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Autore: Sundy    27/02/2008    3 recensioni
Dedicata a kanchou, come di consueto, perchè parlare con lei di questi pg mi ispira sempre tantissimo. E' una fic di poco spessore psicologico e me ne rendo perfettamente conto, ho solo voluto giocare a ribaltare gli elementi tipici della mia 'way of Nordkia', o meglio, nello specifico, del raccontare questi due uomini così-così. Ovvero, provare a invertirli ponendo Vincent nel ruolo del sadico/invidioso e Alex, nella sua taciturna introversione, di quello che docilmente lo subisce. Ne è uscita questa storia... prendetela per quello che è, un gioco.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alex Rowe, Vincent
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Come molte altre volte prima di allora, è solo davanti al bersaglio.
Sente il suo corpo teso, la mente sgombra, bianca come il foglio sul quale immagina di accingersi a tracciare la linea retta, priva di sbavature e di esitazioni, della traiettoria del suo colpo. Una linea pulita come il disegno di un ingegnere esperto: i suoi occhi di grafite affilata sono la sua matita, e la sua determinazione è il suo righello. Quando è davanti al suo obbiettivo, l’animale che giace al fondo della sua anima si risveglia, e prende possesso di tutto il suo essere. Ogni uomo ha dentro di sé un animale diverso; nell’anima di Alex Rowe vive una libellula, antica come il mondo, elegante, velocissima, una libellula che, come ogni altro membro del suo ordine, nel momento esatto in cui è emersa dalla crisalide conosceva di già lo schema perfetto, innato, della sua caccia infallibile. Alex ha il ronzio delle sue ali potenti dentro le orecchie, ma non sente più nulla perché ormai è diventato una cosa sola con il colpo e il bersaglio, ed è tempo che tutti e tre tornino ad unirsi. È tempo di scoccare la sua freccia.

Il colpo parte, rapido, preciso, infallibile come tutti si aspettano che sia e già si prefigurano con timore l’esito, la fine di quella corsa geometrica verso un punto esatto, ma a metà della sua impeccabile discesa, sembra perdere convinzione e vigore, si affloscia, smarrisce la traiettoria e con un impulso minimo fornito dall’avversario a quella che è ormai diventata una deriva nell’aria primaverile, viene facilmente respinto.

Il silenzio che ha preceduto ed accompagnato la solennità del tiro si frantuma in una fragore disordinato: da un lato, il tripudio selvaggio dei meccanici, dall’altro il disappunto compassato ma puntuale degli ufficiali che vedono così consacrata una sconfitta facilmente ipotizzabile sulla carta ma che fino all’ultimo era sembrata sfatabile. Una voce su tutte si leva ad esprimere con veemenza le sue rimostranze

- Alex…! – esclama l’ammiraglio Alzey avvicinandosi al comandante che, di spalle, osserva ancora la porta avversaria e la lunetta dove il suo tiro si è spento, chiedendosi se è stato il lapis da falegname dei suoi occhi, spuntato dalla luce troppo forte del pomeriggio, o l’istinto della libellula ad aver fallito, o il semplice fatto che lui, Alex Rowe, per il gioco del calcio, era sempre stato inguaribilmente negato.

- Hai sbagliato di nuovo il rigore!

Il fremito di eccitazione che percorre la voce dell’ammiraglio è da imputarsi in parte all’eccitazione fisiologica delle fasi conclusive della gara, in parte alla fibrillazione in cui l’onta della sconfitta ha precipitato il suo orgoglio di nobile, e, subdolamente, all’aver ottenuto una prova tangibile della fallibilità di quell’uomo con cui ha diviso tutta la sua vita, ma che lo ha sempre immancabilmente lasciato un passo indietro.
- Ti rendi conto che è ridicolo sbagliare un rigore come quello?
Alex, per nulla turbato, si volta solo per metà e con un gesto vagamente infantile si stira la gamba sinistra, che nel suo silenzioso codice di comunicazione potrebbe stare a significare che imputa il suo insuccesso alla condizione atletica non ancora perfettamente ristabilita.
- Non dare la colpa alla riabilitazione, è sempre stato così! – sbraita Vincent inviperito, con i capelli inconsultamente fuori posto, ma Alex non sembra prestargli molta attenzione: è distratto dallo spettacolo dei meccanici che stanno portando Kostabi, il portiere, in un maschio e folkloristico giro di trionfo a spalla intorno al campo. La sua mancanza di partecipazione al dramma della squadra ufficiali non fa altro che accrescere il disappunto dell’ammiraglio, che rincara la dose
- Vedi qual è il tuo problema ? ti rifiuti categoricamente di ammettere le tue debolezze né a te stesso né agli altri.. sapevi che non ne sei capace, ma hai preferito continuare sulla tua strada, non arrenderti alla tua incapacità, hai preferito fare tutto da solo e tentare la sorte piuttosto che chiedere aiuto, che accettare umilmente i tuoi limiti. Del resto, hai sempre fatto così con tutto, non dovevo aspettarmi nulla di diverso da te!

Con quest’ultima accorata arringa l’ammiraglio in calzoncini corti riesce finalmente ad ottenere una parvenza di attenzione dal compagno di squadra, che rivolgendogli contro lo specchio nero della sua calma imperturbabile, lo squadra per un lungo, penetrante istante. Poi le sue labbra sottili si piegano in un accenno di sorriso, candido, quasi infantile, e stringendosi appena nelle spalle, mormora semplicemente

– Scusa.

Zoppicando leggermente si avvia verso il tavolino a bordo campo dal quale Sua Altezza ha assistito a tutta la partita, tallonato da un Vincent ancora incredulo che non sembra affatto intenzionato a liquidare così la possibilità che gli viene offerta di poter rinfacciare all’amico un così goffo e clamoroso fallimento, e di far notare all’Imperatrice che è stato lui l’unico ad aver sostenuto, basandosi sulla conoscenza dei fatti più che su un superstizioso pregiudizio, la totale inadeguatezza del comandante Rowe al compito che gli era stato assegnato
- Sophia ! – guaisce, dimentico nel suo furore dell’etichetta di corte, mentre Alex si china a baciarle la mano prima di sedersi accanto a lei - io te lo avevo detto di non far tirare il rigore a lui!

Ma Sua Altezza Imperiale, radiosa nell’abito arancione delle scampagnate della domenica, è troppo impegnata a ridere di loro per pentirsi delle sue scelte tattiche.

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volevo ringraziare Shatzy per la bellissima recensione a 'Inversione prospettica'... grazie di cuore =)
  
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