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Autore: Stray cat Eyes     02/03/2008    7 recensioni
Una sera, Mitsuki rientra dal lavoro in uno stato un po' particolare...
Riuscirà l'intrepido Takuto a mantenere il suo sangue freddo e ad aiutarla a tenersi - hic! - in piedi?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kouyama Mitsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Ipotetica ambientazione: un limbo tra il quarto e il quinto volumetto.]




♥♥♥ Heartless Boy ♥♥♥



Era appena il crepuscolo.
La sera stava scendendo con tranquillità a far visita agli uomini con la sua beata eleganza, facendo sì che l’eterno ciclo si ripetesse ancora, e ancora. Notte, giorno, notte, giorno.

Takuto staccò per un momento lo sguardo cobalto dalla finestra, scorrendo sul quadrante dell’orologio senza neppure guardare, alla cieca ricerca di un paio di lancette che gli indicassero l'ora. Ma ben presto grugnì, irritato da quel suo nervosismo che gl’impediva di mettere bene a fuoco i numeri.
“Ah, poco importa!” Sbottò, infrangendo la sottile cortina d’argento creata dal silenzio attorno a lui.
“Qualunque ora sia, è tardi comunque!”
Si appoggiò con rabbia sul davanzale, piantando i gomiti sul marmo freddo, ringraziando mentalmente i Kami che, per una volta, la casa fosse deserta.
Era nervoso, dannatamente nervoso.

Lei era ancora via, nonostante l’orario previsto per il suo ritorno fosse chiaramente passato da un pezzo - e questo poteva benissimo intuirlo anche senza conoscere l’ora precisa - e, cosa infinitamente più importante, lui non le era accanto, in quel momento.
No, non era vicino a lei, a meno di un metro dalla ragazza, com’era suo solito fare.
Bruciava un po’ ammetterlo, ma si sentiva stupido.
Mitsuki era là fuori chissà dove - al lavoro, si disse, al lavoro - e lui, invece, se ne stava bellamente affacciato alla finestra di casa, misterioso osservatore del mondo, del tutto invisibile agli occhi dei comuni esseri umani.
Sì, le cose stavano esattamente così: lui era nervoso.
E più i minuti trascorrevano, sommandosi ai precedenti, più lui seguitava ad innervosirsi.

Anzi, quasi si poteva dire che fosse in ansia.

La chiave scattò nella serratura, e la porta cigolò con un suono sommesso. Un passo, un altro, più pesanti e barcollanti del normale, e l’anta si richiuse.
Takuto si precipitò all’ingresso di casa.

“Mitsuki! Alla buonora!” Esordì. Ma era chiaro che quella messinscena non potesse durare più di tanto; infatti, la rabbia andò rapidamente sfumando, fino a scomparire completamente.

La ragazza si scostò i lunghi capelli biondi dal volto, poi si esibì in un largo sorriso.
“Ciao, hic Takuto!” Cinguettò, le due parole intervallate da un sonoro singhiozzo.

Lui aggrottò le sopracciglia: c’era qualcosa che non andava, in lei. In primis, quello strano rossore sulle sue guance, un tantino troppo accentuato per essere dovuto al trucco o al vento.
“Mi... faresti hic tornare hic normale?” Continuò Mitsuki, porgendogli la giacca con un altro sorriso e un altro paio di piccoli singhiozzi inseriti come intercalare fra le parole.
“C-certo.”

Non sapeva perché, ma quel tono non gli sembrava affatto normale.

Mah... indagherò.

Un momento dopo, la bionda fanciulla lasciava il posto alla dodicenne dai morbidi riccioli bruni.
“Ascolta, Mitsuki... è... successo qualcosa?” Borbottò, non sapendo esattamente da dove iniziare.
Ma lei non parve sentirlo, e si avviò lungo il corridoio, iniziando - stranamente - a togliersi i vestiti mentre incedeva, con andatura vacillante, e a disseminarli dietro di sé.
A quel punto, lo Shinigami non poté più fare finta di nulla.

E dov’è finita la tua riservatezza, eh?

“Mitsuki!” La rincorse, mentre la suddetta giungeva all’entrata del soggiorno.
Lentamente si voltò, mostrando un nuovo e più ampio sorriso, come orgogliosa di chissà che.
“Mitsuki, mi dici cos’hai?” Insistette Takuto, avvicinandosi. Ma lei non rispose, limitandosi a far scivolare a terra gli indumenti che indossava. Che avesse caldo?
“Mi sembri... strana, stasera.” Balbettò le ultime parole, avvampando sino alla punta delle orecchie.
Davanti a lui, una Mitsuki perfettamente anormale e probabilmente ignara di cosa stesse facendo, se ne stava tranquillamente in biancheria intima, fissandolo dritto negli occhi con aria trasognata.
“Uhm, sì, sì, anch’io...” Biascicò poi, annuendo con il capo.
“Anche tu cosa?” Fece lui di rimando, tentando di non pensare all’attuale stato delle cose.
“Anch’io mi sento strana... sì, sì, già...” Si appollaiò contro di lui con tutta la calma di questo mondo, ancora singhiozzando di tanto in tanto. Dopodichè, la stanza sprofondò nel silenzio più assoluto.
“Si può sapere cosa ti è successo?” Se ne uscì Takuto, con decisione, evitando il più possibile di toccarla.
“Uhmm... Perdonami, Takuto, ma...” Si separò da lui, affiancandosi alla porta. Per un solo istante, gli parve d’intravedere di nuovo, in lei, la Mitsuki di sempre. “... Non credo di... essere abbastanza lucida per risponderti...” Sussurrò, abbandonandosi alla parete, che raggelò la sua schiena dalla pelle calda.

Sì, vedo.

“Ma... Takuto!” Esclamò poco dopo, sorpresa. Lui quasi si allarmò. “Non sapevo che avessi la capacità di sdoppiarti!” Lo Shinigami sbarrò gli occhi.

Eh?

“Sdoppiarmi?” La faccenda si stava complicando, confondendogli le idee.
La ragazza sospirò, intanto, passandosi una mano sulla fronte.
“In effetti... credo di non ricordare molto bene cos’è accaduto, sai.” Sussurrò in risposta, una nota di serietà appena accennata nella sua voce.
“Ma... qualcosa?”
“Un pochino.” Una flebile speranza tornò a rianimare il giovane e confuso Takuto.
“Oshige-san era ubriaca, e quando mi ha vista mi ha scambiata per qualcun altro, così mi ha offerto un bicchiere, dimenticando che sono minorenne, e... mi ha... sai com’è fatta... mi ha praticamente costretta a bere... era così allegra che non ho saputo dirle di no...” Spiegò, un unico, rapido singhiozzo ad interrompere le sue parole.

Adesso è tutto chiaro...

“E tu sei partita subito dopo, scommetto.” Aggiunse lui, una luce divertita negli occhi.
“Takuto, non essere scortese!” Lo riprese Mitsuki, divincolandosi quasi fosse stretta in una morsa.
Ma il suo equilibrio era talmente precario che finì seduta sul freddo pavimento.
Takuto sospirò lievemente, sempre evitando con tutte le sue forze di non guardarla come un ragazzo, ma come una sorta di padre amorevolmente affettuoso.

Ma tu guarda cosa mi tocca fare...

Si chinò su di lei, tendendo le braccia.
“Vieni su, Mitsuki. Andiamo a fare la nanna.” Sussurrò, con dolcezza.
La ragazza sbadigliò, rabbrividendo appena, emettendo un impercettibile “nooooo” alquanto strascicato.
Così la sollevò di peso, facendosi passare una delle sue braccia intorno al collo.
“Invece sì.” Contestò. “Non ti reggi nemmeno in piedi.”
“Allora reggimi tu, no?” Suggerì la dodicenne, scoppiando poi a ridere istericamente, quasi avesse fatto la battuta più divertente degli ultimi cent’anni.
“E va beh... Tanto si era capito come sarebbe andata a finire.”

Con calma, si diresse nell'altra stanza, attento a non farla cadere e cercando - quasi invano - di farla restare cosciente.
Quando giunse a destinazione, l'appoggiò sul letto, ma dovette accorgersi di non riuscire ad allontanarsi più di qualche centimetro; e il motivo era piuttosto semplice.
Ancorata alle sue spalle, Mitsuki sembrava non avere alcuna intenzione di liberarlo.
“Ehm... Mitsuki... potresti...?” Provò, ma lei sbadigliò senza prestargli troppo ascolto.
“Mitsuki? Potresti lasciarmi?” La dodicenne batté più volte le palpebre, finalmente consapevole di non essere sola.
Una nuova sequenza di “nooooo” - tuttora piuttosto strascicati - riempì il vuoto della graziosa camera da letto dipinta a tinte chiare.
“Non andare via, resta qui. Ho paura.” Bisbigliò lei, cominciando ad avvertire un certo freddo.
“Di cosa hai paura?” Domandò lui, tentando di non fare troppo caso al buio quasi totale che li avvolgeva.

Perché diavolo non ho acceso la luce, entrando?!

Ma la ragazza non rispose, preferendo invece accostarglisi - se possibile - ancora di più.
“Ho una domanda intelligente da farti, sai?” Farfugliò.
“Dì, allora.” Replicò Takuto con interesse, curioso di cosa potesse mai dirle in uno stato simile. Perché, è chiaro e noto a tutti, la mente di un ubriaco può davvero risultare una sorta di pozzo senza fondo, un lago dall’acqua smossa da cui può affiorare qualunque cosa, in qualunque momento.
Eppure, le sue parole ricaddero nel completo silenzio, immergendosi nell'oscurità per non farne mai ritorno.
Takuto abbassò lo sguardo, cercando un qualche indizio che gli suggerisse cosa l’aveva zittita.

Nulla. Niente di niente. Ma i suoi occhi chiusi e il respiro improvvisamente regolare gli dissero che probabilmente si era addormentata.

Ah... Tanto meglio così.

Con tutta la delicatezza di cui fu capace, la distese sul futon, assicurandosi che la testa poggiasse bene sul cuscino.
Però...

Non può certo dormire svestita...

Si scostò, dirigendosi verso l’armadio. Non sapeva con esattezza dove, ma era certo che doveva esserci il pigiama, da qualche parte. Anzi, vista la quantità industriale di pigiami che Mitsuki possedeva, pensò che sarebbe stato facile reperirne più d’uno.

In effetti, aprendo un cassetto, se ne ritrovò davanti una miriade. Tutti diversi l'uno dall'altro.

Come volevasi dimostrare.

Ne scelse uno - il primo che gli capitò sottomano, in realtà - e tornò indietro, pronto a farsi forza e a mantenere la propria solidità mentale. Un pigiamino a sottili righe rosa non poteva ucciderlo, vero?...
Era preparato al peggio, sul serio.
Inaspettatamente, Mitsuki era seduta sul materasso, gli occhi lucidi e dischiusi.

Beh, si disse, quasi deluso, forse sarà più facile del previsto.

Si avvicinò con cautela, ma al suo tentativo di richiamarla lei non emise un fiato.
“Mitsuki, non ti andrebbe di darmi una mano?...” Borbottò, rivolgendosi più a se stesso che a lei.
E difatti l'interpellata seguitò con il suo ferreo mutismo, limitandosi a scuotere flebilmente la testa.
“D'accordo, vorrà dire che farò da solo.” Sentenziò; ovviamente, le difficoltà non tardarono ad arrivare.
Takuto armeggiò con i bottoncini della parte superiore del pigiama, spesso girando e rigirando l’indumento nel tentativo di capire da che lato dovesse partire per farglielo indossare.
Una volta svelato l’arcano, s’inginocchiò anche lui sul letto, avvicinandola.
“Ehi, Mitsuki... sei proprio sicura di non voler fare da te?” Lei annuì, convinta, fissando un punto indefinito nell’oscurità lì attorno. Lui sospirò, rassegnandosi.

A questo punto, direi che non ho scelta.

Tremando appena, un po’ per l’imbarazzo e un po’ per il timore che gli altri arrivassero all’improvviso e travisassero le sue intenzioni - già vedeva Meroko avventarsi su di lui per farlo fuori - o, peggio, che Mitsuki stessa si risvegliasse da quella sorta di trance in cui era caduta e... beh, equivocasse anche lei... riuscì ad arrivarle accanto.
Un braccio, l’altro, tira qui, sistema lì. Alla fine, poté tornare a respirare, un tantino sollevato.

Lei era - almeno per metà - coperta, e nessuno l’aveva mitragliato per aver cercato di rivestirla.

Wow. Che impresa. Sono davvero impressionato.

Ora, però, veniva la parte più complicata.
La più difficile.
La più inevitabile.
La più equivocabile.

Ahia...

I pantaloni.

E adesso come faccio?...

“Mitsuki...” Chiamò. Se c’era qualcosa che non poteva assolutamente fare da solo, era proprio quello.
“Mitsuki, ti imploro... che ne diresti di collaborare?” Pregò. Sentiva che, se lei si fosse rifiutata, in un modo o nell’altro sarebbe scoppiato in lacrime; esasperazione, forse? Uhm, no. Peggio. Disperazione.
In risposta, la ragazza prese a ridere fragorosamente, allegra, con una intensità tale quasi si fosse trattenuta a lungo mentre l’osservava.
“Ah, Takuto, vergognati! Se avessi dei bambini non sapresti nemmeno come vestirli!” Lo canzonò, singhiozzando una o due volte. Lo Shinigami sgranò gli occhi.

C-che...? E questa da dove...?

“Beh, per fortuna non ne ho!” Fece, offeso. Mitsuki gli rivolse un sorriso divertito, mettendosi in piedi e terminando da sé il lavoro da lui iniziato. Poi tornò giù.
“Sì, per fortuna.” Ripeté. Sbadigliò lentamente, una mano a coprirle la bocca, per la terza volta in una sera.
D'improvviso, era come fosse quella di sempre.

“Ho un po’ freddo.”

Gli si avvicinò lentamente, per trovare posto fra le sue braccia; gli si sedette sulle ginocchia, e gli si accoccolò contro, respirando tranquilla e sorbendo goccia dopo goccia il suo calore. Come del resto faceva lui.
Rimase così per un po’, poi sollevò lo sguardo verso il suo mento.

“Takuto?” Sussurrò, con una voce non del tutto sobria.
“Sì?” Il ragazzo non si mosse, tenendo la schiena immobile e attaccata alla parete dietro sé.
“Perché non riesco a sentire il tuo cuore?” Domandò, incuriosita, strofinando inconsapevolmente la fronte alla base del suo collo. Contatto, quello, che quasi mandò in frantumi l'autocontrollo di lui.
“Preferisci la verità o qualcosa di inventato?” Le bisbigliò, carezzandole distrattamente il braccio.
“La verità.” Rispose sicura lei. “Perché non riesco a sentirlo?”
“Perché non c’è.” Confessò, un sorriso triste dal sapore amaro sulle sue labbra.
Mitsuki si scostò, guardandolo insistentemente negli occhi, come confusa.
“E dov’è?” Chiese ancora.
“Me l’hai rubato tu, sciocca.” Disse semplicemente. La ragazza rise appena, decisamente un po’ più lucida di poco prima.
“Quindi” Fece, avvicinando il volto al suo. “Teoricamente dovrei averlo io, giusto?”
“S-sì, teoricamente sì.” Balbettò Takuto, ignorando con tutte le sue forze la sottile distanza fra loro.
“Ah, Takuto!” Mitsuki rise ancora, per poi tornare ad appoggiarsi a lui, la testa sul suo cuore fermo.

“Però, sai...” Continuò un attimo dopo, disegnando con la punta dell’indice cerchi immaginari sul suo petto. “Più che due cuori, credo di averne uno solo che batte per due.” Rivelò, sottovoce, quasi fosse un segreto.
“Già, lo penso anch’io.” Ammise il ragazzo. Di nuovo, lei si separò dal suo torace.

“Vuoi ascoltare?” La proposta, ovviamente inaspettata, lo colse di sorpresa. Ma prima che potesse prendere parola, lei gli prese la mano e l’accostò a sé, a sinistra, poco sotto il collo.

“Ecco, questo è il mio.” Il giovane Shinigami avvampò, percependo la sua pelle calda e il regolare palpitare di quel piccolo cuore sotto le dita. Il tessuto del pigiama a righe si era leggermente spostato, e il primo bottone slacciato dall’asola.
“E questo...” Mitsuki gli sfiorò il viso con la stessa dolcezza del suo sguardo, e gli tenne fermamente la mano lì dov’era, sulla sinistra, coprendola con la propria come per assicurarsi che restasse. “... Questo è il tuo, invece.”
Un attimo dopo, Takuto dovette notare che il battito era accelerato, rispetto a prima.
E non seppe cosa fare per frenarsi.

“Mitsuki... tu sei ancora ubriaca, vero?” Lei fece cenno di sì con il capo. “E domattina non ricorderai niente di adesso, è così?”
“Sì, certo che no.” Gli rispose, ancora un po’ intontita dall’alcool.
“Bene.” Piano, l'attirò a sé.

Sperando davvero che quello non fosse il loro ultimo bacio.






***


Salve! ^^
Ho rispolverato una mia vecchia oneshot, che se ne stava stipata in un angolino, triste e tutta sola, e la cui ultima modifica risaliva a quasi un anno fa.
L’ho un po’ riveduta e ho corretto qualche svista qua e là, ma nel complesso non è che sia cambiata granché dai tempi in cui facevo un ping-pong tra “la pubblico” e “non la pubblico”.
Alla fine non la pubblicai, ma stasera me la sono ritrovata sotto il naso, e non ho saputo resistere!

Spero che vogliate dirmi cosa ne pensate, altrimenti, beh... Pazienza! -_^


  
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