Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: _eco    23/08/2013    9 recensioni
[Mrs.Everdeen centric]
Poi, un giorno d’estate, un giovane entrò in farmacia. E Chip, come ipnotizzato dal suo melodioso fischiettare, ricominciò a cantare.
[Partecipa alla Challenge Multifandom e Originali con il prompt #71 Canarino]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maysilee Donner, Mr. Everdeen, Mrs. Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

E Chip ricominciò a cantare.
[Mrs.Everdeen centric (con la partecipazione di Mr.Everdeen e Maysilee Donner <3)]

Gli animali non suscitavano in lei un particolare fascino: non scalciava contro i gatti randagi, ma nemmeno si chinava sulle ginocchia per accarezzarli in mezzo alle orecchie.
Quello era un compito che lasciava adempiere a Maysilee, che, al contrario, stravedeva per qualsiasi quadrupede o bipede peloso e mugolante si aggirasse per il distretto.
Ma più di tutto, Maysilee amava Chip, il suo canarino.
E di certo Helen non avrebbe mai immaginato che quell’esserino innocuo e morbidamente piumato avrebbe costituito per lei lo scrigno di sentimenti tanto contrastanti. Gioia e dolore, felicità e tristezza, sollievo e inquietudine, stabilità e disorientamento.
Helen ricorda le mani di Maysilee, chiuse a coppa, le dita intrecciate in una solida cesta dentro cui cullava Chip, portandoselo dietro durante le loro passeggiate. Helen si chiedeva sempre come mai quel canarino non prendesse il volo e scappasse via, ma, col tempo, aveva dedotto che Chip riponeva una fiducia cieca e incontestata in Maysilee. E che, probabilmente, quella che lei nutriva per lui era ancora più forte, se la convinceva che non sarebbe mai volato via.
Helen ricorda il viso di Maysilee, gli zigomi alti e sempre un po’ imporporati, contro cui la sua amica strofinava il morbido piumaggio di Chip. Ricorda che, in quelle occasioni, la sua indifferenza nei confronti degli animali andava sfumando. Che il sorriso compiaciuto e sereno di May era come uno di quei balsami alle erbe che sua madre le consigliava di spalmare sulla pelle, la sera. Rinfrescante.
Ma più di tutto, Helen ricorda lo sguardo di vetro della signora Donner, quando, una settimana dopo la morte di May, aveva insistito tanto affinché Helen prendesse Chip con sé. Le iridi azzurre della signora Donner, contornate di minuscole venuzze causate dall’insonnia perenne, dal mal di testa continuo, dal pianto ininterrotto, adesso si sovrappongono alla figura snella e slanciata di May, che corre per il prato con Chip chiuso tra le mani.
Helen si figura bene la gabbietta di Chip, sul mobiletto della farmacia. Chip che aveva smesso di cinguettare sin dal momento in cui May aveva sbarrato gli occhi, le pupille dilatate, la morte che assorbiva ogni sentore di vita dal suo corpo. Chip che era il cadavere di un canarino dal piumaggio giallo. Anonimo, eppure sempre lì, muto nella sua gabbietta, con quegli occhietti piccoli e neri. In trappola. E, all’improvviso, Helen si era sentita prigioniera almeno quanto lui. Isolata da solide grate di ferro, costretta a rivivere la vita di Maysilee: effimeri sprazzi di felicità – il suo viso rilassato contro le piume giallo pallido di Chip, la sua abitudine di mettersi a danzare nel bel mezzo della strada, le mani a coppa che proteggevano Chip – e devastanti scorci di dolore – la sua espressione tradita e sorpresa, mentre quei volatili dal becco acuto e il pelo rosa, che Maysilee aveva ritenuto innocui, le avevano trafitto il collo, il suo corpo scosso da fremiti incontrollati -.
Poi, un giorno d’estate, un giovane entrò in farmacia. E Chip, come ipnotizzato dal suo melodioso fischiettare, ricominciò a cantare.
Jillian Everdeen aveva grandi occhi grigi da Giacimento, velati sempre di una cortina che li rendeva sfuggenti e misteriosi. Affascinanti in un modo tutto loro. Aveva preso l’abitudine di frequentare giornalmente la farmacia, con il pretesto di rifornire i Benson di erbe medicanti e roba varia.
Ogni volta, il suo arrivo era introdotto da un fischiettio distratto, che faceva immobilizzare Chip per un attimo, prima che anche lui iniziasse a cinguettare in risposta. E allora era come se Maysilee fosse lì, nascosta in una nicchia della vecchia farmacia, sotto il bancone dei medicinali o con il naso incollato alla vetrina, lo sguardo complice che le rivolgeva sempre quando veniva a cercarla lì, per fare una passeggiata.
- Non cantava più da mesi. – disse Helen, una volta che aveva trovato il coraggio di parlare a quel giovane affascinante. – Ci avevamo perso le speranze. –
Jillian l’aveva guardata a lungo, come meravigliato del fatto che Helen fosse dotata del dono della parola.
- Sono pratico, di queste cose. – spiegò, con voce profonda. – Giù in miniera, ognuno di noi ha un canarino. Sono animali svegli, anche se non si direbbe. Captano il pericolo, smettono di cantare. Una sorta di allarme. –
Helen spalancò la bocca, perché quella confessione a proposito dei canarini era l’ultima cosa che si aspettava uscisse dalle labbra carnose di quel ragazzo. In questo modo, era venuta a sapere che lavorava in miniera.
- Sono Jillian, comunque. – disse lui, tenendole la mano, robusta e callosa, trapuntata di leggere ustioni che Helen, da ottima guaritrice, collegò subito alla miniera, cercando già il modo per curarle.
- Helen. – disse in un soffio, stringendo la mano di Jill.
Jillian lavorava in miniera da quasi vent’anni. Lo mostravano le sue spalle, larghe ma leggermente curve per la spossatezza, le cicatrici sul viso, tra le dita, sulle braccia, lo strato di carbone che aderiva in maniera quasi naturale alla sua pelle liscia e olivastra.
Jillian lavorava in miniera da quasi vent’anni, quando il canarino che teneva sulla spalla smise di cantare. Una sorta di allarme, come lo aveva chiamato lui.
Il sentore che la morte avanzava verso di lui, prolungava le braccia nodose per afferrarlo.
E, a metri e metri di distanza, intenta a rimestare un unguento a base di foglie medicanti, Helen avvertì il silenzio. Il fischiettio di suo marito, spezzato. Il cinguettio del canarino – che Jill aveva chiamato Cracker, secondo il volere di Katniss –, annientato.


 


Angolo autrice:
Eccomi qui, con la seconda storia, in ordine cronologico, che ho scritto ispirandomi alla Challenge.
Io sono una mente malata, perché, quando ho letto "Canarino", mi sono fatta tremila flash mentali sui vari collegamenti che portano i canarini alla signora Everdeen.
Ditemi voi se è normale.
Comunque, non ho molto da dire, anche perché oggi non sono di molte parole, per vostra fortuna.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio,
S.

  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: _eco