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Autore: moonwhisper    27/02/2008    12 recensioni
Accade a tutti di voler staccare la spina, giusto? La conoscerete bene quella sensazione di acqua alla gola, di soffocamento, di saturazione massima. Quando non riuscite più a sopportare nulla di ciò che vi sta intorno. Ma stiamo parlando di voi. Voi comuni mortali. Non di Bill Kaulitz. O si? Bill è stanco, Bill si sente esattamente come vi sentite voi. E allora, cosa fa? Scappa. Lasciando un esasperato Tom a tenere a bada manager che soffrono di nevrosi, bodyguard con manie di grandezza, amici tardi e madri in crisi ipertensiva, e ignorando bellamente ciò che lo aspetta al punto d'arrivo: New York. E vi chiederete... cosa lo aspetta? Vediamo... risse, pestaggi, fughe, lavoro, adolescenti inquietanti, piatti da lavare, e, forse, l'amore.
Genere: Romantico, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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*14 mesi dopo*

 

- David, io non credo che sia il momento più adatto per parlargli… -

- PASSAMELO HO DETTO! –

Tom sobbalzò. Entrambi i responsabili della sua levataccia avevano urlato. Uno dal microfono del suo cellulare, l’altro dal letto della camera dove si trovava.

Tom guardò Bill che con cipiglio furioso tendeva il palmo aperto della mano verso di lui.

- Andate un po’ a fanculo tutti e due – disse rivolgendosi al fratello, con una mano posta sul microfono del cellulare - si, te lo passo subito David – disse poi con voce gentile, prima di mettere il cellulare in mano a Bill con tanta violenza da farlo sbilanciare.

- Pronto? – disse Bill con voce stizzita.

Tom lo osservò seduto sul bordo del letto, gli occhi ancora gonfi di sonno.

Era l’una che cazzo! Quale persona sana di mente si svegliava all’una durante le vacanze di Natale per parlare con Bill?

Il chitarrista si grattò la testa. Beh, David in effetti non era sano di mente.

Dal piano di sotto salì un piacevole odorino speziato. Sua madre stava preparando il pranzo.

- No, forse sei tu a non aver capito. Io non ho NESSUNA, ripeto NESSUNA intenzione di rovinarmi un altro anno di vita. Dimenticati i concerti un giorno dopo l’altro, dimenticati sessioni improbabili d’interviste. Io così non arrivo ai vent’anni –

Tom sorrise tra se e se. Bill indossava una fascia per capelli lilla, e agitava le mani davanti al viso, le labbra assottigliate di quando si arrabbiava. Sembrava una suocera.

Doveva smetterla di nascondergli gli accessori per i capelli, il lilla della fascia di sua madre non gli donava.

- Non me ne frega niente dell’organizzazione e dei costi! E’ compito tuo! – urlò il fratello. Le guance gli si colorarono di rosso.

- Ho detto che non mi interessa. O così, o quel contratto te lo puoi ficcare nel c… -

Tom atterrò con un salto sullo stomaco di Bill, afferrando il cellulare e togliendoglielo di mano.

- Nel comodino! Esattamente! Il giusto posto per un contratto. Ora scusami David ma dobbiamo lasciarti, nostra madre ci sta minacciando con una motosega. Prima che tagli qualche ciocca a Bill è meglio che intervenga. Ciao! –

Con un urlo belluino Bill, che aveva lottato con lui per i restanti secondi della chiamata, lo lanciò giù dal letto.

Tom fece appena in tempo a vedere la faccia ovale di suo fratello circondata dalla fascia lilla, e poi Bill gli fu sopra, cercando di sottrargli il cellulare dalla mano.

Tom se lo scrollò di dosso con difficoltà e si guardò intorno. Poi si accese la lampadina.

Con un lancio preciso spedì il suo cellulare verso la finestra.

Fu quando sentì un rumore di vetri infranti e vide il guscio metallizzato scomparire oltre il davanzale seguito da mille schegge danzanti, che si rese conto di non essersi accorto che la finestra era chiusa.

Entrambi i fratelli saltarono in piedi, guardando con espressione atterrita il vetro frantumato.

- Bill! Tom! – un urlo agghiacciante li raggiunse, sollevandosi dal piano inferiore.

- Oh cazzo – mormorò Tom.

Tutti e due si lanciarono fuori dalla stanza.

 

 

Bill lanciò per la ventesima volta la pallina di gomma azzurra in alto, e la riafferrò.

Guardava nel vuoto con aria assente, appoggiato allo schienale del letto.

Mancavano appena due giorni a Capodanno, e quindi alla fine delle vacanze natalizie. Il che voleva dire che di li a quattro giorni avrebbe dovuto ricominciare a dormire nel tourbus, con l’odore sgradevole dei piedi di Georg che lo raggiungeva nel suo abitacolo.

Ma non era quello il problema… il problema era ben più grave delle dubbie abitudini igieniche del bassista.

La pallina di gomma cadde a terra, dopo un lancio sbagliato.

Era stanco. Infinitamente stanco ancora prima di partire.

Per la prima volta non voleva più tornare su nessun palco.

Ripensò alle urla di David dell’ultimo anno, a tutte le volte che si era sentito male e non importava a nessuno, ad eccezione di suo fratello e dei suoi due amici. Alle feste, a tutti gli Hotel che aveva visto. Alle stesse facce ipocrite che gli stavano sempre intorno. Nemmeno pensare a tutti i fan sparsi per il mondo che aspettavano per mesi un loro concerto lo aiutava a ritrovare una motivazione, uno stimolo, una ragione in più per dover passare un altro anno da incubo… e poi un altro, e un altro ancora, finché il nome “Tokio Hotel” non fosse scomparso e i loro volti dimenticati, sostituiti…

Era disgustato. Aveva la nausea di tutto ciò che lo circondava. Di tutto ciò che lo opprimeva in modo insopportabile, costringendolo a fare ciò che non voleva: mentire. Ormai la sua quotidianità ruotava attorno alla menzogna. Falsi sorrisi, false risposte, falso entusiasmo.

Il suo entusiasmo si era volatilizzato, seppellito da ingranaggi su ingranaggi, regole, raccomandazioni, imposizioni… bugie… solitudine.

Si stava perdendo… stava perdendo se stesso in quel mare di studiata confusione.

Chiuse gli occhi.

Indipendentemente da ciò che avrebbero detto Tom, o Georg, o Gustav, o David, o Saki… lui non voleva riprendere… non voleva…

Voleva riposarsi, riposarsi davvero…

Sarebbe bastato un mese, o due… solo di quello sentiva il bisogno.

E l’idea che aveva cominciato a prendere forma nella sua testa all’inizio di quelle agognate, ma non sufficienti, vacanze, riaffiorò.

Era un’idea assurda, pericolosa, irresponsabile, che avrebbe mandato tutti nel panico… ma in quel momento, con la mente piena di ansie e nevrosi, gli sembrava l’ultima soluzione possibile.

Forse era impazzito…

No, non ancora, per quello era il momento giusto per staccare. L’ultima occasione.

L’ultima occasione…

 

 

- Che c’è? Non mangi? –

Bill giocherellò ancora un po’ con i pezzettini di carne tagliati nel suo piatto prima di abbandonare la forchetta sul bordo di porcellana bianca.

- Non ho fame – guardò Tom. Dall’angolo della bocca del fratello pendeva la metà di una patatina fritta, che scomparve in pochi istanti.

- A cosa stai pensando? – chiese.

Bill alzò gli occhi al cielo.

L’ultima domanda che avrebbe dovuto fargli.

Decise semplicemente di non rispondere, anche se non poteva negare che in ogni caso suo fratello avrebbe ottenuto la spiegazione che voleva.

- Bill? Quale pensiero malefico e nefasto sta producendo la tua testolina? –.

Infatti.

Tom partì alla carica, il sorriso sghembo di quando lo coglieva in flagrante a pensare “cose nocive”. Bill lo guardò di nuovo, cercando di tenere in piedi ancora un po’ il falso alibi del “non penso a niente”.

- Scusa cosa ti fa pensare che io stia producendo pensieri malefici e nefasti? – chiese con studiata innocenza. Tom si asciugò la bocca con il tovagliolo e sorrise.

- Perché hai sempre quella faccia quando pensi a qualcosa che molto probabilmente metterà nei casini tutti e due. Soprattutto me. Fai quella faccia da quando ti conosco… cioè… più o meno… tutta la vita – rispose. Esibì un sorriso strafottente all’espressione arresa di Bill.

- Su, dai, spiegami tutto – disse appoggiandosi pesantemente allo schienale.

Bill deglutì. Sicuramente Tom avrebbe dato di matto, ma prima o poi doveva parlargliene.

- Parto… - disse soltanto.

Si pentì.

Era il modo peggiore per dirlo.

Nella sua mente aveva formato un lungo discorso dai toni pacati e tranquillizzanti, che avrebbe fatto capire a Tom ciò che aveva intenzione di fare senza il rischio di traumi (fisici, e per lui).

Perché invece della pappardella preparata gli era uscita dalla bocca solo la scarna e scioccante verità?

Suo fratello inizialmente non si scompose più di tanto. Bill lo conosceva come se stesso. Sapeva che aveva preso la sua affermazione come uno dei suoi ennesimi momenti di debolezza, in cui dichiarava di voler farla finita con tutto. Ma non era così. Quel momento durava da un anno, ed era arrivato ad un punto in cui doveva parlarne seriamente con Tom.

- Bill, tra poco ti sentirai meglio. E’ solo il pensiero di dover tornare a lavorare, manda fuori di testa anche me negli ultimi giorni di vacanza. Lo sai che è sempre così – Tom fece uno dei suoi sorrisi rassicuranti ed ingoiò un sorso d’acqua.

Bill non rispose al sorriso. Rimase immobile.

- No Tom, non è la stessa cosa stavolta – disse. Incrociò lo sguardo di suo fratello. Vide il sorriso scomparire dalle sue labbra e gli occhi farsi freddi. Tremò appena, come per scacciare una sensazione fastidiosa.

- E dove andresti esattamente? – domandò con tono beffardo, ma Bill sapeva che quello era il suo modo per esorcizzare la paura.

- New York… -

Il sorriso di Tom questa volta fu sarcastico. Stava cominciando ad innervosirsi.

- New York… - ripeté – ottima scelta… e quando partiresti esattamente? –

Bill attese un minuto prima di rispondere, mentre suo fratello gli lanciava sguardi dardeggianti dall’altra parte del tavolo.

- Il primo di gennaio – disse.

Per un attimo gli occhi di Tom si dilatarono. Forse per lo shock, o per la paura che suo fratello facesse sul serio. Probabilmente era la seconda.

Bill pensò di non dirgli nulla del biglietto nascosto nella tasca dei suoi jeans preferiti, piegati al sicuro dentro l’armadio. L’aveva comprato due giorni prima nell’agenzia viaggi della città, personalmente. Fortuna che nevicava… non aveva dovuto spiegare perché mai una sciarpa gli circondasse tutta la faccia, comprese le punte delle orecchie.

- Stai scherzando – Tom fece cadere le schermaglie. A Bill dispiacque tanto che per un attimo pensò di mandare all’aria tutto.

No, non stavolta Bill. Stavolta andrai fino in fondo.

- No Tom – rispose abbassando gli occhi sulla bistecca smembrata nel suo piatto – dico sul serio –

Tom aprì e chiuse la bocca un paio di volte.

Poi si infuriò.

- Tu… sei… pazzo – disse puntandogli contro l’indice destro.

- No Tom, non sono pazzo, sono stanco – disse Bill. Doveva riuscire a rispondere con calma. Non era il caso di far scoppiare un litigio. Anche se suo fratello non aveva l’aria di voler collaborare.

Tom si alzò in piedi.

- Non me ne frega un cazzo Bill. Non mi interessa. Non puoi prendere e mollarci così. Non esiste – la voce gli tremava dalla collera.

Anche Bill si alzò.

- Tom, non voglio litigare. Ne riparliamo più tardi. Ti chiedo solo di non riferire niente a nessuno per il momento – si incamminò verso le scale e fece i primi gradini senza guardare suo fratello, che sembrava voler rimanere impietrito. Sperò che non lo seguisse. Non accadde.

Tom lo raggiunse con rapide falcate al piano superiore. Lo prese per una spalla e lo voltò di scatto.

- Mi chiedi di non riferire niente a nessuno?! Dovrei lasciare Georg, Gustav e David allo scuro della tua ennesima stronzata?! – sbraitò il ragazzo. Quando la risposta da parte del fratello non arrivò scosse la testa.

- No. No Bill. Mi sono stancato di doverti star dietro. Andate a fanculo tu e tutti i tuoi capricci da primadonna. Ma pensi prima di dire le cose? Pensi a chi chiederanno i soldi per coprire vendite che non ci saranno? Per annullare le date dei concerti mentre tu sarai dall’altra parte del mondo a non fare un cazzo? Ci pensi? O pensi solo a te e alle tue cazzate come al solito? – Tom si interruppe per riprendere fiato. Bill sentì un colpo da qualche parte in fondo allo stomaco. – Non ci pensi eh? Pensi sempre e solo a te stesso… sei proprio uno stronzo egoista –

Suo fratello lo superò e dopo pochi istanti Bill sentì una porta sbattere alle sue spalle.

Non trovò il coraggio necessario per voltarsi per diversi minuti.

Quando si decise a muoversi entrò nella sua stanza e chiuse la porta dietro di se. Scivolò lungo la superficie di legno, ammaccata e graffiata da anni ed anni di lotte tra fratelli finite male e oggetti lanciati.

Stai davvero facendo la cosa giusta?

…Si… O vado via, o impazzisco.

Ma non era più tanto sicuro di se mentre circondava le ginocchia con le braccia, guardando il buio dietro le palpebre chiuse.

 

 

Dormiva da diverse ore quando sentì qualcuno bussare alla sua porta. Anche da appena svegliato poteva indovinare chi ci fosse li dietro.

Guardò fuori dalla finestra.       

Era buio.

Doveva essersi addormentato parecchie ore prima.

Si alzò piano, con le ginocchia che scricchiolavano.

Cercò la maniglia nell’oscurità e aprì la porta.

Davanti a lui c’era Tom, appoggiato allo stipite. Lo guardò con espressione indecifrabile.

- Posso entrare? – chiese.

Bill si limitò ad annuire.

Tom accese la luce e si sedette sul suo letto, dove Bill lo raggiunse dopo aver chiuso la porta.

Per un minuto o due ci fu solo silenzio.

Bill non sapeva cosa aspettarsi.

Tom doveva avere in mente qualcosa. Che volesse malmenarlo per distoglierlo dalla sua idea?

Quando il gemello biondo sospirò forte, trasalì.

- Va davvero male? – chiese Tom senza guardarlo.

- Si… ricordi tre mesi fa? A Bercy? – disse Bill. Tom annuì. – Beh adesso è molto peggio. Non so come ho fatto a resistere fino a queste vacanze… Non ci riesco più Tom… -

Tom abbassò la testa.

- Sei sicuro che questa sia la soluzione giusta? –

Bill si permise solo un attimo di esitazione.

- Si, sono sicuro… Un altro modo non c’è. Se rimanessi qui David e Peter non mi permetterebbero mai di fermarmi –

Evidentemente suo fratello non trovò nulla da ribattere, perché tacque.

- E quanto mancheresti? Cioè… di quanto tempo hai bisogno per… “riprenderti” ? – chiese poi.

Bill deglutì.

- Un mese… un mese e mezzo… -

Vide le mani di Tom stringersi attorno ai lembi del piumone. Si preparò mentalmente ad un’altra sfuriata… che non arrivò.

- Credo di farcela a tenerli a bada per un mese – Tom lo guardò e sorrise.

Bill aprì la bocca scioccato.

- S-stai scherzando? Stai scherzando vero? –

- No Bill, dico sul serio. Hai ragione. Ho detto un sacco di cazzate prima… ma non ne pensavo nessuna. Non voglio vederti ridotto ad un vegetale… se davvero senti che staccare per un po’ ti aiuterà, io ti appoggio. – Tom parlò con difficoltà. Bill sapeva che si stava scusando a suo modo.

- Bene… - disse.

- Bene – rispose Tom.

Calò un silenzio carico di imbarazzo.

- Non lo dirai alla mamma vero? – chiese Tom. La risposta era scontata.

- No, certo che no. Tu sarai l’unico a sapere dove sono… anche se gli altri dovranno credere che non lo sai. Quando sarà il momento mi verrete a cercare, e io mi farò trovare. E ricominceremo… -

Tom non sembrava troppo convinto, ma annuì ugualmente. Bill gli fu immensamente grato.

- A che ora prenderai l’aereo? –

- Alle sei di martedì mattina –

- Ti ci porto io –

- Non con quella macchina da rapper arrapato –

Tom gli lanciò un sguardo eloquente.

 

***

 

Note di Phan:

Il titolo di questa fan fiction è "And... you can dream?". Come le nozioni base di inglese insegnano, nelle frasi interrogative è obbligatoria l'inversione di soggetto e verbo. Tuttavia il titolo della FF non è sbagliato, perchè la frase "you can dream?" viene comunque utilizzata nel linguaggio gergale ^^. Volevo solo fare un piccolo appuntino.

 

Ringraziamenti a lovelylory che ha letto anche le altre due mie FF ^^. La cosa non può farmi che piacere. dark_irina, sempre puntuale con le sue adorabili faccine e i suoi puntini di sospensione che adoro *-*, grazie per la recensione. Vitto_LF grazie per i complimenti ^^, e accetto volentieri l'invito di leggere e recensire una tua FF, anche se temo che dovrai adattarti ai miei tempi q_q, perchè purtroppo faccio fatica a conciliare tutti i casini vari (ma comunque leggerò ;P). bluebutterfly, una delle mie affezionate *-*. Grazie come al solito delle tue parole. Lo so che maltratto Bill... ma a quanto pare non riesco davvero più a farne a meno. La risposta alla tua domanda si trova in questo capitolo. EtErNaL_DrEaMEr ^^ ah ecco, chiarito chi sei!!! *-* Piccolo PS... amo i tuoi gusti musicali! E grazie della tua recensione. pervancablueee finalmente ci ritroviamo!!! Grazie per la dritta sul codice HTML!!! Mi ero dimenticata come una stupida!!! E grazie per la recensione... sai che adoro le tue recensioni. loryherm, ho letto la recensione che hai fatto in Sunburn... sorprendente come tu sia riuscita perfettamente ad inquadrare il "movente". Il mio e il tuo pensiero sembrano essere in simbiosi. Grazie anche per la recensione che hai fatto in questa FF.

Bacioni a tutte. =Phan=

  
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