Sam vedeva la sua immagine riflessa nello specchio. I capelli scompigliati gli coprivano il volto, conferendogli un aspetto trascurato. Le guance erano incavate, il colorito bronzeo era ormai scomparso, sostituito da un pallore cereo. Alzò la testa lentamente e i capelli si scostarono dal volto, mostrando i due occhi verdi, un tempo così brillanti, spenti ed infossati, cerchiate da scure occhiaie.
Dischiuse le labbra in un ghigno privo di gioia, denudando una chiostra di denti candidi.
La sua vita non aveva più senso. Persino Dean gli aveva voltato le spalle. Era un rifiuto. Né umano, né demone. Viveva in un’incessante sfumatura di grigio. Tutta la sua vita era stata grigia, priva di gioia, di colori… E grigia sarebbe rimasta, solo di una sfumatura ancora più cupa. Perché continuare a vivere così?
Sam non trovava risposta a tale domanda.
Prese la bottiglia di Whiskey scadente che teneva di fianco a sé,  bevve l’ultimo sorso ed alzò la bottiglia in aria, per poi schiantarla violentemente contro il  bordo del lavello.
Si ruppe in mille pezzi.
Si chinò.
Ne raccolse uno e si rialzò.
Lo fece passare lentamente sul polso nudo e indifeso, recidendo le vene, godendosi la sensazione. Si sarebbe finalmente tolto di mezzo. Nessuno poteva fermarlo, ormai. Nemmeno Dean. Non che lo avrebbe fatto. Sam era da sempre stato per lui una delusione. Il più grande fallimento della vita di Dean.
Non lo avrebbe deluso.
Non questa volta.
Sarebbe andato fino in fondo.
Tre tagli.
Passò all’altro braccio, in perfetta simmetria.
Primo taglio. Sentiva il sangue scorrere a fiotti.
Si distrasse. Una lunga linea zigzagata e profonda si aprì sul suo avambraccio. E il sangue iniziò a sgorgare.
Il mondo iniziò a vorticare.
Cadde a terra.
Sentì un fruscio continuato, che cresceva e cresceva, sempre più forte.
Udì una porta sbattere, in lontananza, un fruscio. Un’ombra gli passò accanto.
<< SAM!>>
Sempre più lontana era quella voce che tentava di tenerlo ancorato a quel mondo infelice. Era forse quella di Dean?
A Sam non importava più, ormai. Si lascio cullare dolcemente da quel fruscio lontano, fino ad essere sopraffatto dalle tenebre.
Solo.
Nell’oscurità.