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Autore: cherrypunk_    23/08/2013    1 recensioni
Non ho più parole, solo parolacce. Non sono incazzata, non ho motivo per esserlo è solo che sono triste, scioccata, amareggiata, umiliata, usata, non so neanche io come descrivere il mio stato emotivo, cioè mi capite? Savo in camera mia ad ascoltare Never Mind the Bollocks, Here's the Sex Pistols, quando Mike bussò più forte sul vetro che alla fine alzai gli occhi e vidi che era lì in piedi. Urlava qualcosa, con la bocca contorta.
Bleah, pensai, cosa vuole ancora quest'idiota?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                         Trust...


Non ho più parole, solo parolacce. Non sono incazzata, non ho motivo per esserlo è solo che sono triste, scioccata, amareggiata, umiliata, usata, non so neanche io come descrivere il mio stato emotivo, cioè mi capite? Mhh, vabbè, passiamo al dunque, ti va di sentire una storia? La storia di una ragazza di sedici anni, la storia di quello che mi successe qualche anno fa? Non dirò chi sono, solo volevo raccontarti una storia, ti va di ascoltarla? 
Accomodati pure sulla tua poltrona, prendi un bel respiro e ascolta attentamente quello che sto per raccontarti.
Bene cominciamo....
 
Caldo, troppo caldo, era una serata di giugno come tutte le altre, stavo in camera mia ad ascoltare Never Mind the Bollocks, Here's the Sex Pistols in cuffia, col volume al massimo. La loro musica mi forniva una traccia, una mappa per dove volevo andare. 
Mi sedetti sulla poltrona sacco vicino al giradischi e cominciai a sfollare, e mi concentrai solo sul glorioso suono che usciva dalla cuffia e passava alla mia mente.
 
La mia mente vagava, lontana dai compiti di francese ai quali dovevo lavorare. Pensavo ad un ragazzo di nome Billie Joe Armstrong , anche lui in terza superiore. Mi ero presa una bella cotta per lui, anche se non si accorgeva nemmeno della mia esistenza, eccetto qualche "ciao" occasionale quando ci si incontrava nei corridoi. Billie era un ragazzo piuttosto basso, molto magro, aveva la pelle molto pallida, i suoi occhi, messi in risalto dalla matita nera, erano di un verde smeraldo acceso e i capelli se li tingeva sempre di un colore diverso, ma la maggior parte delle volte erano blu, era uno dei pochi nella mia scuola ad essere Punk, vestiva sempre con un paio di pantaloni righe nere e rosse, una t shirt di un qualsiasi gruppo Punk e un paio di Creepers nere, mi piaceva quel ragazzo. 
Non avevo detto a nessuno della mia cotta per Billie, nemmeno alla mia gemella Joan, era un segreto che mi sarei portata dietro fino alla tomba, nessuno doveva saperlo.
 
Un rumore acuto e violento turbò quella fantastica sensazione che provavo ogni volta che ascoltavo i Sex Pistols. Inizialmente non lo sentii neanche bussare alla porta scorrevole che
dal cortile porta alla mia stanza. Non vidi la sua sagoma stagliarsi nella luce esterna che si attenuava.
Mia sorella maggiore, Cherie quella sera era a cena con suo marito Christopher, Mamma aveva lasciato la casa a Cherie e Christopher e se l'era svignata qualche mese fa in Nevada con Rick, il suo fidanzato ricco da far schifo, ed avevano aperto un negozio di pegni a Las Vegas. Joan era andata al cinema con le sue amiche e mio fratello minore, Frank era andato a dormire da un suo amico. Non sapevo quando sarebbero tornati a casa. Mi stavo godendo la casa tutta per me. 
 
Avevo i libri aperti davanti a me e fu soltanto quando Mike bussò più forte sul vetro che alla fine alzai gli occhi e vidi che era lì in piedi. Urlava qualcosa, con la bocca contorta.
Bleah, pensai, cosa vuole ancora quest'idiota? 
Mi tolsi le cuffie e spensi il giradischi. Lo sentivo attraverso il vetro: "Hei tesoro ti prego fammi entrare!".
"Cosa vuoi stronzo?" gli risposi urlando.
Scrollò le spalle e alzò i palmi al cielo come per dire: " E allora?!?". Scossi la testa guardandolo e ripresi le cuffie.
"Dai piccola, voglio solo parlarti un secondo!".
Feci un sospiro, appoggiai le cuffie e a piedi nudi camminai verso la porta. Lo guardai e arricciai il naso. Indossava la sua solita uniforme: un paio di blue jeans attillati e sdruciti, una tshirt dei Ramones che implorava di essere lavata e un paio di anfibi neri. I suoi capelli biondo scuro, sembravano sporchi, i suoi occhi azzurri come l'oceano sembravano essersi trasformati in piccole pozze di acqua stangnante. Non era Billie Joe Armstrong, quello era sicuro. Girai la chiave, e aprii la porta lasciando una fessura.
"Ti ho detto che non voglio più avere a che fare con te, non rompere!"
"Fammi entrare!" disse mettendo la bocca nella fessura. "Sto morendo di caldo qua fuori!".
"No Mike!" replicai stizzita " Vattene fuori dai coglioni!"
Da quando ci siamo lasciati, stare con Mike mi metteva a disagio, e stare da sola con lui era un'idea che non mi passava nemmeno nell'anticamera del cervello. Quel ragazzo era un maiale, quando stavamo assieme cercava sempre di palpeggiarmi e altre cose poco caste che non sto ad elencare altrimenti mi viene il voltastomaco a pensarci, non che io sia una di quelle ragazze che se non ho un'anello al dito e sono felicemente sposata non scopo, è solo che lui era un pervertito mostruoso. Mi guardava da testa a piedi come un fottuto cane in calore! Se avessi lasciato la stanza in quel preciso istante, mi sarei sentita addosso il suo sguardo esaminarmi da testa a piedi. Riuscivo quasi a sentire il suo respiro farsi affannoso.
 
Stavo per chiudere la porta a chiave ma lui infilò due dita nella fessura e disse 
"Solo per un secondo? Dai ti prego devo parlarti!"
"Senti Mike, non vedi che devo fare i compiti o sei cieco??? Cazzo VATTENE!!!!" gli sbottai seccata.
Ignorandomi, spalancò la porta ed entrò in camera mia. Indietreggiai istintivamente. Mi allontanai da lui di qualche passo, e Mike mi fissava. Tirò la porta dietro di sè e la chiuse.
Il mio cuore cominciava a battere sempre più forte, era come se la sua presenza avesse levato vita alla mia stanza. Se ne stava lì e mi sorrideva col suo ghigno vile.
I suoi occhi, che partivano dai miei scendevano giù per il mio corpo, mi faceva sentire piccola e a disagio. Arrossendo mi resi conto che mi trovavo davanti a lui indossando soltanto una tshirt bianca e un paio di pantaloncini corti neri.  Mike non era brutto, anzi era un bel ragazzo, ma diavolo quella sera era inguardabile. Sembrava non avera una bella cera. Era sudato fradicio. Come se avesse bevuto senza sosta per tre o quattro giorni di seguito. Sentivo l'odore dell'alcool aleggiare su di me come l'odore stucchevole delle pareti appena pitturate. Aveva i vestiti sporchi e sgualciti. Aveva delle enormi occhiaie ben marcate. Lo sguardo puntava fisso su un punto, sembrava che si fosse fatto un trip di acidi. Quello sguardo da drogato mi metteva paura.
 
Oddio.
Oddio.
Oddio.
 
Improvvisamente mi si seccò la bocca e in un lampo di consapevolezza capii che ero in pericolo. 
 
Guardai Mike cercando una risposta, ma lui distolse lo sguardo e cominciò a girare per la camera mettendosi a proprio agio, si avvicinò al giradischi, prese le cuffie in mano e disse "Allora che ascolti?!"
"Senti Mike, non c'è nessuno in casa, non posso farti restare, se Cherie ti becca sei nella merda, vattene, ti prego, abbiamo già parlato, non voglio darti un'altra chance, è come se ti dessi un'altra pallottola perchè la prima volta avevi preso la mira. No Mike, vattene!" dissi con tono sicuro, ma Mike non mi ascoltava. Spostò lo sguardo sul giradischi e disse:
"Vedo che ti piacciono i Sex Pistols, Sid Vicious era un drogato del cazzo lo sai??" si levò le cuffie e lasciò cadere sulla poltrona. 
" Me l'avevi detto che ti piacevano. Ti credevo una di quelle ragazze che ascoltano quella merda della musica commerciale. Mi stanno sul cazzo lo sai?? Loro fanno rumore e basta! Che razza di gruppo di merda che sono? Preferisco i Ramones, loro si che sono bravi!".
Lo guardavo mentre si aggirava per camera mia toccando qua e la, stava toccando tutto, toccava la mia roba, la mia roba cazzo, la mia roba porca troia!! Cazzo che nervoso!
 
Si fermò, mi mise una mano sulla guancia sinistra e con sguardo curioso mi disse "Sei identica a tua sorella, due gocce d'acqua! Sai che una volta mi sono fatto tua sorella pensando fossi te??" disse con tono beffardo. Era ufficiale, quella sera Michael Ryan Pritchard aveva bevuto troppo.
 
Non gli risposi, temevo che qualsiasi cosa avrei potuto dire avrebbe potuto perdere il controllo, si avvicinò a me e disse "Sei uguale a tua sorella, cazzo chi è che ti riconosce?!" ed abbassò il suo sguardo sul mio inguine, alzando le soppracciglia e poi portando i suoi occhi sui miei. La sua presenza fisica mi spaventava.
 
Per favore lasciami in pace, urlava la mia mente mentre dalla mia bocca non usciva alcun suono, lo fissavo con occhi sgranati e sconcertati. Che cazzo di ore erano?? Dov'erano Cherie e Christopher? Quando sarebbero tornati Joan e Frank??? Perchè non se ne andava da casa mia quel viscido?? Cazzo vuole da me?? Se in quel momento Mike avesse tirato fuori una pistola dalle muntande e me l'avesse puntata alla testa non mi sarei per niente sorpresa. Sapevo che era instabile. Entrare nella stanza di una persona con la forza e rifiutarsi di andarsene non era un comportamento tanto normale o da uno sano di mente. Da quando ci siamo lasciati, Mike era diventato pazzo, non c'era alcun dubbio!
"Di che cosa hai paura piccola??" disse sorridendomi rivelando uno scorcio di denti orribile. "Non devi avere paura di me, non ti farò del male!"
Una parte di me. Una parte pazza di me, cercava disperatamente di credergli. Ma non lo feci. Non ho mai avuto tanta paura in vita mia come allora. Mi guardava come un cane in calore.
 
"Smettila di guardarmi porca puttana!", sbottai. Però lui non mi dava retta. Continuava a scrutarmi, a fissarmi. Sembrava che potesse vedermi attraverso la maglietta.
 
Alzai gli occhi verso Mike e lo guardai dritto in faccia. Pensai che avrei potuto ammazzarlo di botte fino a sanguinare. Avrei avuto il fegato di farlo.
 
"Sai che mi ero fatto tua sorella pensando che fossi tu? Ah Joan mi aveva detto" disse Mike con voce profonda. Iniziò ad avanzare verso di me, stavolta con risolutezza. 
Non riuscivo a credere cosa stava per dirmi. Mi sentii così piccola ed infima, così tremendamente impaurita. 
 
Allungò la mano, prese il mio braccio e mi avvicinò a lui "Mi ha detto... che sei vergine".
Non sapevo da che parte guardare, mi sentivo così in imbarazzo, avrei voluto sprofondare in una buca e non tornare più in superfice. 
"Sei così bella", disse. "E fresca come un bocciolo di rosa, mi piacciono le mie coetanee, così giovani e fresche".
 
Con uno strattone mi liberai dalla sua presa "Lasciami stare Mike! Cazzo non hai ancora capito di andartene drogato alcolista del cazzo? Torna a farti le seghe a casa tua!" boom! Le parole mi uscirono dalla bocca tutte in una volta, tutte ad un fiato.
 
"Che succede?" sorrise "Non vuoi un vero uomo?".
 
Mike si stava avvicinando a me sempre di più, sempre più vicino, avvicinò il suo viso al mio così tanto da poter sentire l'odore di vodka provenire dal suo stomaco e disse "Ti piacerà, te lo prometto!". Cercai di liberarmi, ma non potevo, era più grande e più forte di me, non ci riuscivo, e mi spinse sul letto, mi mise il palmo della sua mano sulla mia bocca in modo che io non potessi urlare, occielo sapeva di cipolle e sigarette, se ci ripenso mi vien da vomitare.
 
Il suo viso si fece vicino, troppo vicino al mio. Sentivo il suo alito. Marijuana, tabacco e alcool stantio, marcio e putrido. Aveva ancora quel sorriso da idiota.
"Ti piacerà. MI ringrazierai, lo giuro!" sorrise "Ho un debole per le vergini", disse fissandomi con sguardo da drogato. "Dai che ti piacerà, non ti farà male. Ti piacerà.... te lo prometto".
 
Mi spinse sul letto e sentii i pantaloncini e le mutandine abbassarsi brutalmente. Aveva tutto il corpo contro il mio e mentre cercavo di liberarmi, divenne sempre più difficile farlo. "Levati di dosso Mike!" "Leavti di dosso cazzo!! LEAVTI PORCA PUTTANA!!" urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.
 
Lo sentivo premere contro di me. Il suo coso. Sentivo Mike frugare là sotto, abbassarsi la patta dei jeans e respirarmi affannosamente nell'orecchio "Smettila di agitarti, cazzo ti piacerà.... mi ringrazierai, ora smettila di dimenarti, sta calma, cazzo!".
 
Si portò una mano alla bocca e ci sputò sopra. Con forza spinse la mano tra le mie gambe.
 
Sentivo la sua erezione premere sulla mia coscia sinistra. Oddio non potevo crederci, stava succedendo a me, a casa mia, dal mio ex ragazzo, stavo per svenire dalla paura.
 
Quando spinse dentro in me, strillai. Non avevo mai provato un dolore come quello. Era un dolore tremendo e proveniva da dentro di me. Come mi avessero squartata. Spingeva dentro di me, urlai come un'indemoniata, fino a che lui non venne dentro. Alla fine diedi di matto e con una forza che non credevo di avere gli sferrai un pugno in faccia, lo riempii di botte fino a fargli sangue, riuscii a fargli male così tanto che lui si allontanò di scatto. Uscì da me e questo mi diede il vantaggio di trargli una ginocchiata sulle palle. Era pieno di graffi, si alzò in piedi barcollando e se ne andò da casa mia, dandosela a gambe all'aria con i pantaloni mezzi calati.
"VATTENE FIGLIO DI PUTTANA!!! TI AMMAZZO! NON FARTI PIU' VEDERE STRONZO!!" urlai, urlai forte, troppo forte, fortissimo, alla fine mi sedetti sulla poltrona vicino lo stereo e cominciai a ridere e contemporaneamente piangere istericamente. Quello stronzo di Mike se ne era andato e con lui se ne era andata anche la mia verginità.
 
Erano passati tre mesi da quella sera in cui quel bastardo mi stuprò...
 
Una mattina mi svegliai presto e sapevo ciò che stava per accadere. Dovetti correre in bagno. Finito di vomitare, arrancai verso il letto per stendermi, era da un po di tempo che non mi sentivo poi tanto bene, mi sentivo sempre male. Dopo qualche istante sentii bussare alla porta.
"Come va, stai meglio?" chiese il marito di mia sorella
"Christopher mi sento una merda, e non capisco cos'ho!". Chris mi diede un bacio sulla fronte e disse "E' chiaro che qualcosa non va, ti porto dal dottore e sistemiamo tutto ok?!" 
"Va bene Chris!".
 
Più tardi quella stessa mattina, mi ritrovai nello studio pulito e sterile della dottoressa Larkin. La dottoressa Larkin era una donna di mezz'età molto gentile. Sorrideva sempre, sapeva come metterti a tuo agio. L'infermiera mi prelevò del sangue, mi pesarono, mi misurarono la pressione e mi fecero altri esami. Poi ce ne andammo, intesi che si sarebbero fatti vivi non appena avessero ricevuto i risultati.
 
Mi aspettavo ci volessero uno o due giorni prima di sapere i risultati, ma quando io e Christopher tornammo a casa, trovai mia sorella Cherie seduta nel tavolo in cucina che parlava col dottore. Fece un tiro dalla sigaretta e disse "Sono appena arrivati a casa, adesso glielo dico, grazie dottoressa Larkin, grazie...... di tutto!".
Riagganciò, mia sorella Joan stava cucinando il pranzo, Cherie era al tavolo, portò la sigaretta alla bocca, vidi che la mano le tremava, mi stava preoccupando.
 
"E allora Cherie??" chiese il marito
 
Cherie lo guardò a lungo e pensierosa poi si rvolse a me e disse "Gattina" disse "La dottoressa dice che sei incinta".
 
In quell'attimo sentii un tuffo al cuore, non solo quel bastardo mi fece perdere la verginità senza il mio volere, ma mi aveva messa pure incinta.
 
"E adesso cosa facciamo Cherie?!" chiese stupito Christopher
 
Confusa, mi allontanai dalla cucina e andai in in salotto a far compagnia a Frank.
Dentro di me c'era un bambino, improvvisamente mi fu tutto chiaro. La nausea. Gli sbalzi d'umore. I seni erano diventati imrovvisamente più grossi e morbidi. Come avevo potuto non accorgermene prima? Non mi ero nemmeno accorta che mi era saltato. Non era mai stato regolare, poi avevo accumulato tanto di quello stress durante tutta l'estate e non ci avevo dato poi tanto peso alla cosa.
 
Abbassai gli occhi sullo stomaco ed appoggiai delicatamente la mano sullo stomaco. Lì dentro c'era un bambino. Porca puttana. Le lacrime mi scesero dagli occhi e mi bagnarono la tshirt azzurra dei Queen formando delle piccole macchie scure.
 
"Ciao, bambino" sussurai 
"Hei ciao Cracker, non mi ero accorta che eri qui!" rispose mio fratello troppo impegnato a guardare le repliche di Star Trek sulla NBC.
 
Cracker era il soprannome che mi aveva affibbiato mio fratello Frank quando a undici anni, in preda alla fame, mi mangiai di nascosto 10 pacchetti di cracker.
 
"Non dicevo a te scemo! E chiudi quella bocca che altrimenti ti entrano le mosche!" risposi quasi seccata, lui non diede tanta retta e continuò a guardare la tv. 
 
La mia mente fece fatica a comprendere. Fui travolta da un senso di sollievo. Quindi non ero malata: ero una mamma di sedici anni! Cominciai ad immaginare come sarebbe stato avere un bambino. In qualche modo, nonostante le circostanze, l'idea mi fu di conforto. Amerò questo bambino, pensai. Mi prenderò cura di lui.
 
Dopo una conversazione bisbigliata, Cherie e Christopher vennero a sedersi sul divano con me, Frank era troppo impegnato a guardare Star Trek, ma Chris lo mandò in camera con una pila di vecchi fumetti della Marvel. Chiusi gli occhi quando Cherie disse: "Gattina dobbiamo parlare.."
"Di cosa?" tirai su il naso
"Della tua situazione, la dottoressa Larkin dice che non può occuparsi di certe cose... Per cui consiglia di chiamare un ginecologo il prima possibile. Ne conosco uno bravo, lo chiamo subito."
 
Guardai Frank che si era fermato dietro la porta ad ascoltare, vidi una lacrima percorergli il viso, era un Nerd dall'animo sensibile quel ragazzo, quando lo vidi piangere ci rimasi male anche io, corse in salotto, si avvicinò a me e disse "Che significa occuparsene??" "Beh, non vorrai mica che tua sorella si tenga questo bambino, no?" gli rispose Chris con tono serio "Io, ehhmm, io..." dissi balbettando "Si cazzo che lo voglio tenere questo bambino!!", ma non riuscii a dirlo. Improvvisamente mi sentii molto confusa. 
 
"Non farlo Cracker!" mi bisbigliò Frank all'orecchio, mi diede un'abbraccio e con le lacrime agli occhi se ne andò in camera sua. 
 
Quando Frank se andò in camera sua, Christopher cominciò a parlare seriamente: "Siamo realistici gattina" si soffermò due secondi e poi ricominciò a parlare "Hai solo sedici anni, vai ancora a scuola, quando hai un bambino cambia tutto, bisogna prendersi cura di lui...bisogna mantenerlo. E' una cosa seria, non è mica un giocattolo gattina. Non sei ancora pronta per questo." 
 
Tutto ad un tratto il resto del mondo sparì e intuii ciò che stava per accadere. Mi sentii male di nuovo. Stavolta però in modo diverso, era un senso di nausea nel mio profondo, dentro la mia anima. Cominciai a mormorare tra me e me "No, no, no e no!", scuotendo la testa.
 
"Non puoi andare avanti con la scuola se hai un bambino", disse Cherie dalla cucina. "Adesso non va bene, tra qualche anno, quando sarai con l'uomo giusto, in una situazione migliore, ma adesso? Sarebbe il più grande errore della tua vita. Chi è il padre??".
 
All'udire di quelle parole mi sentii le guance farsi bollenti, peggio di un termosifone e mi ritornò alla mente quella fatidica sera di giugno, non volevo raccontare dello stupro a Cherie e Chris, quindi inventai una scusa.
"Michael Ryan Pritchard, una sera non sapevamo cosa fare, alla tv non c'era niente ed entrambi siamo stati illuminati dalla brillante idea di farte sesso. Tutto qui!" 
"Devi parlare con lui di questa faccenda." disse Cherie.
 
Ma quella lì cos'ha in testa la segatura?? Era ufficiale: mia sorella era diventata matta!!
 
Mi limitai soltanto a sorridere ed annuire.
 
Quando fu il momento di chiamare Mike, non ci riuscii. Mi sentivo in imbarazzo, nonostante quello che doveva essere in imbarazzo era lui, mi sentivo umiliata. Riuscivo solo a pensare a quanto male sono stata quella sera. Mi sentivo usata, mi sentivo un verme. Alla fine dovette chiamare Christopher. 
 
Stavo seduta sul divano, imbarazzata, ad ascoltare la loro conversazione. Quando Chris riagganciò, aveva uno sguardo che mi inquietava parecchio, cristoddio, credo che nessuna persona al mondo lo augurerebbe alla prorpia figlia o figlioccia adolescente, pensai tra me e me.
 
"Cosa ha detto Chris?", chiesi a bassa voce. Chris alzò le spalle. "Ha detto che se ne occuperà lui. Mi ha detto di fargli sapere quanto costerà e lui ci darà i soldi." Poi mormorò tra i denti: "Quel piccolo bastardo, figlio di puttana!". Passò il resto della giornata sulla veranda a fumare in silenzio.
 
Il dottore di Cherie era di modi bruschi e concreti. Dopo l'esame informò me e mia sorellla che ero incinta di tre mesi e che avrei dovuto passare la notte in ospedale per sottopormi all'intervento. All'udire di quelle parole strinsi ancora di più la mano a Cherie. La sera prima di ricoverarmi in ospedale la passai perlopiù in camera mia ad ascoltare i Sex Pistols con Frank. Stavo distesa sul letto e mi tenevo le mani sulla pancia, passandoci il palmo per vedere se sentivo segni della vita che stava crescendo dentro di me. Ero annientata. Fui colta da un senso indescrivibile di costernazione. Ero soprattutto spaventata. Spaventata a morte.
 
Quando l'intervento finì, mi trovai da sola tra le bianche e pulite lenzuola d'ospedale, a guardare fuori dalla finestra. Il cielo sembrava irreale, come lo sfondo dipinto per qualche orrenda produzione teatrale. La tristezza dentro di me era insondabilmente profonda. Non riesco più a dire cosa provassi in quel momento. Non riuscii più a piangere: era come se in qualche modo ero rimasta senza lacrime. 
 
Quando il dottore entrò in stanza a visitarmi, gli chiesi se era un maschio o una femmina.
Scosse la testa senza neanche incrociare il mio sguardo e rispose: "Non ho guardato".
 
Forse stava cercando di essere gentile. Forse non voleva farmelo sapere. Forse non voleva farmi star male...
 
Di sicuro sapevo che una parte di me se ne era andata con il mio bambino mai nato.
Avevo perso una parte vitale di me in quell'ospedale, sentivo che non sarei stata più la stessa e istintivamente sapevo che quella parte di me non sarebbe mai più tornata indietro.
 
Frank e Joan mi vennero a trovare. Anche Cherie e suo marito Christopher. Ma Mike no. Non chiamò nemmeno per sapere com'era andata.
 
Quando tornai a casa, rimasi a letto per qualche giorno e cominciai a ripensare all'accaduto. Iniziai a sospettare che Mike non avrebbe mantenuto la promessa di pagare l'aborto, solo più tardi scoprii che i suoi genitori lo trovarono agonizzante sul tappeto del bagno e il giorno in cui abortii, lui era morto...
  
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