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Autore: Whity    24/08/2013    3 recensioni
Magnus Bane non era una persona notoriamente mattiniera. […]Quel giorno, a destarlo dal proprio sonno, fu un rumore in cucina, come se qualcuno avesse spaccato un paio di piatti e altrettanti bicchieri. […]- Alexander – la voce di Magnus si era fatta severa come non credeva possibile – tu sei stato in giro per la città per tutta la notte?! Se ti ho dato quelle chiavi è perché tu potessi venire ad ogni dannata ora del giorno e della notte -.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note:è la mia prima incursione nel fandom – ma sono piena di idee, per vostra sfortuna :P – quindi temo ci siano tutti i limiti che lo scritto di una neofita può portar con sé. In ogni caso, spero sia di vostro gradimento. Il titolo si rifà ad una canzone dei Pretenders.
 
 
Magnus Bane non era una persona notoriamente mattiniera. Complice anche il fatto non avesse alcun ufficio nel quale recarsi, indugiava spesso sotto le coltri ben oltre il consentito e finiva per scendere dal letto solo quando il miagolio del Presidente Miao si faceva troppo insistente.
 
Quel giorno, a destarlo dal proprio sonno, fu un rumore in cucina, come se qualcuno avesse spaccato un paio di piatti e altrettanti bicchieri.
 
- Maledetto gatto – sbuffò, alzandosi e dirigendosi a controllare l’entità dei danni.
 
Quello che vide, però, lo stupì oltre il consentito.
Piegato in terra a raccogliere cocci sotto lo sguardo critico del gatto di casa stava nient’altri che …

- Alexander – mormorò – Che ci fai qui a quest’ora? -.
 
Il ragazzo alzò il viso di scatto, rivelando un paio d’occhiaie decisamente notevoli.
 
- Io – si mordicchiò un labbro, evidentemente nervoso – volevo prepararti la colazione, ma ho combinato un mezzo disastro – concluse con un sospiro.
 
Con un movimento delle dita i cocci scomparvero ed un paio di tazze di caffè fumante apparvero sul tavolo in tutta la loro gloria, accompagnate da qualche dolcetto.
 
- Non che non apprezzi il gesto – continuò lo stregone, stiracchiandosi e facendo cenno all’altro di sedersi – ma sei sicuro vada tutto bene? Hai l’aria di uno che è finito sotto la metropolitana… -.
 
Alec si sedette, prima di appoggiare la testa sul tavolo e concedersi un altro sospiro.
 
- Ero alla fondazione, con Isabelle e Jace. Io e Jace abbiamo…ehm discusso e alla fine me ne sono uscito sbattendo la porta – spiegò, sentendosi incredibilmente un idiota – Non sapevo dove andare e… -.
 
- Avete litigato alle sette del mattino? – lo interruppe lo stregone, evidentemente esterrefatto.
Lui a quell’ora non era nemmeno in grado di articolare qualche sillaba in fila…
 
- Ieri sera. Verso le undici… ma non volevo svegliarti e… -.
 
- Alexander – la voce di Magnus si era fatta severa come non credeva possibile – tu sei stato in giro per la città per tutta la notte?! Se ti ho dato quelle chiavi è perché tu potessi venire ad ogni dannata ora del giorno e della notte -.
 
Il ragazzo sembrò farsi più piccolo, mentre si affrettava ad annuire contrito.
 
L’altro si morse un labbro, prima di avvicinarglisi e passargli una mano sulla schiena.
 
- Sciocco – lo rimproverò bonariamente – Sai che non disturbi proprio mai – la mano arrivò a stringergli le spalle – ed un paio d’ore avrebbero giovato alle tue occhiaie. Ergo… - la tazza di caffè dello Shadowhunter sparì, sostituita da un paio di asciugamani ed un cambio d’abiti.
 
Alec parve non capire, quindi si limitò ad alzare il viso e squadrarlo confuso.
 
- Fila a farti una doccia, poi vieni a letto e dormi qualche ora – gli indicò una porta bianca – Forza! -.
 
Il ragazzo si chiuse in bagno, lasciando lo stregone da solo davanti ad una tazza di caffè. Ne prese un sorso e si concesse il lusso di chiedersi cosa potesse essere successo.
 
Erano passati solo tre giorni dal ritorno di Alec all’Istituto dopo la festa a Idris, ma non c’era nulla nell’aria che potesse anche solo suggerire allo stregone il perché di una tale baruffa. Peraltro l’amicizia che legava i due Parabatai non gli aveva mai dato l’impressione di essere così poco solida da portarli in un nulla a litigare e a sbattere porte d’ogni sorta. Aveva già assistito a diverse discussioni tra i due che si erano però risolte in capo ad un paio d’ore.
 
Chissà che diamine è successo…
 
- Grazie – la voce dello Shadowhunter lo distrasse di propri pensieri – suppongo di avere un aspetto migliore, adesso -.
 
“Sembri un gattino uscito dalla lavatrice” avrebbe voluto rispondere l’altro, che invece si limitò ad un sorriso sghembo prima di alzarsi a cingergli le spalle con un braccio.
 
- A nanna! -.
 
Quelle parole travolsero Alec in un modo che non credeva possibile.
 
- Max vieni, torniamo a nanna! -.
Alex lo aveva preso per mano e stava per ricondurlo in camera dove – con ogni probabilità – avrebbe dovuto spiegargli che Isabelle non era cattiva con lui, che era solo stanca. Che lui era un ometto, ormai, e che era certo potesse capire.
 
Si sciolse dalla presa dello stregone e rimase fermo davanti alla porta, con espressione sgomenta.
 
L’altro gli si avvicinò di nuovo, prendendolo per un polso ed avvicinandoselo.
 
- Alexander – la voce morbida di Magnus lo risvegliò da quello stato semi-catatonico, la mano libera dello stregone prese a carezzargli la spalla – andiamo a letto, forza -.
 
Si lasciò condurre sino in camera da letto, cercando di reprimere un moto di imbarazzo al pensiero di loro due nel letto. Insieme. Si stesero in silenzio uno di fianco all’altro, poco prima che Magnus gli si avvicinasse e gli sfiorasse la tempia con le labbra.
 
- Cerca di dormire un poco -.
 
La quiete durò poco, perché Alec – evidentemente a disagio e ben poco propenso a chiudere gli occhi – iniziò a muoversi irrequieto, attirando l’attenzione dell’altro.
 
- Cosa avevamo detto? Di cercare di dormire, Alec? – cercò di assumere un tono di voce vagamente canzonatorio, ma la verità era che fosse decisamente preoccupato.
 
L’interpellato si voltò su un fianco, l’espressione smarrita e colpevole.
 
- Io non dormo – mormorò – non… sì insomma, riposo ma non dormo… -.
 
Magnus si avvicinò e lo accolse tra le proprie braccia, prima di iniziare a disegnare forme circolari sulla sua schiena con una mano, con l’evidente intento di rilassarlo un poco.
 
- Come mai? – volle sapere, continuando imperterrito a carezzargli la schiena.
 
- Non ci riesco… - borbottò, affondando il viso nella piega del collo dello stregone – Jace dice che è per questo che sono intrattabile e nervoso… abbiamo iniziato a discutere per non so più nemmeno cosa, e lui se ne è uscito con queste perle di saggezza – concluse con voce sottile – onestamente, Magnus, non ne sentivo proprio il bisogno -.
 
L’altro annuì, interrogandosi sulle possibili ragioni di una tale mancanza di tatto da parte dello Shadowhunter, salvo poi ricordarsi che era di Jace che i due stavano parlando. Gli sfiorò la tempia con un bacio, sorridendogli dolcemente.
 
- Beh, questa volta vedremo di regalarti un paio d’ore di sonno Alexander – detto questo mosse il polso e il ragazzo iniziò a sentire la testa pesante.
 
- Ma cosa… - parve non realizzare subito, salvo poi capire e inspiegabilmente andare nel panico – No! Magnus no, per favor… -.
 
Crollò sfinito senza nemmeno riuscire a terminare la frase.
 
Piccolo…
 
Magnus rimase a guardarlo dormire per almeno una mezz’ora, poi sciolse delicatamente l’abbraccio che li legava e si diresse in cucina.
 
Puntuale come un orologio svizzero, il Presidente Miao lo attendeva di fianco alla sua ciotola.
 
- Non iniziare – il figlio di Lilith gli riempì rapidamente la ciotola – lasciamolo dormire in pace -.
 
Con uno schiocco di dita rimise in ordine l’appartamento, prima di decidere fosse tempo di sostituire i vestiti di Alec. Magicamente – era proprio il caso di dirlo – apparvero dei vestiti identici, senza strappi o toppe di sorta e lo stregone si affrettò a far sparire quelli vecchi.
 
- Sia mai che li recuperi dal cassonetto…  - mormorò tra sé e sé.
 
Un urlo angosciato interruppe le elucubrazioni dello stregone.
 
- Alexander – mormorò, affacciandosi alla camera da letto – Cosa… -.
 
La voce gli mancò, quando vide il ragazzo con gli occhi spalancati e il respiro irregolare, in preda ad un tremore che pareva incapace di controllare. Gli si avvicinò velocemente, prendendogli le mani tra le proprie.
 
- Alexander – lo Shadowhunter pareva insensibile a quel richiamo – Alec – ritentò.
 
Al secondo richiamo, l’interpellato si volse lentamente in direzione del mago, prima di mordersi un labbro e avvicinarglisi in modo che questi potesse abbracciarlo. Le braccia di Magnus lo accolsero subito, mentre col una mano gli carezzava la schiena sino ad arrivare alla nuca. Il ragazzo continuava a tremare, come vittima di un continuo spasmo che non sembrava disposto a dargli tregua.
 
- Cosa è successo, mh? – la voce dello stregone era un sussurro delicato – Cosa hai sognato? -.
 
Il ragazzo affondò il viso nel collo dell’altro, prima di prendere un respiro e accingersi a rispondere.
 
- Lui – mormorò, tremulo – Max… - concluse non riuscendo a trattenere un singhiozzo – Io te lo avevo detto che non era una buona idea dormissi, dannazione! – gli diede un pugno leggero sullo sterno.
 
Magnus rafforzò la stretta, prima di stendersi e farlo stendere a sua volta, continuando a stringerlo e a carezzarne la schiena.
Mai come quella volta Alexander gli sembrò giovane, innocente, totalmente diverso dal guerriero che era dovuto diventare.
 
- Lui – la voce del ragazzo ruppe il silenzio – era in biblioteca e… - tirò su col naso – e mi chiedeva perché non l’ho salvato, perché non li ho protetti, perché ho lasciato lui e Izzy da soli -.
 
- Alexander – la voce dello stregone era poco più d’un sussurro – lo sai vero che non hai colpa di quanto è successo? Né te, né tantomeno tua sorella? – si mosse per osservare in viso lo Shadowhunter – Purtroppo la guerra ci porta via le persone che amiamo ed è una cosa che dobbiamo imparare ad accettare -.
 
L’altro sospirò, mordendosi di nuovo il labbro.
 
- Non credo di farcela – mormorò – Ed è buffo perché sono sempre stato il fratello maggiore, quello che faceva attenzione non commettessero stupidaggini, quello che si prendeva una punizione dopo l’altra per coprir loro le spalle… -.
 
Magnus gli baciò una tempia.
 
- Lo so che adesso senti quest’assenza come un buco – iniziò – ma ti prometto che a poco a poco imparerai a conviverci – concluse, chiudendo gli occhi e chiedendosi quante persone avesse dovuto lasciare indietro, a quanti amici avesse dovuto dire addio.
 
- Tutto dove mi muovo, persino l’armeria, mi ricorda qualcosa di lui. Ieri mattina ho preparato la colazione e non mi sono accorto di aver messo una tazza di troppo. Fortuna che c’era Clary e l’ha usata lei, altrimenti avrei fatto la figura dell’imbecille… -.
 
- Non lo sei – quel flusso di pensieri venne interrotto per l’ennesima volta – e sai che ti dico? Ti porto via, qualche giorno – sorrise di fronte all’espressione confusa sul viso di Alec – lasceremo un messaggio a Maryse, capirà. Ce ne andiamo a fare una vacanza, io e te. Dove vuoi, ovunque tu voglia -.
 
Alec gli sfiorò le labbra con le proprie, mentre il caldo abbraccio di Magnus continuava a sostenerlo proteggerlo farlo sentire a casa.
 
- Sarai ancora qua – indicò il letto con un gesto del capo – quando mi sveglio? Magari posso provare a dormire ancora un poco… -.
 
L’altro annuì con un sorriso, prima di baciarlo.
 
- Spedisco un paio di messaggi e torno a letto. Promesso -.
 
- Mi fido di te – biascicò il ragazzo, prima di chiudere gli occhi e raggomitolarsi tra le coperte.
 
“Lo porto via da qui. Ha bisogno di stare un po’ lontano da questo posto” furono le parole che scrisse a Maryse.
 
Il messaggio che gli inviò la donna lo fece sorridere.
“Gli farà bene, ne sono certa. Te lo affido, Magnus Bane, e se solo provi a farlo stare male ti ritroverai chiuso in una cella dei Fratelli Silenti ancora prima di aver potuto infilare uno di quei tuoi orrendi stivali pitonati”.
 
Il mugugno indistinto proveniente dalla camera da letto lo fece voltare di scatto: quello che pensava fosse l’ennesimo brutto sogno era – con ogni probabilità – un accenno di dormiveglia. Si alzò dal divano e si stese di nuovo di fianco ad Alec, che gli rotolò contro, come se ne avesse percepito la presenza.
- Ma… - lo stregone gli carezzò la schiena, chiedendosi se il ragazzo stesse ancora sognando del fratello – Magnus… - l’interpellato sorrise, prima di intrecciare le loro mani.
 
- Sono qui,Alexander -.
   
 
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