• I’m here •
RinxHaruka –
Free! – Iwatobi Swim Club
You enter
and close the door behind you ~
‘Fanculo.
Proprio non mi andava giù di dover mettere piede in quella casa.
Ma non ho avuto la minima scelta. Non mi hanno nemmeno dato il tempo di
ribattere nemmeno con un’occhiata con cui avrei ucciso tutti almeno un
centinaio di volte ciascuno.
No.
Tzè.
Perché devo proprio essere io quello che deve andare a casa di Haru?
Insomma non può stare tanto male, non può aver preso tanto male quello che gli
dissi ai campionati scolastici? Davvero può essere così mammoletta
dal non accettare un mio categorico rifiuto nell’aver qualcosa a che fare
ancora con lui?
Né con lui, né con quegli inetti, io non volevo più aver
niente a che fare, nemmeno il saluto per strada.
Ma evidentemente, ritenendomi responsabile del precario stato d’animo del loro
protetto – quasi come una bambina che non sa stare senza la mamma – avevano
deciso, all’unisono, anche quella sciocca di mia sorella si era messa dalla
loro parte, che dovessi andare io a casa sua.
Ma per me sarebbe significato una sconfitta dopo la tanto attesa – e meritata – vittoria che avevo avuto su Haru, unico e grande ostacolo che sin da piccolo mi aveva sempre bloccato in quello che per me era un sogno, per mio padre.
Merda.
Tra un pensiero e l’altro, purtroppo, mi ritrovai davanti a
quella maledettissima porta. Quella porta che non vedevo da circa quattro anni,
che non avevo la minima intenzione di rivedere, se ve lo steste chiedendo.
No, perché l’idea di rimediare a quello che avevo fatto – cosa poi – mi dava
davvero ai nervi. Troppo. Nessuno aveva il diritto di dirmi cosa dovessi fare
specialmente quando si parlava di Haruka.
Alzai lo sguardo e vidi la targhetta con su scritto il suo cognome, e non potei fare a meno di aggrottare le sopracciglia, come se mi fosse nato l’istinto irrefrenabile di staccare quella targhetta e sbatterla sotto i piedi con tanta di quella rabbia, da polverizzarla.
Mi trattenni.
Socchiusi gli occhi e, piano, poggiai la mano sul pomello
della porta.
Non bussai.
Sapevo perfettamente che Haruka non avrebbe risposto,
almeno dalle condizione in cui versava. Ovviamente non avevo controllato di
persona, sino a quel momento, mi era stato solamente raccontato dai quattro
dell’apocalisse dell’Iwatobi.
Girai piano il pomello.
Cazzo, Rin calmati. Non è niente di male, non stai
irrompendo impropriamente in una casa.
Stai solamente entrando in casa di quello sgombro ammuffito di Haruka.
Calma.
Respira, come quando nuoti. Dentro e fuori, l’aria.
Ingoiai violentemente la saliva prima di dare uno scatto forzato alla porta. Ovviamente, era aperta. Non mi sorpresi minimamente. La cosa di cui mi sorpresi fu di sentire un indissolubile e pesantissimo silenzio che regnava in tutta la casa. Non c’era nemmeno il gocciolare dell’acqua del rubinetto a segnare il passare del tempo, come un piccolo e involontario orologio.
L’atmosfera era talmente pesante e palese che si poteva
tagliare con un coltello di plastica.
Nella mia testa c’era l’orribile senzazione che
qualcosa stesse per succedere, che spuntasse Haru con
un coltello da cucina e il suo sguardo glaciale intimandomi di andarmene come
se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Ma non accadde niente.
Nel mio intimo sapevo che non fosse sentore di ottime notizie.
Piano mi chiusi la porta alle spalle ed entrai.
Nothing is the same after tonight ~
Mi mossi piano in quella piccola casa. Tutto pulito, niente di sporco. Pentole e piatti al loro posto, il tatami neanche sfiorato. Mi avvicinai per toccarlo ed era freddo. Non veniva usato da parecchio tempo. Ma dove poteva essersi mai cacciato un ragazzo alto come Haruka in una casa piccola come quella.
Sospirando mi addentrai anche nella cucina ma di lui non vi
era traccia.
Stavo cominciando seriamente a provare un po’ di preoccupazione, ma per carità
per niente portata dal rimorso; io rimorso non ne provo nemmeno a pagamento.
Non era per nulla possibile che un ragazzo di diciassette anni si vaporizzasse in quel modo, così all’improvviso.
Io non ho colpe, è lui che è un pappamolle che si era fatto
sopraffare dai sentimenti; tzè sentimenti poi, quali,
io non provavo altro che rancore nei suoi confronti, voglia di supremazia.
Ma a quanto pare Haruka non era dello stesso avviso.
Passo dopo passo, arrivai alla porta del bagno.
Era accesa. Piano misi la mano sulla maniglia giallognola della porta,
abbassandola. Lo scricchiolio che ne venne fuori, fece sobbalzare la figura
scusa che sembrava seduta nella vasca da bagno. Il rubinetto nella stanza
gocciolava, si sentiva, era stato chiuso da poco.
Aguzzai un momento il naso sentendo odore di pelle bagnata, stantia quasi.
Aprii la porta e vidi la figura di Haruka letteralmente riversa nella vasca.
Non mosse nessun muscolo, solamente spostò i suoi occhi blu oltremare su di me. Lentamente questi ultimi si spalancarono, quasi come se volessero scappare nascondersi da me, negare che la mia presenza fosse ancora qualcosa di concreto nella sua vita.
Lo vidi aggrapparsi al bordo della vasca ma non aveva nemmeno la forza di tirarsi in piedi da quella vasca con l’acqua che sembrava ormai ristagnante.
-Da quanto cazzo di tempo sei lì dentro?-
Non ricevetti risposta da lui, nonostante la domanda
l’avessi posta con tutta la calma che avevo provato a raccogliere nel mio
cervello.
Rimaneva lì, a vegetare, come se niente nella sua vita avesse più senso.
Che cazzo di rabbia che mi faceva.
Mi avvicinai velocemente a lui, gli afferrai un polso tirandolo su, come se fosse un mero foglio di carta senza valore, senza forza di rispondermi nemmeno a voce.
-Ti ho fatto una diavolo di domanda e sei tenuto a rispondere: da quanto cazzo di tempo sei lì dentro, a marcire? Huh!?-
Alzò nuovamente gli occhi, sempre con quella scintilla di
terrore al loro interno, come se ora mi temesse, come se fossi un mostro
cattivo che era uscito da sotto al letto per portarlo via e mangiarne le carni.
Mi chiavano Lo squalo, ma non sarei arrivato mai ad una cosa del genere.
Sbatacchiai un po’ il braccio di Haruka, come per
spronarlo a rispondere, e lui lentamente abbassò lo sguardo, coprendo i suoi
occhi blu così incavati e circondati da due occhiaie violacee da far paura,
come se avessi a che fare con un morto in un obitorio.
L’atmosfera era quella.
-Tre giorni… -
Un flebile sussurro uscì dalle sue labbra, anche quelle di
un lieve colore che andava dal blu al violaceo.
Mi sconvolsi a sentire la sua risposta. Semplicemente spalancai gli occhi,
strattonandolo ora per tentare di farlo uscire da quell’acqua che aveva
cominciato ad assumere un colore sul grigiastro.
Che schifo, cazzo.
-Cosa!?-
-Tre giorni, ho detto.-
Lo mollai violentemente di nuovo in quell’acqua ristagnante
e stantia, che schizzò via bagnando una piccola porzione del pavimento, ma non
me ne fregava veramente niente.
Velocemente presi degli asciugamani che giacevano inutilizzati dietro la porta
e li buttai aperti per terra.
Ritornai vicino alla vasca da bagno e tirai Haruka da
sotto le ascelle, buttandolo per terra sugli asciugamani, stappai la vasca e
feci scorrere un po’ di acqua nuova, fresca e meno puzzolente.
Poi tornai al ragazzo seduto per terra, con un costume da
agonismo ancora addosso, sul violetto.
Piano presi un altro asciugamano e lentamente cominciai ad asciugargli i
capelli. Ci fu un bel po’ di silenzio mentre agivo, mentre Haruka
si guardava i piedi raggrinziti dall’acqua; sembrava la pelle di un
ultra-ottantenne la sua in quel momento. Mi faceva quasi senso, ma non mi
potevo minimamente permettere di essere schizzinoso in quel momento.
Era pietoso guardare quel ragazzo che avevo sempre ambito a superare, sempre
sognato di poter umiliare, ora umiliato davvero da due parole che avevo
pronunciato.
-Mi spieghi cosa ti passa per la testa?-
Inizialmente non mi rispose, ma lo sentii sospirare e piano
cominciare ad usare anche lui un asciugamano per cominciare ad asciugarsi,
lentamente, come se corresse tutto a rallenty, senza
aver la minima intenzione di velocizzarsi.
Haruka alzò gli occhi e mi guardò, l’asciugamano
sulla testa e quegli occhi grandissimi che mi guardavano come se si
aspettassero delle scuse o cose di quel genere.
Mi saltò un battito semplicemente, e la cosa mi irritò parecchio.
-Allora?-
Chiesi spazientito al moro che mi guardava come un cucciolo
abbandonato. Quella cosa mi stava letteralmente mandando ai pazzi, chi ero io,
un deficiente che era entrato per caso in un negozio di animali e aveva trovato
il gattino perfetto da appartamento.
Idiota.
Eppure quell’essere che era stato per anni motivo di miei
miglioramenti, in quel momento era al pari di un bambino in fasce. Non mi
parlava ancora. Non pronunciava una parola, non mi degnava di una risposta,
come se non la meritassi, da parte sua.
Piano cominciò a nascere dentro di me un sentimento di tristezza infinita per
lui, come se gli avessi strappato l’unica ragione della sua vita; nuotare, o
per meglio dire, farlo con me.
Avvicinai lentamente una mano contro il suo viso, poi un’altra,
mosso da una stranissima forza che faceva agire i miei muscoli quasi in modo
involontario. Il senso di colpa era arrivato così all’improvviso, di punto in
bianco, senza che il mio cervello fosse pronto a recepirlo, o neutralizzarlo
nell’evenienza.
No. Era lì, pesante come un macigno di alcune tonnellate, che mi schiacciava
violentemente, mi portava ad essere gentile, quasi dolce con Haruka, cosa che non avrei minimamente immaginato. Ma in
quel momento sentivo, assolutamente di doverla fare; come se fosse un bisogno
primario al pari del respirare.
L’altra mano andò a finire sull’altra parte del viso, i
pollici cominciarono ad accarezzare il viso del mio nemico, ormai vinto e
sconfitto. Ma quella sensazione di vittoria e supremazia era finita, era morta
e sepolta in quel momento.
Piano premetti la fronte contro la sua, con delicatezza, guardandolo negli occhi,
i miei nei suoi, i suoi nei miei. Persi, tra i magenta e il blu oltre mare.
-Parlami ti prego … -
Mormorai lentamente, socchiudendo gli occhi, mentre per
quanto chiusi, riuscivo a guardare le sue labbra bluastre, di chi è rimasto
nell’acqua fredda per almeno quattro ore di fila. No. Lui ci era rimasto tre
giorni. A causa mia.
Ma che cazzo mi passava per la testa.
Ma per quanto una parte di me volesse animatamente prendermi a cazzotti nei denti e spaccarmi le arcate dentarie, rimasi immobile, accarezzando il viso di Haruka, che aveva poggiato le sue mani contro le mie, sul suo viso, coccolando le falangi della mia.
Lo sentii piano prendere fiato, come se stesse preparando un grandissimo discorso, da oscar sicuramente. Ma una voce flebile e stanca, uscì da quelle candide labbra, ormai, gli occhi blu sulle mie labbra, quelli magenta sulle sue.
-Cos’altro c’è da dire … Ormai sei qui … -
Lo vidi abbozzare un piccolo sorriso, poi alzare le palpebre
e guardarmi dritto negli occhi. Io ricambiai quello sguardo rimanendo immobile,
e non proferendo parola. In quel momento non aveva tutti i torti, perché
continuavo a fargli domande, se ormai rispondere era diventata una cosa quasi
inutile.
Anche Haruka credeva che parlare fosse inutile.
Lo vidi semplicemente chiudere gli occhi, e stringere le mie
mani che erano ancora sul suo viso, freddissime sia esse che la faccia, di un
pallore unico anche. Si avvicinò piano e da lì il mio cervello si spense
definitivamente.
Come se fosse stato un blackout di entrambi i nostri crani, come se niente
avesse più importanza di quel momento di stasi perpetua che si era creata in
quel bagno.
Un piccolo Haruka indifeso, un grande squalo che
tenta di mangiarlo; ma per quanto il piccolo umano avesse combattuto contro la
creatura marina famelica, niente avrebbe potuto sconfiggerla.
E così, vinta, la creatura umana si rintanò a leccarsi le ferite in silenzio.
Ma il problema era che nessuno può rimanere senza il proprio acerrimo nemico, è
un difetto dell’uomo di per sé: è abituato a cullarsi della presenza di esseri
malvagi che sanno sempre che li feriranno, e se ne crogiolano.
Io semplicemente mi crogiolai in quel morbido bacio che mi rifilò Haruka, stringendomi ancora le mani; il corpo freddo, ma così morbido ed indifeso.
-Spazio dell’autrice(fangildimmerda)-
Sono felicissima di ritrovarvi ancora qui a
leggere un’ennesima RinxHaruka. L’angst
di queste ultime puntate mi sta ispirando così tanto, ma più la puntata mi ha
dato questo imput una mia carissima amica, Chiara,
che saluto amorevolmente e la ringrazio per aver detto “depressione, Haruka, Rin, bacio” ed è tutto
scaturito e ha dato vita a questa piccola one-shot!
Spero abbiate gradito ciò che ho sfornato anche stavolta: per critiche
costruttive sono apertissima, ma se si deve insultare gratuitamente, potete
anche evitare di aprire la storia c:
Un enorme bacio a tutti
Fue ♥