IL VERO TE STESSO
In una tiepida giornata di fine settembre, Mai Kujaku, nel suo appartamento, guardava distrattamente la TV. Era annoiata, non trovava nulla d’interessante da fare. Si era presa qualche giorno di ferie dall’istituto di bellezza dove, da qualche tempo, lavorava, ma non aveva programmato nessun viaggio. Ormai l’idea di viaggiare da sola la rendeva triste e malinconica. Così aveva preferito rimanere a casa. Ma anche starsene lì dentro tutta sola la rendeva triste.
Ad un tratto spense la TV e, con
un gesto stizzito, lanciò il telecomando sul divano di fianco al quale era
seduta.
“Accidenti! Ma perché cavolo ho
preso queste ferie, poi?!”
In realtà, lei sapeva fin troppo
bene perché l’aveva fatto. La sua intenzione, inizialmente, era stata di
prendere la macchina ed andare a trascorrere quella vacanza a Domino, con i
suoi amici. Ma poi, all’ultimo momento, non se l’era sentita. Non li sentiva da
qualche mese, era stata molto occupata con il lavoro, e nemmeno loro si erano
più fatti vivi. Temeva che una sua visita li avrebbe seccati. E non voleva
assolutamente scoprire se quel suo timore era fondato. Temeva troppo la
solitudine. Tutto grazie a Yugi, Anzu, tutti gli altri…Ma soprattutto grazie a
Jounouchi. L’aveva aiutata così tanto che le aveva fatto passare la voglia di
stare sola e di isolarsi da tutti. Le aveva offerto la sua amicizia e lei aveva
deciso di accettarla. Anche se non avevano mai smesso di bisticciare, Mai gli
si era affezionata moltissimo. E il fatto che lui avesse smesso di farsi vivo
la faceva infuriare, ma soprattutto la rendeva triste.
Mai stette un po’ a pensare. Poi,
alzandosi di scatto, disse:
“Al diavolo! Sono sempre i miei
amici, in fondo! Se proprio la mia visita li infastidirà tanto, non dovranno
fare altro che dirmelo. E allora sparirò per sempre dalle loro vite!!…”
E corse a preparare la valigia.
Quando arrivò a Domino era notte
fonda e pioveva a dirotto. Fortunatamente aveva già prenotato una camera in un
albergo, e vi andò subito. Avrebbe cercato i suoi amici l’indomani.
Svegliandosi, il mattino
successivo, vide che pioveva ancora.
“Accidenti! – esclamò – Non è mica
la stagione delle piogge, questa!”
Si vestì e fece colazione, poi
uscì in strada. Decise di andare a piedi. Conosceva la città, ci era già stata
un bel po’ di volte…Si era divertita molto ad andare in giro con Jounouchi e
gli altri.
“Dunque, oggi è domenica. Non sono
a scuola. A quest’ora del mattino Jou sta sicuramente ancora dormendo…Potrei
andare a svegliarlo…”
Una volta era stata a casa sua.
Quella volta Mai era andata a Domino per una visita in giornata. Jou la stava
accompagnando alla macchina, quando erano stati colti da un acquazzone. Il
giovane l’aveva portata nel suo appartamento per darle qualche vestito. La pioggia
la faceva tornare con la mente a quel giorno. Alla fine avevano cenato insieme
e si era fermata a dormire da lui. Era stata una stupenda esperienza, anche se
un po’ imbarazzante…
Mai si riscosse dai suoi pensieri.
Era arrivata davanti allo stabile che ospitava l’appartamento in questione.
Giunta davanti alla porta giusta, prese un lieve respiro. Quindi suonò. Non
ottenne alcuna risposta, ma non se ne preoccupò troppo. Era certa che stesse
ancora dormendo. Attese un po’, poi suonò ancora. E ancora. Non ottenendo
ancora nessuna risposta, prese a bussare con forza. Ma ancora nulla.
Sconcertata, si scostò leggermente dalla porta.
“Strano. Per quanto abbia il sonno
pesante, a questo punto dovrebbe essersi svegliato…Che non ci sia…?”
In quel momento, notò che la
targhetta sopra al campanello era stata tolta. Ricordava bene che, l’altra
volta, in quel punto c’era una targa che riportava il nome dell’inquilino:
Kazuya Jounouchi.
“Accidenti…Si è trasferito. Vuoi
vedere che si è finalmente deciso ad andare a vivere da sua madre e sua
sorella? Però poteva avvertirmi, accidenti a lui! Almeno per una cosa del
genere!!”
E se ne andò, decidendo di andare
a trovare Anzu. Non si accorse che due signore, sul pianerottolo, la stavano
osservando. E non le sentì quando queste parlarono.
“Ma quella ragazza non era l’amica
del giovane Jounouchi? Quella che tempo fa si era fermata a dormire da lui?”
“Già. E sembra che volesse
vederlo. Possibile che non sappia niente di ciò che è successo?”
“Se è venuta a cercarlo,
evidentemente no. Ricordo che lei veniva da fuori città…”
“Non avremmo dovuto avvertirla?”
“Ma no…Sicuramente lo scoprirà
presto da sola…”
“Poverina…Ci starà male, temo…”
“Temo anch’io…”
Mai, leggermente seccata per il
comportamento di Jou, si diresse verso casa di Anzu, dov’era stata ospite in un
paio d’occasioni. Ma non fece tempo ad arrivare, che si trovò faccia a faccia
con colei che stava andando a trovare. Stava camminando in direzione opposta
alla sua, e per poco non si scontrarono.
“Anzu! Proprio te cercavo!”
La ragazza, che ancora non aveva
realizzato chi aveva davanti, la fissò stupefatta.
“M- Mai!?”
“E chi, sennò? Cavolo, sembra che
tu abbia appena visto un fantasma! Beh, per quel che ne sai, potrei anche
esserlo, visto che nessuno di voi si è più fatto vivo!”
Anzu chinò il capo in segno di
scusa.
“Mi spiace, Mai. Ma con tutto ciò
che è successo…Comunque, sono davvero contenta di vederti, Mai! Ci sei mancata
molto! Dimmi, hai bisogno di un posto dove dormire?”
“No, no. Sto in albergo.
Piuttosto, stavi uscendo? Non vorrei averti disturbato…”
“No, figurati! Dopo tutto questo
tempo…”
“Sai, prima sono andata a casa di
Jou, sperando di svegliarlo, ma ho scoperto che non abita più lì! Quel maledetto
poteva almeno avvertirmi…Anzu, che ti prende?”
La giovane era sbiancata e fissava
Mai con gli occhi sbarrati.
“S- Sei andata…A casa di Jou…?”
“Già, non sapevo che avesse
cambiato casa!”
“Volevi vederlo?”
“Beh, sì…In fondo è anche lui mio
amico, no?”
“G- Già…”
Anzu chinò il capo e non guardò
più Mai negli occhi.
“Beh, se vuoi, io sto andando
proprio da lui, ora. Però devo incontrare Shizuka, prima.”
“Allora vengo con te. Ma scusa,
non è andato a vivere con lei e loro madre?”
“…No…Vieni con me e capirai
tutto…”
Detto questo s’incamminò, senza
nemmeno accertarsi che Mai la seguisse realmente. La bionda le camminò dietro,
mentre una strana apprensione la invadeva. Percorsero la strada in silenzio,
sotto la pioggia che continuava a cadere.
A un certo punto Mai udì una voce
familiare.
“Anzu, ciao.”
Era Shizuka. Stava aspettando la
brunetta, sotto l’ombrello. Mai stentò a riconoscere la giovane piena di vita
che conosceva in quella ragazza dallo sguardo triste.
Anzu si fermò.
“Ciao, Shizuka. Uscita di casa ho
trovato qualcuno che desidera vedere tuo fratello…”
E così dicendo si spostò,
permettendo a Shizuka di vedere la persona in questione. La ragazzina sgranò
gli occhi.
“MAI!!”
“Ciao, Shizuka. E’ molto che non
ci vediamo…”
Dagli occhi della più piccola
cominciarono a sgorgare numerose lacrime. Mai si precipitò ad abbracciarla.
“Su, non fare così! Che ti
prende?”
“Scusa, è che…Sono felice, però…Mi
spiace!!”
“Ti spiace? E per cosa?”
“Per non essermi più fatta
sentire, per non averti detto niente, ma…”
“Per non avermi detto niente
riguardo a cosa?”
Shizuka non rispose. Scoppiò in singhiozzi
abbracciando la bionda. Mai, confusa, guardò Anzu, in cerca di una spiegazione.
Anche lei aveva gli occhi pieni di lacrime e scosse la testa.
“Mai…Ti prego. Non fare più
domande. Abbi un po’ di pazienza. Tra poco ti sarà tutto chiaro.”
“E quando? Intendi forse dire che
deve essere Jounouchi a spiegarmi?”
“Beh…Più o meno…Comunque, ora
andiamo. Così capirai.”
“Ma Shizuka…”
“Lascia che si sfoghi. Quando la
prendono queste crisi di pianto bisogna solo lasciarla sfogare…”
Mai dedusse che Shizuka fosse
spesso preda di quelle crisi. Ma non poté chiedere nulla, perché Anzu si era
già incamminata. Così non poté far altro che seguirla, tenendo un braccio
attorno alle spalle di Shizuka, che continuava a piangere.
“Anzu sembra molto fredda. Eppure è evidente che anche lei vorrebbe scoppiare in lacrime, ma si trattiene. Cosa diamine è successo, qui a Domino, durante il periodo in cui non mi sono fatta viva? Spero che almeno Jou possa darmi le risposte che cerco…”
E continuò a seguire Anzu,
chiedendosi fino a dove sarebbero arrivate.
Mai fissava, senza capire,
l’edificio davanti al quale Anzu si era fermata. Si voltò verso l’amica.
“Che significa, Anzu? Perché mi
hai portata qui? Non dovevamo andare da Jounouchi?”
Anzu non rispose. Sembrava non
avere la forza per farlo. Al suo posto rispose Shizuka che, al fianco di Mai,
sembrava essersi un po’ ripresa.
“Esatto. Mio fratello si trova
qui.”
“Co…? State scherzando!? Che
significa…?!”
“Per favore, seguici. E non
chiederci nulla.”
Troppo sconvolta per protestare,
Mai seguì le due dentro l’edificio. Sopra l’entrata troneggiava un’enorme
scritta: OSPEDALE.
La prima cosa di cui si rese conto
Mai, una volta entrata, fu che tutti conoscevano le due ragazze. Ogni
infermiere o inserviente che incontrarono le salutò per nome. Questo
significava che le due frequentavano quel luogo da un tempo abbastanza lungo.
Man mano che avanzavano tra i reparti, Mai si sentì crescere dentro una grande
rabbia. Grande quanto la sua preoccupazione per Jou. Si avvicinò ad Anzu e
l’afferrò per un braccio, costringendola a fermarsi e a voltarsi.
“Anzu! Se non vuoi spiegarmi
perché diavolo Jou è qui, amen, lo scoprirò tra breve! Ma dimmi per quale
assurdo motivo non mi avete avvertita che si trovava in ospedale!! Va bene che
non mi sono fatta viva per un po’, ma pensavate che vi avessi dimenticati?!”
Anzu scosse la testa più volte. A
quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime, che cominciarono a scendere
copiose sulle sue guance.
“No, non è così! E’…E’ accaduto
tutto…più o meno due giorni dopo la nostra ultima telefonata, Mai…”
“Cos…? Vuoi dire che Jounouchi…è
qui dentro da cinque mesi…? Ma allora…Perché non mi hai chiamata subito, Anzu?!
Sarei corsa immediatamente!!”
“APPUNTO PER QUESTO!!!”
Ormai Anzu piangeva disperatamente.
A quel punto intervenne Shizuka, nuovamente sull’orlo delle lacrime. Mai
sembrava al limite di una crisi isterica.
“Non è colpa di Anzu, Mai…Tutti
noi amici abbiamo discusso a lungo se fosse il caso o meno di avvertirti. Alla
fine abbiamo deciso che era meglio tacere. Poi, il fatto che tu per un periodo
non ti sia più fatta viva, è stato provvidenziale…”
“Ma perché…? Perché tenermi
all’oscuro di tutto?!”
Shizuka ed Anzu si scambiarono un
veloce sguardo, tra le lacrime. Poi Shizuka avanzò di qualche metro, fermandosi
davanti ad una porta. Con la mano fece cenno a Mai di raggiungerla. La più
giovane deglutì a fatica. Poi, con gli occhi chiusi, disse:
“Perché temevamo…che non saresti
stata pronta…a questo…”
Shizuka aprì la porta e Mai la
seguì dentro la stanza. C’era un letto e, seduto sopra, un giovane che le
fissava, disorientato. Per quanto si sforzasse, Mai riuscì a pensare solo: “Io
non conosco questo ragazzo.”. L’aspetto era quello di Jou, ma la sua
espressione non poteva appartenere al ragazzo a cui si era tanto affezionata
appena due anni prima. Il giovane passò lo sguardo da lei a Shizuka.
“So…Sorella…Chi è questa donna? Il
mio nuovo medico?”
Mai rimase sconvolta.
“Jou…Jounouchi…?”
Mai fece qualche passo verso il
letto, ma si bloccò quando colse un guizzo spaventato negli occhi del giovane.
“Lei…Mi conosce? Io…Mi spiace…Non
ricordo…”
Mai, con le lacrime gli occhi, si
voltò verso Shizuka e Anzu. Entrambe tenevano il capo chino. Poi Shizuka la
guardò.
“E’ per questo che non ti abbiamo
detto nulla…E’ stata durissima per noi…Non volevamo che tu patissi le nostre
stesse sofferenze, forse più forti, visto l’affetto che nutri per lui…Mi
spiace, Mai. Mio fratello ha perso la memoria. Non ricorda assolutamente nulla.
Né di se stesso…Né di tutti noi…”
Mai era immobile, sotto la
pioggia. Cercava di mettere un po’ d’ordine nei suoi pensieri. Era andata a
Domino per sapere se aveva perso i suoi amici…E aveva scoperto che il più caro
di tutti aveva scordato completamente la sua esistenza.
In quel momento sentì una mano
posarsi sulla sua spalla. Si voltò, per trovarsi di fronte Anzu, che la
guardava con un triste sorriso.
“Vieni dentro, Mai. Ti prenderai
qualcosa, se resti sotto la pioggia…”
Mai, incapace di protestare, si
fece condurre all’interno da Anzu. Si sedettero su due poltroncine della sala
d’attesa, con due caffè fumanti tra le mani. Per un po’ stettero in silenzio,
mentre Anzu lanciava occhiate preoccupate a Mai. Poi, con un sospiro, iniziò.
“Mai…Ti chiedo davvero perdono…Mi
rendo conto che la cosa più giusta da fare era avvertirti. Ma tu avevi smesso
di farti sentire…E pensavamo che ti fossi fatta una nuova vita. Trovavamo
ingiusto darti una notizia del genere, che ti avrebbe fatto star male…”
“…E’ stata anche colpa mia. Mi
sarei dovuta far viva prima. Però ero impegnata e…temevo che a voi non
interessasse. Se solo avessi immaginato…Oddio…”
Mai scoppiò in lacrime. Si era
trattenuta fino a quel momento, ma non poteva resistere oltre. Il suo Jou, in
ospedale, in quelle condizioni…Che l’aveva dimenticata…Tutte le avventure
vissute insieme…Il sentimento che, con il passare del tempo, era nato e
cresciuto in loro…Un’amicizia che rasentava qualcosa di più…Tutto era stato
dimenticato.
Anzu le si avvicinò e l’abbracciò.
“Mi dispiace, Mai…”
Mai ricambiò l’abbraccio,
piangendo sulla spalla dell’amica. Anzu e Shizuka le avevano spiegato che un
giorno Jou era intervenuto per salvare un ragazzino che veniva maltrattato da
un gruppo di teppisti. Sfortunatamente i teppisti in questione erano gli stessi
con cui un tempo girava anche lui. Avendo diversi conti in sospeso con lui,
l’avevano massacrato di botte. Non fosse stato per l’arrivo di Yugi e gli
altri, gli avrebbero dato il colpo di grazia. Ma le ferite erano comunque
gravissime. A causa di una sprangata sulla testa, Jou era rimasto in coma per
quattro mesi. Poi, al suo risveglio, non ricordava più nulla.
“Anzu, perché Jou è ancora
rinchiuso qui dentro? E’ già passato un mese dal suo risveglio, no? Perché non
lo mandano a casa?!”
“Lo dimetteranno tra una o due
settimane. Hanno voluto aspettare che si riprendesse completamente dalle
ferite. E’ ancora in riabilitazione, inoltre hanno fatto vari accertamenti per
quanto riguarda la perdita di memoria.”
“C’è qualche possibilità che la
riacquisti?”
“…Finora non ha ricordato nulla,
neanche sua madre e sua sorella…Potrebbe riacquistarla tutti in un colpo solo,
ma…potrebbe accadere domani…come tra un anno…o mai…”
Mai stette zitta per un po’. Poi,
asciugandosi le lacrime, si alzò decisa e fissò Anzu.
“D’accordo, ho deciso. Verrò a
vivere qui.”
“Eh?”
“Voglio stare vicina a Jou. Voglio
essere vicina a lui quando guarirà. E, eventualmente, voglio costruire dei
nuovi ricordi con lui.”
“Mai, Jou ora non è più lo stesso
che conoscevamo…E’ cambiato completamente, e…”
Anzu s’interruppe. Mai la fissava
con occhi lucidi ma determinati.
“Jou è sempre Jou. E io gli starò
accanto.”
“Ma il tuo lavoro?”
“Al diavolo. Ne troverò un altro
qui. Anzu, voi tutti siete i miei più cari amici. E tra tutti voi, Jou è quello
a cui sono più legata. Come se fosse la mia famiglia. Non lo abbandonerò mai
più. Puoi starne certa.”
Anzu sospirò. Era evidente che Mai
era irremovibile. Poi, sorridendole, disse:
“In questo caso…Bentornata a
Domino, Mai.”
“Davvero, Mai? Hai deciso di restare
qui a Domino?”
“Esatto, Shizuka. Voglio rimanere
vicina a tuo fratello. E non importa se non recupererà la memoria. Farò in modo
di costruire nuovi ricordi con lui. E chissà…Magari, ricominciando da zero, il
nostro rapporto sarà migliore…”
La giovane guardò la donna con
titubanza.
“Ma Mai…Anch’io, all’inizio,
pensavo che sarebbe stato semplice…Bastava ricominciare tutto da zero. Ma non è
così, in realtà. Vederlo che ti guarda con occhi vuoti…Che ti parla come se tu
fossi una perfetta estranea…Che stenta a chiamarti sorella…E’ il dolore più
grande che si possa immaginare. Te lo posso assicurare…”
Mai accarezzò il capo di Shizuka.
“Devi aver sofferto moltissimo in
questi mesi…Mi dispiace di non essere stata qui per aiutare te e gli altri. Ora
farò anch’io la mia parte. E non importa se sarà doloroso. Comunque, io non
abbandonerò Jou. Non di nuovo. L’ho già fatto una volta…E guarda che è
successo…”
“…D’accordo, Mai. Ne sono davvero
felice.”
Le due si sorrisero. Poi,
respirando entrambe a fondo, entrarono nella stanza di Kazuya. Il giovane,
ancora steso sul letto, le guardò, di nuovo con quello sguardo smarrito.
“Sorella…Oh, c’è di nuovo quella
signora di prima…”
Mai strinse i denti e si avvicinò
al letto. Prima era scappata, ma non l’avrebbe fatto mai più.
“Ciao, Jounouchi. Come va?”
“Bene, grazie. E lei chi è,
scusi?”
“Beh…”
A quel punto si fece avanti
Shizuka.
“Fratellino, tu non la ricordi, ma
lei è Mai Kujaku, una nostra carissima amica. Tu e lei, un tempo, eravate molto
legati…”
“Oh, davvero? Mi spiace, io…non
ricordo…”
Mai gli sorrise dolcemente,
sforzandosi di non mostrare il suo dolore per quelle parole.
“Non ti preoccupare, non importa.
Vorrà dire che ricominceremo da capo. Piacere, Mai Kujaku. Finora sono stata
fuori città, ma d’ora in avanti verrò spesso a trovarti. Sempre che a te non
dispiaccia.”
Jou la fissò un istante, poi
ricambiò il sorriso. Shizuka si stupì non poco. Da quando si era risvegliato,
privo di memoria, aveva sorriso pochissime volte. Forse solo tre o quattro.
“Nessun disturbo, anzi. Ne sarei
felice.”
“Ottimo, boy! Vedrai che, in men
che non si dica, torneremo ad essere grandi amici!”
“Eh eh, lo spero proprio!”
Shizuka fissava la scena a bocca
aperta. Ora aveva persino riso! Non era mai successo! Guardò Mai. Si comportava
come sempre, sorridendo, mostrandosi allegra. Eppure, lei sapeva che dentro
stava soffrendo forse anche più di lei. Era davvero una ragazza straordinaria.
E forse era davvero l’unica in grado di far guarire il suo caro fratellino.
“Ti prego, Mai. Fallo ritornare quello di una volta…”
E fu così che Mai si stabilì a
Domino. Da quel giorno, prese a visitare Jou tutti i giorni. Passava ogni suo
minuto libero assieme al giovane, aiutandolo anche nella riabilitazione. Aveva
trovato un lavoretto part time come cameriera, in modo da avere il tempo di
stare con il giovane. Tutti gli altri avevano accolto con grande gioia la
notizia del suo ritorno e tutti confidavano in lei per la guarigione di
Jounouchi. Il giovane, dal canto suo, si trovava benissimo con la donna. Per
lui, dopo il risveglio, era sempre stato difficilissimo stare assieme a sua
sorella, sua madre e i suoi amici. Tutti cercavano di comportarsi allegramente,
ma i loro occhi tradivano una profonda sofferenza ed un grande disagio. Tutto
ciò rendeva più difficile il suo adattamento a quel mondo che gli era
totalmente sconosciuto. Solo Mai sembrava davvero felice, in sua compagnia.
Rideva, scherzava, si divertivano un mondo, insieme. Un sacco di volte Jou si
chiedeva se anche in passato era stato quello il tipo di rapporto che li univa.
Se anche in passato erano stati tanto amici. Ma non osava mai fare domande, per
non rischiare di vedere ancora quegli sguardi carichi di dolore.
Mai, dal canto suo, si sforzava in
ogni modo di non far trasparire il suo dolore. Mentre era con lui faceva di
tutto per ridere e mostrarsi allegra, ma ogni giorno, non appena tornava a
casa, scoppiava in un pianto liberatorio. Era davvero difficile vederlo in
quello stato. Era come stare con qualcuno che aveva il corpo di Jou, ma lo
spirito di qualcun altro. Perché nonostante passasse molte ore al giorno con
lui, sentiva davvero terribilmente la mancanza del SUO Jou. Ancor più di quando
viveva lontana da lui e non sapeva nulla.
Grazie alla costante vicinanza di
Mai e dei suoi amici, che un po’ alla volta si stavano abituando al nuovo Jou,
la riabilitazione proseguiva tranquillamente. Ormai il giovane era stato
dimesso da un pezzo, e viveva con la madre e la sorella. Più passava il tempo e
più facile gli risultava stare vicino a quelle persone. Soprattutto grazie a
Mai. Lei andava a trovarlo tutti i giorni, e lo portava fuori. Uscivano
insieme, andavano al cinema…E un po’ alla volta, Jou si rese conto di amare
quella ragazza. Vicino a lei provava sentimenti strani, profondi…Avrebbe voluto
passare al suo fianco ogni istante. E sperava di tutto cuore che per lei fosse
lo stesso.
Dal canto suo, Mai, continuava a
soffrire. Con Jou si divertiva, ma non era la stessa cosa. Quello non era il
SUO Jou. Nonostante ormai fosse in forma, la memoria non gli tornava, e
continuava ad essere un’altra persona. E lei questo non riusciva ad accettarlo.
Con lui si mostrava allegra, ma ancora continuava a piangere, quando si
ritrovava da sola, a casa, la sera.
Una sera, proprio mentre lei
sfogava il suo dolore, il campanello del suo appartamento suonò. Cercando di
rendersi presentabile alla svelta, Mai andò a controllare di chi si trattasse
e, dall’altra parte della porta, vide Anzu. Sospirò ed aprì, lasciando entrare
l’amica.
“Ciao, Anzu. Grazie al cielo sei
tu…”
Anzu squadrò l’amica più grande.
Era evidente che stava piangendo. Sospirò anche lei.
“Mai…Ormai sei al limite…Non
potrai andare avanti ancora per molto, in questo stato. Prenditi una vacanza,
vattene. Devi stare lontana da lui per un po’.”
“Anzu, ne abbiamo già parlato. Non
posso abbandonarlo. Sono la persona di cui si fida di più. Se me ne andassi
potrebbe avere una ricaduta. Lo sai bene.”
“Però, se continui così, prima o
poi crollerai! Non puoi farcela!”
“Stai tranquilla, io resisto. E
poi sono certa che presto lui recupererà la memoria. Ed allora tutti i miei
sforzi saranno ripagati…”
Anzu la guardò negli occhi, i suoi
pieni di lacrime.
“Mai…Sai bene che io ho sempre
appoggiato la tua teoria per la quale un giorno recupererà la memoria…Tuttavia…Ormai
è arrivata l’ora di guardare in faccia alla realtà. Sono passati 8 mesi…Ed
ancora non ha ricordato nulla. Devi cominciare a prendere in considerazione
l’idea che potrebbe rimanere così per sempre…”
Lo sguardo che fulminò Anzu era
carico di dolore. Era evidente che anche Mai se ne rendeva conto, ma non voleva
assolutamente arrendersi.
“Mai…Non capisci che lo dico per
te? Io comprendo perfettamente ciò che provi, però…”
“No. Tu non capisci, Anzu. Io
amavo Jou. Lo amavo sul serio. E lo amo ancora. Non ho mai amato qualcuno come
amo lui. Mai. Non posso arrendermi…”
Anzu la fissò con occhi sbarrati.
Era la prima volta in assoluto che Mai dichiarava una cosa simile. Tutti erano
sempre stati consapevoli dei suoi sentimenti per Jou, ma lei non l’aveva mai
ammesso apertamente. La giovane abbassò lo sguardo. Poi, prendendo un gran
respiro, cominciò a parlare, senza però guardare in volto Mai.
“Mai…In realtà…Io ti posso capire
davvero…Perché…Perché anch’io…Anch’io lo amavo…”
Per Mai fu uno shock. Anzu era
stata innamorata di Jou? No, non era possibile…
“Ma tu…Tu ami Yugi…L’hai sempre
amato…”
Anzu annuì.
“E’ vero. Io ho sempre provato
qualcosa per Yugi. Tuttavia…C’è stato un periodo in cui ho amato anche Jou. Anzi…se
devo essere del tutto sincera…E tieni conto che sei la prima persona a cui lo
confesso…Prima che accadesse…“l’incidente”…Io amavo Jou. Con Yugi la relazione
era andata male. E Jou mi aveva consolata…Finendo col farmi innamorare. Nel
periodo in cui è stato in coma, sono stata al suo fianco ogni giorno. Ma quando
si è svegliato, e non mi ha riconosciuta…Non ce l’ho più fatta. Andavo
ugualmente a trovarlo spesso, ma restavo poco, incapace di reggere quel suo
sguardo spaesato. Poi, quando ti ho vista, quel giorno…Mi sono detta che era
giusto così. Che eri tu la ragazza giusta per lui. Che solo tu avresti potuto
risvegliarlo. Perché, nonostante entrambi non riusciste ad ammetterlo…Per tutti
noi era più che evidente che eravate cotti l’uno dell’altra. E che formavate
una coppia perfetta, agli occhi di tutti. Mi sono rassegnata…Ma conosco bene il
dolore che si prova a vedere la persona che ami guardarti come si guarda un
perfetto sconosciuto…”
Mai continuava a fissare l’amica a
bocca aperta. Poi abbassò il capo.
“Io…Io credo che questa situazione
stia facendo soffrire tutti noi. Chi più chi meno…tutti stiamo soffrendo.
Perché tutti noi vogliamo molto bene a Jou. Io…Io però non me la sento di
abbandonarlo, Anzu. Anche se non è più il solito Jou…E’ comunque un ragazzo che
sente un disperato bisogno d’affetto. Quindi continuerò a stargli accanto.
Anche se forse, come dici tu…non tornerà mai ad essere il vecchio Jou…”
“…Però, Mai, forse tu non ti sei
resa conto di una cosa…Il Jou attuale…Quello che ti appare tanto bisognoso di
affetto…Ormai è completamente innamorato di te. Ti ama, e sicuramente prima o
poi te lo dirà. E allora tu come reagirai? Gli chiederai scusa, spiegandogli
che colui che ami davvero non esiste più? Gli spezzerai il cuore? Se ti dico
che è meglio porre subito un freno a questa storia, è per il bene di entrambi.
Sia il tuo che il suo.”
“…”
Anzu fissò Mai, che teneva lo
sguardo a terra.
“Ora io vado. Non considerarmi
male per ciò che ti ho detto. Voglio solo essere sicura che tu non soffra più
di quanto hai già fatto…”
E così uscì, chiudendosi la porta
alle spalle, e lasciando Mai da sola. La donna, ancora scossa per la
conversazione appena avuta, andò in cucina a bersi un the caldo, e ne
approfittò per accendere la radio. Un po’ di musica l’avrebbe aiutata a
sentirsi meno sola.
“Ed ora, signori e signore, ecco a
voi TAKING OVER ME, degli Evanescence!”
E mentre le note iniziali della
canzone risuonavano nell’appartamento, grosse lacrime ricominciarono a scorrere
sulle guance di Mai.
You don’t remember me
But I remember you
I lie awake and try so hard
Not to think of you
But who can decide what they dream?
And dream I do…
I believe in you
I’ll give up everything just to find you
I have to be with you to live to breath
You’re taking over me
La tazza piena di the bollente scivolo dalle mani di Mai, andando a frantumarsi in terra. E la donna, appoggiata al frigo, scoppiò in singhiozzi, esternando tutto il suo dolore.
Nonostante le parole di Anzu e
nonostante tutta la sofferenza, Mai continuò a vedere Jounouchi regolarmente.
Stare vicino a lui continuava a farle male, ma cercava di non pensarci e di
farlo sentire bene. Un giorno stavano passeggiando in un parco, durante uno
splendido tramonto. Jounouchi, dopo mesi e mesi di incertezze, aveva deciso che
era arrivato il momento di chiarire alcune cose. Così, non appena i due si
furono seduti su una panchina, il giovane prese la parola.
“Mai…Sai, in tutto questo tempo ho
avuto un dubbio che mi frullava per la testa, ed ora vorrei proprio chiarirlo…”
“Di che si tratta?”
“Ecco, vedi…Tu mi hai sempre detto
di essere stata mia amica, anche prima che perdessi la memoria, giusto?”
“Beh, sì, eravamo amici già da
prima.”
“Però…Quello che c’è ora tra noi…Non
so…A me sembra più di un’amicizia. E così…Mi chiedevo…Se per caso, già da
prima…io e te non fossimo qualcosa di più che semplici amici.”
Quella domanda, che a Jou sembrava
tanto innocente, ebbe la capacità di sconvolgere il già provato cuore di Mai. A
quelle parole, la giovane donna balzò in piedi, fissando con aria sgomenta il
giovane. Lui ricambiava lo sguardo, sorpreso.
“Mai, che succede? Ho forse detto
qualcosa di sbagliato?”
“No…No…Però…Perché mi fai una
domanda del genere, Jounouchi?”
Il giovane arrossì.
“B-beh, perché…Vedi…Il fatto è
che…tu…Tu mi piaci un sacco, Mai…Io sono innamorato di te. E volevo sapere…Se
questa situazione è nuova…O se sono sentimenti che mi porto dietro da prima di
perdere la memoria…O magari io e te un tempo stavamo insieme…Insomma, Mai, io
vorrei sapere cosa provi per me!”
Mai fissò con terrore il volto del
giovane. Le previsioni di Anzu si erano rivelate azzeccate. Ed ora lei si
trovava in una situazione a dir poco orribile. Se gli avesse detto di amarlo,
avrebbe mentito, perché la persona che amava davvero non era la stessa che
aveva di fronte. Tuttavia, se avesse detto di considerarlo solo un amico,
avrebbe mentito ugualmente. Perché nonostante tutto, lui era sempre Jou, la
persona di cui era veramente innamorata. Senza contare che gli avrebbe spezzato
il cuore…
“Bhe, Jounouchi, io…”
Mai si sforzò di sorridere, mentre
lo guardava.
“Ecco, effettivamente,
anch’io…Anch’io ti…”
Jou la fissava dritta negli occhi.
Con lo stesso sguardo che un tempo era appartenuto al Jou che lei amava più di
se stessa. Senza che potesse fare nulla per impedirlo, numerose lacrime presero
a sgorgarle dagli occhi. Era la prima volta che piangeva di fronte a lui.
Sentendosi improvvisamente priva di forze, crollò a terra, inginocchiandosi.
Jou subito le fu accanto, ma quando fece per abbracciarla, lei esplose.
“Mi dispiace!! Perdonami,
Jounouchi, ma io…Io…Io non posso…Non posso amarti!! Non amo te!! Io amo il Jou
di un tempo, quello che mi faceva impazzire di rabbia con la sua arroganza,
quello che non stava zitto un momento, che mi prendeva in giro, che mi faceva
dannare!! Ma che si precipitava a difendermi ogni volta che mi trovavo in
pericolo! Che mi guardava con occhi colmi di vita e di passione!! Io amo lui,
non posso amare te, perché tu…Tu…Tu non sei il Kazuya Jounouchi che noi tutti
conoscevamo e amavamo!!!”
Per alcuni lunghi, interminabili
istanti nessuno fiatò. L’intero parco sembrava essere immerso nel più profondo
silenzio. Poi, improvvisamente, Jou imitò Mai, crollando sulle ginocchia e stringendosi
la testa tra le mani. Mai lo fissò, preoccupata.
“Jou…”
“Ah…La…La testa…La testa mi sta
scoppiando…Aiuto, Mai!!”
Il giovane aveva preso a
contorcersi, sempre stringendosi la testa. Mai scattò in piedi.
“Jou! Jou, che ti succede?!
Rispondimi!!”
Il giovane non rispondeva. Lacrime
di dolore gli scendevano dagli occhi, mentre continuava a stringersi il capo.
Poi, improvvisamente, cessò di lamentarsi. Le mani che prima stringevano il
capo caddero lungo i suoi fianchi e lui crollò a terra, privo di sensi.
In lontananza si udivano sirene
suonare, e più vicino il vociare insistente di medici ed infermieri. Mai era
seduta in una saletta d’attesa, il volto nascosto tra le mani, le lacrime che
continuavano a scenderle dagli occhi. Improvvisamente udì il rumore di passi
svelti che si avvicinavano a lei e poco dopo una voce familiare.
“Mai, come sta Kazuya?!”
Shizuka era appena arrivata in
ospedale, accompagnata da sua madre e dagli altri amici. Mai li aveva avvertiti
tutti immediatamente.
“Shizuka…Non lo so…Non mi hanno
ancora detto niente…”
“Ma cosa è successo!?”
Mai alzò il capo, fissando gli
occhi in quelli di Anzu.
“Avevi ragione…Avevi ragione tu…”
Non riuscì a dire altro. Scoppiò
nuovamente in singhiozzi, incapace di continuare. Anzu si precipitò al suo
fianco, anch’essa con gli occhi colmi di lacrime.
“Non fare così, Mai…Non è colpa
tua…”
“Non ce l’ho fatta, Anzu…Non ho
potuto mentirgli…Io…Io…Io amo solo il mio Jou!! Non posso amare lui…Perché
lui…non è…Non è il mio Jou!!!”
“Shhh…Lo so, Mai…Tu non hai fatto
nulla di sbagliato…Stai tranquilla…”
Il discorso fu interrotto
dall’arrivo di un medico. Subito Shizuka e sua madre si precipitarono da lui.
“Dottore, come sta Kazuya!?”
L’uomo non rispose. Stette un po’
a testa bassa, poi chiese:
“E’ per caso qui una certa Mai?”
Subito la ragazza scattò in piedi.
“Sono io…”
“Vada in fondo al corridoio, per
favore, nell’ultima stanza a destra. Un collega le spiegherà tutto.”
Seppur sorpresa, la donna ubbidì,
mentre tutti gli altri fissavano con ansia il medico.
Mai seguì il corridoio ed arrivò
di fronte alla stanza in questione. Lì, un’infermiera stava compilando un
foglio. Quando la notò alzò il capo e sorrise.
“La signorina Mai?”
La giovane annuì.
“Bene. Si accomodi pure qui
dentro.”
E le indicò la porta di fronte
alla quale si trovarono. Leggermente titubante, Mai allungò una mano verso la
maniglia ed aprì. Poi, con fare incerto, entrò. Jou si trovava steso su un
letto di fronte a lei. Teneva gli occhi chiusi, ma non appena lei si fu chiusa
la porta alle spalle, li aprì, fissandola. Per qualche istante tra i due ci fu
solo silenzio. Mai sentiva il cuore scoppiarle in petto. Poi, improvvisamente,
Jou sorrise. Ma non era uno di quei sorrisi che negli ultimi mesi Mai si era
vista rivolgere un’infinità di volte. Era un sorriso che la giovane non vedeva
più da quasi due anni, ormai.
“Alla buonora, Mai! Cominciavo a
temere che ti fossi persa!!”
Mai fissava il giovane con occhi
sbarrati. Non osava nemmeno respirare, per paura di rovinare qualcosa, o di
rompere quell’incanto. Quel tono di voce…Quel modo di esprimersi…
“Ehi, ma che hai? Non mi dirai che
hai pianto?! Non ci credo!! Ah ah, la grande Mai Kujaku ha versato delle
lacrime!! E io che credevo che le streghe come te non piangessero mai…”
Gli occhi di Mai si spalancarono
ancora di più. Fece qualche passo incerto, avvicinandosi al letto. Poi, con
voce tremante, sussurrò:
“J- Jou…?”
Lui sorrise.
“E chi, sennò?!”
Poi, cambiando espressione e
mostrandole lo stesso identico sguardo rivoltole quando, durante lo scontro con
Malik, lei si era ricordata di lui, disse:
“Sono io, Mai…”
E la donna non riuscì a fare altro
che gettargli le braccia al collo, piangendo lacrime di gioia.
“Cosa? Ha recuperato la
memoria?!?”
Tutti fissavano il medico a bocca
aperta.
“E’ così. Evidentemente deve aver
subito un forte shock. Il suo vecchio se stesso, rimasto sopito in qualche
angolo remoto del suo cervello, ha avuto lo stimolo per venire fuori e riuscire
quindi a riprendere il controllo. Potete stare tutti tranquilli. Kazuya sta
bene ed è tornato quello di un tempo.”
Un urlo di gioia esplose nella
stanza, mentre tutti scoppiavano a piangere, ma dalla gioia, questa volta. E
mentre gli altri si abbracciavano contenti, solo Anzu si voltò in direzione del
corridoio.
“Ce l’hai fatta, Mai…Mi raccomando, ora…Rendilo felice…”
Mai continuava a piangere, il
volto affondato nel collo del giovane. Lui le accarezzava dolcemente i capelli,
sussurrandole qualcosa per tranquillizzarla.
“Su, non fare così, Mai…E io che
credevo saresti stata felice di rivedermi…”
“Stupido…Stupido…Non hai idea di
quanto abbia sofferto in tutti questi mesi…”
“Mi dispiace, Mai…Perdonami…”
Finalmente, Mai alzò il capo, per
guardarlo negli occhi. Si fissarono un po’. Poi lei, con un sorriso arrogante, gli
disse:
“Dovrai pagarmela molto cara,
ragazzino. Ho perso mesi interi per starti accanto ed aiutarti a guarire. Ora
mi devi davvero un bel favore…”
Lui ricambiò il sorriso. Per una
qualche strana ragione riusciva a ricordare tutto ciò che era accaduto in quei
mesi, compresa la dichiarazione di poche ore prima.
“E cosa dovrei fare, sentiamo?”
Lei lo fissò dritta negli occhi. E
mentre un sorriso infinitamente più dolce le si dipingeva sulle labbra,
rispose:
“Beh, come minimo dovrai rimanere
per sempre al mio fianco, Jou…”
E lui, ricambiando il sorriso,
rispose:
“Allora sarà un favore per
entrambi…Il migliore che tu possa farmi, Mai…”
E così dicendo la abbracciò,
baciandola con passione. Anche Mai ricambiò il bacio, mentre nelle menti di
entrambi si ripeteva un solo pensiero:
“Non ti abbandonerò mai più…”
FINE