo del mondo, per osservare Frank e Bandit. Le sue mani tatuate e delicate che, poggiate alla schiena della piccola, la sorreggevano per ogni evenienza. B che chiedeva di suo zio Fronkie. Che adorava giocare con lui e che restava incantata a vedere tutti quei disegni sulla pelle, tanto che aveva trovato dei fogli con sopra degli scorpioni ai quali mancava una zampa, oppure delle rondini, da quella volta che erano andati tutti assieme in piscina e che lui fosse ancor più maledetto: avrebbe riconosciuto tra mille quella zampa mancante e quegli uccelli con le x e una fascia sugli occhi! Si domandava spesso come sarebbe stato se…
-Sì. – disse, semplicemente.
Se loro due non si fossero mai lasciati…
Ma poiecco che accade ciò che ti fa rivalutare ancora ciò che ti ha fatto venire mille dubbi: tua moglie, la donna della tua vita, della tua finalmente vita reale, che entra nel tuo studio, raggiante come il sole, che scherza con il suo “amico” e che poi prende in braccio tua figlia.
-Di buonanotte, B. –
A Gerard si scaldòil cuore, nel vedere la sua cucciola socchiudere gli occhi nello sforzo di restare comunque sveglia e non far vedere che fosse stanca. B era totalmente diversa da lui, per fortuna. Ed era la sua unica speranza. La sua salvezza. Vide Frank alzarsi dal pavimento, per dare un bacio tra i capelli castani di Bandit e sussurrare piano “sogni d’oro, dolcezza”.
Lyn posògli occhi su di lui, sorridendogli e Gerard sorrisea sua volta. Respirando e bloccando ancora l’ossigeno nei polmoni.
-Vado a chiamare Jam, vorrei organizzare qualcosa per la stupenda notizia. –
Frank arrossì.
-Ma non serve. –
-AH, non è cosa di tua competenza! –
Mentre Lyn coccolava la figlia, girò i tacchi, canticchiando qualcosa.
-Lascia stare, Frank. Oramai ha deciso, nulla le farà cambiare idea. – scrollò le spalle Gerard.
Frank lo guardò con un sopracciglio alzato – Come avete fatto a convivere, senza uccidervi? –
-Semplice: io parlo, lui acconsente. – scherzò la ragazza, prima di chiudere la porta dello studio.
Gerard annuiva ridacchiando e quando sentì i passi di Lyn che oramai si erano fatti lontani, fino a sparire, quel sorriso dovuto alla presenza di lei, si era trasformato in qualcosa di malinconico di nuovo. Frank stava osservando ancora la porta da cui erano uscite l’estatee la speranza di Gerard. Poi si voltò verso di lui, cercando di non stare troppo male per quel volto. Dopotutto, Summertime, era per Lynz…
-Ne sarò capace? – si guardarono e continuò – Dico… di fare il padre… -
Gerard distolse lo sguardo – Guarda me. Avrai tutte le risposte ai tuoi dubbi. –
Come se lui fosse ancora quel ragazzo senza la minima speranza, quando invece non era così e non lo eramai stato. Frank lo aveva aiutato, in tutto. Era stato tutto, per Gee. E… il fatto che Gerard si sottovalutasse così… era… ingiusto.
-Cosa vorresti dire? –
-Che sarai un ottimo padre, Frank. –
-… lo sei anche tu. –
Socchiuse gli occhi poi soffiò fuori un grazie, dritto dal cuore. Perché glielo aveva detto Frank… Frank gli aveva detto che era un buon padre. Gerard credeva a Frank. Se non fosse stato così… ora, non si sarebbe trovato su quella poltrona, ma ancora in qualche vicolo, oppure, neanche in quello. E già se la immaginava… una grande tavolata… tutti i ragazzi e le mogli riuniti… a festeggiare Frank, quel piccolo nano malefico, che diventava padre. I mille brindisi. Gli incitamenti per far baciare Frank e Jamia… la… pancia, di Jam, che sarebbe cresciuta sempre di più… che era l’ennesima prova di tutte le cazzate che lui aveva fatto, era il calcio ai suoi coglioni. Che faceva molto più male, rispetto a quello che gli aveva dato Frank anni prima, durante quel concerto. Dire che si sentiva una merda era nulla, nulla in confronto a quello che effettivamente era la realtà… perché se fosse stata diversa, non quella che viveva, allora… la sua piccola B… però Bandit e Frank, per Gerard, erano due persone, concetti e realtà totalmente differenti tra di loro, eppure, in qualche modo, inevitabilmente, perfettamente compatibili. Impossibili, da non vedere quanto erano parte del puzzle, della sua vita. Erano quella parte che a lui era sempre mancata per poter essere completo.
Frank sapeva perfettamente cosa stava pensando Gerard. Aveva sentito quel sospiro, così simile al proprio. Inoltre… come già detto, Frank era molto bravo a leggere. E anche veloce. Ed era un bene, perché i pensieri di Gerard correvano così rapidiche era difficile, riuscire a mantenere il passo. A non perdersi. Spesso si era sorpreso, di quello che l’altro era in grado di pensare. Quel flusso di pensieri, di sensazioni e di sentimenti… così diversi, così contrastanti… che si menavano a vicenda… per ogni concetto c’erano mille altri, che a loro volta avevano risposte, poi c’erano le risposte alle conseguenze e i dubbi, per ognuna di queste risposte, conseguenze e relazioni che ne derivavano. Si domandava se anche lui, fosse così, senza essersene mai accorto. Forse, crescendo, quei pensieri in Gerard, non avevano comunque trovato risposta, domanda… non avevano ancora trovato pace.
Gerard si era alzato, sorpassandolo per andare a mettere dei fumetti su uno scaffale. Frank ne seguì ogni minimo movimento, finché Gee si era poi girato verso di lui. Era una situazione così di merda…
-Ti sembro uno che ha paura? –
Aveva gli occhi lucidi, che lo pregavano. Le mani che tremavano così come quel cuore rotto. Le labbra massacrate e screpolate. Era solo un ragazzo che aveva sofferto troppo e che continuava a stare male.
Frank sorrise – Sì. –
Gerard chiuse gli occhi, cercando di fermare le lacrime e di respirare e lui aveva una gran voglia di bagnare quelle labbra, leccarne via il sangue che sicuramente avevano visto, per quanto Gerard se le torturava. Quelle labbra che sapevano di caffè, quelle labbra umide e scivolose sulla sua pelle… Si avvicinò senza rendersene conto. Se ne accorse solo quando sentì i palmi di Gerard sul suo petto, che lo bloccavano.
Frank abbassò la testa, vedendo quell’inutile impedimento. Il rosso era rimasto fermo, mentre cercava di non fargli vedere i propri occhi.
-Gee… -
-Ti prego. Vattene. –
Gerard gli stava stringendo la maglia, e a Frank veniva da piangere.
Ed erano questi, i momenti in cui ti ritrovi a non sapere bene cosa vuoi davvero. Perché hai una battaglia dentro, c’è il cuore che fa a cazzotti con il cervello, mentre l’anima guarda e non viene mai presa in considerazione. Solo che, quando hai un cuore demolito… è… sei stanco. E vorresti solo che tutto quello finisca. Che arrivi qualcosa d’improvviso, che ti tolga da quella situazione che ti sta solo uccidendo.
Sentì Gerard respirare forte.
-Tu. – soffiò fuori – Tu… non hai la… minima idea. – lo tirò a sé – Io… -
Alzò gli occhi, aprendoli appena e guardandolo con un misto tra rabbia e… ti voglio. Perché avevano fatto scoppiare quella bolla? Stava per abbracciarlo, per stringerselo addosso e per impedirgli di allontanarsi ancora, ma quando si convinse a sollevare le braccia, Gerard sorrise, amaro e lasciò con una mano la maglietta per portarsela ad una guancia.
-L’orologio. – si voltò, indicando l’oggetto – E’ fastidioso. – ridacchiò piano.
Frank non capì. Seguì il lieve cenno della testa del cantante, per vedere un orologio da parete con dentro disegnati dei pupazzetti. Percepì il respiro di Gerard accelerare e lo vide mentre muoveva velocemente le mani sul volto.
Gerard odiava gli orologi. Gli ricordavano sempre che il tempo scorreva. Una cosa ovvia, no? Eppure… quegli stronzi erano sempre lì, a ricordargli che quello che ti lasci scappare, lo hai già perso e che difficilmente tornerà. E quando sei Gerard, pensi che non esista quel “difficilmente”, che semplicemente, hai perso. Per lui, quel tic tac era un “fallo, fallo” che poteva essere qualunque cosa, ma che appunto,  avrebbe dovuto farlo. Perché poi, se ne sarebbe pentito. E aveva perso il conto, di quante volte non aveva mosso un muscolo, quando dentro di sé, avrebbe voluto fare mille cose.
Il problema, era che interpretavano male i segni che invece avrebbero dovuto avvicinarli. Quando Gerard faceva un passo verso Frank, questo balzava di lato. Quando Frank decideva di abbracciarlo, Gerard si spostava. Quando avevano avuto una grande paura di qualcosa che non esisteva neanche nella loro immaginazione, avevano mandato tutto a puttane. Ma era la scelta giusta… allora, era sembrata così giusta. Così matura. Così… da chi aveva scelto di fare una vera vita.
Nel cuore di Gerard, c’era ancora qualcosa che mancava. Ad entrambi, c’era ancora un pezzo che mancava terribilmente.
-Mh. – Gerard sollevò il volto, cercando di non far vedere all’altro i propri occhi così bagnati e tristi – Odio gli orologi. – ridacchiò di nuovo – Sono- sono sempre lì, bastardi. Vorrei tanto buttarlo giù dalla finestra… - Frank portò le proprie mani a stringere le sue. Era una scenetta davvero patetica. Però andava bene così. Il più piccolo però, non riuscì a trattenersi.
-Fallo. Butta via l’orologio. Lo sai che non ci vuole nulla, a buttare via le cose che ti danno fastidio… - aveva parlato in un sussurro, ma a Gerard quelle parole erano arrivate come aghi, spilli. Api incazzate. Tutte addosso a lui.
-Già. – sorrise – Meglio tenerle, anche se non ci fai nulla. Vero? –
Frank sospirò – Gee… basta con queste frasi. Sono stanco… -
Posò la fronte sulla sua. Gerard tremò appena, ma non ricambiò la stretta. E per quanto la cosa fosse strana, visto che Gerard aveva sempre stretto le sue mani, per un attimo, si erano entrambi dimenticati di tutta la situazione. Ma non serviva a nulla, rifugiarsi nei sogni. Anche se una volta, quelli non erano sogni, ma la realtà, seppure dentro quelle fottute transenne.
Lo spinse via e Frank si ritrovò a indietreggiare, mentre Gerard lo guardava sperando di riuscire a fargli sentire tutto l’odio che provava, anche se sapeva da solo, che era solo disperazione.
-Vuoi che ti dica che sei stronzo? Lo penso, Frank. Sei uno stronzo. Un fottuto stronzo. Ma non ho nessun diritto di dirtelo, adesso. Vuoi… - strinse i pugni - … vuoi che ti dica che potevamo avere tutto questo assieme? –
Sentire quella voce sull’orlo delle lacrime troppo versate, gli faceva male.
-Perché non lo dici? –
-… perché sai come mi sento… -
Allora avrebbe anche saputo che sarebbe bastata una misera parola per sistemare tutto. Anche se… con una bambina come B e lui che sarebbe diventato padre… era un po’ uno schifo, pensare che ora c’era qualcosa di sbagliato. Non sapeva il sesso dei due esserini ne(né<3) aveva mai visto i loro occhi… ma ricordava bene quando Gerard aveva avuto tra le braccia Bandit per la prima volta, con le guance bagnate dalle lacrime, dicendo che aveva il profumo più buono che avesse mai sentito e che l’amava più di quanto avrebbe mai creduto possibile, un sentimento così, da uno come lui.
Sapeva già che amava alla follia la causa di quello che un giorno sarebbe stata la testimonianza della sua gioventù che non sarebbe mai più tornata, così come Gerard amava la figlia. Ma c’erano vari nomi in un posto, accanto ad altri, che suonavano davvero male sotto un piccolo aspetto che si vergognava di farsi vedere. Lui e Jam. Gee e Lyn. B… e ora anche i due bambini in arrivo. Aveva paura però a cambiare i nomi. Anche se gli sarebbe piaciuto un pensiero anche solo simile a: Lui e Gerard, con B e le due pesti in arrivo- perché lo sarebbero state.
Sarebbe bastata una fottuta parola, per sistemare tutto. O almeno, a loro piaceva pensare che sarebbe stato così. Eranostati due amanti della demolizione, si erano trovati più volte a passeggiare in un cimitero da soli, ancora totalmente spaventati dal mondo reale, mentre cercavano in tutti i modi di allontanare il sole. Ma alla fine, si erano davvero bruciati come dei cazzo di vampiri fottuti dalle luci dell’alba. Erano stati accerchiati, masticati e poi sputati. Ne erano usciti distrutti. Ora volevano solo scappare da tutto quello. Perché ne avevano il tempo… e… anche se il tempo non ne sapeva nulla, loro lo avrebbero fatto lo stesso. Senza che nessuno se ne accorgesse, neanche loro stessi.
-E sai come finirà, Frank, eh, lo sai? – sputò – Finirà che ci sarà questa fottuta cena, finirà che passeremo la serata a fissare le nostre mogli per cercare di ricordarci che non possiamo. Che tu bacerai Jamia, e che io rischierò di vomitare. E probabilmente lo farò… finirà… - la sua voce tremò – Finirà che mi guarderai disperato, cercando di farmi sentire in colpa e ci riuscirai perché cazzo, Frank, ci riesci sempre! E la cosa peggiore è… - sospirò – La cosa peggiore, è che io… io non potrò mai odiare Jamia… non potrò mai odiare questi bambini, maschio o femmina che siano. Non potrò mai! Cazzo, sono la donna che ami e i tuoi figli… come… come potrei? Odiare loro, far star male loro… è far star male te. E… non voglio farti star male. Non voglio più… che tu stia male, per colpa mia… - si passò una mano sul volto – Frank? – non sentì nulla, - Frank? – alzò gli occhi e lui era lì, che lo guardava. Che si tratteneva… - Non farlo… -
Frank mosse un passo.
-Non ti avvicinare… -
-Perché? –
-Frank. Voglio la stessa cosa che vuoi te. Non. Ti. Avvicinare. –
Non poteva mandare a puttane la sua… il… Frank gli prese il volto tra le mani, sorridendogli e avvicinandosi ancora di più. Finché Gerard non smise di tremare. C’erano volute le labbra di Frank sulle sue, per permettergli finalmente di liberarsi da quell’aria in eccesso, che si era ancora scordato d’avere. Non ne aveva più bisogno… adesso. Adesso… aveva Frank. Dio. Lui avevasempre, avuto Frank.
-Frankie… - sussurrò, se l’altro sorrideva a poche centimetri, lo sentiva solo per il respiro e per quel calore inconfondibile, perché aveva gli occhi annebbiati. Sollevò le braccia, stringendogli le maniche della maglietta.
Per tanto tempo, si erano dati baci. I baci hanno mille significati. Ma sono una delle cose più intime che si possono avere. Così come uno sguardo, una carezza… le dita intrecciate con quelle della persona che ami. Gerard lo sapeva… lo capiva ogni volta che era vicino a Frank, che pensava a lui… sentiva tanto caldo e lo stomaco pieno di qualcosa che non poteva chiamare in altro modo se non amore. Avrebbe tanto voluto poter tornare a cantare a Frank, di notte, mentre dormiva. Così come faceva ora con B… gli sarebbe piaciutotanto, farlo con accanto Frank. Anche solo per una volta…
Se fossero stati ancora in quella bolla… a quest’ora… sarebbero stati nudi. Ma forse… erano oltre questo, anche se con tutti i vestiti addosso.
Si staccarono piano, lentamente. In un piccolo sospiro sereno e soddisfatto. Finalmente.
Frank gli carezzò una guancia e lui lo guardò, leccandosi le labbra. C’erano queste parole, che si potevano leggere nei loro occhi. Che un tempo non avrebbero esitato un istante, a dirsi, ma che ora facevano fatica ad uscire. Gerard s’incantò, perdendosi negli occhi di Frank come se fossero statidavvero in quella bolla.
-Mi era mancato il tuo sorriso. –
Gerard si svegliò – Mh? Sorrido spesso, lo sai? –
Scosse la testa – Non così. Questo è solo per me… - sussurrò, mentre quella mano passava per il collo, salendo poi fino a far intrecciare le dita fra i capelli lunghi e rossi, facendo una piccola smorfia – E anche se non lo è, fammelo pensare, okay? –
-Te lo lascio pensare anche s-- -
Ma venne interrotto dal cellulare di Frank che squillò. Dio. Odiava i telefoni… non rispondeva quasi mai. Forse non era carino ma davvero, li odiava. E guardando Frank che prendevaimbarazzato il cellulare, guardandolo come se fosse una qualche diavoleria aliena, gli fece solo salire il disprezzo, per quelli. Rispose velocemente al messaggio e se lo rimise in tasca.
-Jamia. – fece, a mezza voce – Lyn l’ha chiamata per quella cena… -
Gerard decise che era il caso di tenersi per sé, il finale della frase. Lasciando a Frank la convinzione che fosse solo una sua fantasia, che quel sorriso, era solo suo. Era davvero, solo per lui. Sospirò. Sperando che Frank non perdesse mai la capacità di leggere. Allentò piano la presa su Frank, sapendo che, se c’era qualcuno che avrebbe dovuto fare lo stronzo, allora era compito suo. Nessuno avrebbe mai saputofare lo stronzo come Gerard Way, anche se lui aveva davvero poco, dello stronzo che i più credevano.
Avrebbe tanto voluto un altro bacio. Un’altra carezza. Ma tutto quello che ottenne, fu lo sguardo di Frank, che era già tanto. Più di un bacio e di una carezza. Gli occhi di Frank, valevano più di ogni altra cosa. Soprattutto con quella luce dentro.
-Verrai? –
-Non mi perderei Bob che ti sfotte per niente al mondo! – poi vide quello sguardo che non era cambiato e si sciolse – Sì. Non mancherei mai. –
-Bene… perché mancheresti a me. –
Gerardresistette alla tentazione di leccarsi ancora le labbra. Il sapore di Frank…
-Bene. – ripeté questo – Allora… ci vediamo alla cena. –
-Sì… -
Erano ancora lì. Entrambi. Da soli. Ancora con quella voglia l’uno dell’altro. Frank poteva ancora leggere nei suoi occhi ti voglio. Ma solo negli occhi, nelle mani, solo un leggero tremore.
-… come fai? – lui si sentiva come se stesse per scoppiare, a furia di trattenersi.
Gerard sospirò – Non lo so. – forse era solo grazie a B, oppure al proprio cervello che aveva sicuramente fatto un patto con quell’orologio del cazzo.
Vide quegli occhi da cucciolo scorrere sul suo corpo, mentre sentiva un brivido lungo la spina dorsale. Poi Frank andò verso la porta, aprendola.
-A dopo. –
-A dopo. –
Forse sembrava fuori luogo e privo di senso ma andava bene. Per qualche attimo, Frank rimase dall’altra parte della porta chiusa, poi si allontanò, facendo tornare Gerard in apnea. Strano… e sìche… quando era entrato, aveva preso a smettere di respirare… quando era stato l’attimo preciso in cui il suo corpo aveva ripreso a prendere ossigeno? Chissà, magari era stato quel bacio, o la sola presenza di Frank…
Gerard si avvicinò alla finestra, vedendo Frank che si allontanava così com’era arrivato… con quel passo svelto e nervoso. Si passò una mano tra i capelli, dove prima l’aveva posata Frankie, e gettò un occhio sulla scrivania, su cui erano anche le bozze per le canzoni, bozze vecchie anche di anni… si sedette e tornò in quel mondo, in anni prima. Un tuffo temporale, di nuovo. Adesso con una sfumatura più intensa. Entrambi aspettando, ancora.
Per quanto avrebbero retto? La risposta l’aveva data Gerard e sperava davvero che Frank l’avesse capito…
Non c’era data di scadenza tra di loro… avrebbero retto finché Frank sarebbe tornato da lui e finché il cuore di Gerard non sarebbe esploso nell’attendere quel momento.
 
 
 
 
 

 
   
 
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