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Autore: Macaron    24/08/2013    5 recensioni
“ E tu cosa saresti?” dice Sherlock arricciando il naso e svuotando il contenuto del suo retino nel secchiello.
La cosa in questione non è sicuramente una cosa ma questo è il massimo che Sherlock Holmes, undici anni, aspirante detective e pirata, riesce a dedurre sentendosi profondamente mortificato. La cosa in questione ha il corpo di un pesce, di un pesce abbastanza piccolo perché riesce a stare in una mano, e la testa di una personcina. Ha la testa piena di capelli biondi, anzi color sabbia bagnata, gli occhi azzurri come una persona e non come un pesce e al tempo stesso ha sicuramente una pinna o qualcosa di simile e molto pescioso."

Kid!lock Ponyo!Lock
Genere: Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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A sto giro il pippone va prima. Questa cosina nasce dal fatto che la rete è piena di fanart dedicate a crossover tra Sherlock e Totoro di Miyazaki e a furia di vederle e sbrodolare nei cuoricini mi sono chiesta se fosse possibile unire Sherlock e un film di Miyakazi che amo moltissimo, Ponyo sulla scogliera. La storiellina che segue è quindi liberamente ispirata al film in questione, e dico liberamente perché io Ponyo mica me lo ricordo più, non mi ricordo davvero la trama ma mi ricordo quello che ho provato all’uscita dal cinema, quella sensazione di calore. Questa storia è ispirata a quella sensazione. Giusto per avere un’idea visiva, per chi non l’avesse visto, Ponyo è questa  meraviglia. Spero che quel calore, quella sensazione davvero giusta arrivi.

 

A Nat perché mi ha sostenuta quando le scrivevo che questa storia non sarebbe uscita mai (bisogna vedere se è un bene o un male), e perché è speciale, è il genere di persona che tutti dovrebbero avere nel loro secchiello per guardarla e sentirsi meglio. I maremoti sembrerebbero molto meno complicati.

 

 

 

Sherlock Holmes non ama il Giappone. Non è colpa della lingua perché dopo due anni trascorsi sul suolo nipponico non ha più alcuna difficoltà con i tre alfabeti e i numerosi ideogrammi. Non è sicuramente colpa del clima perché nessuno vagamente intelligente, e Sherlock è molto di più di vagamente intelligente, avrebbe potuto preferire il clima londinese a quello mite e soleggiato della sua nuova residenza. Non è nemmeno colpa delle persone perché neppure in Inghilterra è mai riuscito a far amicizia con i suoi compagni di classe, non che questo gli dispiaccia, e almeno in questo caso può dare la colpa alla sua nazionalità e non a una certa mancanza di empatia. La verità è che in Giappone non succede niente. E’ vero ci sono i terremoti ma nessuno d’interessante studia i terremoti e sembra che siano già in grado di reagire senza bisogno del suo aiuto. La verità è che in Giappone, fatta eccezione per i terremoti giusto per essere corretti, non succede niente e Sherlock si annoia da morire.

Non succede niente a scuola dove i suoi compagni si limitano a imparare a memoria frasi, favolette e un’insieme d’informazioni assolutamente inutili. Non succede niente a casa dove sua madre rimane chiusa per ore in camera ad ascoltare musica classica e il padre non c’è mai, sempre impegnato nelle sue attività come diplomatico che sono poi il motivo per cui si sono trasferiti in quell’inutile stato. Non succede niente vicino a casa perché vicino a casa, vicino a Villa Holmes, non c’è niente di niente. Niente di niente, solo acqua, sabbia, sassi e un po’ di sterpaglia, tutto l’opposto di Londra che è grigia, piovosa, rumorosa, piena di strade, piena di cose, piena di tutto.

Il Giappone è sicuramente il posto più noioso di tutto il mondo, si ripete mentre scende fino alla spiaggetta privata di Villa Holmes dove ha deciso di recarsi per catturare qualche granchio su cui compiere un esperimento, prima che decidano di lasciarsi morire di noia anche loro. Il mare è calmo, complici gli scogli che circondavano la piccola baia, e l’acqua è tiepida sotto le dita di Sherlock ma di granchi nemmeno l’ombra, tutto inutile, altro tempo buttato. Se fosse stato a Londra in quel momento avrebbe potuto insistere con suo fratello Mycroft per farsi portare di nascosto su qualche scena del crimine, a Londra ci sono scene del crimine ovunque basta guardare un telegiornale, magari una di quelle più tranquille dove un bambino di undici anni possa passare inosservato. Se fosse stato a Londra ci sarebbero state un sacchissimo di cose interessanti da fare e invece è in Giappone e si ritrova a giocare svogliatamente con un secchiello ed un retino e tutto questo per colpa di un padre di cui fatica quasi a ricordare il volto. Siger Holmes era stato inviato nel continente asiatico due anni prima per lavoro e d’allora era sempre in viaggio, e questo rendeva stupido il trasferimento di tutta la famiglia secondo Sherlock perché poteva direttamente andarci solo lui insomma, sua madre era sempre chiusa in camera e suo fratello ripeteva frasi come “I sentimenti non sono un vantaggio.” Sherlock non sa se sia vero perché di sentimenti non ne ha mai provati per nessuno ma non sembrano molto divertenti, sembrano ingombranti, dolorosi e così umani. A Sherlock non piace essere umano, non gli piace sentire le cose, non gli piace provare le cose, lo fa sentire fragile, lo fa sentire come un bambino piccolo, lo fa sentire come in balia di qualcosa e non è per niente divertente. Lo fa sentire come in balia del mare che, mentre pensa a tutto questo giocando svogliatamente con il retino, sta aumentando violentemente la sua potenza, mentre le onde iniziano a schizzarlo violentemente.

Terremoti, maremoti e noia a quanto pare, pensa mentre raccoglie il secchiello e il retino trovandolo insolitamente pesante.

“ E tu cosa saresti?” dice Sherlock arricciando il naso e svuotando il contenuto del suo retino nel secchiello.

La cosa in questione non è sicuramente una cosa ma questo è il massimo che Sherlock Holmes, undici anni, aspirante detective e pirata, riesce a dedurre sentendosi profondamente mortificato. La cosa in questione ha il corpo di un pesce, di un pesce abbastanza piccolo perché riesce a stare in una mano, e la testa di una personcina. Ha la testa piena di capelli biondi, anzi color sabbia bagnata, gli occhi azzurri come una persona e non come un pesce e al tempo stesso ha sicuramente una pinna o qualcosa di simile e molto pescioso. Sherlock non ne sa molto di pesci, la sua insegnante a scuola ha provato a insegnargli qualcosa a riguardo ma se l’è subito dimenticata perché non c’è possibilità che quelle informazioni gli servano in futuro a meno che non si trovi a indagare su una scena del crimine all’interno del set dello Squalo, ma è abbastanza sicuro che i pesci non debbano assomigliare alle persone. Quel particolare pesce-personcina poi è incastrato in un vasetto di marmellata e pur essendo così piccolo e sicuramente fragile sembra particolarmente infastidito dal problema, come se volesse rompere il barattolo a testate. E’ la cosa più assurda e ridicola che Sherlock abbia mai visto e per un attimo è tentato di abbandonare il secchiello sulla spiaggia e tornare a casa perché sarebbe  più semplice, più semplice di pensare a se stesso come a un bambino pazzo che vede dei pesci-persone che probabilmente non esistono. Ma Sherlock Holmes non è un vigliacco e anche quando la realtà sembra metterlo alla prova lui non scappa per niente, perchè lui vuole diventare un pirata e i pirati sono coraggiosi, ed è uno scienziato e gli scienziati le analizzano le cose che non capiscono anche quando sono ridicole e hanno la testa infilata in un barattolo di marmellata.

Con delicatezza, non perché gli interessi  non far male alla cosa ma per non pregiudicare futuri esperimenti, estrae il pesce dal barattolo e questo si divincola furiosamente nella sua mano fino a quando non scivola nel secchiello. Qualsiasi cosa sia è un combattente, e se Sherlock non l’avesse visto unicamente come un esperimento, se Sherlock non fosse stato così poco umano gli sarebbe quasi piaciuto. Ma Sherlock è un bambino che non ha mai voluto animali domestici, a cui non piacciono le persone, fatta eccezione per i cadaveri, e che pensa di non essere capace di provare sentimenti così quella cosa non può piacergli, non può ascoltare quell’innaturale sensazione di calore che sente mentre lo fissa vorticare furiosamente nel secchiello, non può perché lui non funziona così, perché queste cose non succedono a lui, perché non va bene. Le cose non funzionano in questo modo per Sherlock Holmes, i sentimenti non funzionano, gli esperimenti funzionano. Trovare simpatico un pesce-persona minuscola non funziona, analizzarlo e scoprire che cos’è funziona.

“ Adesso ti porto a casa e vediamo cosa mi dice di te il mio microscopio.” Dice ad alta voce, sentendosi un po’ stupido perché in quel momento davanti a lui non c’è nessuno e sicuramente quella cosa non può sentirlo. Però poi il suo sguardo si posa sul secchiello e la cosa lo sta fissando e per essere così piccolo ha davvero degli occhi giganteschi e di un blu che non ha mai visto, almeno due toni più scuro del suo, e sembra che capisca, sembra che lo stia ascoltando e la cosa strana non è che un pesce-persona lo stia ascoltando quanto che qualcuno lo stia ascoltando, perché a casa nessuno lo ascolta mai, perché Sherlock non sa cosa significhi essere ascoltato davvero.

“ Ti chiamerò Jawn.” Dice al pesce-persona, e pensa che non sia sbagliato, che non sia assolutamente qualcosa di sentimentale, pensa che lo farebbe chiunque perché insomma è molto più comodo chiamare un esperimento con un nome, è più veloce, è più pratico. Lo farebbe chiunque, non c’è nulla di strano. “ Ti chiamerò Jawn perché ti ho trovato in un barattolo di marmellata e il nome Jawn mi fa pensare alla marmellatae agli sbadigli e tu sei la prima cosa che non mi fa sbadigliare.” Dice così e per un attimo gli sembra che Jawn gli sorrida giusto un pochino. Sherlock sorride e inizia a camminare verso casa, non pensa che è praticamente la prima volta che sorride da quando sono arrivati in Giappone.

 

 

 

 

 

Qualche giorno prima. Molte molte leghe sotto i mari.

 

 

Jawn, prima di essere Jawn e prima di avere un qualsiasi nome, viene al mondo insieme a un altro centinaio di pesciolini come lui. Non ha nulla di diverso dai suoi fratelli e dalle sue sorelle, sono tutti assolutamente uguali per lo Stregone del mare, non sono nulla, non sono pesci, non sono persone, sono esperimenti, ibridi di un mondo sommerso che ancora non sa dove andrà a finire. Pesci-persona, ibridi, come in passato sono state le sirene, come in passato sono state un sacco delle creature create dallo Stregone del mare. Ibridi, esperimenti mal riusciti, mai venuti davvero alla luce. Esperimenti di cui nessuno s’interessa, esperimenti a cui nessuno importa, esperimenti di cui nessuno sa niente e che nel migliore dei casi diventano materiale per leggende, per storie, per racconti in attesa di qualcosa di meglio, di qualcosa che riesca davvero a dare spessore al mondo sottomarino. Non sono nulla, per lo Stregone del mare, non esistono ancora se non nella prospettiva futura, non sono nulla. In questo nulla viene al mondo Jawn, destinato ad essere unicamente di passaggio, ad essere dimenticato nel migliore dei casi, perché non è nulla, perché a nessuno importa davvero di lui nemmeno ai suoi fratelli e alle sue sorelle che si limitano a nuotare passivamente in cerchio e giocare tra loro. In questo scenario viene al mondo Jawn e basta un semplice barattolo, un barattolo scivolato troppo in profondità in degli abissi dove il mondo degli umani non arriva mai, un barattolo scintillante a trasportarlo in qualcos’altro. Basta un barattolo, un barattolo di marmellata, per trasportarlo in un mondo dove può essere tante cose ma sicuramente non è insignificante.

 

 

 

 

Villa Holmes è enorme e Sherlock ha sempre pensato che i suoi genitori l’abbiano scelta così grande proprio per evitare di doversi incontrare con i figli, perché più è grande una casa meno dev’essere grande il legame. Villa Holmes è enorme e Sherlock riesce facilmente ad arrivare nella sua stanza senza che nessuno, nemmeno la domestica, lo noti. L’indomani probabilmente suo fratello gli farà la predica per aver bagnato tutto il pavimento, il secchiello in cui ha deposto Jawn è pieno fino all’orlo e lui non riesce a trasportarlo senza sgocciolare in giro, ma per adesso nessuno si accorge di lui, per adesso è come se non ci fosse e se in passato quando era solo un bambino piccolo questo era un problema, era addirittura doloroso, adesso è solo un vantaggio. Nessuno lo vede, nessuno l’ha mai visto veramente.

Sherlock lancia distrattamente le scarpe in un angolo, i suoi genitori hanno insistito per avere quell’inutile pavimento con i tatami2 lmeno nelle camere da letto e tatami e scarpe non vanno minimamente d’accordo, e appoggia il secchiello sul tavolo a fianco al suo microscopio e al notebook che ha ricevuto per natale. Jawn ha smesso di girare freneticamente nel secchiello e sembra guardarsi intorno, come se riuscisse a cogliere qualcosa oltre al nulla che lo circonda.

Sherlock si mette i guanti, troppo grandi per lui perché si è rifiutato di acquistare quelli da bambini o da donne visto che non è sicuramente nessuna delle due cose, e immerge la mano nell’acqua salata. Il pesce-persona si ritrae, per quanto sia possibile farlo all’interno di un secchiello, schiacciandosi contro un bordo e corrucciando un pochino l’espressione.

“ Sto cercando di prendere un pezzettino di te. Non voglio farti male, devo solo prendere una di quelle tue squame e analizzarla. Poi proverò a prelevarti un po’ di sangue. Ti farà male in realtà ma non tanto male. “ Sherlock non è sicuro che quelle cose strane sul corpo del pesciolino siano davvero squame, la lezione di biologia sui pesci era così noiosa, ma pensa che nemmeno l’altro lo sappia quindi possa provare a bleffare un pochino. All’inizio pensa di dirgli che andrà tutto bene e che vuole solo fargli le coccole, i bambini fanno le coccole agli animaletti l’ha visto alla televisione, ma Sherlock odia quando i grandi lo trattano come se fosse solo un bambino e si sentono autorizzati dall’età a trattarlo da stupido e pensa che quel suo bizzarro esperimento meriti almeno un po’ di onestà, meriti di meglio di quello che ha avuto lui.

Jawn si sposta dal bordo del secchiello e si avvicina nuotando alle sue dita e il contatto tra la sua mano e il corpo del pesciolino è qualcosa di assolutamente surreale. L’acqua sotto le sue dita è fredda eppure quel corpicino è caldo e i movimenti che compie, nonostante tremi un po’ e questo si percepisca anche dall’acqua che vibra in superficie, sono sicuri contro la sua mano, come se capisse, come se non avesse paura. Non voglio farti del male, vorrebbe dirgli Sherlock mentre lo fissa e i suoi occhi incrociano quelli di Jawn che sembrano enormi se confrontati con tutto il corpo. Non vuoi farmi del male, sembrano dirgli quegli occhi, lo so. Quel contatto, quello sguardo è sicuramente la cosa più intima che abbia mai vissuto in tutti gli undici anni della sua vita e se Sherlock non fosse uno scienziato si farebbe intenerire dal momento, ma non può perché non fa parte del suo essere così senza interrompere il contatto visivo preleva una piccola squama dal corpo del pesce. Jawn non smette di guardarlo, non abbassa lo sguardo, non trema neppure anche quando gli fa palesemente male. E’ coraggioso, è un combattente, ed ha gli occhi più blu che Sherlock abbia mai visto.

Il resto del pomeriggio scorre senza eventi particolarmente rilevanti. Sherlock si perde nell’analisi della squama del pesce-persona, ed è tristemente costretto a riconoscere che essere un bambino in questo caso è uno svantaggio perché anche se è un bambino particolarmente geniale molte cose semplicemente non le conosce. Fuori le onde del mare sembrano essere quasi impazzite ma lui nemmeno le ascolta perso nei suoi pensieri, nelle sue analisi. Ogni tanto il suo sguardo si posa sul secchiello sul tavolo. Ogni tanto Sherlock è tentato di guardare all’interno di quel secchiello, è tentato di controllare come possa stare, è tentato di guardare cosa sta facendo, è tentato di provare a dargli qualcosa da mangiare perché magari sta morendo di fame e lui non lo sa. Ogni tanto è tentato di vedere semplicemente se è vivo e sono proprio quelli i momenti in cui digita più freneticamente sul suo computer perché non è così che lui è fatto, perché quello è un esperimento curioso e folle e degli esperimenti lui non si è mai curato non può certo iniziare adesso. Non funziona così, non può funzionare così, se inizia ad interessarsi adesso a un qualcosa che nemmeno dovrebbe esistere in natura, se inizia a provare una simpatia, a provare qualsiasi cosa per un qualcosa che nemmeno dovrebbe esistere il suo cervello rischia d’incepparsi e d’andare in corto circuito. Non funziona così, lui non funziona così e non sa se può funzionare in altro modo.

“ Concentrati Sherlock, concentrati. Cerchiamo di capire cos’è quel coso!” Sbotta esasperato girando per l’ennesima volta le rotelle del microscopio.

“ Sherlock?”

Sherlock si gira di scatto rivolto verso la porta ma la stanza è ancora ben chiusa. La sua stanza a Villa Holmes è al secondo piano ed è abbastanza difficile che qualcuno si sia arrampicato rasente alle mura per chiamarlo da fuori. Non vale nemmeno la pena di controllare, in ogni caso difficilmente qualcuno rischierebbe la vita solo per parlargli.

Probabilmente i suoi sensi l’hanno tradito, quelli, la mancanza di cibo e la troppa attenzione che ha riversato su una squama. Probabilmente nessuno ha detto niente.

“ Sherlock?”

Probabilmente qualcuno ha detto qualcosa in quel momento e nonostante sia tutto assurdo, più che assurdo, più che assurdo anche per uno che ha vissuto la sua giornata, quel qualcuno non può che essere all’interno del secchiello.

Si allontana dal microscopio e avvicina il viso al secchiello. Jawn è ritto e lo sta fissando con i suoi occhi attenti e curiosi.

“ Oh andiamo è ridicolo, è più che ridicolo! Non puoi parlare!” Sbuffa in direzione di quella cosa strana che lo sta osservando.

“ Sherlock?” ripete il piccolo pesce persona. Una domanda, sembra una domanda ma potrebbe anche essere un’affermazione, un richiamo.

Ok quella cosa sta indubbiamente parlando e sta parlando con lui. E’ impossibile ma sta succedendo quindi anche a costo di mandare la sua mente in corto circuito è così e deve accettarlo. S’avvicina ancora al secchiello e adesso il suo viso è a pochi centimetri dall’acqua. Jawn lo studia per qualche istante, ed è buffo con la fronte tutta corrugata e a Sherlock verrebbe quasi da ridere se non fosse ancora tentato d’allontanarsi e non tornare più, e poi si sporge in superficie il suo minuscolo naso sfiora la pelle del bambino.

“Sherlock!” Ripete e la sua voce è più chiara, limpida. Ripete e questa volta non è una domanda, non è una richiesta, non c’è esitazione, sembra solo felice.

“ Ok puoi definitivamente parlare.” Si sente stupido a costatare l’ovvio, non è il genere di cose che Sherlock Holmes è abituato a fare, ma è disposto a perdonarsi vista l’eccezionalità della situazione. Insomma nemmeno i bambini geniali si trovano spesso ad incontrare dei pesci-personcine parlanti, nessuno può aspettarsi un atteggiamento completamente razionale.

Jawn si sporge ancora in superficie, sembra che non abbia problemi a respirare sia sott’acqua che fuori dall’acqua e questo è sorprendente ed è ancora più sorprendente che a lui non sia venuto in mente di verificarlo prima, e sorride di nuovo e sembra che davvero capisca quello che lui sta dicendo. Jawn si sporge ancora in superficie e avvicina il viso  e quella sorta di zampine o piccole pinne anteriori che possiede alle dita di Sherlock, che sono appoggiate sul bordo del secchiello, e si aggrappa a lui e in quel momento il cuore di Sherlock Holmes perde un battito. Jawn si aggrappa al suo dito e continua a sorridere mentre lo vede arricciare un po’ il naso, perché non sa cosa fare,  il grande Sherlock Holmes non ha idea di cosa fare in questo momento, e lui si rende conto per la prima volta di non aver idea di come tornare indietro, di come sia possibile tornare a dieci minuti prima quando era ancora al microscopio ad analizzare una squama. Jawn si aggrappa al suo dito e Sherlock si chiede come sia possibile tornare a pochi minuti prima, a quando era solo un esperimento, era solo uno scherzo della natura d’analizzare e non un esserino attaccato al suo dito che ripete il suo nome e gli sorride e lo guarda come se capisse quello che dice, lo guarda come se fosse fantastico quando nessuno l’ha mai guardato in alcun modo.

“ Ciao.” Sussurra piano e Jawn stringe più forte il suo dito.

 

 

 

 

 

Sherlock non sa quanto tempo sia passato da quando Jawn si è attaccato al suo dito. La domestica è venuto ad avvisarlo della cena ma lui ha rifiutato di presentarsi e a nessuno è sembrato importare. Suo fratello Mycroft non è ancora tornato a casa, e Sherlock annota mentalmente che è un comportamento poco comune per lui, e sua madre non cena mai con loro quindi poco importa che salti un pasto. E’ rimasto nella sua camera a parlare con Jawn per ore, ore in cui il microscopio è rimasto abbandonato sul tavolo, ore in cui non ci sono stati esperimenti, non ci sono stati campioni prelevati e dati analizzati, ore in cui ci sono state solamente parole. Sherlock Holmes ha parlato come non aveva mai fatto in tutta la sua vita ed è stato ascoltato, ascoltato per davvero non da qualcuno pronto a rivolgergli una frase caustica o rimproverarlo per la sua mancanza di educazione. Sherlock ha parlato, è stato ascoltato ed ha ascoltato a sua volta ed era convinto di non essere capace a farlo, di non essere capace a prestare attenzione a qualcun altro non perché è un potenziale esperimento ma solo perché gli piace ascoltare il suono della sua voce anche quando dice cose poco interessanti. In realtà quello che dice Jawn è tutto straordinariamente interessante, anche quando si tratta delle cose più normali e in questo c’è qualcosa di quasi destabilizzante. Jawn non sa parlare bene e Sherlock ha abbandonato presto gli appunti dove sperava di annotare informazioni sul suo popolo, sulla sua razza, su dov’è venuto e cose simili, però sembra capire benissimo tutto quello che dice Sherlock e ogni volta che gli sorride sgrana gli occhi e annuisce come se fosse la persona più intelligente del mondo e ripete le sue parole annuendo e tutto questo dovrebbe sembrargli davvero tanto stupido ma non gli sembra stupido per niente. Jawn ripete quello che Sherlock dice e fa delle domande, e sono quasi sempre le domande giuste le domande a cui Sherlock da solo non è riuscito a pensare, e prova a rispondere e prova a fare conversazione e l’unica cosa che davvero Sherlock prova è calore. Non si è mai sentito così a casa con qualcuno, non si è mai sentito così al caldo.

“ Il Giappone è stupido lo sai, Jawn?” Dice Sherlock guardando fuori dalla finestra della sua camera. “ Magari in una vera città succede anche qualcosa d’interessante, tipo a Tokyo, ma questo paese è stupido. Amanohashidate3 è stupido, ci sono solo pescatori e acqua e sì lo so che a te piace l’acqua ma è noiosa lo stesso. Non c’è niente d’interessante, Jawn.”

“ C’è Sherlock. E’ interessante perché c’è Sherlock.” Risponde il piccolo pesce-personcina e lui si trova ad arrossire fino alla punta delle orecchie. Nessuno l’ha mai definito interessante, geniale a volte ma mai interessante perché in quella parola c’è una certa familiarità a cui non è abituato, e si chiede come sarebbe potuta essere la sua vita con un amico che lo ritiene interessante. Si chiede come possa essere la vita di qualcuno che non ha problemi a dire quel genere di cose, che non ha problemi a rapportarsi con quella spontaneità, che non dice cose gentili solo quando sa che può ottenere qualcosa. Sherlock non è mai stato così e nelle sue barriere, nella sua freddezza si è sempre sentito a suo agio, non l’ha mai vissuta come un impedimento ma solo come una protezione però mentre Jawn gli dice che è interessante si chiede come possa essere l’alternativa. Non la rimpiange, non rimpiange di aver fatto scelte diverse, di essere una persona diversa ma il pensiero lo sfiora ugualmente per qualche istante.

“ Sherlock! La domestica mi ha detto che non hai mangiato.” La voce di Mycroft irrompe nei suoi pensieri mentre il fratello spalanca la porta della camera e lui rapidamente copre il secchiello con la sua giacca.

“ Pensavo che non fosse necessario, pensavo che mangiassi tu per entrambi. A vederti sembra che tu l’abbia fatto.”

Mycroft risponde con uno sbuffo. Si comportano così loro, è questo il loro modo di comunicare. Rimproveri, frasi sarcastiche, prese in giro, nulla di più intimo di questo.

“ Sei stato chiuso nella tua camera tutto il giorno? Sherlock non è sano, dovresti uscire.”  Mycroft gioca a fare il fratello maggiore premuroso e Sherlock si chiede quanta verità ci sia in quella preoccupazione così affettata. Squadra il fratello e in lui riconosce qualcosa che non è abituato a vedere.

“ Come mai sei sudato? Tu non sudi mai, Mycroft. Tu non ti muovi mai a meno di non essere obbligato.”

“ Sherlock, si tratta di Siger, di nostro padre. Ti ricordi vero che era impegnato in un viaggio di lavoro in nave, vero?”

Sherlock annuisce, l’informazione gli è familiare, qualcuno deve avergliela riferita e lui deve aver provveduto ad archiviarla perché insomma che suo padre sia in casa o che sia sulla luna è assolutamente indifferente.

“ Hai visto che tempo fa fuori? Sembra che ci sia stato uno tsunami a sud e la nave dove viaggia nostro padre è scomparsa.” La voce di Mycroft ha un’esitazione, ha un tremore, ha un fondo di sentimento che è così distante da suo fratello da fargli quasi paura.

Sherlock si chiede come una nave possa scomparire. Non è una favola la loro vita, non è un film, non c’è un triangolo delle Bermude, le navi non scompaiono. Non ha senso. Sherlock si chiede come una nave possa scomparire, come possano scomparire le persone e si chiede se tutti i figli delle persone su quella nave non provino nulla alla notizia del padre scomparso.

Mycroft continua a parlare e lui non sente nulla. Mycroft continua a parlare e Sherlock annuisce e aspetta che se ne vada. Quando la porta della camera sbatte corre a togliere la giacca dal secchiello e Jawn è ancora lì e sta bene e lo guarda un po’ imbronciato e innervosito ma è ancora lì e questo è quello che importa.

“ Fame!”

Sherlock arriccia il naso. Non ci ha pensato. Non pensava che quella creaturina potesse avere fame. Non ci ha pensato perché non ha mai dovuto pensare a qualcun altro. Non si è mai dovuto occupare di qualcuno, non ha mai avuto qualcosa che fosse solo suo. Più del violino, perché tutti gli Holmes suonano uno strumento e l’unica scelta che ha avuto in quel caso è stata quale, più del microscopio, più del computer che gli sono stati regalati e in cui hai visto non solo un oggetto ma anche la pretesa di un certo comportamento, di una certa dimostrazione d’affetto. Non si è mai dovuto occupare di qualcosa, di qualcuno, non ha mai avuto qualcosa che fosse solo suo. Non ha mai voluto che qualcosa fosse solo suo.

“ Fame?  Ma sei stato senza mangiare solo per una decina di ore, com’è possibile che tu abbia già fame?”

“ Sherlock! Fame! ” John incrocia quella cosa strana che dovrebbero essere un misto tra delle zampine,delle pinne e delle mani tutto corrucciato. E’ buffo e Sherlock si domanda come sarebbe se fosse una persona vera. Sherlock pensa a un Jawn dai capelli biondo sabbia, gli occhi blu e un po’ più piccolo del normale. Pensa a un Jawn che lo ascolta con gli occhi sgranati, che lo segue con lo sguardo quando parla e con le gambette quando deve andare da qualche parte e che ogni tanto sbuffa quando Sherlock si dimentica di lui perché è troppo preso dai suoi esperimenti e punta i piedi e non ha paura di dirgli quello che gli da fastidio. Sherlock pensa a quel Jawn e non riesce a trattenersi dal sorridere.

“ Ti piacciono i biscotti al burro, Jawn?”

 

 

 

 

 

“ Penso che riguardi te, sai?” Sono le due del mattino passate e Sherlock è sdraiato nel suo futon4 con una mano appoggiata nel secchiello al suo fianco.

“ Penso che riguardi te questo maremoto. Ho guardato sul computer prima mentre sembravi dormire.” Jawn si è appisolato dopo aver mangiato due biscotti al burro, contenenti probabilmente l’apporto calorico sufficiente per una balena più che per un pesce-personcina, e Sherlock ha riso a vederlo sbandare nel secchiello. “ I maremoti sono frequenti in Giappone ma non con questa potenza e non così diffusi. Non ci sono casi che ne parlano, non ci sono mai stati così penso che riguardi te. Penso che il mare si stia ribellando perché te ne sei andato, sai?”

“ Penso che mi stia venendo a prendere.”  Dice Jawn quasi in un sussurro.

Sherlock annuisce. Ha pensato la stessa cosa. Non ha senso e al tempo stesso ha senso. Il mare lo sta venendo a prendere perché lui l’ha portato via. Intere città stanno rischiando di venir travolte dalle onde perché in un secchiello nella sua camera c’è un pesce-persona e non dovrebbe essere lì. Suo padre potrebbe non tornare a casa, tanti padri, perché nella sua stanza c’è un pesce-persona. Dovrebbe dispiacersi per la cosa, dovrebbe prendere il secchiello e correre fuori dalla Villa e lasciarlo andare, rovesciare tutta l’acqua in mare e aspettare e vedere cosa succede. Una brava persona lo farebbe, un bravo bambino lo farebbe. Sherlock rimane immobile al buio.

“ Sherlock?”

“ Sì, Jawn?”

“ Mi piacciono i biscotti al burro. Non ci sono biscotti al burro da dove vengo io.”

Dovrebbe uscire di casa e riportarlo in mare, lo sa benissimo non è uno stupido è Sherlock Holmes maledizione e lo sa anche Jawn. Dovrebbe uscire e lasciarlo tornare a casa, dovrebbe farlo, lo sa anche Jawn che è l’unico modo per far tornare tutto a posto. Lo sanno, non sono stupidi, e anche se è solo uno strano esperimento anche Jawn deve capire la gravità della cosa, dev’essere così. Ci sono delle vite in ballo, probabilmente. C’è tutto il dannatissimo Giappone. Uno stato per un pesciolino incastrato in un barattolo, non ha senso, non dovrebbe nemmeno pensarci.

“ Mi piacciono i biscotti al burro, Sherlock” ripete Jawn e si stringe al suo dito.

Il Giappone intero non sembra davvero valere di più di quel contatto, più di un pesce in un barattolo.

 

 

 

 

Sherlock non pensava che potesse piovere così tanto. Nei libri che ha lui, o meglio nei libri che ha trovato nella biblioteca di famiglia, il clima del Giappone viene descritto diversamente. Non si parla di piogge così violente da ricordare le alluvioni americane o il diluvio universale (a cui Sherlock non crede perché anche se è pronto a mettere in dubbio tutto il suo mondo per un pesce in un barattolo non è sicuramente pronto ad accettare pagine e pagine di baggianate religiose), non si parla di onde alte come case, non si parla di tsunami che sembrano non finire mai e un cielo così scuro da sembrare un buco nero. Sherlock non sa nulla di stelle e pianeti ma pensa che il cielo non debba essere così nero, pensa che un cielo così nero debba far tremare dalla paura e al tempo stesso si chieda come possa avere paura quando accanto a lui, in un secchiello di plastica colorato, c’è Jawn. Jawn adesso, non più solo l’esperimento, non più solo il pesce-personcina. Jawn che gli si stringe al dito e beve ogni sua parola mentre gli dice che non deve preoccuparsi di quel cielo scuro, e nemmeno della pioggia perché è solo acqua che arriva dalla parte sbagliata per lui, e intanto si mette quell’orrendo impermeabile giallo che suo fratello gli ha comprato unicamente per indispettirlo ma che per la priva volta gli sembra una risorsa. I telegiornali, prima che la televisione iniziasse a saltare, l’hanno detto chiaramente: il Giappone è in ginocchio. Nel giro di poche ore i fenomeni atmosferici che si sono abbattuti sullo stato hanno reso impossibili trasporti, comunicazioni e la semplice vita delle famiglie. Per un paese che ha affrontato e superato con coraggio e tenacia lo tsunami dell’ 11 Marzo di qualche anno prima quello che sta accadendo in questo momento è qualcosa di sconvolgente e terribile. I telegiornali hanno ovviamente raccomandato a tutti di non uscire di casa, di cercare rifugio ai piani superiori degli edifici e di attuare i piani di emergenza consigliati per le catastrofi naturali. Nessuno si azzarderebbe a mettere il naso fuori dalla porta della sua abitazione, nemmeno se ne andasse della sua vita, ma è anche vero che al mondo non esiste nessun’altro Sherlock Holmes e che nessuno ha un pesce-personcina in un barattolo che deve proteggere, che deve portare al sicuro. Le onde del mare lo stanno cercando, l’ha detto a Jawn quando ha cercato di spiegargli il motivo per cui non potevano stare a casa al calduccio, e non si fermeranno fino a che non l’avranno trovato. Villa Holmes è sopra alla scogliera ma è comunque troppo vicina, è troppo vicina a quelle onde e Sherlock non può correre il rischio che le onde lo trovino e lo portino via, per questo devono uscire, devono mettersi l’orrendo impermeabile giallo che gli ha comprato Mycroft, sfidare la pioggia e andare nel punto più in alto che conosce. Non sa ancora cosa faranno quando saranno lì, non potranno salire per sempre e prima o poi il mare si mangerà tutta la città e li raggiungerà, ma Jawn gli dice che la sua idea è fantastica mentre gliela espone e gli dice che con lui non ha paura di niente e Sherlock pensa che qualcosa prima o poi gli verrà in mente, che qualcosa gli dovrà venire in mente per forza.

La pioggia è incessante, il cielo è scuro e sta battendo i denti dal freddo (chissà se mangiare di più come gli consigliava sempre suo fratello avrebbe aiutato in questa situazione? Chissà se sarebbe stato più forte? Chissà se una persona più forte avrebbe camminato più veloce?) ma Jawn canticchia qualcosa di indefinito, qualcosa che ha imparato dal posto dove viene? Non vuole chiederglielo, non vuole sapere, non vuole che Jawn senta la malinconia di quel posto dove lui non c’era, e si sente più tranquillo, gli sembra che le sue gambe sottili vadano più veloci.

C’è un posto ad Amanohashidate dove le macchine non arrivano, dove pochissime persone arrivano. È una vetta, raggiungibile solo con una seggiovia tutta rovinata e pericolante5, che si affaccia su una lingua di sabbia che attraversa il mare. Le leggende, i giapponesi sono pieni di leggende e favole e forse è per questo che gli piacciono così poco perché lui vorrebbe che la gente raccontasse storie fatte di numeri e di prove e non di idee e fantasie, dicono che guardando la spiaggia da quella vetta a testa in giù la lingua di sabbia ricordi un ponte e il mare ricordi il cielo. Il ponte paradiso, lo chiamano, una striscia di sabbia, sassi e terra che collega il mare a il paradiso e mentre si appresta ad affrontare la salita (ovviamente la seggiovia non è in funzione) Sherlock si chiede se la sua vita sarebbe più facile se credesse in tutte quelle leggende, se credesse nel paradiso, se credesse nelle favole e se pensasse di riuscire a trovare la soluzione di tutti i suoi problemi in cima a una salita. Non ci riesce, non è fatto in questo modo, ma quel piccolo pesce-personcina lo guarda con gli occhi di chi crede in lui, di chi sarebbe disposto a lanciarsi da una vetta altissima solo perché l’ha detto lui, solo per raggiungerlo e quindi forse va bene così. Forse in cima non c’è nessun ponte paradiso ma c’è la pace, c’è un punto dove le onde non possono venire a prenderli, dove lui non è il bambino che sta lasciando morire suo padre su una barca e condannando tante famiglie e Jawn non è un pesce-personcina ma sono Sherlock e Jawn, due pirati, due investigatori, due amici.

“ Da grande voglio fare l’investigatore Jawn, lo sai? Ma non come quelli della polizia, nemmeno della polizia inglese che sono così stupidi. Non voglio lavorare per loro, voglio essere qualcosa di unico. Voglio essere un consulente investigativo, e voglio che loro mi chiamino quando hanno bisogno di me e solo per le cose interessantissime.” Sherlock parla e ha il fiatone, e la salita è scivolosa e le sue scarpe sono piena di fango ma mentre cammina sente su di lui lo sguardo di Jawn e continua.

“ Tu potresti aiutarmi. Potresti essere il mio assistente. Tutti gli investigatori famosi hanno un assistente, anche Nero Wolfe ce l’ha ma forse perché lui è davvero tanto grasso. Io non voglio diventare grasso ma tu dovresti essere il mio assistente” respira sempre più affannosamente “ e nessuno potrebbe dirti niente. Nessuno potrebbe chiamarti scherzo della natura perché io non lo permetterei. O forse lo farebbero lo stesso, lo fanno anche con me adesso perchè mia madre dice che sono diverso, ma tu non li ascolteresti vero?”

“ Tu non sei uno scherzo della natura, Sherlock. Tu sei unico.”

“ Non ho mai avuto un amico, non mi è mai importato di avere un amico, le persone sono così noiose, sono così stupide e insignificanti e non capiscono, guardano ma non osservano.” Non gli dice che vorrebbe che lui fosse suo amico perché queste cose lui non le sa dire, non sa come comportarsi con i sentimenti, non sa come funzionano le cose che non puoi girare come le rotelle di un microscopio o studiare in un laboratorio.

“ Non ho mai avuto qualcosa che fosse solo mio, Sherlock” la voce di Jawn sembra più lontana, sembra un sussurro come se tutta l’acqua che sta gocciolando nel secchiello volesse coprirla. “ Mi piacerebbe essere tuo amico.”

“ Penso che si possa fare.” Borbotta in risposta lasciando scivolare in dito all’interno del secchiello. Jawn lo stringe.

La cima sembra incredibilmente vicina.

 

"I kiss you on the brain in the shadow of a train 
I kiss you all starry eyed, my body's swinging from side to side 
I don't see what anyone can see, in anyone else 
But you "


 

 

 

Non poteva andare tutto liscio. Non poteva essere così facile, lo sapeva maledizione. Lo sapeva benissimo anche prima di uscire di casa che le onde del mare non avrebbero lasciato perdere, che non sarebbe stato così facile. Lo sapeva, maledizione, eppure si è permesso di crederci, si è permesso di credere che bastasse salire la cima di una stupida montagna che non è nemmeno una montagna ma un’attrazione per turisti per essere in salvo e tutto questo perché è un bambino e i bambini sono stupidi e credono alle favole, e credono al lieto fine e Sherlock non vuole essere un bambino mai più. Non vuole credere alle favole, non vuole credere nel lieto fine, non vuole credere nei pesci-persona che diventano il tuo miglior amico anche se questo significa far collassare un’intera nazione. Vuole essere grande, vuole essere un adulto e stare in un appartamento in stile vittoriano a Londra a suonare il violino e non parlare con nessuno, ed occuparsi solo di casi di omicidio davvero interessanti e rispondere alle persone via sms perché parlare è troppo noioso. Vuole essere quello di prima, quello che non sente niente, quello che non vede migliori amici dove non ci sono ma che risolve puzzle e si dedica agli esperimenti e non sente niente, non sente niente maledizione. E invece adesso è sulla cima di una montagna e la pioggia è più leggera ma le onde del mare sono così violente che ha paura che vogliano far crollare il Giappone intero. Che ha paura che vogliano far crollare il suo mondo, che al momento è racchiuso in un secchiello.

E poi succede. E poi succede e le onde diventano un’onda gigantesca con la faccia di una persona, con il braccio di una persona e Sherlock a queste cose non ci crederebbe se non stesse tenendo in mano un secchiello con tutto il suo mondo. Succede che le onde diventano una persona e questa persona parla e dice cose che lui non capisce, sta parlando a Jawn? Sta chiamando Jawn, e allunga la mano e il piccolo pesce-personcina non si nasconde nel secchiello perché è coraggioso ma si stringe un po’ di più al suo dito. E poi il secchiello gli scivola dalle mani, e poi Jawn gli scivola dalle mani perché sono solo un bambino, anche se un bambino molto intelligente, e una buffa personcina e quello è lo Stregone del Mare e semplicemente succede. E poi succede e il secchiello gli scivola dalle mani e Jawn scivola con lui, e mentre lo fa non piange, non fa un gemito ma non smette di guardare Sherlock, nemmeno per un secondo. E poi succede e lo Stregone del Mare gli dice che tutto è sistemato, che non ci saranno più inondazioni, che il mondo è salvo perché gli equilibri sono stati ristabiliti e dice “Sherlock Holmes hai salvato il mondo.” E Sherlock pensa che il mondo può andarsene tutto all’inferno, che tutte le navi del mondo possono affondare, tutte le vite possono finire e tutti i cuori possono spezzarsi perché a lui di salvare un mondo così non importa proprio niente. Non a quel prezzo. È stupido, è infantile, è egoista ma è Sherlock.

Lo Stregone del Mare gli dice “Sherlock Holmes hai salvato il mondo” e l’unica cosa che a lui sembra di sentire è il calore sul dito dove Jawn si è aggrappato a lui. Il calore del dito e il richiamo del mare. Lo Stregone del Mare gli dice “Sherlock Holmes hai salvato il mondo” e Sherlock non sente niente, sente solo il rumore dell’acqua che s’infrange sotto le sue gambe mentre si tuffa dalla cima di una montagna perché il suo mondo, l’unico mondo che davvero gli importi, è racchiuso in un secchiello.

 

E poi tutto è confuso e sa di sale e polmoni che si riempiono d’acqua e gola che brucia e Sherlock che non riesce a tenere gli occhi aperti, che non riesce a respirare ma non può fare altrimenti. Non è una scelta, è una necessità. È come il richiamo delle sirene nelle leggende antiche, è come respirare, è come se non potesse respirare e al tempo stesso il solo essere sott’acqua con John gli permettesse di farlo di nuovo. E poi tutto è confuso e c’è solo la voce del Signore del Mare, e il calore di Jawn attaccato al suo dito e una miriade di pesci-personcina, tutti uguali e tutti così diversi dal suo Jawn, che lo portano il superficie. E poi tutto è confuso e c’è acqua e freddo, e una voce che gli dice che è stato coraggioso, che forse per lui si potrebbe anche fare un’eccezione e i polmoni sembrano volergli scoppiare e chissà se è proprio questa la morte e chissà quante cose avremmo potuto fare se fossimo stati semplicemente due bambini, se fossimo stati semplicemente Sherlock e Jawn. E poi tutto è confuso e gli sembra che la sua testa stia per esplodere, che nessun organo funzioni a dovere, che nessuna parte del corpo non bruci tranne il dito a cui il suo piccolo pesce-personcina è attaccato. E poi tutto è confuso ed eri l’unica cosa che sia mai stata mia. E poi tutto è diverso, tutto è luce e caldo6 e Jawn.

 

 

 

 

Tossisce quando si risveglia e non c’è una parte di lui che non gridi. Non c’è una parte di lui che non gli faccia rimpiangere di non essere morto. Non piove più, il sole è tiepido sul suo corpo e Sherlock vorrebbe che tutto scomparisse per sempre, che il mondo che ha salvato scomparisse per sempre. Non vuole che ci sia il sole, vuole che piova, vuole che ci sia uno tsunami, vuole tornare sott’acqua. Vuole tornare quello che era prima e al tempo stesso essere quello di adesso. Il sole può andare all’inferno. Il mondo può andare all’inferno. E poi sente qualcosa di caldo, un contatto e improvvisamente tutto quel mondo che aveva maledetto è racchiuso in quel contatto. Dita che stringono dita. Non più così piccole, non più di un piccolo pesce-personcina ma di una personcina solo un po’ più piccola. Dita che stringono dita, mani che si intrecciano. Calore. E tutto è luce e caldo. E un bambino dai capelli color sabbia e dagli occhi blu che lo guarda come nessuno ha mai fatto. Nessuno l’ha mai visto prima, nessuno oltre a Jawn l’ha mai visto.

“Ho trovato questa pietra.” La voce di Jawn, perché è lui, perché non potrebbe essere altrimenti, perché Sherlock l’avrebbe riconosciuto fra la miriade di pesci-persona tutti uguali e lo riconoscerebbe anche solo guardandogli un orecchio in mezzo a una moltitudine di bambini biondi come lui, è strana, è come se non l’avesse mai usata, è come se stesse imparando a parlare adesso. Forse potranno imparare insieme. “Ho trovato questa pietra, ma non mi sembra una vera pietra di mare. Secondo me è un gioiello che è stato rubato, dobbiamo investigare Sherlock!”

Sherlock sorride. Il mondo è racchiuso in quel contatto, in quelle mani, in quella pietra, in quel bambino che si stringe a lui.

 

 

 

 

 

 

 Note:

1 Jam sta per barattolo di marmellata e prima di sapere da dove veniva “Jawn” (dalla puntata 2x01 e blabla) io pensavo che fosse un riferimento alla marmellata, proprio per il suono.

2 Tipica pavimentazione giapponese composta da rettangolo di paglia di riso pressati. Si usa anche come unità di misura.

3 Amanohashidate è una cittadina del Kansai ed è il mio posto preferito in tutto tutto il mondo. E’ considerata una delle tre migliori viste del Giappone e c’è questa spiaggia lunghissima e bellissima e non ha nulla di particolare, ci sono solo baracchini sulla spiaggia e pochissimi negozi e un paio di pagode nemmeno tanto grandi, ma è un posto con tanta magia.

4 Letto Giapponese.

5 In realtà la seggiovia non è così pericolante e il posto è un po’ più turistico ma chiamiamola licenza poetica. In ogni caso quando l’ho presa mi ha fatto una paura del diavolo. Il ponte arcobaleno di cui parlo qualche riga dopo è questo.

6 “E tutto è luce e caldo”, viene da Neve Blu di Tricarico anche se ogni tanto me lo dimentico perché è una frase che sento così tanto che fa male.

  
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