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Autore: lafilledeEris    27/08/2013    3 recensioni
È questo che succede: ci si ritrova soli, a farsi accarezzare dalla spuma del mare, sotto i raggi di un sole al tramonto. Sebastian lo sapeva bene, mentre nella sua solitudine respirava profondamente l'aria frizzante dell'Oceano. Erano le otto di una sera qualunque, ma dentro di lui era come se fosse mezzanotte. Una mezzanotte perenne,ecco con cosa conviveva da quando lui non c'era più.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.a. Nella mia idea iniziale doveva essere fluff, con Kurt che gli stava accanto appena usciti dall'acqua. Poi mi è presa male, ho trovato musica triste, su Google Maps sono finita in una landa desolata ( lo sapevate che non fa vedere le spiagge perché non si posso percorrere in macchina? NO?? Bene, ora lo sapete) e da lì ho capito: stasera angst is the way.

Sono le 23:41, sono sfinita ma credo ne sia valsa la pena. Credo di dovervi dei Kleenex.

 

 

 

 

 

 

 

Lasciarsi andare

 

 

 

 

Sebastian – che non era più Sebastian, perché un po' di lui era svanito- spense il motore del malandato furgoncino Wolkswagen rosso e bianco, comprato da un vecchio hippie per duecentocinquantasette dollari e uno spinello.

Ormai ci aveva fatto l'abitudine: Palo Alto, California era la nuova dimora di Sebastian Smythe. Fino a che non fosse arrivato il momento in cui anche quella città non avesse iniziato a puzzare di vecchio e troppo vissuto.

Le onde quel giorno erano davvero grandi. Erano cavalloni alti quasi tre metri.

Gli piaceva passarci in mezzo. Avrebbe voluto perdersi in quel turbinio per dimenticarsi di se stesso.

Aveva già metà muta addosso quando prese dal retro del furgone la tavola da surf.

Questa era tutta colorata, con un grande squalo al centro – un pesciolino a confronto di quello che aveva divorato la sua anima, quello non solo era gigantesco, era sovrumano.

Sebastian non aveva mai paura quando entrava in acqua, soprattutto perché non provava più niente che potesse paragonarsi ad un sentimento.

Affrontava le onde a muso duro, come non aveva più il coraggio di affrontare la vita.

Perché una domanda – una sola ma che pesava come un macigno – lo avrebbe accompagnato finché sarebbe vissuto: come sarebbe stato portare Kurt a vedere l'Oceano?

Magari gli avrebbe sorriso, magari si sarebbe arrabbiato per colpa del vento che seccava la pelle o del sale.

Magari non si sarebbe mai avvicinato all'acqua fino a quando Sebastian non lo avesse sollevato di peso.

Si tirò su la cerniera e agganciò il laccio alla caviglia. Espirò profondamente sino a non avere più aria nei polmoni.

Ti amo.

Magari non glielo aveva ripetuto abbastanza.

Ha pochi mesi di vita.

Questo lo avevano sentito troppe volte. Allora, perché faceva sempre più male?

È questo che succede: ci si ritrova soli, a farsi accarezzare dalla spuma del mare, sotto i raggi di un sole al tramonto. Sebastian lo sapeva bene, mentre nella sua solitudine respirava profondamente l'aria frizzante dell'Oceano. Erano le otto di una sera qualunque, ma dentro di lui era come se fosse mezzanotte. Una mezzanotte perenne,ecco con cosa conviveva da quando lui non c'era più.

L'animo umano pensa di essere pronto ad affrontare il dolore, ma s'illude di poterci convivere.

Sebastian iniziò a remare con le braccia, sino a virare la tavola per seguire il senso delle onde.

Quando capì di aver trovato l'onda perfetta – quella giusta, che se fosse andata bene non sarebbe mai uscito dal tunnel – scattò in piedi con un colpo di reni.

Sentì ogni singola goccia colpirgli il viso, infrangendosi contro le gote, mentre i muscoli delle gambe lo sorreggevano sfidando la gravità.

Fu un attimo. Venne sbattuto giù dalla tavola e andò a scontrarsi contro un'altra onda, più forte di quella precedente.

Aveva deciso che non avrebbe più lottato. Non senza una ragione, non senza poter ancora vedere il suo Oceano.

Il dolore si misura in battiti, quelli che ormai iniziava a sentire sempre più distanti. Con le forze che lo abbandonavano e il corpo straziato dalla cupa sofferenza si trovò in un limbo: dover essere artefice della propria disfatta o della propria vittoria.

E Sebastian si ricordò che non era mai stato un perdente. Che lui, di forza ne aveva da vendere, ne aveva per entrambi.

Fu allora che si spinse con le gambe e iniziò a nuotare, per aggrapparsi alla tavola.

Quando tornò in superficie respirò sino a sentire i polmoni dolergli – una boccata per sé, una per lui.

Non era come avere una nuova vita, ma aveva capito di non poter lasciarsi andare.

Era la consapevolezza di una vita davanti e un mare da vivere.

Si guardò il braccio sinistro. All'interno vi era un piccolo unicorno. Lo aveva fatto per scherzo. Col passare del tempo si accorse che quella fosse una delle cose che lo legava davvero a lui che lo aveva nell'interno coscia.

Kurt non era un ricordo. Era vivo in lui, sulla pelle, nelle ossa e in ogni battito di ciglia. Pronunciare il suo nome non era poi così difficile. Forse nemmeno doloroso.

Kurt era lì, fra la spuma del mare, il rossore del cielo e il rumore lontano dei gabbiani.

 

 

   
 
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